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Title: Discorso secondo musicale

Author: Antonio Braccino da Todi [Giovanni Maria Artusi]

Publication: Giacomo Vincenti (Venezia, 1608)

Principal editor: Frans Wiering

Funder: Utrecht University Netherlands Organization for Scientific Research (NWO)

Edition: 2000

Department of Information and Computing Sciences Utrecht University P.O. Box 80.089 3508 TB Utrecht Netherlands
Copyright © 2000, Utrecht University, Netherlands
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DISCORSO SECONDO MVSICALE
DI ANTONIO BRACCINO DA TODI
Per la dichiaratione della lettera posta ne' Scherzi Musicali del Sig. Claudio Monteuerde.
IN VENETIA, Appresso Giacomo Vincenti. MDCVIII.page 2
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DISCORSO SECONDO MVSICALE

DI ANTONIO BRACCINO DA TODI.
NOn è dubbio alcuno, che da tutti li sapienti è vniuersalmente creduto & per certo tenuto, ed è il vero; che la voce humana fra quelle de tutti gl'animali, ottiene il primo luoco, & l'huomo solo propriamente potiamo dire che parli & Canti; è tutti gl'animali si dicono nell'esser suo cantare, non che propriamente sia il vero che cantino, ma per una certa analogia, & similitudine; si come diciamo ancora; che li prati ridono; & l'acque mormorano, & altre cosi fatte cose. Et di queste due parti all'huomo concesse da Dio ottimo massimo, vna s'affatica intorno alla Grammatica, l'altra al Cantare; delle quali dissero gl'Antichi l'una essere l'Arte del bene è regolatamente parlare; & l'altra del cantare con gratia; & si uede che queste due parti sono tanto simili, conformi, & in vno istesso tempo nell'huomo nate, che meritamente si possono chiamare sorelle; ma che dico io sorelle? più ueridicamente Gemelle. Et si come la Grammatica dà principio, & incommincia dalle lettere, dalle quali ha acquistato il nome, ma più oltre passando alle sillabe, & da queste alle dittioni, che è una coniuntione di sillabe insieme poste, & ordinate, & di poi all'oratione che è la perfettione e bellezza del parlare. Cosi la Musica, che ha riceuuto, il nome dalle Muse, à cui da gl'Antichi è stato attribuito il cantare per una certa loro omnipotentia; incomincia e da principio, e si lascia conoscere dalli suoni; indi si parte e uà all'interualli che sono una mistione de' suoni; & dalla coniuntione di questi all' Armonia la qual per vltima perfettione, entra nella compositione della Melodia. Il suono dice il naturale, è una percussione d'aere che al nostro udito ne peruiene; Altri lo dissero piaga dell'aere; altri suono mandato fuori dal corpo; altri passione di se stesso. Ma il Melopeo in quel modo che à lui s'appartiene dichiarandolo dice. Il suono è cadipage 4mento di uoce atto alla modulatione, fatto sotto una estensione, intendendo per quella estensione il stato, il luoco, doue si ritroua quella voce ò suono che vscendo fuori del corpo sonoro, par quasi che cada. Cosi dice Michel Psello, nel 2. cap. & Gaudentio nel cap. del Suono. Per interuallo intende lo Cosmografo quella lontananza che si ritroua da vn luoco ad vn'altro, ò distanza che dire la vogliamo. Ma il Melopeo che dello interuallo ha altra consideratione, dice. Lo Interuallo è quello che compreso si ritroua da due suoni, differenti per il graue & lo acuto, i quali nascono da i corpi ò quantità sonore. Nasce lo interuallo per la diuisione della Diapason fatta in molte parti, se però lo interuallo è di lei minore, ma quando di lei sarà maggiore nasce per la di lei aggiuntione, ad alcune parti, di lei fatte, & per non consumar il tempo in cosi fatte cose che altroue si possono chiaramente vedere. Colui che desidera uederne longo ragionamento, legga il cap. 15. della seconda parte delle Institutioni del Dottissimo Zarlino, che resterà a pieno sodisfatto; & saprà di quante sorti se ne ritrouano, & quali siano quelle che cadono in consideratione al Melopeo, & de quali si ha da seruire per arriuare all'Armonia che di questi si Compone. Dicono questi Theorici che l'Armonia si ritroua essere di due sorti. Semplicemente detta l'una & l'altra ad vn certo modo detta. La semplicemente detta, e il concento che prouiene & nasce da due consonanze almeno insieme vnite secondo i gradi dell'Armonica porportionalità; la qual soauemente peruiene all'udito; ed'è quando due suoni lontani per il graue è lo acuto, sono da un termine mezzano diuisi, secondo i gradi della Armonica proportionalità. Ma l'Armonia detta ad un certo modo dicono essere l'accordo che fanno, due consonanze almeno insieme poste ma non secondo i gradi della mediocrità Armonica; la quale non cosi soauemente, come la semplicemente detta, uiene al senso dell'udito; & è quando vn'interuallo essendo da vn suono mezano diuiso, resta nella parte graue minore interuallo, che nella parte acuta. Di questa Armonia; Del Rithmo, & della oratione si compone questo Genere Generalissimo detto Melodia. Disse Platone questa essere vna perfetta compositione delle tre sopradette cose composta; vna delle quali ha grauità, & acutezza, ed'è l'Armonia; l'altra ha velocità e tardità ed'è il Rithmo, e queste ancora si considerano, nel moto del corpo come altroue ne tratterà lo Artusi, la terza ha longhezza, e breuità, ed è l'oratione. Et tutte queste cose si possono considerare ancora nella voce humana. Hanno ciascuna delle cose dette che compongono la Melodia, da per se forza di mutar l'huomo interiormente, cioè le passioni, ed'i costumi dell'animo: come bene ha dimostrato il Dottissimo Zarlino nel page 5Cap. ottauo della seconda parte delle Institutioni Armoniche. Ma leggendo il settimo Cap. dell'istesso libro è molto più al proposito; dal quale ne cauerà il Monteuerde vna bellissima, dotta, e fruttuosa lettione. Ma diciamo hora; se da se ciascuna delle cose dette hà forza di operare nell'animo dell'huomo; quanto maggiormente la Melodia che di queste si compone, haueua in quei tempi forza di mutar le passioni interiormente, & introdurre nuoui habiti, più di quello che separatamente faceuano? Quiui potrei dire quello che per Rithmo s'intende apportando la diffinitione data da Platone; la quale poco è da quella di Filosseno differente; & discorrendo, dimostrare qual sia la Musica Rithmica, insieme con la differenza dell'Armonica, & della Grammatica. Qual sia il suo soggetto, & molte altre cose à questa parte appartenente; ma perche questo non è il mio intento, lascio per hora questo discorso; se bene haurei potuto dire ancora molte cose intorno all'oratione, come quella che entra nella compositione della Melodia; & me ne ritorno à quello che il mio pensiero è incaminato. Dirò adunque che la Melopeia secondo Euclide, est vsus eorum quae subijciuntur Harmonicae tractationi; vel eorum quae eandem habent vim, quam ea quae subiecta sunt Harmonicae tractationi. Dice che la Melopeia è l'vso di quelle cose, le quali sono soggette alla trattatione delle cose Armoniche; ouero si può dire; che ella sia l'vso di quelle cose che hanno la istessa forza di quelle cose che sono sottoposte alla trattatione Armonica. Et è quella che da gli antichi, è detta Fabricatrice del Canto.Et meritamente potiamo dire che ne' tempi nostri, ella sia l'arte del componere le Cantilene; ouero l'arte del Contraponto. Per la qual cosa non è dubbio che di quì si caua; Che colui che haurà da trattare, & ponere in opera le cose appartenenti all'Armonia, non s'habbi da nominare, & chiamare Melopeo; che altro non vuol dire che facitore, ò fabricatore della Melodia. Potiamo di quì sicuramente affermare; che ciascuna volta che il Melopeo non haurà quella cognitione, & scienza di quelle cose ad vna ad vna separatamente, & poi tutte insieme che entrano à componere & formare questo Genere Generalissimo detto Melodia; Cioè che non habbi cognitione, della passione, proprietà, qualità, effetti del Rithmo, oratione, & dell'Armonia, & come, & in qual modo conuengano insieme; potrà da ciascuno intelligente essere tenuto & publicato per ignorante in cosi fatta scienza; & perciò indegno di questo nome di Melopeo perfetto. Molto peggio sarà poi, se sapendo & hauendo di queste cose cognitione buona, separatamente & congiontamente, si ostinerà di volere contra la opinione de gli eccellenti & rari valent'huomini, che tutti vniformemente hanno cosi bene operato; operare & contra la napage 6tura di cotali cose & leggi Musicali; perche in lui si conoscerà vn'animo desideroso di distruggere, & non di edificare, & augumentare questa scienza, & potrassi con ogni ragione cancellare dalla memoria di questo nome di Melopeo.Hor che sappiamo quello che s'intende per Melodia; Melopeia & Melopeo, insieme con la natura, proprietà e l'offitio, e potenza loro. Potiamo sicuramente rispondere, & scoprire il mantello; co 'l quale si vuol coprire per tenere gli studiosi della Musica sospesi, con speranza di palesar le cose grandissime, recondite ne' Madrigali di Claudio Monteuerde. Il dichiaratore della lettera. Dice per la prima, che l'Artusi hauendo scoperto molti errori d'importanza nelle Cantilene del Monteuerde, che egli senza occasione l'ha fatto, & però ha hauuto il torto: à questo risponde l'Artusi, che il Sig. Claudio hebbe all'hora il torto lui; perche quando l'Artusi gli scrisse quelle lettere, gli le scrisse piene d'amoreuolezza e ciuiltà; & egli in vece di rispondergli nella istessa maniera, gli fece rispondere per vna terza persona, & lettere senza nome proprio; di che all'hora non puote fare che nel petto dell'Artusi, non entrasse qualche sdegno; da cui mosso scrisse quello che ogn'huomo vede: & se in questa occasione non fosse per empire il foglio, anzi molti fogli, farei stampare le lettere, le copie di cui sono nelle mani mie, & debbono ancora essere nelle mani del Sig. Monteuerde, solo per chiarire il mondo del vero: ma à miglior occasione lo farò. Basta per hora che il Lettore sappi che l'anno 1600. l'Artusi scoperse questo Autore che desideraua di apportare nella Musica cose contrarie à tutti gl'altri; & fattalo palese, non ha mai (se bene più volte inuitato, e spronato) risposto cosa alcuna, ma sempre scusandosi e fuggendo, essendosi accorto del suo errore se ne stà cosi alla muta; eccetto che hora vn nuouo dichiaratore è vscito fuori, apportando nella dichiaratione di quella lettera del Signor Monteuerde, posta nel fine del quinto libro de' suoi Madrigali; vna nuoua coperta posta nel fine delli scherzi Musicali; la quale quanto vaglia, presto si scoprirà; se bene l'vltime parole di quella dichiaratione, ponendo in forsi che siano cose ragioneuoli, ò non ragioneuoli le cose fatte dal Monteuerde, dà notitia d'accorgersi, & quasi di esser chiaro dell'errore, ò de gli errori fatti dal Sign. Monteuerde ne' suoi Madrigali. Chiara cosa è che se il Sig. Monteuerde insieme col dichiaratore si sentissero di potere sostentare, mantenere, & affermatiuamente dimostrare, che le cose fatte fossero ragioneuolmente fatte, non le poneriano in forsi; ma arditamente sino al dì d'hoggi haueriano chiarito il mondo, & l'Artusi della sua sofficienza, & ragioneuole operatione; ma non lo hauendo fatto, giudichi il Lettore ciò che vuole. A quello poi che il dichiaratore dice, che l'Artusi habbi tanto cattiuo page 7pensiero, che vorrebbe vedere annichilate le opere del Monteuerde. Risponde l'Artusi, che questo è falso vniuersalmente; anzi che egli loda l'opere sue, e 'l suo bello ingegno, in quella parte però che meritano esser lodate; & quelle che son degne di lode non le biasima; ma se il Monteuerde ha fatto de' passaggi molti, & che non habbi seruato i tuoni, ma mal fatti, fatto alla peggio, vuole il dichiaratore che l'Artusi lodi simile operatione? non lo fa per più rispetti: prima perche è amatore della scienza fondata sopra la dimostratione, & poi acciò li studiosi che non conoscono cosi bene il vero dal falso, non si infilzano nelle cose malfatte, & ne' barbarismi, & per modo di dire nelle heresie in Musica & nell'Armonia parte principale della Melodia. Ma che cosa si dirà di questi scherzi Musicali? si scuopre che non intende il tempo; ne gli segni posti da lui doppo il tempo; la cognitione di cui è tanto necessaria. Et in particolare nelli tre canti, ò Rosetta, Damigella, & Clori Amorosa; Hanno questi tutti il tempo e le zifre numerali ad un modo istesso; ma hanno le figure cantabili diuerse. O che il Monteuerde vuole che le due prime stiano bene, ouero l'ultima sola; se le due prime, l'ultima è da lui mal intesa; se vuole che l'vltima stij bene, le due prime sono da lui mal intese; di modo che tenghi, ò scortichi, egli ha dato ad intendere, che non intende nulla di dette proportioni; due di loro stanno cosi, anzi tutte tre che dimostrano, ch'essendo andato è passato à quello segno C. due minime per ogni battuta, hora gli ne uanno tre; la Clori amorosa stà bene con buona intelligentia; ma le due prime che sono fatte di Semiminime & di Crome, non sono dal Monteuerde intese. Potrei quiui fare vna essaggeratione à fauor dell'Arte & della Melopeia; con vergogna del Melopeo; ma per modestia taccio.Quanto a quello che il dichiaratore chiama particelle, e l'Artusi passaggio; risponde l'Artusi, che in quel luoco si piglia l'uno e l'altro per lo istesso; e s'intende per il medesimo; ma se il dichiaratore hauesse studiata la Logica, haurebbe inteso che nomina sunt ad placitum. & cosi si sarebbe acquetato, ma lasciamo queste bagatelle che poco importano. Adduce il dichiaratore per dimostrare cose grandi alli studiosi di quest'Arte, vna auttorità, ò sentenza che dire la vogliamo di Platone, la quale pare à lui che facci la oratione Signora & patrona Comandante; e l'Armonia e 'l Rithmo Serui & Comandati; & ciò dice per dimostrare che ne' Madrigali del Monteuerde non si deue essaminare, nè l'Armonia, nè il Rithmo ciascuno da se solo; ma melodicamente, cioè tutte insieme con l'oratione Comandante; perche s'accorge che troppo contrario è lo stile di quelli madrigali, & che ad egli istesso non dà l'animo di difenderli, se non con vna finta coperta di melodicamente considerarli, non le tornando bene che l'Armonia sia separatamente dall' page 8altre veduta, essaminata, & bene considerata: Ma perche? dica il dichiatore, e 'l Monteuerde istesso. Non si uedono forsi l'opere di Cipriano, d'Adriano, del Porta, del Gabrielli, del Correggio, del Massaino, del Palestina, del Marsolo, & di tant'altri valent'huomini, separate dalla Melodia? Quante partiture si vedono, stampate & scritte a penna, volontariamente fatte: dalli auttori istessi, non solo per commodo de gl'organisti: ma accioche ogni studioso possi senza fatica vedere, considerare, studiare & essaminare le opere loro; son sono fatte queste fatiche per gl'organisti soli, che à loro basta hoggidi il basso solo; ma per gli studiosi, & acciò si conosca quanto di bene & di buono ha composto quel tale Melopeo. Et il dichiaratore non vorrebbe che si vedessero l'opre del Monteuerde se non Melodicamente; cioè che si cantassero, senza vedere con studio esattamente ciò che di brutto ui si cuopre per entro. Ma perche il dichiaratore adduce la sentenza di Platone à fauore di questa sua opinione parmi bene vediamo ciò che ella dice. Quin etiam consonum ipsum, & dissonum eodem modo, quando quidem Rithmus, & Harmonia orationem sequuntur, non ipsa oratio Rithmum & Harmoniam sequitur. Intende il dichiaratore per quel sequuntur, & sequitur. che l'Armonia, e 'l Rithmo siano l'uno il seruo, & l'altro la serua; & che la oratione sia la patrona Comandante, & esse le Comandate. Et però quando il valente Tiburtio Massaino ha imitato l'opere dell'Eccellente Cipriano si puo per questo dire che egli sia seruo di Cipriano? il tale Melopeo seguira lo stile di Adriano, quell'altro del Palestina, vn'altro del Porta, altri del Gabrielli; che altro vuol dire, se non che imitano le opere del Gabrielli, del Palestina, del Porta, di Adriano? l'Armonia ed'il Rithmo sono scienze, che per se stesse hanno l'essere, e la loro cognitione non dipende, dalla oratione, e la forza e 'l vigore che hanno l'hanno da se stesse, dalla natura loro propria, non la riceuono dalla oratione; è ben vero che con questa accompagnate, la fortificano, le danno maggior forza di quello che per se stessa haue. Sono adunque queste due scienze, serue dell'oratione, & tale che non possino, & non si debbano considerare se non con l'oratione, cioè Melodicamente? sa pur il Monteuerde che quando egli è andato à schola dall'Eccellente Signor Marc'Antonio Ingegnieri ad imparare la Melopeia, ò l'arte del contraponto che dir vogliamo, che non si è seruito in parte alcuna dell'Oratione, ne del Rithmo, come arte che per se stessa ha l'essere: ma solo ha atteso all'accompagnamento delle consonanze, & dissonanze, ma non nel modo che lui adesso vsa. Nondimeno se bene ella è scienza da sua posta, e separata dalla oratione, vorrebbe il dichiaratore che insieme con l'oratione si considerasse, & che le opere del Monteuerde melodicapage 9mente si vdissero? è vn disproposito, vna chimera, vn mantello per coprire gli errori del Monteuerde. Ma ritorniamo à Platone, poi che egli se ne fa tanto possessore; non tratta, nè ha mai trattato, nè credo che Platone habbi hauuto mai pensiero di trattare delle melodie, ò musiche moderne; ma credo bene che ragionasse di quelle melodie, che a' suoi tempi erano in fiore, & si poteua dire all'hora, che la Oratione hauesse maggior forza dell'Armonia, & del Rithmo; perche quella Historia, ò Fauola che si fosse, era recitata al suono di vn solo instromento, come si legge di Demodoco, di Femio, di Ioppa, & d'altri tanti e tanti, e perciò rendeua quell'armonia gli vditori attenti; & la Oratione che era intelligibile, moueua l'vditore, accompagnata però con l'Armonia & il Rithmo, secondo che preparato era. Ma le melodie del Monteuerde delle quali tratta il dichiaratore, non sono simili à quelle che si vsauano al tempo di Platone, sono deformi. In quelle moueua l'oratione, in queste l'armonia, se pur moue; In quelle era l'oratione intelligibile; in queste l'armonia; all'hora faceuano molti effetti, adesso nissuno; di modo che potiamo dire che l'armonia suppedita, tiene oppressa, offusca con la moltitudine delle parti, e la confusione dell'Oratione recitata; la Oratione perciò à ragione di consequenza potrei dire assolutamente che la Oratione fosse serua, & l'Armonia signora & padrona del campo. Non vi è conformità, nè similitudine dalla melodia, che si usaua al tempo di Platone, à quella che s'vsa a' tempi nostri, e troppo diuersa; troppo è differente, la sentenza addotta e fuori del seminaro, è vna uanità, vna chimera, non è al proposito. Se il dichiaratore mi dicesse; che si potesse vsare, & tal volta da qualche Melopeo foste stata vsata la Melodia simile à quella che in vso era al tempo di Platone, crederei che fosse il vero. Ma la sentenza di Platone non è al proposito de' Madrigali del Monteuerde, ma contra di loro, come di sopra ho prouato. Ritorniamo al Melopeo & con lui concludiamo ch'egli è neccessario volendo componere ouero giungere alla perfettione compita della Melodia, che sappi & benissimo conosca la proprietà, la natura della consonanza, della dissonanza & dell'armonia, acciò possi imitare più che puote la oratione conforme all'intento suo; e l'uso, e'l modo, la natura, e proprietà di queste già di mente de' nostri vecchi è stato determinato, ordinato e regolato dal Dottissimo Zarlino, & è quell'istesso che lo Ingegnieri ha insegnato al Monteuerde & ad altri bellissimi intelletti, se bene egli poco l'osserua, e di poi necessario che sij bene instrutto nella intelligentia della oratione & a parte per parte di quelle cose che concorrono à formare questa Melodia, altrimenti ponendo vna cosa per vn'altra, il che nasce dalla poca intelligenza delle cose, in vece di fare vn composito page 10buono & bello, farà vn mostro, & queste sono di quelle cose che l'Artusi ha dimostrato che sono deformi dalla natura, dell'arte, & dal vero fine; & dalla proprietà della Melodia, ne' tempi nostri vsata, ma dissimile da quella, come anco ho detto, che al tempo di Platone era praticata. Non può il Melopeo fare vn Composito buono, bello perpetuo, che habbi forza & virtù gagliarda d'operare, & fare quell'effetto, à cui è indrizzato, se non purifica l'ingredienti, di modo che siano in somma perfettione, & cosi purificati, si fa poi quella bellissima, soauissima, e diletteuolissima compositione detta Melodia. Ma quando il Melopeo guasta, corrompe, lacera, vno de' principali ingredienti, è ben forza che il composito sia manco, ed imperfetto; però non accade che il dichiaratore vogli coprire gli errori, con il volere considerare nelle consonanze, & nelle dissonanze altre considerationi, cioè la melodia; perche come consonanze & dissonanze, non possono fare altro che consonare & dissonare; la melodia si và considerando nel composito tutto, & non nelle consonanze, & nelle dissonanze; & quando si vuol considerare, vna sol cosa di quelle che sono nella melodia, bisogna considerare l'Armonia, il Rithmo, ouero l'oratione; & quando considerar si vuole la consonanza, ò la dissonanza, si considerano nell'Armonia non nella melodia; perche semplicemente non viene di queste composta, come l'Armonia. Dice Platone, che la melodia è composta d'Oratione, di Rithmo & d'Armonia; & non di consonanze, & di dissonanze, che queste entrano come ho detto, nell'armonia; pare che questo dichiaratore vogli insfilzare Platone in tutte le cose, & che tutte le cose s'habbino da considerare & misurare secondo questa sua melodia, quasi che tutte le cose non habbino ordine alli suoi principij: in conclusione si vniscono insieme la Oratione, il Rithmo e l'Armonia in questo composito di melodia. Et à quello composito bisogna osseruare l'ordine, e 'l modo, secondo il quale esso è stato constituito, & ordinato; percioche si come nella voce & nel parlare habbiamo per natura, che nella pronuntia della parola, in ciascuna sillaba vi si ritroua vn certo ordine di primo, secondo, terzo, & cosi seguendo, di maniera che fra di loro non sono confuse, ma con naturale, & artificiale accrescimento, vanno mantenendo il loro ordine constituiteli dalla natura & dall'arte. Cosi ancora la voce nel modulare e 'l Melopeo nel componere l'armonia, & la melodia accommodando non tutto quello che vuole, che non è lecito, ma quello che la natura, e l'arte comporta, la quale ha poste le Regole affirmatiue, e sicure senza apportare alcuna confusione nella scienza; e seguitando gradatamente osseruare gli ordini, e gli termini posti non vscendo delle cose terminate dell'armonia, si come non è lecito trasgredire gli ordini & gli termini dell'orapage 11tione, nella quale non si conuiene romper la testa à Prisciano. Restiamo che per concludere le cose dette sin quì, diciamo che per hauer dichiarata la sentenza di Platone, conforme al vero, dal dichiaratore della lettera addotta, sia destrutta la fabrica nella dichiaratione tante volte nominata, perche ella è fondata sopra la Melodia, nella quale vuole, che la oratione sia comandante & patrona dell'Armonia, & del Rithmo, & di già habbiamo prouato essere il contrario. Adunque ne seguita, che la dichiaratione sia ridotta ad vn nulla, essendosi dimostrato che il discorso è fatto per vn'apparenza di cose non vere, ma predicate & persuase per vere. A quello che il dichiaratore dice che in questa dal Monteuerde chiamata seconda prattica, seguita (dice lui) dallo Eccellente Cipriano di Rore, Ingegnieri, & tanti altri nobili spiriti; lascio che quelli che di imitare Cipriano fanno professione, lo dicano quelli che viuono, poiche gli morti che sono tanti con l'opere loro l'hanno dimostrato, ed io dirò che questa è vna delle solite chimere, detta solo per tenere & far veder al mondo, & a' suoi seguaci in particolare che l'opre del Monteuerde siano in tutto & per tutto Ciprianesche, che tanto conuengono quanto l'asino con il colombo. Dirò di più che lo Eccellente Cipriano, & lo Ingegnieri non si sognorno mai di componere cosa alcuna conforme al pensiero del Monteuerde, di modo che à lui in questa sua seconda prattica (cosi detta) habbi dato occasione d'imitarlo, come attribuir gli vuole il dichiaratore della lettera. Quanto alla mistura de' Tuoni, ò modi, di cui pare al dichiaratore di riprendere l'Artusi quasi che non conosca che cosa sia mistura de' modi, di quante sorti ella sia, e qual sia ragioneuole, & qual irragioneuole, io vi dico, che se bene il Monteuerde volesse fare vna Cantilena che fosse di vn sol tuono; come sarebbe à dire del primo, non puote è forza che vi cada mistura de' Tuoni; perche quando il Melopeo ordisce vna Cantilena che sia del primo tuono, bisogna che tenghi quest'ordine. Che il tenore camini ò moduli per le corde del primo tuono naturale, ò di quel modo che egli intende di fare; perche come disse Merlino Cocchaio. Sed tenor est vocum rector, vel guida tonorum. E 'l Basso per le cordi del suo collaterale; e 'l Canto corrisponde & modula per un'ottaua più nell'acuto, per le istesse corde del tenore, e 'l Contr'alto per quelle del Basso per un'ottaua più nell'acuto regolatamente gli corrisponde, di modo che tutte le Cantilene sono miste del tuono auttentico & del plagale; ma le misture del Monteuerde, non sono di questa sorte, sono sregolate, & non come queste regolate; però quando si presume di dare vna forma alla sua Cantilena, gli ne da vn'altra, perche passa gli termini della missura; & perciò si dice che non hanno page 12che fare le zucche con le lanterne. Quanto poi à quelle cose che il dichiaratore apporta de gli ecclesiastici, sono fuori di proposito; perche gl'ecclesiastici non danno principio ad alcun Canto con il b rotondo per fornirlo per natura. Regola certa è che se alcuno Melopeo da principio per il b rotondo ad vna sua Cantilena, che ancor seguiti sino al fine, che cosi hanno osseruato tutti gl'ecclesiastici, & Cipriano & Adriano & quanti buoni Auttori hanno nella pratica Musicale scritto; è ben dunque ragioneuole ò seguitar le Regole osseruate da tanti buoni auttori vecchi, & moderni; ouero che il Monteuerde facci come quel poeta il quale ritrouandosi nel componere gli versi molto intricato per la longhezza, e cortezza de versi parendole strano d'hauere à seguitare le Regole e 'l modo da gl'altri ordinati & seruati, fece vna supplica alle Muse, che à lui solo le douessero concedere di poter fare li versi suoi, longhi e corti, secondo che più à lui fosse di commodo; potrebbe però con questo auiso il Signor Monteuerde supplicare le Muse, che per speciale gratia le concedesse di far à modo suo, contra l'opinione di tutti che forsi conseguendo la gratia darà molta sodisfattione à tutti quelli che si dilettano di vedere & udire cose buone. Quanto à gl'altri canti ecclesiastici potrà bene il dichiaratore leggere Marchetto Padouano, che nella sua Musica gli dimostrarà, come s'intendano quelle auttorità dà lui apportate. Circa la glossa che fa il dichiaratore delle parole dell'Artusi; Risponde l'Artusi che il Glosatore bisogna che sia lui istesso, & non altri, ed'in conformità che il Glosatore ha interpretato le cose alla riuersa, dice & testifica che il Signor Claudio è bellissimo ingegno, & quando vuole fa di bellissime cantilene, bene ordite & bene ordinate; & queste sono & saranno sempre lodate dall'Artusi: ma mentre che sà, & puote far bene, & che non vuole: ma à bell'arte rompe, come si dice, la testa à Prisciano, queste opere non meritano lode, & il dichiaratore vorrebbe che tanto le cose ben fatte quanto le mal fatte fossero lodate dall'Artusi, questo non è il douere, nè il giusto, però può molto bene accorgersi il dichiaratore che ha sinistramente dato interpretatione non vera alle parole dell'Artusi, & posso dirle che non l'ha inteso, si come non ha inteso l'auttorità di Platone da lui addotta. Era di bisogno che il Monteuerde fosse stato osseruatore di qualche leggi Musicali, che da suoi Maestri le sono state insegnate, imitando tutti gl'altri, & quei popoli antichi, come si legge nel Cap. quinto della seconda parte delle institutioni, & cosi hauerebbe fuggito il biasimo, & si sarrebbe conseruato, anzi più che mai accresciuto il credito; però indarno si tende la rete in uista de gl'uccelli. Hor basta à Cipriano non diede mai tanto d'ingegno la natura, che in vece di quelle argutie cosi belle da lui vsate ne' Madripage 13gali alla dolc'ombra, & della viuacità negl'altri pratticata, che sapesse ritrouato & ponere nel mezo di vno de' suoi madrigali, vna falsa bordonata, inuentione degna di bellissimo intelletto. Horsù per hora non voglio dir altro al dichiaratore, se non raccordargli che; laus in ore proprio sordescit. Desidero ancora che mi fauorischi in far sapere al Signor Claudio, che questo discorso da me è stato fatto à calamo corrente, raccogliendo solo la superficie delle cose dette da voi, & fatelo certo che se io volessi rispondere à tutte le impertinentie, che per entro alla dichiaratione si ritrouano, & sottilmente essaminarle, che mi bisognarebbe fare vn grosso volume: ma lasciero qualche cosa per un'altra volta. In tanto viuete ambidui felici, & racordateui che Amicus Plato, amicus Socrates, sed magis amica Veritas. Hora se bene haueuo chiuso questo discorso, e ritirata la penna alla quiete, tuttauia perche di sopra ho dimostrato che l'armonia domina la oratione, & che l'oratione non può essere senza di lei, voglio hora dimostrare che il Ritmo è il patrone & l'armonia, e l'oratione serua, & maggiormente l'oratione serua del Rithmo, & per far questo perche so che molti non sanno quello che sia Rithmo nella natura sua, perciò darò principio da questo Capo, & secondo li buoni Filosofi è Musici descriuerò quello che sia, & s'intendi per Rithmo Filosseno Musico de' suoi tempi; è Filosofo celeberrimo, dice che il Rithmo è un'ordine de' tempi. Il tempo s'intende in questo luoco non quel tempo Musico che si considera nella leuatione & abbassamento della mano considerato nella figura cantabile detta Breue, ne manco in quei segni che dimostrano qual sorte & quante debbono andare, sotto l'Artis & Thesis, ma per quella picciola parte di spacio che si ritroua nella voce humana, ouero in qualonque altra parte, doue accade moto di tempo, come nel moto del corpo, ne' polsi nelle arterie, nell'andamenti, & in qual si voglia attione fatta dall'huomo, & è in similitudine dell'attioni dalli Epicurei descritti, che non hanno parte alcuna che diuisibile sia, & è in somma come il ponto nella Geometria, & il numero nell'Arithmetica, quando si considerano indiuisibili & come generanti & componenti, l'uno il numero, l'altro la linea, & cosi questa minima parte di tempo appresso li Musici & Filosofi, si chiama principio del numero Musico, & dalle parti bene disposte & ordinate, di questo tempo si compone & ordina il numero Musico, che da tutti li Musici & Filosofi viene detto Rithmo. Da questa diffinitione, ò descrittione data da Filosseno, non è guari lontana quella di Platone: che disse, il Rithmo è il moto dell'ordine nel 2. delle leggi, l'uno è l'altro pone l'ordine, ma Filosseno pone il tempo & Platone il moto, ma tanto misura se stesso il tempo, quanto il moto, come l'unità che misura se stessa, & ogni altro page 14numero. Il Rithmo adunque è constituito nell'ordine del tempo, & de' moti tardi e presti, come nella tardanza, e prestezza de' polsi, de' saltatori, ne' piedi de' versi, nelle sillabe longhe & breui, ne' suoni tardi e presti, & al fine nelle attioni fatte dall'huomo, nelle quali cada tempo, prestezza e tardezza, lunghezza e breuità, l'Armonia considera gli suoni, in quanto sono graui & acuti, come da luoco à luoco ordinatamente per debito di Dimensione. Ma il Rithmo non essamina la voce da luoco a luoco, quanto sia lontana l'una dall'altra, ma quanto tempo nella pronuntia de' suoni l'uno all'altro comparato, secondo la ragione del numero Rithmico permane; di maniera che il Rithmo assolutamente potiamo dire che sia quell'aria composta di diuersi suoni acuti è graui, presti è tardi, che si dà alle Cantilene, & questa è l'anima dell'armonia, perche in vn certo modo gli dà la forma, l'anima e lo spirito. Alcuni l'hanno chiamato spirito del verso; anima dell'armonia, & dell'oratione, padre di tutte le cose, e l'armonia madre; non vi essendo cosa alcuna al mondo che priua sia d'armonia espressa, ouero tacita; perche in tutte le cose vi cade la proportione come benissimo sanno tutti gli Filosofi. Ha il verso, & l'oratione la lunghezza e breuità delle sillabe, & de' piedi, seruato però l'ordine del tempo; & questo è quel numero Rithmico cosi detto da' FFilosofi, & di che noi trattiamo. Nell'altre cose s'è acquistato il nome di presto, e tardi. Che il Rithmo sia lo spirito del verso, & dell'oratione, da questo si scoprirà; leuasi all'vno & all'altro la longhezza, e la breuità delle sillabe che viene ad essere quel numeroso moto di tempo longo e breue, vero spirito dell'vno, & dell'altro, che cosa sarà la Oratione? Ha l'armonia il graue suono e l'acuto; ma quando questa grauità, & acutezza sarà priua del moto numeroso di tardo, e presto ch'è lo spirito dell'armonia, che cosa haurà quel suono, hor graue, & hor acuto per se stesso? Ma leuate dalla oratione la lunghezza e breuità delle sillabe, & quell'armonia, di cui tanto se ne compiace l'vdito, che cosa sarà l'oratione? Se l'oratione hà l'anima, lo spirito, la forma, dal Rithmo, & quella vaghezza che tal'hora si sente nel bel modo di dire dall'armonia, che perciò si sente dire il tale ha vn stile tanto armonioso, che gionger non si può a quella eccellenza. Che cosa ha adonque l'oratione del suo tanto che dir si possi, che sia patrona & comandante dell'armonia & del Rithmo comandati e serui? se ella non considera altro che le lettere, sillabe, dittioni, che riceuono poi dal Rithmo quel di buono che in se stesse includono? Come potrà l'oratione comandare al Rithmo & all'armonia, se già habbiamo dimostrato, che egli senza questi due capi che gli danno l'anima e 'l spirito, e vn cadauero, vn corpo morto, vn nulla? la forza, la energia, che ha l'oratione da chi la riceue? dal Rithmo & page 15dall'armonia. Adunque ella sarà la Signora patrona; & l'armonia madre di tutte le cose, e 'l Rithmo padre di tutte le attioni humane; sermi Et se all'Oratore mentre recita l'oratione, l'armonia non le dà il graue & l'acuto, per portare la voce, che esplicar possi l'intentione sua con gratia il che è particolare effetto del suono & dell'armonia; qual forza, qual gratia haurà il recitante? & questa parte appartiene all'vdito. Se non sarà accompagnata da vn bellissimo gestire, mouendo le parti del corpo secondo il bisogno, in guisa di buono predicatore, & è quella parte di Rithmo ch'appartiene al vedere, che cosa haurà ella di buono? qual buono effetto farà ella? altro effetto fa il leggere in voce eguale la oratione; & altro quando ella è letta ò recitata con voce, quando acuta, & quando graue, accompagnata col gestire, che è il spirito & l'anima datale dal Rithmo, & dall'armonia; Potiamo adunque sicuramente dire che il Rithmo è padre comandante, & l'armonia madre comandante all'oratione comandata: & questo è quello che ho detto di prouare; però il dichiaratore s'è abbarbagliato, si come s'è anco ingannato à dar nome di seconda prattica al modo di comporre del Monteuerde, & anco di questo eccone la proua. Colà nel mezo della dichiaratione della lettera, per prouare che ci è vn'altra prattica differente dalla terminata dal Zarlino, cita le parole del Zarlino poste nel primo Capitolo de' Supplementi che dicono. Non fù mai, ne anco è mia intentione di scriuere l'vso della Prattica, secondo il modo de gli Antichi, ò Greci, ò Latini, se bene alle fiate la vò adombrando, ma solamente il modo di quelli che hanno ritrouato questa nostra maniera nel fare cantare insieme molte parti con diuerse modulationi, & diuerse arie specialmente secondo la via & il modo tenuto da M. Adriano. Conclude il dichiaratore. Adonque vi è un altra prattica, & questa sarà la seconda; se vogliamo dire che la pratica de' Greci è Latini, sia stata vna prattica, non è dubbio che questa nostra è differente dalla sua, perche essi cantauano con un vna sol voce al suono di un solo instrumento; & noi con molte arie diuerse & tante parti, potremo dunque dire che quella fosse la prima prattica, la nostra Moderna seguita da Cipriano, & da M. Adriano prima terminata dal Zarlino, la seconda, & questo modo di componere del Monteuerde, la terza prattica, ò vogliamo dire la quarta se diuidere vogliamo quella de' Greci da' Latini. Di modo che posso concludere che sono tutte chimere queste cose da luì dette, solo per difendersi come egli confessa dallo oppositore, non sapendo lui ritrouare demostratione che proui le cose fatte da lui per buone, & vere.
IL FINE.