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Title: Discorso intorno all'opere di... Zarlino

Author: Vincenzo Galilei

Publication: Giorgio Mareschotti (Firenze, 1589)

Principal editor: Frans Wiering

Funder: Utrecht University Netherlands Organization for Scientific Research (NWO)

Edition: 2000

Department of Information and Computing Sciences Utrecht University P.O. Box 80.089 3508 TB Utrecht Netherlands
Copyright © 2000, Utrecht University, Netherlands
page 1
DISCORSO

DI VINCENTIO
GALILEI
NOBILE FIORENTINO,
INTORNO ALL'OPERE
di messer Gioseffo Zarlino da
Chioggia,

ET ALTRI IMPORTANTI
particolari attententi alla musica.
Et al medesimo Messer Gioseffo dedicato.

[Figure]
IN FIORENZA,
Appresso Giorgio Marescotti.
MDLXXXIX.
Con licenza de' Superiori.
page 2page 3
[Figure]

AL MOLTO MAG.
ET REVERENDO
M. GIOSEFFO
Zarlino da Chioggia,
MVSICO PRATTICO, E
Teorico eccellentiss. & Maestro
di Cappella della Sereniss. Si-
gnoria di Venetia in
San Marco.

HAVENDO il
mio Dialogo dell'
antica, & della
moderna musica

fatto conoscere co
me hauete voi, & il mondo ve-
page 4 duto, molti importanti errori
delle vostre Istitutioni, & delle
vostre Dimostrationi , credeuo dopò hauerli inol-
tre emendati, hauer sadisfatto al-
la cortesia che vn amoreuole &
buono Scolare è tenuto al suo
maestro: ma sendomi pur hora
dato tra mano i vostri Suppli-
menti musicali
, mi accorgo da
gl'importuni modi che meco v-
sate, cercando di nuouo prouo-
carmi a porgerui il medesimo
mio aiuto, che non rimanete di
quanto nel mio Dialogo ho det-
to appagato.
Laonde io ho ri-
preso la penna per vedere di sup-
plire a quanto di più da me desi-
derate nelle due prim'opere vo-
page 5 stre, & appresso nei medesimi
Supplimenti. vi mando adun-
que insieme con questa mia, quā-
to fina ad hora, ne ho di più cor-
retto con sperāza di hauerui ap-
pieno sadisfatto, tuttauolta che
ostinatamente non vogliate op-
porui alla verità.
Se metterete
alla stampa il libro De Re musi-
ca
che promettete, lo vedrò vo-
lontiere, & gli farò attorno quel
pietoso uffitio che meriterà l'o-
pera, & la vostra cortesia. in que-
sto mentre anderò (poi che cosi
vi compiacete ch'io facci) emen-
dando il rimanente de gl'errori
che io ho notati ne vostri scritti,
& senza più cerimonie, ne farò
voi & il mondo consapeuole ne
page 6 altro.
Di Firenze il dì vltimo di
Agosto. 1588.
Prontissimo per giouarui & insegnarui sempre.

Vincentio Galilei.


[Figure]
page 7

DISCORSO
DI VINCENTIO
GALILEI
NOBILE FIORENTINO,
INTORNO ALL'OPERE
di messer Gioseffo Zarlino da
Chioggia,

ET ALTRI IMPORTANTI
particolari attententi alla musica.

[Figure]
CORRE il settimo anno
che io stampai vn mio Dia-
logo dell'antica, & della
moderna Musica
; nel qua-
le come desideroso di troua
re la verità, feci alcune ob-
biettioni a quello che mes-
ser Gioseffo Zarlino scriue
nelle sue Istitutioni, & nelle sue Dimostrationi
page 8 Harmoniche
; il cōtenuto del qual Dialogo (an-
cor ch'io nō fussi tenuto) gli haueuo prima amo-
reuolmente con lettere significato [[per]] intēderne
il parer suo, acciò nō hauesse occasione alcuna di
dolersi di me veduto dopo più repliche che senz'
addur' ragioni di rilieuo se nō staua ostinato nel-
la sua prima openione, mi risoluetti a stamparlo;
al che con ciascuna sua forza & sapere cercò il
medesimo Zarlino d'opporsi, & mi fece auāti &
dopo le scortesie ch'io sono (mercè dell'impor-
tunità sua) per dire affine che il mondo conosca,
che quanto (sotto nome di suo scolare) di me si
duole ne suoi supplimēti musicali (pur hora mā-
dati in luce per sua difesa) ha grandemēte il tor-
to, oltre all'ingannarsi come io sono in fatto per
mostrare a chi si piglierà cura di legger questo
mio Discorso, in tutto quello che lui ha mai scrit
to di cose attenenti alla musica, & alle matemati
che.
& per non distendermi in parole otiose, fa-
rò di nuouo conoscere a lui & a chi non lo cono
scesse, che il cantare & il sonare di hoggi qual si
voglia strumento, non è appatto alcuno (secon-
do che lui ce lo descriue) il Diatonicon Sintono
di Tolomeo. farò vedere quanto meglio di lui io
habbia inteso il temperamento, & la participa-
tione dello strumēto di tasti, & quella del liuto.
mi scolperò dell'ignoranza di che lui m'incolpa
intorno alle cose di matematica, & farò vltima-
mente toccar con mano, che se nulla di buono, o
page 9di nuouo è ne' suoi supplimenti, l'ha apparato
da me & dal mio Dialogo.
& di quì comincian-
domi dico, che l'hauere Messer Gioseffo credu-
to, che egli creda, & che voglia creder sempre
come lui dice, che quello che si canta & si suona
hoggi secondo che lui celo disegna sia il Sintono
di Tolomeo, gli sarà permesso, da qual sia fo-
ro; ma che realmente egli sia tale, son sicuro
che non si trouerà huomo tanto grosso (pur
che ei sia capace di ragione) che lo creda.
imperoche la certezza che noi habbiamo che
l'antico Diatono Ditonieo, hauesse, habbia, &
hauerà sempre dissonanti tutti gl'interualli che
son compresi hoggi sotto nome di consonanze
imperfette, nasce principalmente dal trouarsi ap
presso di noi la distributione delle sue corde drē
to a' numeri & alle forme che le costituì il suo
autore; & per la medesima cagione sappiamo co
me distribuito fusse il Sintono di Tolomeo.
ho-
ra la più gagliarda, & la più viua ragione che ne
persuada che la spezie dell'antico Diatono Dito-
nieo non sia questa che noi cantiamo hoggi, ne
manco soniamo in alcuno strumento è, che
quella ha le terze & le seste dissonanti come si è
detto, & questa le ha consonanti. & se tal ra-
gione è atta a persuaderci questa verità, & che
sia vero inoltre com'è verissimo, che nel-
la distributione Sintona fatta da Tolomeo ui sia-
no alcune quinte, & alcune quarte, & delle ter-
page 10ze, & delle seste dissonanti, & che quelle della
spezie che si canta hoggi & si suona siano come
l'esperienza ci dimostra, tutte consonanti; ne se-
guirà necessariamente, ch'ella non sia ne poss'es-
sere mai quella che persuadere di nuouo ci vuo-
le il Zarlino, che nel Sintono di Tolomeo ve ne
siano delle si fatte, vedasi quello che egli medesi-
mo ne dice & mostra cō l'essempio del suo mo-
nocordo nel capo 40 della secōda parte delle sue
Istitutioni
, & la prima proposta del quarto, &
del quinto ragionamento delle sue Dimostratio-
ni
, ne quai luoghi non solo questi suoi errori sen
satamente si chiariranno, ma tutti gl'altri assurdi
che nel principio del mio Dialogo dico trouarsi
tra le corde del detto Sintono.
& questa è suffi-
ziente risposta per la repugnanza fatta, & per
quella che di nuouo far potesse il Zarlino a que-
sta verità, ne Supplimenti poi, per supplire a
quanto mancaua secondo lui a i due primi suoi
volumi, ha speso per non dir gettati la maggior
parte de quattro primi libri, cercando per vie in-
dirette di nascondere questa verità; doue si vede
manifestamente, ch'egli ha per ciò affaticato al-
cuno Filosofo; imperoche ne i principij di alquā
ti capitoli doue lui getta i precipitosi suoi fonda
menti con il mezzo della dottrina Peripatetica,
concludano molto bene il fatto loro: ma quando
poi il Zarlino vuole applicare à quei concetti di
natura contraria de suoi propositi, dice per la dis
page 11formità che tra essi si trouano le maggiori imper
tinenze del mondo. dalle quali si conosce mani-
festamente che la filosofia d'Aristotile non era a
suo tempo: imperoche quello che di essa fusse
stato capace non hauerebbe soggiunto gli spro-
positi ch'io mostrerò che lui soggiugne; et la mas
sima conclusione di essi è, che se bene nella Di-
stributione che fece Tolomeo del Sintono vi si
troua veramente l'imperfezzione da me mostra
ta, lui vuole che quando la voce s'incontra in es-
sa, corri subito alla perfettione della consonan-
za, hora uedete in che vanità ha quest'huomo
gettata via tanta sua fatica, & d'altri: non si ac-
corgendo che quando la cosa seguisse nella ma-
niera che lui dice, la medesima risposta di sopra
seruirebbe a conuincerlo di nuouo in giuditio:
cioè che non si canta il Sintono di Tolomeo co-
m'egli ce lo disegnò: oltre che con l'istessa scusa
sua potremo dire di cantare le terze & le seste
dell'antico Diatono, ma ella non è accettabile.
Queste cose non le dico al Zarlino come nuoue,
ma le dico a quello che ostinatamente ha contro
la verità replicato ne suoi supplimenti: merciè
prima dell'adulatione, & dell'ignoranza de gli
huomini che del continouo ha d'attorno, & del-
la rouina ch'ei vede venirsi addosso tuttauolta
che acciò accōsentisse perche toltogli questo de-
bile appoggio, alche fare non so che gli rimanga
altro che ostinamente malignare. va in perdi-
page 12tione tutta la sua dottrina, com'egli istesso affer-
ma nel capo quarto del quarto libro de suoi Sup
plimenti
.
hora se contro la mia credenza, alcuno
della Chrioccha della quale egli è capo, non sa-
disfatto di quanto io ho detto, volesse non me-
glio, ma più a modo suo chiarirsi di questo fatto,
lo rimetto di nuouo a leggere le medesime ope-
re sue, per forse non hauere le mie; atteso che
quando fu stampato detto mio Dialogo, ne mā-
dai alquanti a Venetia, & gli feci consegnare ad
vn libraio perche fussero letti da gli studiosi del-
la facultà di che egli tratta; ma non prima furo-
no dal Zarlino veduti, che subito operò con vn
Gentil'huomo di qualche autorità, del quale sa-
perei dire il nome, & potrei produr lettere del
medesimo libraio
quando bisognasse; che andò
da lui, & mostratogli il uiso dell'arme gli disse
queste formate parole. To via questi libri di su
la mostra & se mai più hai ardire di mettergli
fuore, o di fargli vedere ad alcuno, io ti farò, è ti
dirò. potrebbe a questo per sua scusa dire il Zar-
lino, che ciò operò per volere, prima che si ven-
dessino, vedere quello che diceuano; della qual
cosa non so che ne diranno gli huomini di giudi-
tio.
ben son io certo che l'anno 81 quando fui a
Venetia per dare alla stampa detto mio Dialo-
go
, & che io l'hebbi consegnato ad vno Stampa
tore dopò l'esser conuenuto seco del prezzo, &
ch'io gl'hebbi pagato parte de danari affine ch'
page 13ei lo stampasse, subito glielo fece sapere; & per
l'intrinseca amicitia che è tra essi, glielo trasse di
mano, & lo tenne otto o noue mesi continoui;
ne i quali si sarebbono vedute, lette, risposto, &
difese (secondo però le ragioni che altri hauesse
hauuto) tutte le cause della Vicheria di Napoli.
dopò il qual tempo vedendo io che il mio libro
non si stampaua, scrissi a chi ne haueua cura che
me lo rimandasse; & dopò molte bugie del det-
to Stampatore, gli si trasse di mano, con pagargli
però contr'ogni douere oltre a quelli che prima
haueua hauuti per arra, venticinque scudi d'oro,
rihauutosi vltimamente si stampò qui l'anno se-
guente 1582.
nel qual caso mi par che il Zarli-
no mancasse a se stesso, & a me ancora. mancò à
se stesso per non essersi saputo seruire dall'occa-
sione che gli s'offerse di poter stāpare detto mio
libro sotto suo nome, con iscusa d'essersi di nuo-
uo meglio consigliato cō i suoi scritti, come mol
ti huomini di valore hanno fatto, delle lor pro-
prie, & non dell'altrui fatiche; & se questo non
gl'andaua per la fantasia per sospetto di non sa-
per colorire una tanta menzogna, o per conosce-
re come lui dice che il mio Dialogo era pieno di
errori; non doueua impedire il libraio che gli uē-
desse; anzi gli doueua cōprare & donargli a suoi
amici, acciò si fusse quanto prima palesato la mia
insipidezza, & la sapienza di lui. ma la fortuna
volle che non gli souuenne di pigliare quel tal'
page 14espediente, affine che il mondo conoscesse qual
fusse & sia la sua natura non conosciuta auanti,
& appresso quanto s'estenda il suo sapere non
conosciuto prima dell'vniuersale, ma solo da
quelli che sanno.
potrebbe a questo soggiugne-
re il Zarlino, che mediante l'hauer conosciuto
(secondo però che egli dice) l'imperfettioni di
esso mio Dialogo, non l'haurebbe dato fuore co-
me suo per qual si voglia cosa del mondo; ma
dagl'effetti si è dichiarata questa sua strattagem-
ma molto diuersa da quello ch'ei cercaua per-
suaderl'al mondo. imperoche se con dritt'oc-
chio hauesse scorto in esso, l'imperfettioni che
lui dice, non haurebbe oltre a quello che io ho
detto ch'ei fece scritto nel capo quarto del quar-
to de suoi Supplimenti
, che alcuni Gentilhuo-
mini amici miei fecero il Dialogo che è stampa-
to, sotto nome mio, al che rispondo prima, che
qua per il contrario sono alcuni Gentilhuomini
che hanno operato da me molte cose del detto
Dialogo; il qual dico esser tutta mia fatica, mia
opera, mia inuenzione, senz'hauerui parte alcu-
na altr'huomo di me; & quello che altramente
crede, crede il falso; & quello che altramente di-
ce, dice la bugia. il breue Discorso parimēte mā-
dato al Zarlino l'anno 78 sotto nome d'altri, di-
co l'istesso, che del Dialogo ho detto; & chi al-
tramēte crede, o dice gli prouerò io in quel mo-
do che a lui piacerà ch'egli è in grandissimo er-
page 15rore.
Secōdariamēte se nel mio Dialogo fussino
stati gli errori che il Zarlino dice non si sarebbe
sforzato con la fatica di tanti anni di difendersi;
ma cō l'essempio ch'egli adduce nel proemio de
Supplimenti
di Zoilo, & di Didimo Alessandri-
no, & come huomo fumoso, si sarebbe sdegnato
rispondere a quello che non ne haueua bisogno,
di maniera che dalla quantità degl'anni spesi in-
torno à cercare di difendersi, & dalla qualità de'
processi, si può conoscere s'egli ha ragione o il
torto. a difendere il torto, & viè più delle cose
sensate come queste, non era suffiziente tutta la
filosofia, ne tutti i secoli del mōdo: & a difende-
re per il contrario la ragione, era bastante la me-
tà de mesi che lui tenne il mio Dialogo in mano
prima ch'ei si stāpasse; & vie più dicendo il Zar-
lino medesimo nel proemio, & nel capo 27 del
quarto de suoi Supplimenti
, che haueua dato lo-
ro fine, ne haueua altro che mettergli sotto il tor
colo, quando gli venne il sudetto mio Dialogo
in mano. laqual cosa non so vedere come possa
stare; poi che in essi non vi è quasi capitolo che
non sia attenente alla sua difesa, o alla mia offe-
sa: però desidererei che mi fusse dichiarato quel-
lo che erano i suoi Supplimēti prima che gli ve-
nisse il detto mio Dialogo alle mani.
ma troppo
ben conosco doue il Zarlino vorrebbe colpire cō
l'auuelenata saetta del suo balestro senza mira.
egli vorrebbe persuadere al mondo che le cose
page 16dal mio Dialogo apparate, lui l'haueua prima
che lo vedesse, pensate è scritte; ma per altr'or-
dine: laqual cosa a Dio piacendo non sortirà a
modo suo: perche oltre al farne fede i due pri-
mi suoi volumi, nei quali ancora che molto bene
parte di esse il luogo le ricercasse, nondimeno nō
ve le pose perche all'hora non le sapeua; in vece
delle quali scrisse mille vanità: ma quello che più
importa è il deuiare ne Supplimenti in molte
cose dal primo parere, le quali nō poteua in mo-
do alcuno saluare, come al suo luogo sono per fa
re manifesto insieme cō l'altre insidie che lui mi
ua preparando.
la onde seguendo quello che di
sopra haueuo cominciato, dico che il Zarlino mā
cò a me per non hauere occasione alcuna di far-
mi i torti che lui mi fece, tenendomi a forza il
mio Dialogo tanti mesi, fare opera che lo Stam-
patore non lo stampasse, far cō minacci il libraio
impedire che non lo vendesse dopo che fu stam-
pato, & comportare vltimamente che quel suo
domestico stampatore mi rubasse tāti scudi quā-
t'egli sà.
Et perche io so quanto il Zarlino vale
ne calculi, acciò non habbia di nuouo a ripren-
dermi d'ignoranza in questo, io haueuo di sopra
detto, che intorno la materia di che principalmē
te tratto al presente, lui haueua hauuto tempo di
pensarui sette anni, però mi ridico, ne voglio es-
sere come lui ostinato contro la verità, atteso che
sono passati realmente dieci. laqual cosa mi ha
page 17desta nella mente in leggēdo il proemio de suoi
Supplimenti
; perche quando gli mandai quel
mio breue Discorso sotto altrui nome di che in
quel' luogo fa mentione, u'era disteso il conte-
nuto di questo negotio; & fu come lui dice il dì
7 di Giugno 1578 & perche non habbia a oc-
correre a questo mio Discorso llo che occorse
al mio Dialogo, ne ho mādati a donare a Vene-
tia a molti amici miei, & per tutte le altre città
d'Italia a gl'intelligenti di questa facultà, affine
che conoschino la sufficienza & l'insufficienza
dell'vno & dell'altro. & perche più rettamente
possino darne giuditio, è bene auuertirgli, che tal
disputa nasce (secondo però che in mille luoghi
replica il Zarlino ne suoi Supplimenti) tra lui
dotto cō tutte le ragioni del mōdo; & me ignorā
te con tutti i torti che l'huomo si possa imagina-
re.
Laonde si può di quì conoscere, che gl'epite-
ti quali il Zarlino (mercè della sua cortesia) così
frequentemente mi da ne suoi Supplimēti; più
ad esse che a me conuengono; & di tutti gli altri
meno a me conuien quello del nominarmi for-
tunato. atteso che dalla nobiltà impoi, io nacqui
senz'altra sorte di beni di essa fortuna. le fati-
che in oltre fin ad hora da me fatte intorno alla
Musica per mostrarmi non inutile al mondo mi
hanno fatto più tosto inuidiare che portomi al-
cuna vtilità. & mediante le spese occorse nello
stamparle, hannomi in vece di alcun comodo,
page 18portomi del continouo incomodo maggiore.
hor
a messer Gioseffo sta a romper questo diaccio, cō
farmi qualche segnalata cortesia in ricompensa
delle presenti mie fatiche a sua riquisition fatte
& a lui medesimo dedicate. & quando ciò anco
sortisca, non son per isbigottirmi, ne per pētirmi
di quanto sin'ad hora ho virtuosamēte operato,
anzi con maggior voglie, & vigor più del solito,
anderò del continouo riuedēdone dell'altre già
da me fatte, per mandarle in luce (che molte più
sono di quelle che fin ad hora ho mandate) per
vie più conseguir' quello che nel principio de
miei studij mi proposi nell'animo, & questo fu
l'honore. sperando mal grado della fortuna, &
dell'altrui malignità, & ingratitudine che del cō
tinouo ostan meco superare l'inuidia.
Quello
che fin quì ho detto (tornando al principal mio
intendimento) intorno al prouare che hoggi nō
si canta, & non si suona in modo alcuno il Sinto-
no di Tolomeo, come celo disegna il Zarlino sa-
rebbe suffiziente risposta di quanto di esso dice
ne due primi suoi volumi; perche contro a quel-
li scrissi il mio Dialogo; & non sarei tenuto ve-
ramente a procedere più auanti: ma il desiderio
che io ho di compiacere a chi mi ha forzato a pi-
gliar questa fatica, mi sforz'ancora che io discen
da a più particolari di quello che io ho fatti intor
no a suoi Supplimenti, però prima che più oltre
mi distenda, produrrò le più gagliarde ragioni
page 19che il Zarlino, dica in essi di nuouo, cō tutta quel
la sua diuersità di principij & alteratione di ter-
mini per prouare esser vera la sua openione; l'er-
rore di che non mi sarà graue auuertire (cō quel-
la breuità maggiore che mi sarà conceduta) &
prima, nel capo quinto del quarto de suoi Sup-
plimenti
scriue il Zarlino così. Et se bene nell'or-
dine del Sintono non si trouasse che il tuono maggiore ha-
uesse luogo dopo vnaltro maggiore, nella sua compositione
acciò non fusse ne suoi estremi dissonante; non si potrebbe
però dire, che bisognando in cotal ordine vn tale interual-
lo, che tal consonanza non fusse naturale di tale specie: è
tanto più quando ciò procedesse dagli strumenti naturali,
cioè dalle voci; perche alla natura è concesso di modulare
quelli interualli che tornano al proposito nel formar le cō-
sonanze.
Non è alcuno che neghi, che le voci non
possin formare & modulare quegli interualli
che sono a proposito in quell'esatezza maggio-
re che ridurre si possano per formare le consonā
ze; si come ne anco è alcuno che affermi che
quando le voci o gli strumenti artifiziali piglio-
no assunto di sonare, o di cantare vn ordine d'in-
terualli prefissi & ordinati dall'arte in vn siste-
ma, com'è per essempio il Sintono di Tolomeo,
l'habbino a lacerare & deprauare a modo loro,
traēdolo fuore dell'esser suo, & della sua prima
natura. imperoche così facendo, mai si potrà con
verità dire che questo sia quello, o quello sia que
sto, & se la varietà della natura, & degl'affetti
page 20delle spezie del Diapason, consiste buona parte
nella diuersa positione de semituoni, quanto si
farà maggiore questa diuersità, se in esse ancora
si varia la grandezza de tuoni, il che quādo pur
segua, non perciò passa come l'intende il Zarli-
no. il soggiugnere appresso che ciò posson fare
le voci senz'alcuna fatica, bisogna vedere se il
far ciò conuiene all'hora alla natura della cosa:
imperoche molte sono le cose che si possono, che
non si deuono, l'interuallo in oltre che consti di
due sesquiottaui come è il Ditono dell'antico
Diatono, dissonerà (dico io) tanto nelle voci quā
to nelle corde per non hauere quelle più priuile
gio di queste.
La natura poi per non hauere ne
mani ne bocca non gli è conceduto ch'ella suoni
ne ch'ella canti, & il sonare & il cantar' nostro è
tutt'arte. la seconda ragione che lui allega è nel
capo sesto del medesimo quarto libro, & dice in
questa maniera. Ma il sistema massimo che si fa na-
turalmente con le voci non è terminato da alcuno numero
di corde; o daltri interualli o altri termini, di modo che
non sia libero, & non sia ristretto tra alcuni termini o spa-
cij; percioche le voci possano nel salire & nel discendere,
come molte fiate habbiamo detto, farsi acute o graui quan-
to porta la ragione degl'interualli, che s'adoperano nella
specie senz'alcuna contradittione; essendo che dopò che la
cantilena è finita, non si uede alcun'interuallo che resti in
atto tra coloro che cantano; ma si bene in pura potenza.
il
sistema massimo si canta con le voci, & non si fa
page 21perche è di già fatto & ordinato come lo vuole
l'arte; ed è terminato da vno particolar numero
di corde, d'interualli, & di spazij misurati & li-
mitati dall'arte, & questo secondo che piace al
Zarlino è il Sintono di Tolomeo, & se bene le
voci possono salire & discēdere, & farsi graui &
acute, non perciò hanno da fare alcuna di queste
operationi (se però è vero ch'elle cantano il Sin
tono come dice il Zarlino) più quà o più là che
le voglia la ragione degl'interualli che furono
constituiti nella spezie che si dice, o che si vuole
cantare: ne si può procedere per altri interualli
che per i suoi senza qualche contradittione.
è
bene naturale che gli estremi suoni della Dupla,
& quelli della Sesquialtera accordino; ma l'esser
diuisa questa in quattro, & quella in sette inter-
ualli d'vna o d'vn'altra misura & grādezza, e tut
ta cosa dell'arte: laquale le diuise in tali
parti, perche da esse considerò poterne trarre co-
modità maggiori per il suo fine per la cagion di
chi volse l'arte medesima in ciascheduna ottaua
cinque tuoni & due semituoni; la diuersa posi-
tione de quali variano le sue spezie, che son set-
te, perche in sette diuerse maniere & nō più be-
ne accomodare si possano: & il lungo vso è poi
cagione che posti senza i debiti mezzi fuor de
luoghi dell'arte prima determinati, che noi gli
udiamo con poca sadisfattione.
La onde l'arte
& la prattica del modulare nell'alteratione del-
page 22le corde Diatoniche ordinarie, & communi, vsa
alcuni mezzi & rispetti (come sanno i periti Cō
trapuntisti) & nō gli altera a caso & impensata-
mente, & perche nell'ordine Sintono, secondo
però che lo distribuì Tolomeo; non si trouano
due tuoni maggiori contigui l'vno appresso l'al-
tro; perciò al Contrapuntista, per qual sia occa-
sione nō sarà lecito modulare per due si fatti in-
terualli se però llo che noi cātiamo è il Sintono
secōdo che celo disegna il Zarlino nō solo [[per]]che
aggiunti insieme dissonerebbono, ma per non
trouarsi nella detta distributione di corde due tuoni di quella grandezza; ma si
bene si trouano nella distributione che prima ne
fece Didimo.
ne cred'alcun' Chriocante che l'al-
teratione delle corde che ordinariamente si fa
nel Diatonico con il mezzo de segni accidentali
detti cromadici (perche da tale alteratione nac-
que tal genere) sia il medesimo che mutare il
tuono maggiore nel minore, o per il contrario
mutar questo in quello, perche di gran lūga s'in-
gannerebbe. i buoni antichi Musici, con la varie-
tà de gli interualli, & con la diuersità dell'ordi-
ne & sito loro, distinsero diuersità delle spezie
già dette, & la varietà de generi dell'armonie: le
quali spezie poi, o fussin' cantate, o fussin' sona-
te, erano in ciascuna minima parte loro sottopo-
ste alle conditioni nelle quali le haueuano gl'au-
tori di esse constituite; & qual sia di loro che pū
page 23to le alterate, veniua additato per igno-
rāte, o come disprezzatore delle leggi Musiche
era seueramente punito.
il sistema massimo adū
que che ci descriue il Zarlino, e terminatissimo
da vna determinata quātità di corde, da vna de-
terminata quantità d'interualli & spazij, ciascu-
na de quali comprende in se vna determinata
quantità di suono graue & acuto dall'arte di To
lomeo assegnatagli. le voci nel pigliare assunto
di cantare, o gli strumenti di sonare vn partico-
lar sistema, non sono più libere, & nō possano ra
gioneuolmente procedere, ne formare altri in-
terualli oltre a quelli che nei luoghi loro partico
lari furono instituiti in esso dal suo autore senz'
alterarne alcuno dal primo esser suo; perche dall'
alteratione loro nasce la diuersità dell'armonie
& degl'affetti.
& se ben le voci possano, non de-
uono volere quello che non si deue, o non doue-
ua dire il Zarlino ch'elle cantino il Sintono: &
la ragione che gli ha dal canto suo in questo luo
go non vo tacerla: imperoche è verissimo che do
po che la cantilena è finita, non si vede come lui
giuditiosamente dice, alcuno interuallo che resti
atto; ma si bene in pura potenza. è possibile
che quest'huomo non si arrosisce nel dir queste
leggerezze? dopo che si è cātato che si ha da ve-
dere per aria vno sciame di pechie, o di zanzale?
Soggiugne nel medesimo capo quest'altra inge-
gnosa ragione. Con gli strumenti da fiato & di corde
page 24non si puo passare fuor dell'ordine loro, poi che i suoni sono
tra le chorde & fori terminate: ma questo non auiene ne
gl'ordini fatti dalla natura nelle uoci, i cui termini non so-
no prescritti se non dalle proportioni & forme de gl'inter-
ualli che s'hanno da cantare; mediante il buon giuditio et
sano vdito dei cantori percioche possono distendere la vo-
ce, quanto porta la proportione deglinterualli che si uoglio-
no formare senza troppo o difficultà veruna; non essendo
nello strumento della voce alcuna chorda o foro che faccia il
suono diterminato come negli strumenti artificiali.
Con
gli strumenti di fiato & di corde non si puo pas-
sare fuor dell'ordine loro, perche con quell'ordi-
ne di suoni che tra essi si ritroua conseguisce il
sonatore il suo fine: ne dice alcuno di giuditio,
che quello strumento possa, o faccia quello ch'ei
non fa & non puo. & gl'ordini delle voci fatti
dalla natura, è vero che tra essi non è per l'ordi-
nario & naturalmente termini prescritti delle
forme & misure di questi che di quelli interualli
piu o meno tesi o rimessi gl'vni degl'altri, & gli
possono formare come a loro piu aggrada; ma
tutte queste limitationi prendono dall'arte cia-
scuna volta, ch'ei piglino a cantare questo o quel
sistema: il quale (sendo vero che hoggi habbin
preso a cantare il Sintono di Tolomeo) pone per
modo di dire freno alle voci assegnando ad esse
i termini precisi di qual si voglia suo interuallo,
non altramente che si faccino i fori & i tasti de
gli strumenti artifiziali & di fiato & di corde al-
page 25le dità & mani del Sonatore. & se farāno altra-
mente non soneranno il Sintono come ci è sta-
to disegnato.
più oltre. le voci imparano dall'
arte a portare, & formare qual sia interuallo mu
sico, in quell'eccellenza maggiore che gli contē-
ghino le piu vere proportioni & forme loro; nō
altramente che ci apprendino i principij della
pittura dal disegno, che è d'imparar prima a di-
segnare ciascuna parte di qual si voglia corpo in
suprema eccellenza, & nell'esatta proportione
& bellezza loro. come per essempio, del corpo
humano s'impar'a disegnar prima boccha, naso,
occhio, orecchio, mano piede, & altro: & nell'ha
uer poi a dipignere vn huomo, vna donna, o vn
cauallo a modo loro; i pittori eccellenti lo faran-
no sempre ch'ei voglino in tutta perfettione. ma
quādo dal naturale hanno a ritrarre alcuno par-
ticolare, son forzati dal soggetto ch'ei cercono
imitare, di rappresentarlo tale quale egl'è con
ciascheduno di quei particolari accidenti che so-
no naturalmente in lui: lasciādo all'hora da par-
te la proportione & bellezza delle membra, nō
trouandosi tali nel subbietto c'hanno da imita-
re.
hora cosi parimente deuono le voci; & quan-
tunque l'habbino facultà (non naturalmēte co-
me vuole il Zarlino, ma dopo l'hauere appreso
con lunga prattica l'arte del ben cantare) di for-
mare, & modulare [[per]] qual si voglino corde nell'
eccellenza detta gl'interualli, quādo poi piglio-
page 26no à cantare vn particolare sistema, l'hanno a cā-
rare tale quale fu dall'artifizio del suo autore di-
stribuito; & altramente facendo con il passare da
un'all'altra spezie d'armonia vengono a depra-
uare gl'ordini, & le leggi musiche, si accorge hora
il Zarlino che la strettezza qual prima pose al
Sintono non gli puo dare quel perfetto che lui
desidera al che bisognaua pēsarui auāti.
Nel ca-
po settimo
adduce quest'altra ragione. Perche se
bene nell'ordine artificiale della detta & naturale Sinto-
na sarà vero che ci siano l'imperfettioni dette, fallirà però
cotale consequenza nell'ordine, naturale. E' adunque fuor
di proposito il volere concludere che non si vsi la detta spe-
cie naturale & Sintono di Tolomeo; perche nel sistema ar-
teficale non son compresi molti interualli, che nelle nostre
cantilene che si suonano & cantano, non si trouano: ma si
bene tornerebbe vera la conclusione, quando nello strumen-
to naturale si vsasse altri interualli di quelli, che nelle loro
proportioni & forme proprie sono elementali nel sistema
artificiale del naturale o Sintono nominato.
Se noi vo-
gliamo discorrere come huomini ragioneuoli, la
consequenza non fallirà altramente; ma se vo-
gliamo discorrere senza ragione alcuna delle co-
se, fallirà questa è tutte l'altre. Nel Sintono di
Tolomeo il Zarlino afferma esserui, a cotale im-
perfettione; s'ella vi è adunque, sempre ch'ella
sarà cantata com'ella stà, si vdirà tale imperfet-
tione tra le voci: il dir poi che quando le voci cā-
tando s'incontrano in essa, corrono alla perfettio
page 27ne & per ciò noi non l'vdiamo; io rispondo che
non l'vdiamo non perch'ella non vi sia; ma per
hauere abbandonato gl'interualli dissonanti che
ha in quei luoghi il Sintono, & essere andate le
voci a quelli d'vn'altra che tra le medesime
corde consuona. di maniera che la consequenza
vale molto bene. ne gli sia piu lecito per l'auue-
nire se non tra i suoi Chriocanti, di vsare quegli
epiteti di Sintono naturale & di Sintono artifi-
ziale; come se Tolomeo hauesse fatto due distri-
butioni di esso, & se a Dio piacerà dichiarerò nel
fine di questo mio Discorso che cosa è questo na
turale & questo artifiziale, male inteso dal Zar-
lino. torno a dire che Tolomeo ne fece vna
sola distributione, & la nominò semplicemente
Sintono, senz'altro epiteto.
E adunque molto a
proposito il voler concludere da questo, che non
si canti il detto Sintono, come ce lo disegna il
Zarlino, & quegli interualli di esso che non s'v-
sano secondo lui nelle nostre cantilene & nei no
stri strumenti, in vece de quali ne adoperiamo
altri di misura & natura diuersa, conclude appū
to l'opposito di quello che lui cerca persuaderci.
imperoche se nel Sintono habbiamo tra la cor-
da D. a vna quinta dissonante per esser diminui-
ta, è tra a. d vna quarta dissonāte per esser super-
flua instituitaui l'vn'& l'altra dal mal disegno
del Zarlino, tutta volta che tra esse corde o can-
tando, o sonando vi si porranno interualli d'al-
page 28tra forma & natura; non saranno appatto alcu-
no quelli che vi cōstituì Tolomeo, & verrà ne-
cessariamente deprauato il suo ordine & la sua
intentione, dall'esser forse stata mal'espressa da
questo, & peggio intesa da quello, che tra le det-
te corde oltre a molti altri luoghi siano nel Sin-
tono le dette dissonanze, il medesimo Zarlino
nel capo ottauo dice, ch'elle dissonerebbono tal-
mente sempre ch'elle si mettessero in atto di l-
la misura, che le vdirebbe vn sordo, le vederebbe
vn cieco, & lo saprebbe dire vn mutolo.
hora di
questa liberalità, vna mezza parola ch'egli ne ha
uesse mosso nell'opere sue prime, non si veniua à
sti cimenti: ma egli a cāto soggiugne che il dir
questo è fuor di proposito, cioè del suo vuol'infe
rir egli, & allega la solita sua ragione; cō dire che
non si adoperano nel cantare; & quādo due par-
ti s'incontrano in esse dissonanze corrano (la-
sciando quelle nell'esser loro artifiziale) subito
alla perfettione. hora questo non è egli il mede-
simo che se lui dicesse, che le voci abbandonano
il Sintono & vanno ad vn'altra spezie d'armo-
nia. ma quell'artifiziale & quel naturale è la sua
ritirata, & non si accorge che tanto è naturale il
consonare dell'ottaua, quanto il dissonare della
settima o di qual sia altro interuallo.
La ond'io
torno a dire, che Tolomeo fece vn sol Sintono,
alquale non dette (come fuor d'ogni proposito)
nome ne di naturale, ne d'artifiziale; & gl'inter-
page 29ualli che il Zarlino dice che sonando & cantan-
do noi nō gli vsiamo della maniera che son com-
pre si nel Sintono, ci auuiene per non potere ha-
uere da esso l'intero nostro intento, & lo conse-
guiamo col passare da questa a vn'altra spezie di
armonia come si è detto, caso però che il Sintono
stia della maniera che il Zarlino ce lo disegna.
ne vuol poi che si creda che per ischerzo habbia
detto, che la metà del comma, tolto o aggiunto a
qual si voglia interuallo consonante sia atto a
farlo dissonāte come non l'ha egli dettò [[per]] ischer
zo se la differenza dell'intero comma che è di
quanto il tuono maggiore eccede il minore, non
vuole che sia di rilieuo alcuno.
Soggiugne dopo
molti spropositi, che io ho detto che il prattico
ignora, & benissimo intende le cose; ilqual mo-
do di parlare dice che viene da mia leggerezza;
& io confermo che cosi sarebbe, tuttauolta che il
giuditio si hauesse semplicemente a fare dalle
parole che lui de mio recita dopo hauerle acco-
modate a modo suo, come ha piu volte fatta ne
suoi Supplimenti; ma le mie formate parole suo-
nano di questa maniera. il prattico ignora la ra-
gione che intende il Teorico, ilquale senza vdi-
re gl'interualli con veder solo di quello che sono
composti, conosce se siano consonanti o dissonā-
ti; doue il prattico gli conosce solo dall'vdirgli.
non è adunque leggerezza il cosi dire; ma è ben
pretta malignità di colui che con fraude cerca oc
page 30cultare la verità.
Soggiugne appresso il Zarli-
no, che tutti quei difetti che io dimostro esser
nel Sintono, non esser huomo alcuno tanto gof-
fo e tanto ignorante che non ve gli conosca; di
maniera che per hauer'io con sol questo vinto la
causa, non ricerco altro da lui; atteso che nel mio
Dialogo dico solo che tra le corde del Sintono di
Tolomeo vi sono le dette imperfettioni. hora il
Zarlino torna a replicare (& cio sia detto cō pa-
ce di quelli che si piglierāno cura di legger que-
sto mio Discorso) che queste cose son dette fuor
di proposito & senza ragione; & ne adduce per
esempio, che nel cantare & nel sonare non vi si
odono, perche nō sarebbe dic'egli, alcuno si paz
zo che le cantasse o le sonasse: & pur lui solo di-
ce ch'elle si suonano & si cantano, cantando noi
& sonando il Sintono di Tolomeo come a lui
piace; nō calza ella questa ragione & milita?
Se
questi tali difetti che si trouano nel Sintono, non
si odono nell' cantarlo o nel sonarlo, auuiene che
i cantori & i Sonatori tolgono come lui dice, al-
tr'interualli in vece di proprii, & non saperei ra-
gione di questa migliore o persuadere al mondo
che quello che si canta & si suona hoggi non è il
Sintono che il Zarlino ci disegna:
Risponde a
questo vn'altra sottilissima & ingegnosa ragio-
ne, ed è tale. dice prima che il mio argomento
non conclude perch'egli passa da vna spezie all'
altra; & questa diuersità di spezie è quel suo na-
page 31turale, & quell'artifiziale. & io replico che il Sin
tono è vn solo tutto artifiziale, fatto cosi dall'ar-
tifizio di Tolomeo.
L'altra ragione che nel fine
di esso capo
allega non starò a repeterla per esser
di diretto contraria al suo fine; ne posson'esser'
ne saranno mai le sue ragioni altramente se le
migliaia ne adducesse, rispetto l'esser fondate su
la falsità; per non intendere i principij, & piglio
io questo tedio di produrle a maggior sua confu-
sione.
Non contento di questo, soggiugne nel
capo nono, che io adduco l'essempio del tempe-
ramento dello strumēto di tasti per prouare che
hoggi non si cāta il Sintono; la qual cosa è da me
detestata, come si legge nel mio Dialogo, anzi
[[per]] creder lui quello che a me attribuisce, s'è cagio
nato tutto il male, dice appresso che io ho scritto
che hoggi si cantano le quarte superflue, & le
quinte diminuite; il che è verissimo, & auuerreb
be sempre che si cantasse il Sintono come lui ce
lo disegna; di che fo vna dimostratione in quel
luogo che conclude necessariamente; la quale nō
replico per non esser tedioso piu di quello ch'io
sono mediante la sua importunità.
Soggiugne
nel medesimo luogo & al medesimo proposito;
che io ho detto che gli huomini si contentano di
vdire cantare le quinte & le quarte imperfette,
mediante il non hauere vdito cantare le vere; al
che rispondendo; dico che gl'huomini si con-
tentano di quāto lui dice, in proposito dello stru
page 32mento di tasti ordinario, comparando i suoi in-
terualli a quelli che si cantano, o a quelli dello
strumento di tasti da me ritrouato; nel quale vē-
gono tutti in quell'eccellenza maggiore che si
puo desiderare. & nō lo dico come lui vuole in
proposito del cantare a modo suo, & se di quello
che quì hora scriuo, trou'alcuno vn minimo che
che nō sia vero, mi tēga [[per]] huomo senz'honore.
nel fine del capo scriue quest'altro argomento.
Che volendo che la natura sia corretta dall'arte; & che
questa sia come esemplare di quella; & che sia imitata da
quella, & non che l'arte segua & imiti la natura come
vero esemplare, sarà contra a quello che lui ha determinato
nel capo quarto del primo.
Che habbian noi da fare
con quello che il Zarlino ha determinato in tal
luogo. vedasi se quello che io dico è vero, & sia
poi contro al capo quarto, & al quinto che que-
sto poco importa; ancor che prima ch'io posi la
penna faro veder più chiaro che il Sole, che i
suoi principij son tutti di diretto contrarij alla
verità: & tornando al primo mio intendimento,
dico che l'esemplare di questo negotio è (secōdo
il Zarlino) il Sintono di Tolomeo, cosa tutta ar-
tifiziale, fatta dall'artifizio di lui, & mal inteso
dal Zarlino. ilqual'esemplare, l'arte & non la na
tura cerca ritrare & imitare con le voci naturali,
& con gl'artifiziali strumenti; & chi di questi
meglio l'imiteranno, & puntalmente lo ritrar-
ranno del naturale, meriteranno nome di più
page 33eccellenti maestri, allo sproposito poi che lui sog
giugne, rispondo così.
Se il modo che si vsa di
cantare modernamente questa diuersa quantità
d'arie insieme, habbia hauuto origine da gli stru-
menti di corde come tengo io per fermo, o che il
sonare in essi piu parti insieme si sia introdotta
dall'vdir cantare come dice il Zarlino, la rimetto
al giuditio di quelli che intendono questa facul-
tà; crederò bene che nel primo principio del cā-
tare & del sonare in consonanza la cosa passasse
d'altra maniera che nō passò vltimamēte.
Vnal-
tro suo inganno racconta nel capo decimo, per
prouare che io sia in errore dicēdo che hoggi nō
si canta il Sintono, ed è tale Replica di nuouo
che io argomento dagli strumenti artifiziali, che
hoggi non si canti il Sintono; & dice che io fo
la mia cōclusione di questa maniera. Volete ve-
dere che non si canta il Sintono, guardate che ne
anco si suona negli strumenti. doue troua il Zar-
lino che io vsi questi termini? Le ragioni che io
adduco che non si cāti ne si suoni il Sintono del-
la maniera che lui ce lo disegna, le cauo come si è
veduto, non d'altroue che dal medesimo Sinto-
no.
Soggiugne appresso che io dico che gli in-
terualli che si cantano hoggi, non si cantano nel-
le vere forme loro naturali. anzi il contrario; per
che il Sintono dico io, ha delle quinte & delle
quarte consonanti, & delle dissonanti, & quelle
che si cantano è suonano hoggi son tutte conso-
page 34nanti, adunque non si canta ne si suona il Sin-
tono. dice inoltre, che gl'interualli che si canta-
no bisogna necessariamente ch'ei siano contenu
ti sott'altro genere & spezie di quelli che si suo
nano. laqual cosa (nel modo che lui la dice) quā-
to sia dal vero lontano si può conoscer di qui. il
suono come quantità continoua puo esser tanto
dalle voci quanto dalle corde diuiso in quali &
quante parti si vogliono. adunque qual ha inter-
uallo che le voci cantino, puo esser sonato dell'i-
stessa misura & grandezza dalle corde.
nō è ve-
ro adunque che sia necessario che gli interualli
che si cantano siano contenuti sotto diuerso ge-
nere & spezie di quelli che si suonano. se lui vuo
le applicare quella diuersità di genere, & di spe-
zie al suo naturale, & al suo artifiziale, non sarà
vero ne anco quello che lui dice. perche il natu-
rale del Sintono, è per modo di discorrere, la di-
stributione che ne fece Tolomeo; laquale si puo
puntalmente & cantare, & sonare com'ella stà
senza mancargli vn minimo che. piu oltre, se lui
conosceua questo impossibile, come veramente
è secondo la sua poca intelligenza; perche dice
che tutto quello che si canta & si suona hoggi è
Sintono; & il Sintono è vn solo.
Soggiugne nel
capo vndecimo, quest'altro suo trouato. Et se be-
ne simili interualli vengono necessariamente tra le chorde
del Sintono per accidente, & restano tra esse, percioche que-
sto anco interuiene in qualque altro strumento arteficiale,
page 35ordinato in cinque Tetrachordi; nelquale l'arte ha in esso
terminato, con imitar la natura più c'ha potuto quello, che
gl'e stato permesso; tuttauia non si puo dire che siano della
spezie Sintona, nascendo a caso tra le sue chorde, essendo che
ne anco si pongono (perche sono dissonanti) nelle cantilene.

Quando Tolomeo ordinò il Sintono non vi fe-
ce distintione d'interualli naturali, & d'interual-
li artifiziali. il Sintono tutto insieme, & in cia-
scheduna parte della sua diuisione è artifiziale.
naturale è la qualità del suono che contiene in se
qual sia interuallo di essa, di maniera che questi
son tutti trouati Zarlineschi per aggirare i ba-
lordi. il dir poi che ciò accade ī qualch'altro stru
mento, è fuor di proposito; & il far lui in quel
luogo mentione de cinque Tetracordi, non ser-
ue ad altro che arrecar marauiglia a suoi Chrio-
canti, l'artefice poi nel fare i suoi strumenti, mai
per tempo alcuno si prese cura d'imitare la natu-
ra; ma solo cercò con il mezzo di esso d'ottene-
re il fine propostosi.
gl'interualli dissonanti che
ha in se il Sintono, non vi nascono più a caso o
più pensatamente che vi naschino i consonanti;
però non si può con verità dire ch'ei non siano
della spezie Sintona, perche qual sia di loro è par
te & membro necessario di esso, postiui tutte da
Tolomeo, (circa la distributione, & dalla natura
quanto all'acccordare o il discordare) con uguale
affettione. il dir poi che hoggi non si adoperano
nelle cantilene per esser dissonanti, & in lor cam
page 36bio si piglia de cōsonāti; questo è appunto quel-
lo ch'io dico nel mio Dialogo, cioè che noi can-
tiamo insieme più spezie d'armonie; & se pur
vna dimostrabile, non è la Sintona come ce la
disegna il Zarlino.
Vuole nel capo duodecimo
prouar di nuouo che hoggi si canti il Sintono cō
questo gentile essempio. Et se fusse vero come ten-
gono alcuni che non si cantasse mai ne si sonassero gl' terminati dalla natura nelle lor uere & naturali for-
me; ne seguirebbe vn' massimo inconueniente; che Iddio
& la natura, come suo strumento, che non operano mai co-
sa alcuna in vano; hauesse dato a mortali vna cosa che
non si potesse porre in atto; ma che fusse sempre in pura po-
tenza; onde sarebbe in tutto vana & inutile; laqual co-
sa in tutto e per tutto è lontana dal vero.
Nissuno ne-
gha che non si cantino & non si suonino in alcu-
ni strumenti gli interualli nella vera lor forma;
ma si bene che non si cantino ne si possino can-
tare ne sonare in modo alcuno nella lor forma
con il mezzo del Sintono di Tolomeo mal di-
chiaratoci dal Zarlino, perche in esso Sintono nō
ci sono, nei suoi mezzi (se più oltre non si esten-
de la sua virtù di quello che fin ad hora ci ha det
to il Zarlino) sono efficaci di farcegli hauere cō
qual si voglia sapere humano, per esser di diretto
contrario alla natura; & questo e quello che di
sopra ho detto prouar demostratiuamente nel
mio Dialogo senz'alcuna contradittione.
Iddio
& la natura adunque, non hanno dato a mortali
page 37quello che dice il Zarlino, senza potersi mette-
re in atto; ma bene hanno istituito che non si
possa mettere in atto alcuna cosa senza i debiti
mezzi; però intendendo lui se questo tal mez-
zo non ce lo da il Sintono, come lui ce lo disegna
non ce lo puo dare alcun'altro, gl'auuenne dalla
troppa voglia che lui ha che il Sintono ci dia l-
lo che appatto alcuno non ci può dare senza co-
noscere la sua virtù & adoperarla, & vien gran-
demente a mancar di giuditio in questo.
però
sendo hormai chiaro di trouarsi fuor della dirit-
ta via che lo può condurre in questa verità, ha-
rebbe accomodarsi a quello che vuole il douere,
fin tanto almeno che meglio si ritroua: & qual
sia la meglio anzi la vera distributione che hog-
gi si canta & suona in alcuni strumenti, la dirò
prima ch'io posi la penna, o al piu lungo in vn
mio Discorso fatto già più mesi sono intorno all'
vso delle Dissonanze, che presto douerà venire
in luce.
Vengo hora a raccontar per vltima ra-
gione del Zarlino, quello ch'egli scriue nel capo
trigesimosesto
lasciando tutte l'altre per esser le
medesime già dette. Scriue adunque così. Le Vo-
ci nel cantare il Sintono fanno non altramente che si fac-
cia il Sonatore di Liuto; nel quale trouandosi vna corda
falsa nell'acuto o nel graue più di quello che per l'ordina-
rio da essa si ricerca, va con le dita, o con il muouere i tasti
dal luogo loro ordinario a cotal difetto.
Non è
egli questo vn essempio di tutti gl'altri essempi
page 38più stupendo & marauiglioso? la corda falsa nel
liuto, o i tasti fuore del luogo loro [[per]] ouuiare all'
inconueniente di essa, vi accade per accidente: &
quando le corde son giuste come richiede il do-
uere, i tasti stanno fermi a i luoghi loro determi-
nati secondo che gli ricerca quel sistema che il
Sonatore si è preposto di sonare; & nel Liuto è
l'incitato di Aristosseno; ilqual' suona puntalmē
te senza alcuna sorte d'alteratione; e tutto quel-
lo che il Zarlino dice che fa il Sonatore, all'hora,
lo fa per volere con ciascheduna sua forza & sa-
pere imitare il detto Sintono dal quale lo deuia
ua la falsità della corda detta, & l'ordinaria & ve
ra positura de' tasti. di maniera che l'essempio ci
prou'al solito degli altri suoi, l'opposito di quel-
lo che lui cerca persuaderci. & che sia vero; i can
tori quando nel cantare la spezie Sintona di , lasciano gl'interualli proprij & particola
ri di essa & vanno non per necessità alcuna ma [[per]]
elettione a quelli d'vn'altra che gli ha dal Sinto-
no diuersi tra le medesime corde, che fanno?
Nō
cantano all'hora il Sintono come il Zarlino ce
l'ha di segnato ma vna spezie d'armonia di natu-
ra da esso Sintono diuersa. non si canta adunque
il Sintono di Tolomeo limitato a guisa delle cor
de d'vno strumento come lui ce lo disegnò, ma si
cāta alcune sue parti come io ho detto tāte volte
altroue; & quando pure ci sia ha bisogno di altra
intelligenza di quella che gli dà il Zarlino, ciò
page 39sia suffiziente cōclusione di questo primo capo.
Sento sin di quì Messer Gioseffo che ne anco
rimane sadisfatto, & cerca di nuouo malignare
con far produrre da suoi Chriocanti le conclusio-
ni del fine del medesimo capo trigesimosesto,
che specificano a detto loro vn poco meglio il
suo concetto di qual siano altre prodotte; hor le-
ghinsi di gratia & finiscasi. Et se ben paresse; come
alle fiate suole auuenire che cantando in alcun luogo il tuō
maggiore in luogo del minore, o questo in luogo di quello,
acciò che gl'incontri nelle parti della cantilena non si udis-
sero discordare.
Sentite torna di nuouo a replica-
re che la cantilena scorderebbe sempre ch'ella
fusse cantata secondo l'ordine delle corde dise-
gnatici nel Sintono da Tolomeo.
Segue appresso
Et non si trouasse tal ordine nel sistema massimo, & che
non si cantasse la pura naturale Sintona Diatona secondo
l'ordine descrittaci dall'arte
, Cioè di Tolomeo. ve-
dete se quest'huomo può parlare più chiaramē-
te per prouarci al solito suo il contrario di quello
ch'ei cerca persuaderci.
Soggiugne poi. questo sa-
rebbe di poco rilieuo.
Hor vedete semplicità; vuole
che il far le cose arrouescio di quel ch'elle s'han-
no da fare, sia il medesimo che farle per il verso
loro. ma attendete la bella ragione ch'egli addu-
ce. ne si potrebbe mai argomentare dall'impossibile. co-
me dall'impossibile, non è possibile adunque al-
le voci di cantare qual sia interuallo che sonar
possono due corde?
Hora seguitiamo, & vedras-
page 40si dipoi che bella conclusione che io trarrò da
quell'impossibile. & fare che non si cantasse secondo
il bisogno gl'interualli di cotale specie, & non d'altra.

vdite quest'altra gentil ragione. Per esser l'vno &
l'altro di questi due elementi
: cioè il tuon maggiore,
& il menore. a lei proprij hora vedete negl'incon-
uenienti che incorrono coloro che trattano del-
le scienze & dell'arti, senza hauere suffizienti
principij di esse: & il danno & dishonore che ap
porta la troppa voglia che altri ha che le cose
stiano per il verso ch'ei le vorrebbe & non secō-
do ch'elle stanno.
non si accorge quest'huomo
che le sue ragioni concludano il medesimo che
dire; Quando al pittore occorresse di ritrarre del
naturale vno c'hauesse come alle fiate occorre,
vn'occhio dell'altro maggiore; la pupilla d'vn'
de quali fusse nera, & pendesse quella dell'altro
nell'azzurro. hauesse inoltre vna volatica nella
guancia sinistra, & vn neo sopra il ciglio destro;
gli sarà attribuito a eccellenza maggiore tutta-
uolta che il ritratto di costui sia senza alcuno di
quelli difetti: argomentando che se bene ha vn
occhio dell'altro maggiore, più bello sarà facen-
doglieli d'vna medesima grādezza. & quantun-
que egli habbia vna volatica nella guancia sini-
stra, egli non l'ha perciò nella destra; bene adun-
que sarà fargli quella come questa: & per la me-
desima ragione dipignerlo senza quel neo che
diceuamo hauere sopra il destro ciglio, & fargli
page 41le pupille d'vn'istesso colore. alche rispondendo
dico, che questo tal ritratto mediante il mancare
di quegli accidenti ch'erano in lui naturalmente,
iquali dagli altri vi è più lo faceuano differente,
sarà tenuto d'ogn'altro che di quello per il qual'
fu fatto. oltre che 'l Pittore ne verrà reputato i-
gnorante, o almeno adulatore.
& quando pur la
ragione del Zarlino valesse, si discostaua meno
dal vero, con hauer seguitato l'openione che si te
neua auanti a Lodouico Fogliano; che era che si
cantasse l'antico Diatono, & non il Sintono di
Tolomeo, come molti anni prima del Zarlino
haueua scritto: imperoche quello con il nostro
ha vna sola difficultà che è il dissonare delle ter-
ze & delle seste che per esse poco & chi troppo
tesa di quanto il tuono maggiore eccede il mino-
re; doue questo che dice il Zarlino seguendo l'o-
penione del Fogliano, (per essere stato da loro
mal disegnato) ne ha infinite come si è dimostra
to: ma lo ritenne forse l'essempio che prima che
lui nascesse haueua pensato dire nel capo vigesi-
moquinto del quarto de suoi Supplimenti
; ed è
tale. E se bene il Lupo si assomiglia al cane, non però è
cane: perche quellindiuiduo è veramente quello istesso che
ritiene in sè quelle cose che si truouano nell'altro.
& auan
ti nel capo quinto del primo haueua detto che
nell'imitatione si fa sempre il simile.
di maniera che
quella poca differenza (tornando a quello che
pur hora diceuo) che è tra il Diatono, & quello
page 42che si canta hoggi più facilmente nascondeua la
maschera che il Zarlino pone al Sintono; per es-
ser la differenza di questo con quello che si can-
ta assai maggiore; la quale non viene da essa ma-
schera talmente occultata, che da quegli almeno
che sanno come egli è fatto, non sia riconosciuto.
puossi dalle parole del medesimo suo processo,
trarne quest'altra conclusione. che se gli huomi-
ni non sanno cantar con gli strumēti datigli dal-
la natura, quello che sonar sanno gli strumenti
fatti dall'arte, più possa in questo fatto l'arte, che
la natura: ma ne anco, ciò e vero, atteso che la vo
ce naturale, & il suono artifiziale per esser l'vn'
& l'altro materia compresa sotto la quantità cō-
tinoua, la natura & l'arte possono egualmente.
imperoche tanto con la corda, quanto con la vo-
ce si può diuidere, accrescere, & diminuire in in-
finito qual sia interuallo: quantunque il senso di
alcune di quelle minime differenze, o di quell'e-
strema lontananza in grauità, o di quell'estrema
vicinanza in acutezza non n'è capace.
Io ho fat-
to sopra questo primo capo vna diceria di tante
parole, che la centesima parte (per quelli che in-
tēdono questa facultà) bastauano; anzi nessuna.
perche il mio Dialogo era suffiziente: ne haue-
ua bisogno alcuno di scuse, o di aggiunte, o dife-
se: ma il desiderio che io ho d'essere inteso da
quei semipliciotti della Chriocca di messer Gio-
seffo, mi ha indotto a far questo; i quali voglio di
page 43più auuertire, che quando anco fusse vero che si
cantasse hoggi il Sintono di Tolomeo, (parlo di
quello che ci è disegnato dal Zarlino, non per-
ciò hanno a renderne gratie a lui di hauerci sco-
perta questa verità, laquale ingiustamente si at-
tribuisce nelle sue Institutioni; ma si bene come
di sopra ho accennato, a Lodouico Fogliano, co-
m'egli dimostra nella seconda settione della sua
musica teorica; stampata prima che il Zarlino na
scesse: laqual cosa auuertij ancora nel mio Dialo
go
; & il Zarlino fingendo di non l'hauer vedu-
ta, replica nell'vltimo capo de suoi Supplimenti
d'esserne stato l'inuentore, aggiugnendoui que-
sta ingegnosa parentesi (laqual cosa so che non
mi negherà il mio diligente discepolo.)
Egli sape
ua molto bene che il suo discepolo poiche così
gli piace nominarmi, haueua detto nel suo Dia-
logo
esserne stato inuentore Lodouico ; ma il Zarlino come ambitioso, ne due suoi
primi volumi
non ne fece alcuna memoria, &
l'andò attribuendo a se stesso come ancora si at-
tribuì l'inuentione dei dodeci tuoni tolti dal
Glareano, del quale parimente non ne disse pa-
rola, & cosi fece di mill'altre cose attribuitesi
che mai a suoi giorni dopò hauerle vedute le ha-
uerebbe intese, non che ritrouate. auuedutosi vl
timamēte d'essere stato scouato, ne suoi Suppli-
menti si va scusando con dire che il Fogliano nō
vi haueua fatto sopra quella lunga cicalata che
page 44fa lui senza toccar mai tasto che accordi, & del
Glareano dice hauerlo vna volta veduto in so-
gno. del quadrato poi vsurpato a Tolomeo, se
ne scusa con dire ch'ei non ci da le consonanze
imperfette. come vuol egli che Tolomeo tratti
d'vna cosa che non era in vso al suo tempo, & se
pur ell'era, veniua fuore del suo proposito il trat
tarne. nel capo quarāto della seconda parte del-
le sue Istitutioni
attribuisce per il contrario a To
lomeo l'inuentione del Sintono, ilquale fu ritro
uato da Didimo, prima che nascesse Tolomeo.
Tra le scuse del Zarlino, più di tutte l'altre mi
piace lla che lui fa nel capo primo de suoi Sup-
plimenti
; scusa veramente argutissima ed è tale.
dice quest'huomo, che l'hauer' detto delle cose,
che furono molti anni prima scritte da altri, non
è accaduto dall'hauerle lui uedute & lette in essi
loro libri, ma dalla forza della verità che l'ha co-
stretto a cosi dire; & il medesimo tiro uorrebbe
far hora a me di quelle ch'egli ha nel mio Dialo-
go
apparate, e' scritte dipoi ne suoi Supplimenti.
Son differenti messer Gioseffo le cose che van-
no per questo, da quelle che (come sanno nelle scienze) vanno per quel verso.
Vengo
al secondo capo che è intorno al temperamento,
& participatione dello strumento di tasti, il qua
le dice il Zarlino nel capo noue, & nel venticin-
que del quarto de Supplimenti
, che io mi attri-
buisco per mia inuentione, & ciò replica in-
page 45finite volte. alche rispondēdo dico, che nel mio
Dialogo non si trouerà mai parole, che significo
no quella che cōtr'ogni douere cosi scriue il Zar
lino. Vna distributione di nuouo da noi ritrouata.
Ben'
è uero che nell'accennare l'inuentione d'un mio
strumento (ilquale per non hauer mai il Zarlino
ueduto, ne inteso, non può darne giuditio) io di-
co le parole che lui referisce allo strumento ordi
nario & commune. nō è uero adunque ch'io mi
attribuisca l'inuenzione del temperamento, o
participatione dello strumento ordinario di ta-
sti.
Ha per usanza quest'huomo di non recitare
mai le parole ch'egli allega di mio, per il uerso
ch'elle stanno, & di addurne quella quātità che
a lui piace, dandogli in oltre quel sentimēto che
più gli aggrada; & in particolare, nel dire io, che
nella spezie Diatona Ditoniea uengono dissonā
ti gli interualli detti hoggi consonanze imper-
fette, non per la perfettione delle quinte come
infiniti ardiscono dire, ma per la grandezza de
tuoni, & picciolezza de semituoni, il Zarlino sog
giugne subito, che ciò auuiene dalla perfettione
delle quinte, & non dalla grandezza de tuoni.
Hora che in questo ancora s'inganni come in tut
te l'altre cose sue, si può conoscere dall'ordine na
turale de numeri; nel quale è prima tre che cin-
que. & quando anco la cosa stesse altramēte, chi
è quello che m'impedisca dopò l'hauer tirato
nello strumento una quinta perfetta, ch'io non
page 46la possa diuidere con un tasto di mezzo in due
terze consonanti?
Dalla grandezza de tuoni a-
dunque viene, & non dalla perfettione delle
quinte il non consonare le terze, & le seste nella
distributione Diatona Ditoniea: & quando ciò
dalla perfettion delle quinte auuenisse, ne segui
rebbe che non si potesse vdire ne tra le voci, ne
tra le corde vna quinta perfetta diuisa in due ter
ze consonanti, la qual cosa è spressa pazzia il
dirla.
Soggiugne appresso che non è buona ra-
gione la mia, quando io dico non essere inconue
niente che il semituono maggiore di questa di-
stribuitione, ecceda di qual cosa la sesquiquinde
cima, poi che egli è tratto da vn tutto, maggiore
del sesquinono. al che rispondo, che io non credo
che altr'huomo di lui s'opponesse a tanta verità:
uolend'egli che i medesimi semituoni che riem-
piono il sesquinono senza auanzarli, cosa alcu-
na, riempino parimente il sesquiottauo; & pur fa
professione di matematico.
non vo passare con
silentio (a cōfusione maggiore de suoi Chriocan-
ti) quest'altra cōsideratione che mi souuiene, ed
è tale: se nel Sintono di Tolomeo vi si trouano
il tuon maggiore, & il tuono minore; & che sia
vero che i due semituoni de quali fa mentione il
Zarlino in più luoghi de suoi scritti, riempino
appunto il minor tuono senz'auanzarli com'ho
detto cosa alcuna; chiara cosa sarà che dal tuono
maggiore se ne traranno due di grandezza mag
page 47giore de già nominati: ma lui vorrebbe che il
maggior' tuono diuenisse minore, & il minor
maggiore secondo che più gl'accōmoda, senza
rēderne alcuna ragione; & in oltre che nō si pē-
sassi pūto a gli inconueniēti che questa disugua-
lità de mal disegnata da lui cagionerebbe
quādo fusse vero che si cātasse cosi male ordina-
to il detto Sintono, il che nella maniera che lui
ce lo dimostra è impossibile.
ma dicami [[per]] sua fe-
de quello che lo mosse a far mētione ne due suoi
primi volumi, solo dei due semituoni che riēpio-
no il tuono minore, & nō di quelli che riempio-
no il maggiore? auuēga che nel Diapason vi sono
tre di questi & due di quelli; oltre che per vna
volta che occorra al minor tuono esser diuiso ne
due suoi semituoni, accade dieci al maggiore?
Se
fu per malitia, lo cagionò la baldanza presa di l
suo numero senario, di quei suoi numeri armo-
nici, & appresso il rispetto di quāto haueua det-
to del trouarsi gli interualli cōsonāti nel genere
multiplice, & nel superparticolare, & nō ne gl'al
tri; dai quai luoghi viene escluso non solo il mi-
nor semituono del tuō maggiore; ma quello che
più importa è, che tuttauolta che se nō augumē-
tasse la sesquiquinta forma della minor terza [[per]]
farla diuenire maggiore, ne risulterebbe la super
17 partiēte 64, forma del dissonante Ditono, il
quale parimēte si troua fuore di ciascun de detti
tre luoghi; & il medesimo accaderebbe al semi-
page 48ditono sempre ch'egli si considerasse nella mag-
gior terza detrattone un minor semituono del
tuon maggiore: imperoche all'hora ci rimarreb-
be il semiditono del detto antico Diatono dren-
to a si fatti numeri 32. 27. ma a questo risponde-
rebbe cō la solita sua ritirata, cioè che la voce cor
re alla consonāza, senza hauer prima dimostrato
se questo è o può essere realmente.
Se gli auuēne
per ignorāza, fu di quella crassa da vero, poi che
egli nō sa ancora tra quali numeri sia contenuto
il semituono minore del maggior tuono, il qual
interuallo è necessario al Sintono più di alcun'al
tro, come io sono al suo luogo per dimostrare. &
che da ciò nascesse, legasi il capo 11 del quarto
de suoi Supplimenti
, doue fa mētione di cinque
semituoni di diuerse grādezze, facēdogli nascere
a modo suo, senza dire o sapere di doue, o di co-
me, & perche più di quelle che d'altre proportio
ni, & perche più quella che vn altra quantità. le
qual cose passando senza dirne parola, mi fa cre-
dere quāto io ho detto, & poteua cosi poruene
dieci, come cinque, & drento a quei numeri che
più gli aggradiuano; ilquale errore nel palesarlo
nella maniera ch'io son per palesare, uerrò a far
noto quali, quanti, di doue, come & perche tāti
è tali siano i semituoni del Sintono.
E adunque
da ridursi a memoria, che ciascuna quarta, dalle
difettate impoi (per esserci state mal dissegnate
dal Zarlino,) cōtiene nel Sintono di Tolomeo,
page 49vn tuono maggiore, vn' minore, & vn' maggior
semituono. il qual maggior semituono tratto
dal tuon' minore, ne auāza quello ch'è detto se-
mituono minore, drento a questi numeri 25. 24
ma tratto dal maggior tuono, ne rimane il mi-
nor semituono di esso tuono maggiore (nō pri-
ma da altri conosciuto per elemēto del moderno
contrapūto) drento a questi altri 135. 128.
con
queste poche parole vēgo hauer dimostrato che
tre siano i semituoni (se però è giusta la descrit-
tione che fa il Zarlino del Sintono) & nō cīque,
de quali grādezze ei siano, & di doue, & come
tratti. & se alcuno mi domāda per qual cagione
io habbi tratto dal maggior tuono la sequiquin-
decima, & nō la sesquiuētiquattresima; cō quest'
altro essempio gli dimostrerò che cosi è di neces
sità, & cosi richiede la natura della cosa che si fac
cia. & che sia vero: noi habbiamo di già noto dal
le parole di Tolomeo i termini del maggior se-
mituono, che è della medesima grandezza in
qual sia tuono; cō ilquale interuallo mi parto di
c. & mene vēgo in b mi, & dopò discēdo ī b fa; &
[[per]]che tra b fa & F ha da rimanere vna sesquiter-
za, l'eccesso di che il Tritono la supera, sarà il cō-
tenuto del minore semituono del tuono maggio
re ch'tra b fa, & b mi; ilqual supera d'vn' cōma la
sesquiuētiquattresima, che e la forma del minor
semituono del tuon' minore.
tre sono adunque i
semituoni & nō cinque; di che il Sintono si ser-
page 50uirebbe quādo secōdo il disegno che se ne ha, pū
talmente si volesse cātare, o ; dei quali il
maggiore che è cōtenuto dalla sesquiquindeci-
ma, è cōmune all'vno & all'altro tuono; il minor
semituono del minor' tuono, o pur lo vogliamo
dir'il minimo, e tra 25 & 24, et il mezzano, o pur
lo uogliamo dir' minore del maggior tuono, è tra
135. & 128. & quātūque il minor semituono del
sesquiottauo pigli augumēto d'vn comma, & il
maggiore rimāga nell'esser suo, resta nōdimeno
inferiore ad esso di poco meno dell'augumēto [[per]]-
so.
lascio [[per]] breuità di cōsiderare molte altre cose
di momēto che si potrebbono cōsiderare in sto
luogo, & vēgo all'impertinēte domāda che mi fa
il Zarlino col chiedermi di qual proportione sia
la quinta nel Diatono Ditonieo dopo l'esserne
tratto due settime parti del comma, & datole al-
la quarta: ma non sarebbe già impertinēte cō le
medesime cōditioni il domandarne lui in quella
del Sintono di Tolomeo, poi che vene sono di
più sorti, mercè del suo poco disegno: & prima
ch'io passi più oltre, voglio per mia scusa dire,
che nō sia alcuno che creda ch'io facci a gli spro-
positi, con andar cosi spesso saltādo (come [[per]] pro-
uerbio si dice) di palo in frasca; imperoche io son
sforzato di rispōdere per quell'ordine, & a quelle
cose di che io sono domādato.
Torna di nuouo
messer Gioseffo con la solita sua importunità, a
replicare che io mi attribuisco l'inuētione del su
detto temperamēto: & io dico che tal cosa non
page 51dissi ne scrissi giamai. ma il Zarlino che dice in
mille luoghi esser sua inuētione, gli domādo auā
ti che lui la ritrouasse, come si accordaua tale stru
mēto, venuto in vso tante cētinaia d'anni prima
ch'ei nascesse il suo arcauolo? ma ei volle forse di
re d'essere stato il primo (che ne anco questo è
vero) che considerò come stesse questa tale par-
ticipatione, & di che quātità venissero accresciu
ti, o scemati dalle vere forme loro gli interualli
in essa; nella maniera medesima che si legge di
Pitagora essere stato il primo che considero drē
to a quali numeri & proportioni si trouassino le
consonanze.
Hora vedete quest'altra non so che
cosa dirmi. torna a riprendermi con dire, che nel
mostrar'io quel tal temperamēto, poteuo torre
qual sia altra Diapason di quella ch'io tolsi, & co
minciarmi dall'acuto, & dal graue, & d'altroue:
quasi che io habbia detto che fusse di necessità a
torre il Diapason ch'io tolsi, & che altramēte fa-
re tal cosa non si potesse che [[per]] l'ordine & modo
che io tenni. io non dissi mai tal cosa; ma ben di-
co al presente, che la Diapason ch'io tolsi, & l'or
dine ch'io fu punto a caso, & fu forse
il meglio che elegger si potesse; & il fin mio all'
hora, non fu punto come il Zarlino dice, di vo-
lere insegnare accordare lo strumento; ne parla-
re di participatione ne d'altro, come veramente
(col testimonio di esso mio Dialogo) io nō parlo;
ma per solo mostrare ad alcuni Gentil'huomini
page 52con i quali mi trouauo all'hora, la differēza che
è dall'vno all'altro Sistema, senza l'vso del Me-
solabio, o della Regola harmonica. & quantun-
que io habbi incidentemente nel mio Dialogo
detto quelle poche parole della participatione
dello strumento di tasti; ho con esse nondimeno
dimostrato che le quinte realmente vengono in
esso scarse è tese le quarte; ho reso la ragione del-
la necessità che le fa tali, ho mostrato di che quā-
tità elle siano fuore delle lor forme, & che per il
contrario non posson farsi tese le quinte è scarse
le quarte; delle qual cose come più dell'altre de-
gne d'essere in quel' fatto sapute, il Zarlino non
ne mosse parola, come forse non intese ne consi-
derate da lui.
lo Strumento adunque che io
dissi hauere ritrouato con le quinte & le quar-
te perfette, non ha da fare cosa del mondo
con la participatione del Zarlino, o con al-
tra; in proposito di che vsai le parole che il Zar-
lino malignamēte cita a sproposito: ma egli è di
complessiō tale, che le cose da altri trouate, nō
le toccando com'i vulgari con mano, o non l'in-
tendendo, o nō le volēdo intendere; o pur credē
dole dopo hauerle vedute & intese, le disprez
za; quando però le vede di maniera palesate,
che vsurparsele più non puote. ma le sue, o quel-
le d'altri fatte sue, le magnifica con tanto appa-
rato d'impertinenti parole, che quando altri do-
po molta patienza è giunto al fine di leggerle,
page 53non fa il più delle volte (non per difetto di me-
moria come lui dice, ma per l'insipidezza sua)
quello c'habbia voluto inferire: & pur dice in
cento luoghi delle sue opere, di essere stato all'v-
sanza de Greci stringato nello scriuere; laqual
cosa ho io osseruata esser vera ne' luoghi difficili:
& con tale scusa gli passa con silentio: ma non
perdiamo tempo in questo.
nel capo venticin-
que del medesimo quarto libro
, cerca pur' cō sem
plici parole al solito, di scoprire nuoui errori oc-
corsi nella medesima mia distribuitione, poi che
egli vuole così dirla; & cōclude che in essa i tuo-
ni vengono disuguali; laqual cosa è così veramē-
te, tuttauolta però che a cose vguali, tolto o ag-
giunto parti vguali, rimanghino disuguali tra di
loro. dice appresso essere arrogāza la mia, quād'
io dico nō potersi diuidere l'interuallo superpar
ticolare in parti vguali con i numeri; ma solo se-
condo il modo di Aristosseno; intendendo io al-
l'hora per il modo d'Aristosseno, il mezzo delle
linee, assegnando alle parti quella portione che
dar' gli si vuole con i mezzi geometrici. al che
soggiugne il Zarlino ciò potersi fare secōdo l'a-
ritmetica; & quando viene al fatto, lui la diuide
parimente senz'assegnar' con i numeri la portio
ne di esse parti, nella maniera che della corda o
linea si è detto: laqual cosa a volerla fare cō i nu-
meri, ci va la medesima fatica, che va a dimostra-
re che ciascun' numero sia nel medesimo tempo
page 54& pari, & impari: ma perche spend'io parole in-
torno gl'impossibili; se nel capo vndeci del me-
desimo suo libro
, doue i numeri si poteuano, &
si doueuano porre necessariamēte per dimostrar
con essi quella tal distribuitione esser la Sintona
di Tolomeo come lui dice, senza iquali poteua
nominarl'a modo suo, nō ve gli pose; affine che
in quel' luogo non gli fusse fatto il conto addos-
so.
hora venghiamo alla distribuitione del liuto;
laquale, prima che il Zarlino vedesse il mio Dia
logo
, credeua che fusse la medesima di quella del
lo strumēto di tasti; come si legge nel capo qua-
rantadua
, & quarantacinque del secondo delle
sue Istitutioni
: ma accortosi dipoi essere in erro-
re, & conosciuto per mezzo di esso, che il liuto
strumēto nobilissimo suona puntalmente l'Inci
tato d'Aristosseno insieme cō il suo Cromatico,
si pentì de hauere (nel capo sedici della seconda
parte delle sue Istitutioni
senza saper perche co
me quello che non l'intendeua) confutato le sue
distribuitioni; & hora ne suoi Supplimēti viene
in più luoghi a dire che Aristosseno fu vn musi-
co eccellentissimo.
di quello adunque che lui cer
ca imputarmi in questo fatto, poteua sbrigarse-
ne con due parole; ma per mostrare d'intendere
la cosa arrouescio, getta oltre al tedio dello scri-
uergli dieci fogli di carta, & di più la fatica degli
intagli di tanti suoi liuti, liutini, & liutesse: &
son sicuro che gli hauesse veduto gli scritti d'Al-
page 55berto Duro, non si lasciaua in modo alcuno fug-
gir di mano l'occasione d'insegnarci il modo di
mettere il liuto in prospettiua perche ci calzaua
à capello. hora tutto lo schiamazzo che lui fa, è
per l'interpretatione di queste due parole, che
lette nel sentimēto ch'elle sono state da me scrit
te, son più chiare che 'l Sole, & son tali. Di ma-
niera che il diciotto è il suo più proprio diuisore
d'altro maggiore, o minore numero.
Soggiungo
appresso, che questo non ci da l'essatto della co-
sa, si come ne anco l'apertura del compasso dopò
l'hauer descritto vn' cerchio, non misura la circō
ferēza di esso in sei volte, ma si bene quella dell'
essagono descrittoci drento.
La onde il Zarlino
impugnando arrouescio la cosa, viene a voler di-
mostrare fuor d'ogni proposito, che 12 sesquidi-
ciasettesimi non riempiono sommati che siano
insieme, la dupla, hora vedete pretta malignità
ch'è la sua. chi è quello, che sia capace del mio
concetto, c'habbia bisogno che gli sia dimostrato
le cose note, o che cerchi degl'impossibili, che in
questo proposito vale il medesimo? non saperà
egli ancora, che la dupla non è capace d'esser di-
uisa in qual si voglino parti vguali? laqual cosa co
me manifesta, non ha bisogno di dimostratione:
ma l'ordinario suo è sempre di voler dimostrare
le cose note, & volere che le difficili gli si conce-
dino, come ho dimostrato, & mostrerò poco di
sotto con altro che con semplici parole come fa
page 56lui
Io ho detto, che per dimostrare all'hora quel-
lo che mi faceua di mestiere, il 18 era più a pro-
posito di qual si vogli altro numero; la qual cosa
volendo il Zarlino prouare ch'ella staua altramē
te, haueua da produrre vn' numero più del 18 a
proposito, & non vna misura d'vna linea; & cosi
veniuo cōuinto in giuditio. il dir poi lui che llo
non ci da l'esatto del negotio. questo parimente
dico io, & ne dò l'essempio del compasso & del
cerchio. poco di sopra per il cōtrario mi riprese,
nel negar'io di potersi con i numeri diuidere in
parti vguali il primo multiplice & qual siano de
superparticolari; hora vedete che patientia biso-
gna hauere con quest'huomo.
Secondo l'ordine
promesso, verrò con quei pochi principij di ma-
tematica che da fanciullo apparai, a rispondere
a quanto di essa il Zarlino mi riprende; & prima
dico, che nel mio Dialogo, tutti i calculi, & i com
puti che vi sono, son giustissimi, & con assai faci-
lità spiegati. ben è vero, che la più parte di essi
son facili, perche il luogo non ricercaua difficul-
tà maggiore; laquale ho con ciascun mio sapere
fuggita; & quello che si poteua fare con sempli-
ci parole, non ho voluto per predicar me stesso,
adoperare difficili strumenti, o farne difficili di-
mostrationi: prima per non esser queste da cia-
scuno intese; & quelli per non trouarsene in tut
ti i luoghi & non saper ciascuno adoperargli.
&
venendo al caso del Zarlino dico, ch'io non so ve
page 57dere in quel suo libro che lui intitola Demostra
tioni Harmoniche
, quello e'habbia voluto dire,
ne anco quello c'habbino a fare quelle sue nouel
le di che è pieno, cō le dimostrationi da douero;
& venendo al particolare poiche cosi si è com-
piacciuto ch'io contro mia voglia facci, lui scriue
nel capo ottauo del primo de suoi Supplimenti,
questa bella sentenza in suo fauore; dicendo che
non può esser huomo di fama, di reputatione, o
di valore, senz'esser versato nelle matematiche:
laonde se dal saper matematica si ha da fare giu-
ditio dell' valore de gl'huomini, verrò a dimo-
strare quanto lui ne sappia: & di quì comincian-
domi dico; che nel primo ragionamento, pone la
quarta domāda
per notissima, laquale per la sua
oscurità ha dato occasione di affaticarsi a huomi-
ni grandissimi per dimostrarla: com'è Eutochio,
Pappo, è Teone; lasciando ch'ei la pone per do-
manda essendo da Euclide stata posta per diffini
tione: ma questo fa in tutte le seguēti che lui no-
mina dignità, lequali sono propositioni di Eucli-
de; & per la difficultà loro, degne d'esser dimo-
strate; come è la prima, la quarta, la sesta, la set-
tima
, & altre. hora questo è l'ordinario de comē
tatori de luoghi facili, i quali comentatori passa-
no cō silentio le cose difficili per non esser da lo-
ro intese; scusandosi poi come io ho detto, d'es-
ser breui è stringati: in quelle cose poi che sono
note, vi fanno sopra lunghissimi discorsi.
lascio
page 58stare il poco ordine che in esse osserua, ponēdo-
uene alcune fisiche, com'è la seconda, tra le altre
che sono matematiche; ponendole inoltre indif-
ferentemente tolte dalle diffinitioni del primo
& del settimo d'Euclide.
Quanto poi appartiene
alle dimostrationi, oltre al non essere nella più
parte punto il modo che ad esse conuiene, ve ne
son molte delle false; com'è l'ottaua; nella quale
c'insegna che volēdo porre qual sia numero per
differenza di qual si voglia proportione, si mul-
tiplichino i termini di essa, o siano radicali o non
radicali, per il numero dato: non si accorgēdo che
questo non è vero se nō quādo la detta propor-
tione nō solo è tra i suoi termini minori, ma dif-
ferēti per l'vnità. & che sia vero, volēdo che tra
la proportione 6. 4 caschi 3, s'io moltiplicherò i
termini 6. 4. per 3, mi darāno 18 & 12 tra, i quali
cade 6 & nō 3. & quādo la proportione fuss'anco
ra ne suoi termini radicali com'è 5. 2, pate la me-
desima difficultà: perche se vorremo ridurla in
termini differēti per il 4, hauremo 20. & 8, tra i
quali cade 12 di differēza & nō 4. questa sua re-
gola adunque, d'vniuersalissima che lui la pone,
non è vera se in vno de cinque generi, cioè
nel superparticolare, & qui ancora solo quando
la data proportione sia ne suoi termini minori.
Ridicoloso modo d'argomentare vsa nella 36.
del medesimo primo ragionamento
, consideran
do le proportioni come se fussero quātità, & nō
page 59relationi di quantità: attribuendogli quelle pas-
sioni che alle quātità cōuengono; come il tutto
esser maggior della sua parte: dalche lui argomē
ta la [[pro]]portione della prima alla terza [[per]] esser cō
posta della proportione della prima alla secōda,
& di quella della secōda alla terza: esser mag-
gior di amendue essendo quella come tutto;
di queste come parti composta: ilche quan-
to sia uero, giudichisi da quest'essempio 6.
8. 4. nelquale è verissimo che la proportione
6. 4 et è cōposta delle due 6. 8, 8. 4. (secondo lui)
come delle sue parti; nulladimeno, se la propor-
tione 6. 4. sia maggiore della 8. 4. lo lascierò giu-
dicare a quelli che intendono l'ottaua del quin-
to d'Euclide
; la quale per quāto io comprendo,
si da questo come da quello che nella seguente
proposta
egli scriue, non è stata da lui intesa; nel-
laquale, fondata su la falsità della precedēte, scri-
ue queste parole. Onde per la precedente sarà maggio-
re proportione 8. con 12 417/512 numero cōposto, che non
hauerà con 12 numero semplice,
il che è contrario
quanto al modo del dimostrare, lui per mala sua
fortuna non dimostra mai alcuna cosa, & lascia
sempre nella penna, tutto quello ch'è di buono
nelle matematiche, che è il dimostrare necessa-
riamente le sue conclusioni. & che questo ancor
sia vero, nel Quadrato del ragionamēto secōdo
alla proposta 14
, dal qual'egli trae le forme del-
le consonanze, tolto di peso da Tolomeo, scri-
page 60ue per dimostrar quanto bisogna queste parole.
& la g h venga diuisa in g o, o h; & g o sia la ter-
za parte di a c.
O bella cōclusione.
Segue appres-
so. Ancora q K sia diuisa in q n & n K, delle qua-
li q n contenga la quarta parte di a c.
O com'è
stringato quest'huomo nel dir' quello ch'ei non
intende.
Segue in oltre. Sia vltimamente diuisa
e f in e m & m f, tanto che e m contenga la se-
sta parte di a c.
Il che similmente resta indimon-
strato. dou'ogni persona di giuditio conoscerà
che in questa propositione nellaquale si disten-
de assai, non ci è altro c'habbia bisogno di esser
dimostrato, eccetto llo che lui lascia sēza dimo
stratione; laqual cosa non fà, per non saperla fa-
re; & conseguentemēte nō viene ad hauere in-
teso Tolomeo dond'ei la leua di peso: & il me-
desimo stile tiene in tutte l'altre che lui chiama
dimostrationi; & io con quelli pochi di princi-
pij che io ho, l'hauerei dimostrata così.
Essendo c
a l. g a o triāgoli simili, c a ad a g hà la medesima
proportione che c l à g o: ma c a di a g si è posta
esser sesquialtera di quali parti dunque la c l sarà
6 è tutta c d 12, la g o sarà 4, onde sarà la terza
parte di a c; per la medesima ragione c a ad a q
ha la medesima proportione che c l à q n. ma c a
per l'hypotesi è doppia di a q, adunque c l sa-
rà doppia di q n, e tutta c d quadrupla. Simil-
mente perche c a ad a e, è come c l ad e m, & c a
si è posta tripla di a e, sarà c l tripla di e m, & c d
sescupla della medesima. che è quello che si do-
page 61ueua dimostrare.
Mi souuien'hora del gentilis-
simo Messer Claudio da Coreggio, & quantun-
que egli sia l'istessa modestia, non posso credere
ch'egli habbia vdito alcune di queste semplicità
senza ridersene insieme con gl'altri che intro-
duce il Zarlino ne suoi ragionamēti; a i quali ha
fatto vn grandissimo torto, con mettergli in pre
dicamēto di huomini c'habbino bisogno d'impa
rare per dimostratione le cose notissime; come è
quella che traendo da vna ottaua la quinta, rima
ne la quarta; concetto veramente da tenere a te-
dio qual si voglia huomo otioso, & di ottuso in-
gegno. & forse che di si fatte cose se ne legge v-
na sola nelle sue Dimostrationi, ei n'è pieno il li-
bro dal principio al fine.
Hor dicami di gratia
Messer Gioseffo, appresso quali matematici ha
imparato che si ponghino le diffinitioni, & nel
medesimo tempo si cerchino di dimostrare? il
che fare è appunto vn uoler litigare quello che
d'accordo ci è conceduto. nell'ottaua diffinitio-
ne del secondo ragionamento
dice, che la Diapa
son è contenuta dalla proportione dupla, nella
quinta dimostratione poi uuol dimostrare l'in-
teruallo della Diapason esser moltiplice. nella
nona diffinitione dice la Diapente esser contenu
ta dalla sesquialtera, & nella decima la Diatessa
ron dalla sesquiterza, & poi nella terza proposi-
tione
uuol dimostrare la Diapēte & la Diatessa-
ron esser collocate tra i maggiori superpartico-
page 62lari. nello 11. & 12. diffinitione dice il Ditono
esser contenuto dalla sesquiquarta, & il Semidi-
tono dalla sesquiquinta, & nella settima propo-
sta
dimostra il Ditono e 'l Semiditono esser super
particolari, che non è poco. nella proposta 15
del medesimo
ua cosi seguendo. l'interuallo del
semituon maggiore è composto della proportio
ne sesquiquindecima, & poi nella seguēte uuol
demostrare l'interuallo del semituon maggiore
esser superparticolare. o bello acquisto. nella 21
del terzo
dimostra il semituon maggiore consi-
stere in proportion' maggiore che non è la ses[[qui]]-
sesta decima, & nella seguente soggiugne il se-
mituono maggiore cōsistere in proportion mag
giore della sesquidecima settima. o bella noui-
tà.
Soggiugne poi nella seguente proposta, che
la proportion' sesquiquarta decima è maggiore
del maggior semituono; & appresso nella seguē
te
dimostra la proportion sesquisesta decima es-
ser minore del semituon maggiore. & di questa
sottilità è pieno com'io ho detto il libro delle
sue Dimostrationi: di che non è marauiglia, per-
che à Venetia mediante la copia delle stampe, si
uendono i libri a canne; & ciò fu la cagione che
l'indusse a crescere i suoi Supplimenti di tanti
fogli, empiendogli come a lui piacque delle pa-
role del mio Dialogo; & non solo per ciò fece
quello che io ho detto, è tacque in oltre il mio
nome, non per carità come lui dice nel proemio
page 63di essi suoi Supplimenti
, ma per quello ch'io son
per dire al presente.
Tacque prima il mio no-
me, perche le tante maledicenze, gli hauerebbo-
no impedito ch'ei non si fussero stampati, & affi
ne che io & il mio Dialogo non venissimo in co
gnitione degli huomini; cercando con questa in-
sidia, ingannare il mondo di nuouo; con persua-
dergli che le parole che di mio allega, fussero suf
fiziēti per dichiarare la mia intēzione; & cosi sē
z'altramēte vedere in frōte il mio Dialogo, se ne
riportassino quāta egli istesso ne diceua sēza cer-
car più oltre.
Quello adunque che sensatamen-
te uorrà vedere quanto più di quello che fin quì
ho detto s'inganni quest'huomo, & quāto a tor-
to di me si quereli, pongasi auanti il mio Dia-
logo
, senza punto credere a quello che il Zarli-
noZarlino scriue ne suoi Supplimēti o altroue; & vedrà
che in essi pone le clausole, le sentenze, & i pe-
riodi imperfetti, tronchi, & lacerati. & per ac-
cennarne vna sola, nel capo terzo del primo de
detti suoi Supplimenti
, recita alquante mie pa-
role così. Considerate se un'istrumento fatto d'un stin-
co di Grue, d'Auoltore, o d'Aquila, è atto a percuoter
gli huomini, & torgli la vita.
nelle qual poche pa-
role cōmette nel recitarle tre sorti di errori. pri-
ma la lingua materna mia Fiorentina, la traduce
in Bergamasca. mostra che l'ortografia non fus-
se nata a suo tempo. & la terza che più importa
è, che lui guasta la sentenza; oltre all'interpre-
page 64tare arrouescio la cosa, e l'attribuire a se stesso il
mio concetto, & a me il suo sproposito: per di-
chiaration di che, bisognerebbe spender molte
parole, la onde io per breuità lascerò che sia ve-
duto in fronte il luogo; & quello ancora della
quantità del comma che lui scriue nel capo otta-
uo del quarto
. ne soggiugne a canto questo vno
altro di spezie diuersa, che è di citare i capi, & i
luoghi arrouescio; ed è quando egli dice che io
cito il capo trentacinque delle sue Istitutioni, &
nel mio Dialogo è scritto il quarto: & di queste
piaceuol burle ne fa spesso spesso al lettore.
Ma
tempo è hormai di sbrigarmi dalla matematica,
& per esser men tedioso, anderò solo raccontan-
do alcune cose delle più famose che lui scriue; co
m'è quella del Ragionamento terzo alla propo-
sta settima
; doue lui fa vna proposta vniuersalis-
sima, & la dimostratione particolare: perciò che
ei propone voler dimostrare qual si voglia spa-
tio diuiso in molti spatij, & in quella che lui chia
ma Dimostratione si ri strigne a vno spatio parti-
colare diuiso in noue spatij. poi, che maniera di
dimostrare è l'adoperare numeri? l'ha forse appa
rata dall'ottaua del quinto d'Euclide, doue si par
la dello hauere maggiore o minore proportione,
horsu ch'io gliela voglio insegnare a dimostrare.
Essēdo a c vguale à c d, [[per]] la settima del quīto ha
uerà a c ad c b la medesima proportione che c d à
c b: ma per l'ottaua del medesimo c d à c h ha pro
page 65portione minore che c d à d b; & cōponendo [[per]]
la 28 del medesimo a b, à b c hauerà proportione
minore che c b à b d. che é quello, che si doueua
dimostrare. & quello che più ha del buono è,
che lui va allegando ne suoi Supplimenti a ogni
parola per testimonianza della verità di quanto
dice, queste nuoue & īgegnose sue Dimostratio
ni
; Et questo basti intorno ad esse.
Verrò hora
addurne vna o due di quelle che io ho lette in vn
velocissimo corso ne suoi Supplimenti, poiche
cosi gli è piacciuto ch'io contro a mia voglia fac-
ci. nel quarto, al capo 21, distendendosi in cose
leggerissime ne di alcun' momento, lascia la di-
mostratione di quello che lui propone voler di-
mostrare; che è di moltiplicare soggiugnendo
qual si voglia proposto interuallo. & prima dice
hauer ciò compreso dalla proua dimostrata nella
precedente proposta del medesimo suo libro; la-
quale nō ha che fare nulla cō quello ch'ei vuol'
dire: la onde io per carità, voglio insegnargliela;
però rimettasi innanzi la figura costrutta com'el
la stà nel luogo detto, & doue egli dice a e esser
sesquialtera di c f per la diffinitione del primo
delle dimostrationi
, dica che ciò è vero per la se-
conda del terzo d'Euclide
: & perche egli nō sa-
peua quello ch'e si volesse dire, andò col suo ba-
lestro senza mira tirando al solito suo inarcata,
senza specificare ne qual diffinitione, ne qual di-
mostratione lui cita.
pone dipoi la c g vguale al-
la c f; per il che fare compone vna diceria tedio-
page 66sissima; ma nel dimostrare poi che la c b sia ses-
quialtera della b g, per non esser carne da suoi
denti, fa vna mescolanza di spropositi la più ter-
ribil del mondo. dicēdo prima ciò esser vero per
la seconda parte della diffinitione 15 del primo
d'Euclide
; che ci ha da fare quello che ho da fare
io nel Perù, & per fortificare la sua ragione sog-
giugne de più; per la quarta del secondo del me-
desimo Euclide
i due triangoli a b e & c b f esser
proportionali: hora da questo solo non si accor-
ge egli di non intendere i termini? come vuol'
egli ch'Euclide faccia comparatione di due trian
goli, & gli chiami proportionali, se la proportio
nalità deue almeno cadere fra tre termini? lui
volse dire ch'egl'erano equiangoli, & che i lor
lati erano proportionali. & quando pur hauesse
detto così, non era ne anco approposito, perche
la linea b g della quale è sua intentione di dimo-
strare la b c esser sesquialtera, non è lato alcuno
de due triangoli da lui nominati: ma non per-
diamo tempo in questo, & insegniamogli il mo-
do di dimostrare la c b esser sesquialtera della
b g. hora dica. perche c s è parallela di a e, i due
triangoli a b e, c b f sono simili. & per la quarta
del sesto, come a b à b c cosi a e ad c f cioè à c a c g
essendo c g posta uguale à c f.
Hora essendo co-
me tutto a b à tutta b c, cosi la parte tratta a c al-
la parte tratta c g sarà la rimanente c b alla rima-
nente b g come tutto a b à tutto b c per la 19
del quinto
; adunque c b è sesquialtera di b g, che
page 67è quello che si doueua dimostrare; & nel mede-
simo modo si dimostrano tutte l'altre.
Et perche
parrà impossibile ad alcun de suoi Chriochanti,
che hauendo saputo dimostrare l'antecedente
assai piu di questa difficile, si sia nella meno diffici
le cosi aggirato; hor per leuargli tal dubbio, gli di
rò la cagione, ed è questa.
La dimostratione che
lui fa di trouare tra due linee proposte due me-
die proportionali, l'ha tradotta a uerbo da Euto-
chio, o da Vitruuio; nella qual traduttione an-
cora, si dichiara quant'egli intenda di questa fa-
cultà: atteso che lui mostra di non sapere anco-
ra qual differēza sia tra il Rettangolo, & il Qua-
drato; chiamando il rettangolo b a c g quadra-
to; & pur la differenza ch'è tra di loro s'impara
nelle diffinitioni del primo di Euclide.
Lascio
stare, che traducendo quelle parole (ma non mi
sia attribuito a pedanteria) Quod autem continetur
sub &c.
che piu uolte interuengono in tal dimo
stratione, scriue, Tutto quello ch'è cōtenuto sot
to. Dalche si puo conoscere, ch'egli non intende
la forza delle parole; le quali importano: il ret-
tangolo contenuto sotto.
Hora impari quanto
meglio gl'era attenersi al consiglio che lui dice
nel principio del quinto ragionamento, che gli
daua l'amico suo, in cercare di dissuaderlo dal-
l'impresa, con quella modestia maggiore ch'ei po
teua, di publicare quelle sue dimostrationi: il
quale si uede che molto meglio di lui conosceua
quello ch'elle ualessero: ma s'egli si fusse attenu
page 68to al suo consiglio, non hauerebbe apparato quā
to ho fin ad hora a suo ammaestramento scritto,
se però ne è stato capace, & forse che quest'huo
mo ne suoi Supplimenti non è andato strapaz-
zando il pouero Archimede, mostrando di ha-
uerlo su per le punte delle dita non altramente
ch'ei ci habbia la lingua Caldea.
Piu oltre, s'egli
hauesse inteso la detta propositione, non haue-
rebbe pianta per morta la duplicatione del Cu-
bo; & cosi quell'ancora don d'egli trasse l'uso del
Mesolabio che fu da Filone Bisantio; ma se gl'ha
uesse letto la dimostratione d'Archita circa l'in-
uētione delle due medie & l'hauesse intesa; haue
rebbe conosciuto esser pura & semplice geome-
trica, & non mecanica, come quelle diuersamen
te da molti altri ritrouate: & perche, come io cre
do che lui sappia, la duplicatione del Cubo nō è
altro che poste due linee, la prima delle quali
sia la metà dell'altra, trouare tra esse due medie
proportionali; il Cubo della seconda sarà duplo
del Cubo della prima, & essendo dimostrata l'in
uentione di dette medie, resta la duplication del
Cubo ritrouata.
Io resto ammirato che quest'ho
mo habbia hauuto ardire di publicar si fatte leg-
gerezze; send'io sicuro che a Venetia, questa fa-
cultà in particolare, è non solo tra la nobiltà ap-
prezzata; ma vi sono molti che la posseggano
in eccellenza.
Il quarto & ultimo capo propo-
sto nel principio di questo mio discorso, fu di far
toccar con mano al medesimo Zarlino, che tutto
page 69quello di buono, o di nuouo che lui dice ne suoi
Supplimēti l'ha apparato da me & dal mio Dia-
logo
; la qual verità non è di mestiere il , per sapere ciò quante volte ei l'habbia cō-
fessata alla sua coscienza, & la tace a gl'altri per
honor suo; & sarebbe impertinenza la mia lo
scriuer qui tutto quello, che da esso mio Dialo-
go
si puo chiaramente raccorre. hora se gli huo-
mini di giuditio, & capaci di quant'io ho detto
in questo mio Discorso, conosceranno non esser
vero, non si curino altramente di vedere il mio
Dialogo dell'antica & della moderna musica;
ma ne credino & ne dichino senz'alcuna sorte di
rispetto, quello che più gli aggrada: ma se per il
contrario trouerrāno esser vero, faccin'opera di
hauerlo, perche da esso conosceranno apertamen
te quante ragione io habbi hauuto a dire, quello
che fin quì ho contr'a mia voglia detto.
Non era
mia intentione di passar'oltre a questo termine;
ma ricordatomi dell'obbligo che io ho ([[per]] la pro
messa fatta) di dimostrare che Messer Gioseffo
Zarlino dice rare volte cosa che stia [[per]] il suo ver-
so, voglio in vece di quello che io ho lasciato di
dire (poi che nel mio Dialogo si può leggere) di
scorrere sopra il capo sesto del primo de suoi
Supplimenti
, dal che se ne trarrà molto profitto,
poiche in esso sono tutte le conclusioni de suoi
principij, in materia di quello che principalmen
te cerca di persuadere & prouare nell'opera su-
detta. però se di ventiotto o trenta conclusioni
page 70che sono in esso capo, lequali cerca sostenere per
vere, s'io gli farò toccar cō mano ch'elle son tut-
te false, potrà pigliando questo per arra, conten-
tarsi dell' malleuadore; perche da esso conoscerà
ch'egli è atto a sodisfarlo dell'intera somma: &
da persuadere in oltre al mondo, che tutto quel-
lo che da essi principij il argomenterà
sarà chimera & sogno.
Et per sadisfattione mag-
giore degli studiosi, & amatori del vero, mi co-
mincerò dal titolo di esso capo, ed è tale. Che quel
lo è fatto secondo la Natura non si può ben correggere
con il mezzo di quelle cose che sono fatte dall'arte,
le quai
parole cōcludeuano la verità tuttauolta, che per
il contrario hauesse detto così. Che quello che
è fatto secondo la natura si può molto bē correg
gere col mezzo di quelle cose che son fatte dall'
arte; & sene poteua addur tra gl'altri, gl' essempij.
L'arti sono di più maniere, &
al proposito nostro importa questa; che certi ar-
ti non hanno riguardo alcuno al benefizio del
lor subbietto, ma quello vsano & abbusano in
qualunque modo che gli serua per far l'opera
propostasi; come farebbe il calzolaio del cuoio, o
il legniaiuolo del legno.
Sono altre arti che al
contrario di queste, hanno per fine il benificare
& far perfetto quanto più possano il lor subbiet
to; come son l'agricoltura, la pastorale, la medi-
cina degl'animali chiamata da' Latini Veterina
ria, & la medicina del corpo humano. ciaschedu-
page 71na delle quali si sforza di ridurre il suo subbietto
a quella perfettione che gli è possibile. l'Agri-
cultura cerca questa perfettione nelle piante, la
Pastorale ne greggi & armenti, la Veterinaria
ne suoi animali, & la Medicina nel corpo huma-
no.
Di quì auuiene, che se la natura per qual sia
cagione, commette alcun' difetto in vno di que-
sti subbietti, l'artefice cerca correggerlo. come [[per]]
essempio. la natura fa le piante de' frutti saluati-
che, l'agricultura con l'arte gl'innesta & gli cul-
tiua addomesticandogli. occorre che alcuni na-
scono senza capelli, con le dita nō spiccate l'vno
dall'altro, co 'l sesso non forato, cō il bellico sciol
to come accade vniuersalmente a ciascheduno:
l'arte della medicina corregge tutti questi errori
fatti dalla natura: & cosi parimente le altre arti
sopradette, correggono i difetti che la natura cō
mette ne i loro subbietti. di quì appare che quel-
lo che è fatto dalla natura, quando sia satto con
qualche difetto, può correggersi con l'arte; &
quando sia fatto senz'alcun difetto molte volte
l'arte si cōtenta lasciarlo star cosi senza fargli al-
tro attorno: ma quando volesse anco intorno a
quello fare alcuna operatione, non gli è negato;
come si vede nelle Donne, che per belle ch'elle
siano fatte dalla natura, cō l'arte ancora si fanno
maggiormente belle. non è vero adunque che
quello che è fatto secondo la natura, non si pos-
sa correggere cō il mezzo di quelle cose che son'
page 72fatte dall'arte.
Seguita appresso il titolo, di questa
maniera. Et che non si può concluder bene dalle cose dell'
arte in quelle della natura.
ilquale per il cōtrario cosi
doueua seguire.
Et che si può concluder bene
dalle cose dell'arte in quelle della natura, & po-
teualo prouare cō quest'essempio. il Medico si
finge nella fantasia sua vna idea & forma di sani-
tà tanto perfetta, è tanto stabile; che in natura
nō fu mai tale. da questa idea artifiziale di sani-
tà, è lecitissimo, anzi necessario molte volte ar-
gomētare alla sanità naturale, che in atto si ritro-
ua nè corpi humani. percioche la sanità che è in
questo, & in quel particolare, è migliore o peg-
giore quanto più s'accosta o si discosta dall'idea
sopradetta. è verissimo adunque che si può con-
cluder bene dalle cose dell'arte in quelle della
natura.
Vēgo hora a discorrere intorno al detto
sesto capo; & per dichiarirmi con quella facili-
tà maggiore ch'io posso, lo diuiderò in più parti,
o più clausole che dir ce le vogliamo; sopra cia-
scuna dellequali anderò discorrendo tutto quel-
lo ch'io giudicherò essere a proposito; cosi adun-
que comincia il detto Capo sesto. Et per applica-
re quello, c'habbiamo discorso a quello che segue, dobbiamo
sapere; che sendo gli strumenti artificiali fatti ad imita-
tone di quelli che vsa la natura; tutte le fiate che i loro
& fabricatori vogliono correggere o migliorare
alcuna cosa, laqual vedono mancare in essi, cercano di cor
reggerla non con altro mezzo, che con l'essemplare & mo
page 73dello fatto da essa natura; & quando li fa dibisogno di
volere rendere alcuna ragione dell'opere loro, non si seruo-
no mai se non di quei principi c'hanno cauato dalle cose
che uogliono imitare.
In questa prima clausola, vuo
le il Zarlino persuaderci, che gli strumenti artifi-
ziali si faccino ad imitatione di quelli che vsa la
natura; ch'ei non si possin' correggere con altri
mezzi che con i suoi, & di più che non se ne pos
sa render' ragione se non con i suoi principij.
La
onde io rispōdēdo dico, esser prima è da sapere,
che mai strumento alcuno fu fatto dall'arte, per
altro fine che per l'vso che i doueua apportare:
come per essempio; la sega fu fatta per segare, &
il flauto per sonare. però l'vso che deue apporta
re lo strumento, è quel principio donde si trasse
la fabrica di esso. di maniera, che ciascuno stru-
mento all'hora stà bene, quando è atto ad appor
tare quell'vso che da lui si ricerca. sta bene adun-
que il flauto, sempre ch'ei può sonare com'il mu
sico vuole; & sta ben la sega, tutta volta che con
essa si può segare il legno. talmente che gli stru-
menti artifiziali, non si fanno mai ad imitatione
di quelli che vsa la natura; percioche all'artefice
non importa questa similitudine; ma gl'importa
bene il poter conseguire con il suo strumento, il
fine propostosi. quando poi i fabricatori di que-
sti strumenti, vogliono correggere o migliorare
alcuna cosa la qual manchi in essi, non possano
altramente correggerla con l'essemplare o mo
page 74dello fatto dalla natura come il Zarlino dice; ma
si bene col riguardare al fine, o vero vso che s'a-
spetta da quello. & se vltimamente voglion ren
derne ragione, non la pigliano d'altroue che dal
medesimo vso & fine di esso: dicendo di hauer
fatto tale quello strumento, perche cosi haueua
da essere a fare quella tal opera. non è vero adū-
que, che gli strumēti artifiziali, si faccino ad imi
tatione di quelli che vsa la natura, ne che si cor-
regghino con il mezzo di lei, si come ne anco è
vero che se ne renda ragione cō i suoi principij.
Seguono appresso queste parole. Percioche sareb-
be somma pazzia, quando volessero che fusse possibile co-
me si è detto, che l'arte loro potesse arriuare doue la natura
aggiugne, & che questa da quella potesse esser corretta;
quantunque di cotali cose potessero con alcuni mezzi con-
uenienti tratti dal continouamente operare, renderne buon
conto.
la massima di questa seconda clausola è, il
voler che sia somma pazzia quella di coloro che
dicono esser possibile che l'arte arriui doue la na
tura aggiugne; & che sta possa da quella esser
corretta. hora s'io mostrerò non esser vero ne
l'vna ne l'altra cosa di lle che lui dice, sarà indi-
tio manifesto di esser somma pazzia la sua; poi
che mai intende cosa che lui dica se non al con-
trario di quello ch'ella è. che la cosa segua per l'
opposito di quello ch'ei dice, si può conoscer da
questo.
L'arte, & la natura sono cause operatri-
ci, ciascuna delle quali è nel suo gener'è perfetta.
page 75& quando accade (che in molte arti accade) che
elle siano attorno al medesimo subbietto; auuie-
ne che in esso molte cose può far la natura, che
l'arte non può farle; & per il contrario molte ne
può far questa che non le può far quella; come
per essempio. Nel corpo humano la natura fa le
cottioni degli humori crudi, che l'arte non può
farle: ma nel medesimo subbietto, l'arte può ras
settare l'ossa dislocate, che la natura non può ras-
settarle.
L'arte adunque in molte cose supera la
natura & la corregge, & particolarmente in tut-
te quelle che il Zarlino per sostentatione de suoi
falsi principij al cōtrario cerca persuadercele. in
quelle poi doue questa da quella viē superata &
corretta, sono in tutto & per tutto fuore de i
suoi propositi.
nel fine della clausola dice, di ha-
uer' tratto la certezza di queste sue conclusioni,
dalla continua fatica fatta; laqual cosa è credibi-
le, per hauer egli cercato di persuaderci le cose
al contrario di quello ch'elle sono, al che fare ci
bisogna veramente altro che parole; ma le vere
& reali conclusioni delle cose sensate come que-
ste, non è difficulta alcuna il persuaderle con i ve
ri principij.
seguita il Capitolo così. Et se ben
l'artefice spesse fiate (com'auuisa il Filosofo) supplisse in
molte cose a' diffetti di essa natura, tuttauia quella imper-
fettione & quel difetto, ch'ei stima esser' nella cosa natu-
rale, non l'imparò ne cauò semplicemente dallarte, ma
dalla natura; onde corregge semplicemente cotali difetti,
page 76aiutato da i modi mostratigli come da sua maestra, della
quale l'arte dipende, & è quasi come suo istrumento.
A
questa terza clausola vengo a rispondere in tal
maniera. L'arte può correggere molti de' difet-
ti della natura, come già si è detto; & è vero co-
me dice il Filosofo, che il fine della correttione
s'imparò dalla natura; ma il modo poi del correg
gerlo, è tutto dell'arte. come per essempio. L'os-
sa dislocate si rimettono al luogo loro naturale,
perche cosi stanno bene, & questo mostrò la na-
tura: ma il modo del ristituirle tirando le mem-
bra, & raddirizzandole; & facendo le altre ope-
rationi necessarie, è tutto fatto dall'arte. non è
vero adunque come lui dice, che l'arte corregga i
difetti della natura secondo i modi da lei mostra
tigli; ma secondo i modi di ess'arte.
Soggiugne
appresso. Però; si come sarebbe riputato stolto colui, che
credesse che vn corpo humano, essendo in qualche parte di-
fettiuo & difforme, si potesse far perfetto & ridurlo alla
vera simetria & commisuratione, secondo il modello ch'
ei vede in vna pittura d'un corpo naturale, come si fa per
fetta & si corregge questa col mezzo di quello, ritraendo-
lo dal viuo la mano di buon pittore & eccellente mae-
stro, & reputato sauio quello, che credesse il contrario; co-
si sarebbe riputato pazzo & fuor di senno colui che vo-
lesse pensare col mezzo degli strumenti fatti dagli artefi-
ci, di correggere l'istrumento della voce, fabricato dalla
stupenda natura.
In questa quarta clausola median
tei suoi spropositi, ci saria molto da dire; & ve-
page 77do che quest'huomo si va lastricando vna strada
per laquale non si ha da passare per giugnere al
desiderato fin' suo, & lambichisi il ceruello quan
to ei vuole. hora discorriamo prima intorno a
quello che dice, & di poi intorno a quello che
lui vuol dire.
dico prima, non esser cosa da stolto
il credere che vn corpo humano difettiuo & dis-
forme, si possa far perfetto cō l'arte; poi che l'e-
sperienza tutto il giorno ce lo dimostra; in quel-
li però doue non son vitti incorreggibili. ma se i
difetti sono emēdabili, l'arte della medicina (co-
me si è detto) insegna correggerli; & stolto vien
reputato quello, che crede altramente. gli stru-
menti artifiziali musicali, non son fatti per cor-
regger gli strumenti che fanno la voce fabricati
dalla natura; ma son fatti acciò che la voce pre-
cedente da quei tali strumenti naturali, impari
abbassarsi, & alzarsi, & farsi acuta, & graue nel
medesimo modo che habbianno fatto il suono
nello strumento nostro artifiziale, & secōdo che
in questo & quel Sistema, o Sintono, o Diatono
ch'egli sia, sono stati dal suo autore distribuiti &
ordinati gl'interualli. i quali Sistemi & distribui
tioni, sono tutti artifiziali; & da questi artifizij
son corrette & regolate tanto le voci naturali cā
tandole, quanto gli strumenti fatti dall'arte sonā
dole. di maniera, che l'essempio della pittura in
questo affare, è appunto l'opposito di quello che
lui dice. perche il modello et naturale [[per]] dir cosi,
page 78che cercano seco lui ritrarre hoggi le voci na
turali, & gli artifiziali strumenti, è il Sintono di
Tolomeo; & chi di queste lo fa più simile & più
appunto, merita nome di più eccellente maestra.
il non riuscir poi questo fatto come vorrebbe il
Zarlino, viene dal mal disegno ch'ei cen'ha da-
to, & riuscirà in eccellenza, sempre ch'ei sia di-
segnato per il verso che io dimostrerò.
Cō l'essē
pio della pittura, vuole di nuouo persuaderci che
la natura superi l'arte; & viene a far' la compa-
ratione dal viuo, al dipinto; laquale è tolta di pe-
so dalle conclusioni del Dottor' Gratiano. & ve
nendo al mio proposito dico, che se noi vorremo
discorrer sanamente intorno all'arte, & al fine
della Pittura, diremo dopo hauerlo ben' conside
rato & inteso, che nel suo genere possa & sia per
fetta molto più della natura; come da essa & dal
suo fine possiamo conoscere. il fine adūque del-
la Pittura, e vna imitatione con lineamēti, & cō
colori, non solo di tutte le cose naturali, & artifi-
ziali; ma di tutte quelle che è possibile a imagi-
narsi. & quella parte che la nostra vista può de-
siderare da i lineamēti detti, & da' colori, in qual
si voglia corpo; la pittura non solo gliela rappre-
senta di quell'eccellenza che vsa la natura, ma la
trapassa di gran lunga, & nella qualità, & nella
diuersa quantità delle cose.
non vale adunque
Messer Gioseffo, il dire; la natura fa gli huomini
viui, & la pittura dipinti, più perfetti sono i viui
page 79che i dipinti; adunque la natura nel far gl'huo-
mini supera l'arte della pittura. il fin' della pittu
ra non è di far gli huomini viui; ma solo d'imitar-
gli talmēte cō la proportion delle linee, & cō la
cōformità de colori, che a gl'occhi paino viui. il
Pittore dipignerà di maniera vna dōna bella, che
mai in natura gl'occhi videro (per quāto s'aspet-
ta dalle linee, & da' colori com'io ho detto) don-
na bella quanto quella: & l'istesso farà delle piā
te, & degl'animali. & doue la natura quella ec-
cessiua bellezza in vn corpo animato, o inanima
to: rationale o irrationale, la fa di rado il Pitto-
re eccellente la farà sempre ch'ei voglia in tutte
le cose & in ciascheduna lor parte: oltre a quelle
ch'ei può fuor della natura fingere a modo suo.
Non è vero adunque (tornando a' due capi prin
cipali della detta clausola) che i corpi humani
difettiui non si possino con l'arte ridurre alla ve-
ra Simetria come dice il Zarlino; ma è ben vero
che gli strumenti musici artifiziali correggono
non solo i naturali delle voci, non dico io, quāto
alla materia del suono; dico quanto alla forma
degl'interualli: & di più, che da essi imparano il
modo di dargli quelle forme che si desiderano in
essi, & se non da quelli, l'imparano almeno da
chi da essi gli ha prima apparati: possiamo adū;
con verità dire, di hauer dalla natura la materia,
che è il suono tanto delle voci quāto delle corde,
& dall'arte la forma di qual sia interuallo tanto
page 80consonante quanto dissonante; & ciò sia suffiziē
te risposta per la quarta clausola detta.
Seguita
appresso il suo capitolo di questa maniera. Per-
cioche se altramente auuenisse, si potrebbe dire, che fusse
vn di nuouo ritornarsi al principio; essendo la pittura imi-
tatione solamente di quello ch'è vscito da cosa naturale;
& sarebbe vn tentare di voler deuiarlo dalla propria na-
tura & dal proprio fine.
Alla replica del qual suo
sproposito, rispōd'io non esser vero, che la pittu
ra sia imitatione delle cose naturali solamente;
imperoche al Pittore è lecito fingerne infinite
fuor di quelle che sono nella natura. & si come
non è vero questo, non è vero ne anco (che qui
tende il suo fine) che le voci naturali possino più
degl'artifiziali strumenti, nel darci l'essatta for-
ma di qual sia interuallo musico, anzi questi su-
perano di gran lunga quelle come di già si è det-
to. ne per dire di esser' si fatto l'ordine delle cose,
è vn voler deuiarle dalla propria natura; ma è vn
voler conseruarle nell'esser loro naturale: & au-
uerrebbe quello che lui dice, sempre ch'ei si vo-
lesse le cose fuor dell'ordine naturale ch'elle so-
no, come le vorrebbe lui fuor d'ogni ragione.
Seguita poi così dicendo. Ma per applicare ancora
questo ragionamento al nostro proposito, dico, che non biso-
gna che alcuno creda ne s'imagini di potere nella musica
semplicemente render' ragione esatta della certa & vera
forma delle consonanze, che nascono dalle voci, applican-
dole a' suoni che nascono dagli strumenti artifiziali, come
page 81hanno detto alcuni troppo sauij, perciò che queste non son
vere & naturali, ma si bene allora quando egli appliche-
rà i suoni alle voci, cioè l'artificiale al naturale.
A que-
sta sua ingegnosa clausola io rispondo di questa
maniera. le consonanze che nascono dalle voci,
non nascono dalla natura più che si nascha quel-
le che ci danno le corde, percioche la natura fa
gli strumenti vocali, & per conseguēza la voce;
ma l'alzarla, & abbassarla secondo che vuole;
gl'auuiene per hauerlo apparato dall'arte. può
adunque hauere apparato appuntino quell'istes-
se consonanze che sono in uno strumento, & [[per]]-
ciò come si rēde l'esatta ragione della forma del-
le consonanze di esso per la stabilità loro, & sia-
no di qual si voglino, la medesima precisa sarà
quella delle consonanze che sono nelle voci, sem
pre dico ch'elle le cantino di quella misura ch'el
le sono contenute in quel tale strumento.
le cō-
sonanze adunque delle voci, si possano chiamare
naturali quanto alla materia loro cioè quanto al-
la voce che è cosa naturale, come sono anco natu
rali le mani del sonatore di qual sia strumento:
ma l'alzar o abbassar la voce a determinate con-
sonanze, dādogli più quella forma che vn'altra o
il toccare, o percuotere con le dita più quella cor
da o tasto d'vn'altro, son cose tutte artifiziali. &
in questo medesimo modo si può dire della fa-
uella, che sia naturale, & artificiale. è naturale
page 82solo quanto alla materia, cioè la voce fatta come
si è detto, dagli strumēti naturali atti a far la vo-
ce, & di più articolata; ma tutto il resto è artifi-
ziale; cioè articolata più in questo che in quell'
altro modo, & che articolata in questo o in quel
modo significhi questo o quel concetto dell'ani-
ma.
Più oltre, lui dice che non si potrà render'
ragione delle consonanze che nascono dalle vo-
ci applicando i suoni alle voci, cioè l'artifiziale al
naturale, nel qual detto è d'auuertire, che se ap-
plichiamo i suoni artifiziali dello strumento alle
voci; se queste voci concorderanno cō quei suo-
ni, haueranno le medesime ragioni (com'è detto
di sopra) di quei suoni; & le voci saranno artifi-
ziali, poi che dall'arte hanno apparato apportar
le simili a' detti suoni: ma se le voci non saranno
concordate con quei suoni, non saranno queste
quelle voci alle quali quei suoni si doueuano ap
plicare; & perciò non si potrà mai di queste vo-
ci renderne la medesima precisa ragione che di
quei suoni, poi ch'elle saranno da quelli diuerse.
è ancora d'auuertire, che se delle consonāze che
nascono dalle voci, non si può renderne (secon-
do che lui dice) ragione esatta è certa della for-
ma loro, & si di quelle degli strumenti artifiziali;
tuttauolta adunque che si applicherāno quelle a
queste, si potrà molto ben renderne ragione &
non per il contrario come hanno detto alcuni
page 83troppo pazzi. il render ragione esatta della mi-
sura & forma di qual sia cosa, non è di mestiere
che quella tal misura & forma sia la vera & na-
turale; perch'io posso molto ben render ragio-
ne esatta della forma & misura d'vn huomo mo
struoso, senza sa[[per]] ne anco qual sia quella del bē
proportionato.
Se il Zarlino vltimamente cono-
sceua esser' come lui dice, īpossibile di poter' rē-
der ragione dell'esatta forma delle cōsonāze che
nascon dalle voci, perche ci ha egli detto che le
voci cantano il Sintono di Tolomeo? cosa tanto
limitata determinata & certa. tutta questa con-
fusione nasce dal falso principio, come nel fine
di questo mio Discorso son per dimostrare. Non
è vero adunque che non si possa render ragione
esatta degli interualli de' suoni degli strumenti
artifiziali senz'applicargli alle voci naturali; ma
è ben vero per il contrario, che nō si può render
ragione dell'esatto degli interualli delle voci, sen
za applicarle a' suoni degli strumenti artifiziali.
Soggiugne appresso. Veramente è ben cosa da ridere,
c'habbian voluto & creduto che le consonanze prodotte
dalle voci naturalmente nelle lor vere forme, siano per lor
natura tali, che ritenghino tra loro quelle forme & pro-
portioni istesse, c'hanno le prodotte da' suoni d'alcuni stru-
menti artificiali, temperati ne' loro interualli fuori delle
vere & naturali proportioni, secondo che ricerca & com-
porta la natura dirò cosi & disposicione loro.
Vedete
page 84come Messer Gioseffo (& ciò replica nel capo de
cimo del quarto
) in questa settima clausola si mo
stra baldanzoso; & quello che lo vedesse & vdis
se, & non l'intendesse (come accade a quelli del-
la sua Chriocca) crederebbe ch'egli hauesse tut-
te le ragioni del mondo: hora ascoltimi vn poco
di gratia che presto presto gli s'abbasserà il rigo-
glio.
Le consonanze non son prodotte dalle vo-
ci nelle lor vere forme naturalmente; ma artifi-
zialmente per la lunga prattica appresa dall'arte
del ben cantare: si come anco le mani dell'eccel-
lente sonatore son diuenute tali per il lungo eser
citio appreso dall'arte del ben sonare, & non che
elle naschino naturalmente tali come uuole il
Zarlino: ma nascono bene atte a farsi tali co 'l
mezzo dell'arte, pur hora ha detto quest'huomo.
che delle consonanze che canton le voci non si
può render esatta ragione della forma loro; &
al presente soggiugne che le consonanze che cā-
tan le voci sono nelle vere forme loro.
ma lascia-
mo questo da parte & vēghiamo noi a dire, che
nō è alcuno da lui ī fuore, c'habbia voluto che le
consonanze prodotte dalle voci, habbino [[per]] lor
natura l'istessse proportioni che hanno le conso-
nanze degli strumenti temperati secondo le re
gole loro: & qual sia la sua leggerezza, si può co
noscer di quì. il Sintono che fece Tolomeo, è
vn' solo; ne può per l'ordinario hauere nel tutto
page 85& nelle parti altra forma che quella che gli det-
te il suo autore, che è vna limitata & determina
ta dall'arte di lui drento a quelli numeri & pro-
portioni nelle quali fu costituito da esso. ha que-
st'huomo in mille luoghi detto, che quello che si
suona & che si canta hoggi, e tutto Sintono di
Tolomeo, il che afferma in questo istesso capo;
& al presente dice esser cosa da ridere il voler'
che le consonanze prodotte dalle voci naturali
habbino la medesima proportione di lle de gli
strumenti artifiziali.
hora se il Sintono è vno, et
che le voci lo cantino, & gli strumenti lo suoni-
no puntalmente com'egli stà; il che molto bene
possano l'vn & l'altro fare; bisogna necessaria-
mente che cantando & sonando i medesimi in-
terualli fra di loro siano concordanti. atteso, che
tuttauolta, che due cose siano ciascheduna di lo-
ro vguali a vna terza, sono necessariamēte vgua-
li fra di loro. ma lui secondo ch'ei dice vuole, che
la voce fabricata dalla stupenda natura, per vir-
tù della fata Morgana, habbia naturalmēte, (&
non per hauerl'imparato dall'arte) facultà di for
mare qual si voglia interuallo musico in tant'ec-
cellenza che l'arte non ci aggiunga.
Hora se la
cosa è come lui dice, che occorre dire che le voci
cantino il Sintono, o il Diatono, o altra spezie di
armonia piena di mille imperfettioni: basti a di-
re che le voci cantano naturalmente gl'interual-
page 86li musici di quella più eccellente misura che gli
huomini si possino mai imaginare; perche la na
tura supera infinitamente l'arte: lasciando anco-
ra da vn de lati il numero senario, & i numeri ar
monici, & i generi delle proportioni, & procu-
rar solo di chi senza più oltre cercare glielo cre-
da, & il tutto vien' poi benissimo accomodato.
Ma questa sua intemerata, è la più ridicola cosa
che mai si sia imaginata huomo, & da non esser-
gli creduta ne anco da quelli c'hanno della fata
Morgana paura.
Ha ben creduto (tornando al
principal mio intendimento) & voluto alcuno,
che ha inteso bene le cose; che le cōsonanze del-
le voci, habbino le medesime proportioni che le
consonanze degli strumenti artifiziali, tuttauol-
ta però che le voci si porteranno secondo che so-
no distribuiti i suoni negli strumēti: ma se lo stru
mento hauerà distribuiti i suoni in vna forma, &
le voci declineranno ad vn'altra, non saranno
all'hora le proportioni medesime, & conseguen-
temente non accordano insieme. & il crede-
re le cose fuor dell'esser ch'elle sono, & diuerse
dalla natura loro, & dal possibile, è cosa peculia-
re della natura sua.
Hor'vdiamo quest'altra
conclusione. Il perche ingannati da questo falso prin-
cipio, si hanno sforzato di dimostrare in molti modi ciò es-
ser vero.
Non si e sforzato alcuno di dimostrare
che le proportioni delle voci, siano le medesime
page 87che quelle degli strumēti sempre & naturalmē-
te; perche negli strumenti si distribuiscano i suo
ni ad arbitrio del musico formante è temperan-
te lo strumento a modo suo; & le voci ancora lo-
ro si portano alte & basse secondo che il cantore
(dopò l'hauere apparate) vuole. ne fra le pro-
portioni delle consonanze strumentali, & voca-
li, è connessione alcuna naturale: ma tutta arti-
fiziale & volontaria. di maniera che il Zarlino
solo, & i suoi Chrioccanti restano di questo fat-
to ingānati da suoi falsi principij.
Seguitano ap-
presso nel detto capitolo queste formate parole.
Onde hanno tenuto per fermo, che non si canti ne si suoni,
ne si compona per alcun modo la spezie Sintona di
Tolomeo; credendosi, che tanto quelli interualli che nasco-
no dalle voci, quanto quelli che si fanno per i suoni, siano
cōtenuti nella specie antica del Diatono diatonico, & an-
co in altre specie: quantunque nell'Istitutioni, & nelle
Dimostrationi mi sia sforzato con ogni maniera di ragio-
ne di fargli conoscere, ciò non esser vero.
Che non si
componga, ne si suoni, ne si canti il Sintono di
Tolomeo, non è inferito dalle cose dette da lui
di sopra come non attenenti punto a questo pro
posito; ma da quell'altre ragioni da lui per anco
ra lasciate nel suo vigore.
Che quello che si suo-
na & si canta hoggi non sia l'antico Diatono Di-
tonico, è vn'impertinenza il trattarne, median-
te l'hauere le consonanze imperfette dissonanti;
doue quelle che vsiamo hoggi & tra le voci, e
page 88tra le corde sono consonanti; però tutto quello
che di questo fatto dice al presente, è solo per ag-
girare i balordi.
Hor venghiamocene alla deci-
ma clausola vota di sentenze & piena di parole
otiose quant'alcun altra; ed è tale. Et tanto mag-
giormente restano ostinati, quanto nellordine artifiziale
di cotale specie hanno ritrouato molte imperfettioni, & mol
ti interualli che non seruono al Sintono; per esser contenuti
da altre forme, che da quelle che sono tra le parti del Sena-
rio: laonde hanno sopra di questo Discorso mille cose ridico-
lose & fuore d'ogni proposito, & concluso molte & molte
cose vane, come si vede ne i loro scritti pieni di mille so-
gni: ancora che di questo potessero esser chiari col mezzo de
gli accordi fatti da loro in molti strumenti ne i quali si co-
nosceuano le terze, le seste, & le loro replicate essere con-
sonanti, & lo poteano imparare da' principij, che piglia-
no per concludere & condurre al fine le loro dimostratio-
ni, i quali dicono & affermano, che cotali interualli sono
dissonanti, & poteano sapere, che ciò non potea esser ve-
ro appatto alcuno.
Hor ecco la risposta. Tra qual'
ordine artifiziale si trouano quelle molte imper
fettioni che lui dice? Se fra il Diatono è vn im[[per]]-
tinēza il parlarne, perche la lite è tra il Sintono,
& quello che noi cantiamo hoggi. Se quelle tali
imperfettioni sono nel Sintono che vuol egli
inferire quando ei dice ch'elle non seruono al
Sintono?
Horsu ch'io l'ho ritrouata. vuole il
Zarlino che quando si canta il Sintono, si piglin
solo quegl'interualli cōsonanti di esso che si tro
page 89uano tra le parti del Senario. hor quando questo
gli si conceda, quelle quinte & quelle quarte, &
quello terze maggiori & minori dissonanti che
si trouano tra le corde del medesimo Sintono, &
le forme loro fuore delle parti del Senario, che
sen'ha egli a fare? vuol' ch'elle si faccino della
misura dell'altre che sono consonanti contenute
tra le parti del Senario. noi torniamo a le mede-
sime.
quello adunque che noi canteremo non è
il Sintono come ce lo disegna il Zarlino & Tolo
meo, ma un altra distribuitione di corde. impe-
roche Tolomeo dopò che hebbe ordinato & di-
stribuito il Sintono: non disse mai che si adope-
rassero di lui solo quegli interualli che si trouano
tra le parti del Senario; & resto marauigliato che
quest'huomo habbia tanto ardire di cercar di
nuouo persuadere al mondo queste sue leggie-
rezze che va egli in oltre farneticando in sogno
gli spropositi ch'ei soggiugne degl'accordi de lo-
ro strumenti, mescolando indistintamente (co-
me quello che nō sa che dir si uoglia) il Sintono
co 'l Diatono, con l'accordare & discordare degl'
interualli, che non gli tachapezzerebbe la carta
da nauicare. hor' uuol egli ch'io gli dimostri ne-
cessariamente, quando anco gli si conceda tutto
quello che fuor di ragione uorrebbe che nella
maniera di cantare queste tant'arie insieme che
si cantino gli interualli consonanti della misura
che son' contenuti tra le parti del Senario sopra
page 90il quale ha fatto tanto schiamazzo.
Hora caui-
mi un poco delle quindici corde del Sistema mas
simo, gl'estremi delle quali sono in quadrupla
proportione, tre contigue sesquialtere & una ses
quiquinta, o ueramente quattro sesquiterze &
una sesquiquarta, come nel capo undecimo del
quarto ua chiachierando senz'alcuna uera cōclu
sione. & all'hora crederò che 'l numero Senario
è la stupenda Natura, insieme con la fata Mor-
gana possino fare i miracoli che lui dice. ma ei
non è possibile, dalle parti del Senario ne da qual
si uoglino altri numeri che siano nella natura
di esse, hauere le consonanze perfette, & l'im[[per]]-
fette successiuamente che consuonino, perch'ei
non ne sono capace. ma bisogna necessariamen-
te che consonando tutte le perfette, vēghino dis
sonanti parte dell'imperfette, & chi tutte que-
ste vuole consonanti, dissonerāno parte di quel-
le; come da' sottoposti essempij si può chiaramē
te raccorre.
page 91
  • aa. 40
  • Sesquialtera.
  • d. 60
  • Sesquialtera.
  • G. 90
  • Sesquialtera.
  • C. 135
  • Sesquiquinta.
  • A. 162
  • aa. 40
  • Sesquialtera.
  • d. 60
  • Sesquialtera.
  • G. 90
  • Sesquialtera.
  • C. 135
  • 32. 27. Semiditono dissonante.
  • A. 160
page 92
  • aa. 324
  • Sesquiquarta.
  • f. 405
  • Sesquiterza.
  • c. 540
  • Sesquiterza.
  • G. 720
  • Sesquiterza.
  • D. 960
  • Sesquiterza.
  • A. 1280
  • aa. 320
  • Super 17. partiente 64. Ditono dissonāte.
  • f. 405
  • Sesquiterza.
  • c 540
  • Sesquiterza.
  • G 720
  • Sesquiterza.
  • D 960
  • Sesquiterza.
  • A 1280
Et se Distribuitione alcuna di corde ci hà dare
demostratiuamente tra corde stabili vna sola Cō
stitutione, non è altra che l'Incitato d'Aristos-
seno. Gli interualli musici, poi tāto sono naturali
(com'io ho detto) quelli cōtenuti tra le parti del
page 93Senario, quāto gl'altri che son fuore di esse par-
ti. è tanto è naturale il Ditono contenuto dalla
sesquiquarta quāto, quello che è contenuto dal-
la super 17 partiente 64. si come ancora tanto è
naturale l'accordare dell'ottaua drento la dupla,
quanto è naturale il dissonare della settima drē-
to la super 4. partiente quinta: & rompi si pur'il
Zarlino la testa quanto vuole.
Soggiugne ap-
presso l'vndecima clausola cosi dicendo. Et per con
cludere, dico, che è pazzia espressa, il credere che si possa
correggere la natura. come ch'ella fusse inferiore all'arte;
& che questa si possa agguagliare à quella.
Pazzia e-
spressa è veramente la sua hauendo di sopra co 'l
Filosofo affermato che la natura errāte in quel-
lo però ch'ella è emendabile, può esser' corret-
ta dall'arte; & hora negha ch'ella poss'esser cor-
retta dall'arte; com'inferiore a lei. nō si accorgē-
do, che in tutto quello che può l'arte & non la
natura, l'arte è superiore alla natura; & in quel-
lo che può la natura & non l'arte, l'arte è inferio
re alla natura. adunque la natura, sempre ch'el-
la vien corretta dall'arte, gli auuiene per essergl'
inferiore.
Va appresso seguendo così. Percioche
si come il naturale è di gran lunga differente dall'artificia
le, & specialmente nel genere; cosi sono molto differenti,
come operanti & efficienti la natura & l'arte.
Al che
rispondēdo dico. la natura & l'arte sono due cau
se effcienti, ciascuna delle quali è perfetta nel
suo genere: la natura nel far le cose naturali, &
l'arte nel far le cose artifiziali; & in questo mo-
page 94do nel fare le cose naturali l'arte non può agua-
gliarsi alla natura; & nel far l'artifiziali la natu-
ra non può agguagliarsi all'arte. quando poi au-
uiene che questa & quella operino attorno al
medesimo subbietto, nasce dal poter farui qual
cosa l'arte che non può far la natura, & qual co-
sa potrà farui la natura che non potrà far l'arte;
ne alcuno è che non sappia la differēza che è tra
di loro, la qual differenza vuol'egli porre doue
ella non è, & non fu mai, cioè tra gl'interualli
musici. imperoche lui vuole, che vna quinta, vna
quarta vna terza & altro; sia naturale nelle voci,
& artifiziale negli strumenti tra le corde; & io
torno a replicare, che il suono, & la voce, come
materia di essi interualli è naturale, tanto in que
sti quanto in quelli; si come anco è naturale che
di questa misura consuonino, & di quell'altra dis
suonino, la qual misura è artifiziale tanto tra le
voci naturali, quanto tra le corde degl'artifiziali
strumenti come si è detto, e troui pur il Zarlino
quanti arzigogoli ch'ei vuole.
Soggiugne appres
so. Et si come non può essere, che la natura operatrice imi-
ti l'arte nell'operare; cosi non si può dall'arte concludere
alcune cose nella natura, che non sia fuor di proposito.

Laonde io rispondo esser vero, che la natura ope
ratrice non imita l'arte ordinariamente, perche
ella opera senza cognitione; ma in processo di
tempo la natura ancora s'auuezza ad imitare l'
arte nel suo operare: come auuenne a' Macroce-
page 95fali, de' quali parla Hippocrate: & non per que-
sto ne segue, che non si possa concludere alcune
cose dell'arte in quelle della natura; come si è
prouato di sopra.
Soggiugne dipoi. Il perche se
per auuentura alcuno da vna cosa dell'arte, come ho detto,
o vero dall'artificiale vorrà argomentare & concludere
in vna cosa della natura o nella naturale, verrà (per mo-
do di dire) à volere concludere dalle cose contenute in vn
genere a quelle che son' contenute in vn altro
Queste co
si sottili distintioni dichiarano Messer Gioseffo
vn Filosofo molto penetratiuo; ma auuertisca
di gratia, che il non passare da vn genere nell'al-
tro, secondo il precetto d'Aristotele nella Poste-
riora; s'intende in quei generi ne' quali non è
fra di loro occasione alcuna di passare d'vno nell'
altro: ma nell'arte & nella natura, perche tal vol-
ta (come si è dimostrato) hāno il medesimo sub-
bietto; per la comunità di quel subbietto, nasce
occasione di passare & argomentare dall'vno di
quelle due nell'altro, senza guastar punto l'ordi
ne della filosofia. è però da ringratiarlo dell'au-
uiso. & d'hauer piacere di veder lui zelante in-
torno alla conseruatione dell'ordine delle cose,
quantūque il suo modo sia più tosto vn destrug-
gerle che vn conseruarle.
Soggiugne appresso
quest'altro bello auuertimento. Però nella musica
non si potrà mai dire che stia bene, nellistrumento artificia-
le tra i suoni sempre si troua cotal cosa & cotal diffetto,
adunque si troua anco sempre tra le voci. Simigliantemē-
page 96te; questa cosa non si troua nello strumento artificiale; adū-
que non si troua anco nel naturale.
Alquale io repli-
co che stà molto bene il dire, nello strumēto ar-
tifiziale sempre si trouano cotali difetti; come
auuerrebbe sonando puntalmente il Sintono da
lui disegnatoci; adunque sempre trouano tra
le voci gli stessi difetti che ha in se il Sintono, tut-
ta volta ch'egli fusse puntalmente cātato da esse
come sonato. ma se gli strumenti soneranno al-
cuna distribuitione in tutte le parti perfetta, co-
me veramente possano, ma non secondo la rego-
la del Zarlino. & le voci ne canteranno vna im-
perfetta, chi è quel tanto insensato da lui impoi,
che dica ch'elle siano le medesime quando le so-
no ?
Soggiugne appresso vna di quel-
le sue repliche importune cosi dicendo. Anco-
ra, negli strumenti artifiziali non si troua & non si suona
la spezie natural Sintona di Tolomeo, adunque non si can-
ta ne si compone la detta spezie.
Alla qual replica ri-
spondo ch'egli l'ha con quel Sintono naturale, et
con quel Sintono artifiziale; & io torno a dire
che Tolomeo fece vn solo Sintono Diatonico, al
quale non dette nome ne cognome alcuno di na
turale ne d'artifiziale. il dir poi, che cosi piace a
lui, mi pare la medesima ragione che vsaua Or-
lando nel colmo del suo furore; & se al suo scam-
po nō ha altra difesa che questa; più honore era
il suo acconsentire alla verità subbito che conob-
be d'essere in errore, che cercar di difendersi con
page 97mezzi come questi, da fare l'offesa maggiore.
Laonde io vengo a dire, che la spezie Sintona di
Tolomeo, si trouerà in quegli strumēti artifizia-
li, sempre che i suoni loro siano diuisi secōdo gli
interualli posti da Tolomeo in quella tal distri-
buitione: & gli strumenti che saranno altramen-
te diuisi, nō vi sarà mai appatto alcuno; & il me-
desimo auuerrà delle voci.
l'vltima clausola del
Capitolo è tale. Per la qual cosa tutte le fiate che al-
cuno vorrà da questo fondamento, ouer ordine arteficiale
del Sintono concludere alcuna cosa dell'ordine naturale; il
che è da notare, per le cose seguenti; si potrà dire, che hab-
bia vn grandissimo ramo di pazzia, & che tutte quelle
ragioni & Dimostrationi ch'ei farà, o con numeri & pro-
portioni o con misure, sarāno vane & inutili, & non ha-
uerà alcuna buona cognitione delle cose, della quale si ge-
nerano tutte l'arti è tutte le scientie.
Paru'egli che
Messer Gioseffo potesse per vltima trouare con
clusione più sensata di questa? hor attenda la ri-
sposta.
L'ordine del Sintono è tutto artifiziale
fatto dall'artifizio del medesimo Tolomeo: &
se questo si sonerà con gli strumenti, saranno fat-
ti gli strumenti con quelle diuisioni medesime
che fu diuiso il Sintono da esso Tolomeo; & s'e-
gli si canterà con le voci, se ben le voci sono na-
turali, si canterà nondimeno secondo l'artifizio
imparato dal cantore circa il portar delle voci
precisamente secondo quegli interualli de quali
è composto, se però vorranno al suo imperfetto
page 98acconsentire di maniera che questo tal Sintono,
o qual si vogli altra distribuitione di corde, o sia-
no cantate, o siano sonate sempre saranno artifi-
ziali, & sempre haueranno quelle consonāze &
dissonanze che v'istituì il loro autore; senza ha-
uerui parte alcuna, il numero Senario, o altre
Zarlinesche impertinenti innouationi.
è però
notabil pazzia il credere, che questo tal Sinto-
no sia artifiziale sonato con gli strumenti, & na-
turale cantato cō le voci; essendo che le voci mai
lo canteranno, se con lunga prattica non l'hanno
prima dall'arte del cantare apparato. & se alcu-
no mi replicasse, che quelli che per le contrade
delle cittadi vanno gridando, & cantando i nomi
delle cose ch'ei vendono, & degl'esercitij loro,
procedon pur naturalmente senz'hauerlo dall'
arte apparato per tuono, per semituono & altro
interuallo maggiore di questi composto. gli ri-
sponderei che s'ei gli descriuesse della precisa
misura che da loro vengon cantati, & gli compa
rasse a i veri, vi scorgerebbe differenza maggio-
re che tra gl'animali, gl'vccelli, & altro che per
ischerzo dipigne alle fiate la natura ne marmi
mischi, & nelle vene & nodi del Frassino & dell'
Vliuo, comparati a quelli che sono da dotta ma-
no disegnati & coloriti. il perito cantore è quel-
lo poi, che nell'imitargli burlādo, o per altro suo
comodo, gli fa diuenire dalla vera misura; si co-
me ancora megliorano gl'artefici con gli artifi-
page 99zij loro, il disegno & il colorito degl'animali &
degl'vccelli sudetti. il riso & il pianto è natura-
le a gli huomini. Messer Gioseffo, & si ride & si
piagne naturalmente senz'hauerl'apparato dall'
arte; ma il cantare, & vie più regolatamēte, s'ap-
prende dall'arte. & quantunque la materia del
cantare che è la voce come si è detto, si habbia
dalla natura, il saper poi a posta sua formar gl'in
terualli tanto consonanti quanto dissonanti &
siano pur di qual si voglino misura & proportio
ne, si apprende dall'arte.
Di maniera che tutte
le ragioni che il Zarlino potesse addurre depen-
denti da questi suoi falsi principij, sopra i quali
è (secōdo che lui dice) fondata quasi tutta l'ope-
ra sua, saranno vane & inutili, cō le quali verrà
di mano in mano a dichiararsi maggiormēte per
huomo senza cognitione alcuna del vero delle
cose; delle quali si generano tutte l'arti è tutte le
buone scienze. & quant'ho detto intorno all'
opere di esso, sia suffiziēte per hora, perche altra
volta cō migliore occasione ne ho da trattare più
allungo.
Laonde riuolgendo altroue il mio ragio
namento vengo à dire, che se bene nel mio Dia-
logo dell'antica & della moderna musica
& di
nuouo in questo mio Discorso, io ho dimostrato
che la spezie di harmonia che si canta hoggi non
è (secondo però che il Zarlino ce lo disegna) il
Sintono di Tolomeo; non per quest'ho (come
cosa fin ad hora a me non attenente) dimostrato
page 100qual sia. però voglio al presente per sadisfattio-
ne maggiore degli studiosi di questa facultà, con
quella breuità maggiore che mi sarà conceduta,
dimostrarla. & ciò farò a richiesta di quelli che
credono la perfettion di questo negotio consiste
re nella stabilità delle corde dimostrabili, &
mi è per sortire senza molta difficultà, do-
pò che si sarà inteso le diuerse openioni c'heb-
bono gl'antichi Musici & Filosofi intorno le
Diatoniche loro distributioni, et di quì cominciā
domi dico, che tra le diuerse spetie d'armonia
che furon distribuite & ordinate dai sopradetti
Musici & Filosofi, tre sono state le più famose.
fu la prima quella di Pitagora, o per meglio dire
quella che lui credette che si cātasse ne suoi tem-
pi; laquale come copiosa di Tuoni si acquistò no
me di Diatona Ditoniea. fu la seconda quella di
Didimo, & la nominò Diatonico Sintono: ilqua-
le dopò molt'anni si attribuì Tolomeo, o gli fu
da altri attribuito per suo. la terza & vltima fu
quella d'Aristosseno, detta da lui Diatonico In-
citato: ne altro fine hebbero quei Musici & in-
sieme Filosofi, nell'ordinare le loro Distribuitio-
ni, che rappresentare al senso & all'intelletto,
di qual misura & proportione fussino, o douessi
no esser cantati da i prattici gl'interualli.
laqua-
le speculatione, è degna veramente di gran lode
di ciascun' di loro. percioche con essa & non cō
altro mezzo si è potuto sin ad hoggi nelle nostre
page 101memorie conseruare qual fusse o douess'essere
secondo i diuersi pareri loro, la forma precisa di
ciascheduno de' detti interualli. con il qual mez
zo si può con poche parole trasferire da qual si
voglia luogo ad vn altro, il modo del cantare, &
il temperamento di qual sia strumēto musico &
di fiato, & di corde.
Pitagora adunque, nel cer-
car l'esatta forma degli interualli musici de suoi
tempi, come grād'Aritmetico che lui era, hebbe
come scopo degno, solo la mira alla ragion de nu
meri. nella quale fondatosi, ordinò la sua Distri
buitione di corde secondo ch'egli credette che si
cantassino gl'interualli detti; o pur secondo che
gli fu di mestiere a colorire i suoi disegni.
Didi-
mo poi nella Distribuitione del suo Sistema, heb
be il medesimo rispetto à i numeri: ma non con
seuerità tale ch'ei non cercasse più di quello che
cercato haueua prima Pitagora, di sadisfare com'
in parte ei sadisfece cō il lor mezzo al senso dell'
vdito.
Aristosseno vltimamente cō voglia mag-
giore di alcun altro antico Musico di sadisfare al
medesimo senso, conosciute l'imperfettioni (quā
to al modo del cātare in consonanza più arie in-
sieme hoggi si costuma) delle due Distribuitioni
circa il potersi dimostrare tra corde stabili, cer-
cò la cosa altroue, & dou'ell'era veramente; la
qual' trouata al fine si contentò, senza pregiudi-
tio alcuno della ragione, & con poca del senso,
dell'vdito, che la sua fusse tale, quale si poteua &
page 102dalla natura della cosa dond'ei la trasse, & dal bi-
sogno suffiziente dell'arte del dimostrare haue-
re & desiderare.
Hora per intelligenza mag-
giore di questo fatto è da sapere, che auanti che
Pitagora nascesse, si cantaua, & si sonaua secōdo
l'openioni diuerse de Musici, & all'vnisono, &
in consonanze. è da sapere in oltre, che i Musici
medesimi, nominauano gl'interualli loro con no
mi corrispondenti à questi nostri; parte de qua-
li habbiamo tolto in prestanza da loro. com'è
Tuono. Semituono. Tritono. & Semidiapente.
Hebbono appresso il Ditono, & il Semiditono
conrispondenti alla Terza nostra maggiore, &
alla minore. quelle poi che noi domandiamo
Quarta, Quinta, & Ottaua; le disser' loro Dia-
tessaron, Diapente, & Diapason. quelle in oltre
che furon dette da loro Hexachordo maggiore,
& Hexachordo minore; son da noi chiamate
Sesta maggiore, & Sesta minore, & quelli vlti-
mamente che noi domandiamo Settima maggio
re, & Settima minore, furon da lor' dette pur del
numero delle corde, Heptachordo maggiore, &
Heptachordo minore. & quātunque i nomi de
nostri interualli conrispondino com'io ho detto,
a quelli degli antichi, non perciò sono i medesi-
mi di quelli che contengono i numeri Pitagori-
ci.
Sapeu'adunque Pitagora tutti questi parti-
colari, & in oltre che il Tuono era quell'eccesso
di che la Diapente supera la Diatessaron; & che
page 103il Semituono era quello spazio per dirl'alla no-
stra vsanza, che si troua tra b. fa & b mi, o pur vo
gliamo dire quello interuallo di che la Diatessa-
ron supera il Ditono. con tutta questa cognitio-
ne, non perciò sapeua Pitagora di qual propor-
tione, & misura fusse alcuno di essi interualli, ne
di quanto l'vno misuratamente superasse o fusse
dall'altro superato: ma n'hebbe contezza poi,
dal suono & peso de' martelli, come ci racconta
Boetio col testimonio di Macrobio con il qual
mezzo seppe, che la Diapente era nell'estrema
sua perfettione cōtenuta dalla Sesquialtera, dal-
la Sesquiterza, la Diatessaron, & dalla Dupla il
Diapason parimēte nell'estrema sua perfettione.
io ho vsato sto epiteto perfettione in
proposito della Quinta & dell'Ottaua, [[per]]che più
tese nō si cōporterebbono, ma si bene più rimes-
se.
Sapend'adunque Pitagora che il Tuono era
quell'eccesso di che la Diapente supera la Diates
saron, non fu difficile dipoi nel sottrar' la forma
di questa da quella, venire in cognitione com'ei
venne, da qual proportion' (oltre hauer prima
conosciuto dal suono & peso de' martelli, se non
cosi l'essatto almeno ad esso vicino) fusse conte-
nuto. & con questi & altri più efficaci mezzi, ri
trouò Pitagora la forma di tutti gli altri interual
li; secondo però la credenza di lui & la capacità
della facultà aritmetica.
nel qual luogo voglio
auuertire due false openioni nate negli huomi-
page 104ni, persuasi dagli scritti di alcuni, nelle quali so-
no stato ancor'io, di che sendomi ultimamente
accertato con il mezzo dell'esperienza delle co-
se maestra, dico cosi.
Credano che i pesi i quali Pi
tagora attacò alle corde [[per]] meglio vdire le conso
nāze: fussino i medesimi di lli de qua
li prima vdite le haueua. hora che questo nō fusse
ne poss'essere ī modo alcuno, l'esperiēza (com'io
ho detto) ce lo dimostra. imperoche colui che da
due corde d'ugual lūghezza, grossezza, & bōtà,
vdir volesse il Diapason, gli sarebbe di mestiere
sospenderui pesi che fussino non in dupla (come
erano i martelli) ma in quadrupla proportione.
la Diapente si vdirà tuttauolta che alle medesi-
me corde si sospendino pesi di proportione du-
pla sesquiquarta. la Diatessaron da quelli che fus
sino in supersette partiēte noue. & il Tuono ses
quiottauo dalla superdiciasette partiente sessan-
ta quattro. con il qual modo, che altro non è che
il moltiplicare i numeri che formano detti inter-
ualli secondo l'aritmetica facultà, si haueranno
tutti gli altri. non è uero adunque (& questo è
l'altro abuso) che le consonanze non si possino
hauer' da altri generi di proportioni, che dal mol
tiplice, & dal su[[per]]particolare. & tornādo alle cor
de dico, che si potrāno parimēte hauer tutti gl'in
terualli dall'vgualità di pesi, sēpre che la lūghez
za delle corde conrisponda alla forma che gli
interualli prendono dalla detta aritmetica fa-
page 105cultà.
Si hauerà dalle canne parimente il Diapa-
son, sempre che la lunghezza & il vacuo o vo-
gliamo dire il Diametro della graue, sia duplo
dell'acuta. Si hauerà la Diapente da quelle che il
diametro & la lunghezza sia sesquialtera. & la
Diatessaron da quelle che il diametro, e la lun-
ghezza loro sia Sesquiterza. Con la qual regola
si haueranno tutti gli altri interualli consonanti
& dissonanti. di maniera che il vacuo di queste
conrisponde al Cubo. i pesi sospesi alle corde, al-
le Superficie. & le corde semplicemēte tese nel-
lo strumento alla Linea. Laqual dottrina publi-
cata per vera da Pitagora huomo di grandissima
autorità, gli si prestò tanta fede, che ancor hoggi
appresso alcuni si mantiene senza cercar più ol-
tre; contentandosi solo che Pitagora l'habbia det
to.
Ma quì sono due cose da considerare. la pri-
ma è, se gli interualli musici che si cantauano auā
ti che Pitagora inuestigasse la forma loro, erano
realmente cantati di quella misura drento laqua
le gli constituì dopò l'arte di lui: et la seconda da
quello potesse auuenire, dato ch'egli vdisse le
Terze & le Seste consonare negli strumenti &
nelle voci, & dissonar quelle drento le forme as-
segnateli da lui; ch'ei non cercasse i mezzi di far-
le tali quali le vdiua fuore de suoi numeri, come
fece dipoi Didimo. intorno alle quali considera-
tioni dico, che gli interualli tutti; auanti che Pi-
tagora venisse in cognitione della misura loro,
page 106fussin' cantati da' prattici precisamente tali, non
è verisimile, & particolarmēte da quelli che cā-
tauano in consonanza. quelli poi che cantauano
all'Vnisono, può essere dopò l'hauer preso nor-
ma dalla sua Distribuitione, ch'ei temperassino i
loro strumenti in quella precisa maniera, & insie
me con essi cantassino poi nelle bisogne loro gli
interualli di quella misura: ma da quelli che can-
tauano in consonanza non è credibile, ne anco
possibile.
Prima per hauer' le Terze & le Seste
dissonanti, & poi perche nel farle consonanti cō
il mezzo dell'aritmetica facultà era impossibile
senza far' dissonāte (come si è dimostrato) par-
te delle consonanze perfette Da quello poi na-
scesse che Pitagora comportasse nella sua Distri-
buitione, dissonanti le Terze, & le Seste, vden-
dole fuor di essa d'altra forma consonare & nel-
le voci & negli strumenti, rispondo, che cono-
scendo egli con il mezzo de numeri essere impos
sibile tra corde stabili hauer' gl'vni & gli altri cō
sonanti, volle più tosto consonanti tutti quelli,
che da noi son detti [[per]]fetti, che parte di questi &
parte degli imperfetti. imperoche ne propositi
suoi, com'ancora si legge in Platone, & in Ari-
stotile, non hebbono bisogno nel trattar le cose
di musica incidentemente come trattarono, di
seruirsi eccetto che delle consonanze da noi det-
te perfette, contenute dalle forme assegnateli da
Pitagora. ne anco si preser' cura, se il Sistema
page 107massimo era capace di tre Sesquialtere, o di quat
tro Sesquiterze, & d'altro; lasciandone (come nō
attenente alle loro speculationi,) il pēsier a' prat
tici; & cosi parimente non pēsorono al modo di
far consonar quelle che da noi son dette imper-
fette consonāze. ne tengo io già che senza farn'
esperienza, credesse Pitagora, che le Seste & le
Terze consonanti che habbiamo detto cātarsi &
sonarsi ne suoi tempi & auanti, fussin' contenute
da i numeri medesimi di quelle della sua Distri-
buitione, come credettono la più parte degl'huo
mini sin' che venne Lodouico Fogliano a far pa-
lese il loro errore. & questo basti circa l'inuētio-
ne di Pitagora.
Didimo poi comprendendo con
l'intelletto dalla forma del Ditono & Semidito-
no, & dell'vno, & l'altro Hexachordo, & vden-
dogli con il senso secondo la Distribuitione di Pi
tagora dissonanti; & per il contrario consonar-
ne altri fuor di quelli è tra le voci, & negli stru-
menti, andò cercando se con la medesima facultà
aritmetica si poteuano (con formargli d'altra mi
sura) far' consonanti, dato però come credono al
cuni che tal fusse il suo fine; il che troppo bene
gli successe: & questo fu per mio auuiso il mez-
zo che lui tenne: rimettendolo sempre al parere
di chi meglio di me intendesse.
Andò considerā-
do, che dall'aritmetica diuisione della Dupla, na-
sceua la Sesquialtera & la Sesquiterza come quì
si vede 4. 3. 2. lequali formano la Diatessaron et
page 108la Diapente, diuidendo poi i termini di questa
nella medesima maniera, ne risultò la Sesqui[[qui]]n-
ta, & la Sesquiquarta come qui si vede 6. 5. 4. i
quali due interualli trouò assai vicini al Ditono
& al Semiditono di Pitagora, & di più consonā-
ti. il maggior de quali è parimente nell'estrema
sua perfettione, & punto più teso piacerebbe as-
sai meno. accompagnando poi la sesquiterza cō
la sesquiquarta, & la sesquiquinta di nuouo con
la medesima sesquiterza, hebbe da tali accoppia-
menti la maggiore & la minor Sesta molto vici-
ne al maggiore & al minore Exachordo di Pita-
gora, & in oltre consonanti. dopò ilquale acqui-
sto parutogli d'hauer fatto, diuise la parte mag-
giore della sesquialtera in questo modo 10. 9. 8.
dal che ne risultò il sesquinono & il sesquiotta-
uo, nellaqual dispositione aritmetica gli lasciò
Didimo nel suo Sistema; il che corresse poi To-
lomeo cō mettere il sesquiottauo nella parte gra
ue & nell'acuta il sesquinono, per fuggir forse i
due sesquiottaui contigui che vēgono nella Di-
stribuitione di Didimo, gli estremi de quali son
dissonanti non altramēte del Ditono di Pitago-
ra; & questa è la differenza che si troua tra Didi-
mo, è Tolomeo. poi come ne' Sistemi naschino
gli altri interualli si è a suffiziēza detto di sopra.
Che Didimo in oltre migliorasse o peggiorasse
la Distribuitione da quella che ordinata prima
haueua Pitagora, lo lascerò giudicare a quelli
page 109che hanno di questa facultà buona cognitione.
Per intelligenza hora del Diatonico Incitato di
Aristosseno comincerò vn poco da lōtano il ra-
gionamento. & dirò in fauor suo (poi che tale è
il desiderio di alcuni Aristossenici amici miei)
quanto mi sarà conceduto dalla capacità del mio
intelletto. riserbando però la verita al suo luogo,
della qual son per dire cō pace di ciascuno quell'
io ne sento.
Dico prima, marauigliarmi molto
di coloro che lo riprendono, quando disse che
tutto il giudizio che far si doueua de' suoni &
delle voci, si haueua da rimettere interamente al
senso dell'vdito; cōciosia che da questo & nō da
altra ragione deriuò poi che gli huomini consi-
derarono le forme degli interualli musici tra le
proportioni de numeri, è tra quelle delle linee:
applicandole in oltre alle corde, alle canne, & ad
altri corpi sonori. & venendo alla Distribuitio-
ne del suo Incitato, è prima da ridursi a memoria
che l'Ottaua in qual sia Diatonico, cōsta di cin-
que Tuoni & di due Semituoni, ciascū de quali
Tuoni è costume de' prattici Contrapuntisti di
diuiderlo in due Semituoni, iquali tuttauolta
ch'ei non siano vguali, ne seguirà che tra gli ele-
menti musici ve ne saranno molti degli otiosi &
inutili, considerati soli in loro istessi, & accompa
gnati con altri in diuerse maniere.
& che sia ve-
ro, in qual sorte di Contrapunto si troua tra due
parti posto in atto il minor Semituono? in alcu-
page 110na certo. è inutile adunque et otioso il minor Se
mituono in questo affare. più oltre, da questa di-
sugualità de Semituoni, nasce nel nostro Sistema
quella differenza che è tra il Diesis di D, & il b,
di E. nasce parimente quella che si troua tra il
Diesis di G, & il b, di A. lequali differenze non
solo ne Contrapunti non si trouano tra due par-
ti, ma ne anco se n'augumenta o se ne scema mai
alcuno interuallo. l'istesso accade a quello di che
la Semidiapente supera il Tritono. a quello di
che la maggior Settima eccede la Diapason di-
minuita. a quello di che il maggior Semituono
supera il minore. a quello di che la minor Nona
supera la Diapason superflua. a quelli di che gli
interualli che si rachiuggono tra il Diesis di D, &
F, superano il Tuono. a quello di che il Ditono
è inferiore alla Semidiatessaron. & a quello sen-
za più dirne, di che la minor Sesta è superiore al-
la Quinta superflua. de' quali inconuenienti (se
cosi chiamar si possono) è cagione l'inugualità de
Semituoni; dal che ne auuerranno ancora diuer-
se sorti di Terze, & di Seste minori, che è disor-
dine grandissimo il pensarlo non che il dirlo.
&
più nascerebbono di questi tali inconuenienti, se
fusse vero che noi cantassimo tra corde stabili i
Tuoni di più grandezze; ilche a dire è la più in-
sipida cosa che mai huomo imaginar si potesse:
perche in prattica non è stata, non è, & non sarà
mai, come demostratiuamēte io ho prouato nel
page 111mio Dialogo dell'antica, & della moderna musi-
ca
; ma tra le mobili è verissimo che vi sono in po
tenza, com'io sono per dimostrare al suo luogo.
Laquale conosciuta da Aristosseno, fu meritamē
te detestata. Credo che questo grand'intelletto,
auanti ch'egli ordinasse il suo Sistema, hauesse
considerato & molto bene auuertito ciascun mi
nimo accidēte delle dette due famose Distribui-
tioni, & in particolar questi.
In quella di Pitago-
ra , vedeua il maggior Semituono tenere del tuo
no la parte acuta, & la graue il minore; & per il
contrario in quella di Didimo il minore teneua
l'acuta, & il maggior la graue. vedeua in oltre il
Tritono Pitagorico su[[per]]are la Semidiapēte;
questa nella Distribuitione di Didimo è di quel-
lo maggiore; le qual cose conosciute da Aristos-
seno, & per inconuenienti reputate, si risoluette
che nel suo Incitato vi fusse vn solo Semituono,
che fusse l'intera metà del Tuono, & misura co-
mune di tutti gli altri interualli, & Diatonici, &
Cromatici. volle in oltre che de suoi Tuoni, ne
contenesse l'Ottaua sei, & de Semituoni dodici,
& che gli vni & gli altri fussero vgualmente ca-
paci della medesima quantità di suono; de quali
compose poi tutti gli altri interualli del suo Siste
ma.
quello adunque che constaua d'una di que-
ste dodici parti, lo nominò Semituono, ilqual
vien detto ancora seconda minore, a differenza
della maggiore che è quella che ne cōtien due,
page 112detto da lui Tuono. quello che consta di tre, è la
minor Terza, considerata poi in vn Tuono et in
vn Semituono. la Maggiore ne cōtien quattro,
quantunque ella si consideri principalmēte con-
star' di due tuoni. la Quarta consta di cinque di
essi Semituoni, & vien considerata in due Tuo-
ni & in vn Semituono. il Tritono & la Semidia
pente ne contengono sei per vno: ma quello viē
considerato tra quattro corde nel contenuto di
tre Tuoni, & quella tra cinque in due Tuoni &
due Semituoni: gli estremi suoni di ciascun de
quali, hanno tra di loro la medesima proportio-
ne che ha la costa del Quadrato al suo Diame-
tro. la Quinta poi contien sette de i detti Semi-
tuoni, o vogliamo dire tre Tuoni & vn Semi-
tuono. la minor Sesta ne contiene otto, o pur di-
remo constare di tre Tuoni et due Semituoni. la
Maggiore ne contien noue, quantunque ella si
consideri composta di quattro tuoni et vn' Semi
tuono. la Settima minore consta di dieci, o pur
diremo contenere quattro Tuoni et due Semi-
tuoni. la Maggiore ne contiene vndici, o uoglia-
mo dire cōtenere cinque Tuoni et vn Semituo-
no. l'Ottaua vltimamente consta di dodici, o
pur diremo ch'ella contiene cinque tuoni e due
Semituoni.
hora questa Distribuitione, non solo
parue ad Aristosseno ch'elle hauesse sgombrato
da se tutte l'imperfettioni ch'io ho dimostrato
nascere nelle due altre; ma ch'ella fusse ri-
page 113piena di lle perfettioni maggiori che desiderar
si poteuano.
I Semituoni della quale, se noi gli
applicheremo per modo di fauellare alla Libbra
nostra ordinaria di dodici once, saperemo l'esat-
ta misura, o peso (che per modo di essempio lo
vogliamo domandare) di ciascheduno interual-
lo, per semplice o composto ch'egli sia. laqual co-
sa nell'altre Distribuitioni ha tāta difficultà, che
pochi prattici son hoggi, che senza molta fatica
ci sappin' dire (se bē del cōtinouo gli hāno trama
no) che parte sia dell'Ottaua alcuno degli inter-
ualli che virtualmēt'ella contiene. doue che nell'
Incitato d'Aristosseno, qual sia inesperto fanciul
lo, lo potrà per la semplicità della sua diuisione,
saper in vn subito. nella quale non è cosa quan-
tunque minima, che sia otiosa, vana, inutile, o in-
rationale, & ciascuna di esse sola, & accompa
gnata con quali & quante si voglino, si posson
porre in atto nel Contrapunto. ne altra Distri-
buitione dimostrabile fuor' di questa, può trouar
si tra corde stabili, più semplice è più perfetta,
& più capace tanto sonata quanto cantata: doue
viene esattamente compreso dal senso che parte
sia del tutto ciascun'interuallo, con quella facili-
tà & chiarezza maggiore che desiderar si possa.
ne è marauiglia, perche il subbietto della Musi-
ca che è la voce & il suono, è quantità cōtinoua,
& non discreta; & perciò in questa considerati
musici, vi nascō tante difficultà &
page 114imperfettioni quando dimostrar si vogliono, tra
corde stabili, mercè delle molte diuisioni che far
si possano co 'l mezzo di quella, & non di questa
facultà.
ne da altro furono indotti gli Inuentori
di questo nuouo Contrapunto, a dire di seguita-
re la diuisione di Pitagora, & poi di Tolomeo;
che da Guido Aretino, & esso Guido dall'autori-
tà di Boetio, & appresso senza pensar più oltre,
da Lodouico Fogliano & poi dal Zarlino. impe
roche qual sia di mediocre ingegno che ostinata-
mente non voglia malignare, conosciuti gl'assur
di che ne apportano gli interualli musici conside
rati tra i numeri nella quantità discreta & siano
pur qual si voglino (tra corde stabili come più
volte ho detto) confesserà che quelli che noi can
tiamo hoggi in queste tante arie insieme, non hā
no ne possano appatto alcuno hauere come si è
dimostrato le forme da essi numeri, & della gran
dezza medesima vna volta che l'altra.
Vengo
hora a dire, che l'essere il Tritono nella Distribui
tione di Aristosseno, vguale alla Semidiapente,
corrisponde all'ordine delle consonanze. impe-
roche hauendone tra esse di quelle che non han-
no maggiore ne minore, come sono la Quinta et
la Quarta & perciò forse dette perfette, è pari-
mente condecente che tra le dissonanze ve ne
siano delle si fatte; & queste sono il Tritono &
la Semidiapente. lequali dal priuilegio che elle
hāno più dell'altre dissonāze (com'io dimostrò
page 115in vn'altro mio Discorso scritto intorno à l'vso di
esse) non reputo indegne d'esser nominate dis-
sonanze perfette. habbiamo in oltre la Settima
& la Seconda hora maggiori & hora minori, al-
le quali conrispōdono la Terza & la Sesta della
istessa maniera variabili.
possiamo adunque da
questa variabilità degli elementi musici dire con
verità, che l'Vnisono ne rappresenti il centro, et
l'Ottaua la circonferenza d'vn cerchio; poiche
da essi impoi sono stati tutti gli altri drēto a sti
estremi sonati, & distribuiti di grandezze diuer
se. non habbiamo adunque altro perfetto inter-
uallo, che l'Ottaua poi che lei sola (nell'Aritme
tica & nella Geometrica facultà) è sempre conte
nuta dalla Dupla; doue gli altri sono stati & sono
tollerati quādo più et quādo meno tesi
lor' forma, che è quella secondo Aristosseno, che
lui gli dà nel suo Incitato, distribuito con il mez
zo della quantità continua, sotto laquale vien
compresa & la uoce, & il suono, & non sotto la
discretta. & che la voce & il suono siano quātità
di tali, si raccoglie dal potersi diuidere qual sia
interuallo o cantato, o sonato, in due & più par-
ti vguali, che nella discreta è impossibile. pare in
certo modo errore grandissimo, hauendo secon-
do il parer d'Aristosseno la via diritta, breue, pia
na & sicura da condurci al desiderato fine, il ca-
minare per vna torta, lunga, montuosa, & incer-
ta, dopò laquale ne anco si giugne ad esso.
Laon-
page 116de sendo la spezie d'armonia che noi cātiamo di
ll'eccellēza che molti credono, nō può a patto
alcuno esser'lla di Pitagora, ne lla di Didimo,
o di Tolomeo che dir la vogliamo, ne qual sia al-
tra, ma sol lla d'Aristosseno, se però come sono le sue ha da esser sta [[per]]fettione.
Potrebbe alcun'hora domādarmi, qual delle due
quinte cōsuoni più, o lla di Pitagora contenuta
dalla Sesquialtera, o quella d'Aristosseno che cō
tiene sette dodicesimi dell'Ottaua che viene ad
esser alquanto minore. al che rispondendo dico,
che quando altra ragione non ci fusse, assai sareb
be che noi restiamo appaggati di quella che noi
vdiamo nello Strumento di tasti, che non solo è
minore della già mostrata nella Sesquialtera, ma
di quella che suona il Liuto che è l'istessa d'Ari-
stosseno; le quali differenze ancor che minime,
son però comprensibili.
Di qui appare in certo
modo, che la Quinta di Pitagora sia alquanto te
sa, quella dello Strumēto di tasti alquanto rimes
sa et quella del Liuto che è in mezzo a queste
due sia la vera; che come habbiamo detto è la me
desima d'Aristosseno: ancora che per il nostro
proposito hauremmo solo a cercar di dimostrare
qual sia quella che si adopera hoggi cantando, et
non qual sia più consonante: perche la Natura,
nelle sue operationi, non ha rispetto a questo o
quell'altro nostro comodo & fine, perche opera
senza cognitione. & quantunque il fine della
page 117Musica sia l'esser'vdita, & che in questa prattica
d'hoggi di cātare tāt'arie insieme, nō si potesse di
mostrare che quella che noi cātiamo nō è cōpre
sa dalla Sesquialtera, sto nō importa alla Natu-
ra più che gl'īporti che vna Cornacchia o vn Cor
bo viua trecēto e quattrocēto anni, et vn Homo
viua solo cinquanta & sessanta: ne di ciò merita
esser la Natura ripresa, ne conuien farne alcuna
doglienza. & questo è quanto mi è occorso trat
tare in fauore di Aristosseno.
Vengo hora per
maggiormente dichiararmi à dire, che la Quinta
contenuta dalla Sesquialtera, è più perfetta, più
suaue di qual sia altra forma; com'io per il mio
vdito dopò molte & molte sperienze (poiche cō
altro mezzo migliore non so potersene hauer
certezza) ho giudicato. il che sendo vero com'è
verissimo, ne segue necessariamente che la spe-
zie di armonia qual noi hoggi cantiamo, non sia
ne possi essere in modo alcuno, veruna delle mo-
strate; ne altra che fin al presente sia stata dagli
huomini conosciuta, com'io sono al presente [[per]]
far manifesto. & di quì cominciandomi dico, che
i Cantori bene esercitati, mediāte la sonorità del-
le voci & il perfetto vdito loro, canteranno sem-
pre ch'ei vorranno, tutti gli interualli musici di
quella eccellenza maggiore che si posson deside-
rare. laquale, come la semplicità, o l'arrogāza de
gli huomini vorrà in tutto & per tutto tra la sta-
bilità delle corde, limitare con numeri, con linee
page 118o con altro; diranno sempre (mediante il non ha-
uere gli strumenti artifiziali la medesima facul-
tà & virtù degli Strumenti naturali) mille im-
pertinenze.
di che so che non prendon ma-
rauiglia alcuna gli huomini di giuditio; per
iscorgere in molte altre cose della natura que-
sta medesima difficultà. per lo che vengo a dire,
esser non men difficile a descriuer con parole, o
dimostrare realmēte per via di numeri, o di linee
il Sistema che noi vsiamo nell'esatta sua forma
& proportione; parlo di quello che modulando
si canta in compagnia di molti queste tant'arie
insieme nell' detta; quanto è difficile
con terminati periodi, è stabili canoni regolare
& proportionare tra di loro i moti de corpi ce-
lesti. & questa è forse buona parte della conue-
nienza che Pitagora giudicò esser tra la celeste
& l'umana Armonia.
Qual sarà adunque quel
Sistema che noi in tant'eccellenza cantiamo?
quello che per l'instabilità delle sue corde, non
può senza la detta fatica, esser da parole descrit-
to, ne da linee misurato, ne terminato da nume-
ri, & perche sopra di ciò non voglio al presente
fare vn' nuouo libro, come sarebbe dibisogno a
chi ben chiarir volesse tutte le difficultà & le du-
bitationi che mi si parano innanzi per ben deci-
dere ciascun particolare di questo nuouo fatto,
verrò per darne qualche poco di lume, a prouar'
demostratiuamēte che i tuoni che si cantano so-
page 119no di due, & i Semituoni di tre grandezze diuer
se.
Anderò toccando in oltre superficialmente
alcun'altre cose al proposito, & di qualche mo-
mento, riserbando quello che di più si desidaras-
se di questo negotio, a migliore occasione. ilqual
poco di lume ci trarrà sicuramente delle tenebre
nelle quali siamo stati inuolti da che s'introdusse
il modo di cantare più arie insieme, sin ad oggi,
che i tuoni si cantino di due grandezze come io
ho detto, di quì si conosce.
Noi habbiamo due
parti che cantano questo interuallo C. c. di poi
facciamo ascēder la parte graue per vna Quinta
ī G. & [[per]] vn tuono l'acuta in d. dico quel tal tuo-
no che s'è cantato tra c. d essere stato vn intero
sesquiottauo, & lo dimostro in sta maniera. tra
C. G è vna Quinta, & dal medesimo G. c vna
Quarta; laquale diuerrà quinta sempre che ella si
augumenti d'vn sesquiottauo, di che l'è venuta
augumentare la parte acuta nel passare di c in d.
si adopera adunque tra la c. d il tuono sesquiot-
tauo, che è quello che si doueua dimostrare.
ch'
ei si canti vn tuono di questo minore, ecco ne
l'essēpio. cantano due parti la G. d. fo dopò scen
der la G in C, & ascēder la d in e. dico che sendo
la G discesa per vna quinta in C, che la d è ascesa
in e per vn tuono del sesquiottauo minore. &
che sia vero. due quinte aggiunte insieme contē
gano vn'ottaua & vn sesquiottauo di più, che fa
vna nona: di maniera, che sempre ch'essa nona si
page 120augumenti d'vn'altro sesquiottauo, diuerrà de-
cima maggiore dissonante; perch'ella sarà della
grandezza medesima della replicata dell'antico
Ditono. talmente che se la Decima detta consuo
na, ne segue necessariamente che nell'andare la
parte acuta di d in e vi sia andata com'io dissi. con
vn interuallo del sesquiottauo minore. la C. e cō
suona, vengo adunque hauer dimostrato il mio
intēto, dalche ne segue, che sēdo due i Tuoni, tre
almeno douerāno esser'i Semituoni.
Ma da quel
lo che io ho dimostrato al presente, potrebbe il
Zarlino argomentando dire, ch'io habbia inau-
uertemente confessato cantarsi come lui dice, il
Tuono maggiore tra C. D. & il minore tra D. E.
il che affermo esser vero: ma tra di noi è questa
differenza. lui vuole che gli interualli siano con-
tenuti (come per l'essempio del Monochordo
Sintono si conosce) da corde stabili, & io (come
pur hora ho dimostrato) da corde mobili. & lui
è mosso da quello che semplicemente ne scrisse
già Lodouico Fogliano, prestandogli senza più
oltre cercare, indubitata fede; & in vece poi di far-
ci constare che fusse vero quello che lui ne disse,
ci haueua condotto il Zarlino con le sue Canta-
fauole, in mille più errori & in mille più confu-
sioni di prima.
Laonde noi, mossi dalla verità,
fondata nell'esperienza della cosa, venghiamo a
far palese di nuouo il loro errore con diuerse Di-
mostrationi. lui vuole che al Tuono minore suc
page 121ceda il maggiore, è a questo succeda quello; & io
dico poterne succedere della medesima spezie
tre & quattro l'vno dopò l'altro, anzi esser mol-
te volte di necessità che questo segua. & secōdo
che più de maggiori, o de minori sono occor-
si nella Cantilena, ascendendo, o discendendo:
si trouano i Cantori nel fine di essa hauere alza-
te, o abbassate le voci dall'intonatione del suo
principio. ne perciò dico io, che tale accidente
cagionato da altro esser non possa: imperoche
può molto bene auuenir' ciò, dalla fiacchezza, o
gagliardia delle voci; o dalla più, & meno discre
tione de' Cantori nell'andare à consentēdo, o re
sistendo l'vno all'altro, mediante il molto, o il po
co loro vdito. ma quando le voci sono vnifor-
me, & con vgual discretione & giuditio de Can-
tori esercitate, non d'altroue procede l'alzare, o
l'abbassare della Cantilena, che dalla prima detta
cagione.
& per meglio dichiarar la mia intenzio
ne circa la positione de' Tuoni dico, che tra qual
si voglino corde capaci del Tuono, vi è in poten
za il maggiore, & il minore; de quali le voci si
seruono secondo i comodi & le bisogne loro; co-
me cambiando gli essempi dati, o trasportando-
gli verso l'acuto, o verso il graue si farà maggior-
mente manifesto chiunque sene piglierà cura.
& per far più conoscer questa verità, dico per le
addotte ragioni, di che se vna parte dopò l'ha-
uer cantata questa corda a, discenderà in D, &
page 122che vn'altra in quel' mentre si parta di e, & va-
dia in f per far con D aiutato dalla cifera detta
Diesis, decima maggiore, che l'interuallo che è
seguito tra e. f sarà minore di quando la parte
graue si partisse di E & andasse in b. mi cātādo
l'acuta in quel mentre le due medesime corde
mostrate.
Che i Semituoni siano tre, si conoscerà
(oltre a quello che di sopra ne ho detto) da quel
ch'io sono per dire al presente. Se dalla Terza
maggiore si vuole andare alla Quarta, si adopera
necessariamente il maggior Semituono da questi
numeri contenuti 16. 15. se dalla Quarta si vuo-
le andare al Tritono, si adopera il minore drento
a questi altri 135. 128. il qual non fu mai cono-
sciuto dal Zarlino. & se dalla maggior Terza si
vuol'andare alla minore, o dalla minore alla
maggiore, è impossibile andarui senza l'aiuto del
Semituono minimo (inteso sin ad hoggi, per mi-
nore) che è cōtenuto da questi altri termini 25.
24. non senza ragione adunque ho detto, che le
Terze maggiori & le replicate dell'Incitato di
Aristosseno (mercè della lor lunghezza) non so-
disfanno; poi ch'egli nel farle diuenir di minori
maggiori, le augumēta dell'intera metà del Tuo
no; & quelle che naturalmente son maggiori,
eccedono le minori della medesima quātità.
do-
ue cantando noi, affine ch'elle interamente ci sa-
disfaccino, le augumentiamo non dell'intera me-
tà del Tuono, ne anco del minor Semituono; ma
page 123123 del minimo; perche di tanto naturalmente (per
cosi dire) vengon superate le minori dalle mag-
giori. & quantunque io habbi dimostrato ser-
uirsi le voci cantando di tre Semituoni, & di due
Tuoni necessariamente diuersi, & che di tal quā
tità d'interualli è forza ch'elle si siano seruite sē-
pre che bene hanno gl'altri di questi maggiori
composti & cantati, non perciò volle Aristosse-
no nel detto suo Incitato, più d'vn Tuono &
più d'vn' solo Semituono. atteso che tal necessi-
tà nō fu da lui, ne da alcun'altro antico o moder-
no Musico conosciuta; & vi è più nella maniera
che noi dimostrata habbiamo esser necessaria-
mente.
non è ne può essere adunque la vera &
perfetta Distribuitione di corde il suo Incitato,
come credono alcuni che lusingar si lasciano dal-
le molte sue apparenti mostrate comodità; ma
quella sola da noi vltimamente considerata &
auuertita prima, che da altri auuertita & conside
rata stata sia. nellaquale gli estremi degli inter-
ualli consonanti, proferiti dalle voci o mediata-
mente, o immediatamente da vdirsi nel medesi-
mo tempo, vengon sempre compresi dal senso,
di quella misura che gli contiene la suprema
loro perfettione; se ben da quest'alcuna fiata (co
me nō necessaria) si allontanano nell'esser prof-
feriti modulando l'vno & poi l'altro estremo lo-
ro dalla medesima voce; come quella che ne ri-
spetto o relatione d'altra ha che glielo vieti, o di
page 124altro effetto cattiuo che cagionar' seco possa.
Dico adunque tornando a' Semituoni, che all'
minore, e al minimo auuien' l'istesso che de Tuo-
ni ho detto; cioè ch'ei sono in potenza nell'istes-
so luogo, & le voci adoperano hor questo, et hor
quello secondo che più gli accomoda. della qual
cosa il Zarlino, come llo che non seppe troua-
re doue impiegargli, mai ne ha mosso parola. &
pur quant'io ne ho detto di questo fatto, è secon-
do i suoi principij, è termini & forme degli ini-
terualli. è tornando al mio proposito, vēgo a di-
re, che questo è vno di quei termini, alquale per
ancora con vno Strumēto da un solo sonato, l'ar
te non è arriuata, & da lontano da nebbia offu-
scato fu veduto inconfuso dal Fogliano prima, e
dipoi dal Zarlino, et ne scrissero quello ch'ei ne
seppero, et gli sene deue (come altra volta ho det
to) hauer'obbligo, per hauer dato occasione di
far che si cerchi et forse si troui com'io spero per
la Dio gratia di hauer trouato la verità; ma la vo-
glia che l'vn & l'altro hebbe del Sintono di To-
lomeo male inteso da loro, gli fece sdrucciolare
nel mostrato errore per rimedio di che trouò il
Zarlino ne Supplimenti, quelle sue chimere di
Naturale et d'Artifiziale. & quād'ei voglia accō
sentire a quello che io ho detto et demostratiua-
mente prouato, che credo non potrà far di me-
no, io subito confesserò che quello che noi hog-
gi cantiamo, conuenga più che cō altra Distribui
page 125tione. cō il medesimo Sintono di Tolomeo.
Qui
potrebbe alcuno domandarmi, in qual maniera
gli huomini con le voci loro cantino ne i medesi
mi luoghi i Tuoni & i Semituoni delle grandez
ze diuerse ch'io ho mostrato; non essendone sta
ti prima auuertiti come stati auuertiti non sono,
da' Maestri di questa prattica di cantare. al che
rispondendo dico. Quando s'impara di porta-
re le voci, il Maestro fa cantar solo lo Scolare, o
insieme seco canta all'vnisono; fin tanto ch'ei
l'habbia bene apparate: & in quel mentre ha più
volte cantato fra l'istesse corde indistintamente,
hor'il maggiore, & hora il minor Tuono: & cosi
gli è auuenuto del Semituono minimo & del
mezzano: & dopò l'essersi cosi esercitato più
giorni, comincia a cantare in compagnia d'altri,
diuerse Cantilene. & perche di già ha suefatto
la voce a piegarsi più & meno a voglia sua; va di-
poi piegandola hora verso il graue, & hora ver-
so l'acuto in quella maniera migliore che aiutato
dal buono vdito, giudica di accordare perfetta-
mente con gl'altri ma perche spendo io parole
in cercar di persuadere vna cosa tanto manife-
sta? non vdiamo noi tutto il giorno cantare in
eccellenza, da quelli che ne anco conoscano qual
sia la differenza che è dal Tuono al Semituono.
& dalla Terza maggiore alla minore?
Et di quì
auuiene che i Maestri di cantare, dicano (quan-
tunque non sappino la cagione, ma lo giudicano
page 126dall'effetto) non potersi a solo a solo apparar be-
ne di cantare; & bisognar pratticarsi in compa-
gnia di molti cō la diuersità delle Cātilene a più
voci. con il qual modo dell'apparar di cantare
conuien'assai il modo dell'apprender' l'arte del
disegnare, & del dipignere.
Imperoche di questo
ancora s'appara prima (com'altra volta si è det-
to) a disegnare il naso d'vna figura, la boccha, l'o-
recchio, l'occhio, la mano & altro; & ciò fanno
quei tali hora d'vna & hora d'vn altra grandez-
za, & veduta, affine che applicar sappin' poi l-
le tal parti, & al ritratto di Camillo, di Anniba-
le; & d'altri proportionandole insieme ancora
nel fare vna pittura, o vn disegno di fantasia.
E
tornando alle voci dico, che dopò l'hauere ap-
preso l'arte del ben cantare, possano a voglia lo-
ro & senza veruna difficultà, formare qual sia
interuallo musico di ciascheduna misura canta-
bile & sensibile. & che ciò sia vero, segno cene
sia l'esperienza, che giornalmēte ce lo dimostra;
con vdirle vnire perfettamente cantando insie-
me con qual sia strumento, & siano pur conte-
nute le corde loro da qual si voglino misure, &
proportioni.
Vedrem'hora se alcuno degli ar-
tifiziali strumēti suoni o possa sonare nella me-
desima perfettione ch'io ho detto cantarsi, qual
sia Cantilena; per intelligenza maggiore di che
è prima da sapere, che nel temperamento dello
strumento di tasti ordinario & comune, è credi-
page 127bile che da huomini di giuditio & ben'esercita-
ti. nella musica, sia stato con diligenza cercato
più volte in diuersi tempi la perfettione degli
interualli: iquali huomini si risoluettero al fine
di acettargli & tollerargli tali quali noi hoggi
gli vdiamo: perche più oltre prudētemente giu-
dicorono non estendersi la capacità dello stru-
mento con quella qualità & quantità di corde
dalle penne percosse. nel temperamento del
quale vengon realmente come in più luoghi ho
scritto, le Quinte rimesse, & le Quarte tese dal
vero esser loro: & le comportono si fatte, per
conoscer che di quanto si migliorassino queste,
di tāto si peggiorarebbō l'imperfette consonan-
ze. i Liutisti poi conosciuta nelle quinte & nel-
le quarte del detto strumento la mostrata imper
fettione, o pur che a caso venisse lor' fatte come
più ha del verisimile, con il diuer so temperamē-
to e positura de tasti dello strumento loro, ne tol
son uia parte; ma tolson ancora uia nel far ciò,
parte del buono alle Terze & alle Seste.
Impe-
roche le fecion tali, che di quella misura che si
costumano nel Liuto, sarebbono nell'Arpicordo
poco meno che intollerabili. & uengon tollera-
te nel Liuto per la mollitie & delicatezza della
materia del mosso & del mouente, che son le di-
ta, & le corde nel produrre & cagionare il suo-
no. & qual sia che rimouesse queste cagioni con
il mettere al Liuto corde d'acciaio, & le percotes-
page 128se con una o più penne; o nel mettere allo Stru-
mento di tasti corde da liuto, fatte come sa cia-
scuno d'intestini di Montone, rimouerebbe pa-
rimente l'effetto; di che accertar' si può ciascu-
no a uoglia sua con l'esperienza. assicurandolo
che temperando lo strumēto di tasti com'il Liu-
to, senza ri muouer le corde & le penne: o met-
rēdo al Liuto corde come usa lo Strumento di ta
sti, & lo percuota con una, o più penne, si faran-
no le Decime maggiori cosi poco grate all'udito,
& ui è più quelle che nasceranno con il mezzo
del Diesis, ch'elle saranno poco meno che intol-
lerabili. Comporterebbesi il temperamento del
Liuto nell'Arpa doppia quant'in esso Liuto, &
più forse.
Lequal cose, ho io esperimentate mol
te uolte insieme con altri. Quegli ultimamen-
te che uolseno negli Strumenti & Sistemi loro
(che per Sistema non intendo altro in questo
luogo che il temperamento d'uno Strumento)
le dette consonanze perfette nella suprema lo-
ro eccellenza, come le uolsono i Pitagorici; heb-
bono le dette Terze & Seste di maniera insop-
portabili; che non d'imperfette consonanze, ma
di dissonanze (come appresso i medesimi Pitago
rici) nome si acquisterebbono; perche realmente
son cosi fatte.
Habbiamo fin quì dimostra-
to che lo Strumento di tasti, il Liuto, il Sistema
di Pitagora insieme cō quel di Didimo & di To-
lomeo, secondo la descrittione che ne fa il Zarli-
page 129no, non ci danno ne ci posson dare l'esatto di
quello che cantando ci danno le uoci, con tutto
che qual'in questa, & qual in quella parte gli
s'auuicini. dal che apertamente si conosce, che
il Sistema & il temperamēto che usa per dir così
la Natura con il mezzo delle uoci humane, nō è
ne può essere in modo alcuno uerun di quelli
che si son conosciuti sin'ad hoggi: ma solo quel-
lo che noi per la Dio gratia habbiamo ultimamē
te conosciuto & dimostrato.
Si raccoglie in ol-
tre che quanto più gli strumenti artifiziali han-
no i Tuoni minori del Sesquiottauo, tanto più
si allontanano le Quinte loro dalla Sesquialtera
uera lor forma, & il medesimo auuerrebbe alle
uoci, sempre ch'elle si priuassero di esso. ilche è
un grande argomento che la uera forma della
Quinta sia la Sesquialtera; & quando non fussi-
no in uso le consonanze imperfette, non occor-
reua altro Tuono del Sesquiottauo; diuiso ne'
due Semituoni Pitagorei.
Quali saranno adū-
que gli Strumenti che hanno la medesima facul
tà nel sonar' le Cantilene, che hanno le uoci nel
cantarle? tra quei di fiato è quello, che non ha
fori, come per essempio il Trombone. è tra lli
di corde, llo che sonar si può senza tasti, com'è
la Viola; & la Lira se ben lle imperfettamēte:
& quando i Cantori cantano insieme con altri
istrumenti che son priui di questa facultà; a' qua-
li i tasti & i fori pongono per modo di essempio,
page 130freno e termine a gli interualli, come ancora po
se l'arte questa medesima limitatione al Sistema
di Tolomeo, & a quello d'Aristosseno, & altro-
ue, vengono per il desiderio d'vnire, a deuiare in
quel mentre dalla lor propria virtù & natura;
andando acconsentēdo con il perfetto loro, alla
resistenza fattogli dall'imperfetto di quelli. dal
che liberate si le voci, tornano nell'esata loro per
fettione & potenza di prima; laquale (rimossi
gli impedimenti) pongono in atto a uoglia loro.
& perche di sopra dissi che la Distribuitione di
Aristosseno sonata nel Liuto, & maggiormente
nello Strumento di tasti, le Terze & vi è più le
Decime maggiori vdire si fanno poco grate, & ī
particolar quelle che nascono con il mezzo de
il Diesis, ancor che realmente siano della misu-
ra medesima delle naturali, ne renderò al presen
te la cagione; & ci sia questo per essempio.
Le
voci buone, son più sonore, più delicate, più per-
fette, più gustose, & cantano in somma meglio
gl'interualli musici, che gli suoni alcuno Stru-
mento fatto dall'arte; nulladimeno, chi hauesse
a vdire cantar le note, & non le parole d'vna
Cantilena; ouero le note di vn Ricercare; più bē
sonate in vno Strumento come di tasti, o Liuto
ci piacerebbono, che non dalle voci ben cantate,
& questo auuerrebbe perche da gli huomini si
aspetta & si desidera più oltre, che è il discorre-
re & parlar cantando.
Quelle terze & Decime
page 131maggiori che poco ci satisfanno nel Liuto, &
nello Strumento di tasti meno che nel Liuto in
quella tal Distribuitione d'Aristosseno, sono tra
le corde per così dirle mobili, & non tra le stabi-
li che son più di quelle tollerabili. & perche più
tra quelle, che tra queste? perche tra le stabili
& naturali non posson in vn certo modo essere
altramente gli interualli di quello ch'ei sono, ma
ben potrebbe quell'accidente farle di misura &
forma che meno ci dispiacessero.
Che apport'
adunque quell'accidente a detti interualli, che
cosi ci dispiacciono? Gli fa parere all'vdito più
de' naturali lunghi; & nō senza ragione. impero
che la voce formare vna Terza, o vna Deci-
ma maggiore con il mezzo del Diesis, l'inacuti-
sce meno che non fa quando con l'istesso acci-
dente forma una quinta, come disopra habbia-
mo demostratiuamente prouato.
Ma perche mi
affaticho io tanto in questo, se il medesimo Ari-
stosseno ne suoi scritti apertamente ci dice, esser
dissonanti tutti gli interualli minori del Diates-
saron, e tutti quelli che sono tra il Diapason &
il Diapente? dal che apertamente si raccoglie,
che il fine delle sue Distribuitioni fu ciascun al-
tro, che quello di fare le Terze & le Seste con-
sonanti. & il medesimo si può credere di Didi-
mo, & di Tolomeo. di maniera che degni di ri-
prensione vengono a essere coloro, che vogliono
contro ogni douere, il perfetto, & l'esatto degli
page 132interualli musici da quelle Distribuitioni di cor-
de che a patto alcuno non posson dargliele; ne
fu tale (quale coloro credono) l'intentione de
gli Autori di esse nel cosi ordinarle. & che dallo
Incitato d'Aristosseno in particolare, non si pos
si hauere tal perfettione, segno di più ce ne sia il
vedere gionalmente a Sonatori eccellenti di
Liuto & di Viola & in oltre musici, cercar' mo-
di, & mezzi di tor via da i loro Strumenti (con
accrescerui tasti) la sopradetta troppo acutezza
delle Terze, & delle Decime maggiori.
Più ol-
tre. Gli eccellenti Sonatori di tasti, tutta uolta
che nello Strumento loro hanno tirato le Quin-
te nell'estrema loro perfettione, affermano di
trouare in esso com'è veramente, le Terze, & le
Seste dissonanti. laqual cosa argumenta, che la
Quinta del medesimo Incitato d'Aristosseno,
nel cōtenuto di sette dodicesime parti dell'Otta
ua doue lui la cōstituì, nō è nella vera sua propor
tione. ma si ben Pitagora drēto la Ses-
quialtera. allequali , aggiugneremo tra
le molte che io potrei dire, questa per vltima. è
impossibile nel modo del cantare hoggi queste
più arie insieme come più volte si è detto, che
l'vdito si appaghi della Diapason superflua vsa-
ta come minore Nona, resoluta dalla Decima, o
dall'Ottaua, nell'istessa maniera ch'ei si appaga
della Nona resoluta da' due detti interualli. pa-
tirebbe la medesima offesa il senso, nell'vdire la
page 133Diapason diminuita vsata in vece della nostra
maggior Settima, resoluta dalla Sesta. dal che ne
segue necessariamente che la spezie di harmonia
che si canta hoggi, non sia ne possia essere in mo-
do alcuno il detto Incitato d'Aristosseno; quan-
do bene si accompagnasse con qual sia de tre suoi
Cromatici: oltre che vna sola spezie di Semituo-
ni d'vna grandezza medesima come volse lui nel
suo Incitato, (doue la minor Nona è della gran-
dezza medesima della Diapason superflua, &
della diminuita la maggior Settima) nō può dar-
ci l'esatto della cosa, il che si è di già dimostrato.
Hor soluiamo per vltima quest'altra dubitatio-
ne, & facciamo di poi fine. Quando le voci tra
cinque corde del medesimo Sistema, hauessino a
produrre nel medesimo tempo tre contigue Ses-
quialtere insieme con una Terza minore conso-
nante di che il Sistema come si è dimostrato non
è capace: qual partito piglierebbono all'hora le
voci? restrignerebbono tra di loro quelle tre [[qui]]n-
te, tanto ch'elle fussin' diuenute della misura di
quelle d'Aristosseno; & cosi fatte darebbon luo-
go alla detta Terza minore di farsi consonan-
te.
Fu cortese adunque, & non auara la Natura,
nel fare che nel Massimo Sistema, tuttauolta ch'
accadesse alcuna delle due necessità, si hauessino
da fare le Quinte rimesse, è tese le Quarte; poi
che tali sono tollerabili, & non per il contrario
con fare queste rimesse, & quelle tese.
Et questo,
page 134del presente mio Discorso, sia suffiziente per
Fine.
Facciami gratia, quello che si
piglierà cura di legger questo
mio Discorso, di prima emenda-
re gli errori occorsi nello Stam-
parsi.
[Figure]
page 135
[Figure]
Faccie Linee Errori. Emendati.
8 6 non
14 20 operato apparato.
18 6 sortisca non sortisca
23 25 arrossiste arrossisca.
32 13 lui ha io ho
38 12 Sintono Incitato.
38 29 ciò & ciò.
63 11 quanta à quanto
70 2 s'io io
73 10 e da sapere da
74 29 è nel suo genere nel suo genere.
89 28 si cantino non si cantino.
96 6 troueranno si troueranno.
128 25 acquisterebbono acquistorono.
[Figure]