DISCORSO
DI VINCENTIO
GALILEI
NOBILE FIORENTINO,
INTORNO ALL'OPERE
di messer Gioseffo Zarlino da
Chioggia,
ET ALTRI IMPORTANTI
particolari attententi alla musica.
Vengo
al secondo capo che è intorno al temperamento,
& participatione dello strumento di tasti, il quale dice il Zarlino nel
capo noue, & nel
venticinque del quarto de Supplimenti, che io mi attri
buisco per mia inuentione, & ciò replica in
page 45finite volte. alche rispond
endo dico, che nel mio
Dialogo non si trouerà mai parole, che significono quella che c
ontr'ogni douere cosi scriue il Zarlino.
Vna distributione di nuouo da noi ritrouata.
Ben'
è uero che nell'accennare l'inuentione d'un mio
strumento (ilquale per non hauer mai il Zarlino
ueduto, ne inteso, non può darne giuditio) io dico le parole che lui referisce allo strumento ordinario & commune. non è uero adunque ch'io mi
attribuisca l'inuenzione del temperamento, o
participatione dello strumento ordinario di tasti.
Ha per usanza quest'huomo di non recitare
mai le parole ch'egli allega di mio, per il uerso
ch'elle stanno, & di addurne quella quantità che
a lui piace, dandogli in oltre quel sentimento che
più gli aggrada; & in particolare, nel dire io, che
nella spezie Diatona Ditoniea uengono dissonanti gli interualli detti hoggi consonanze imperfette, non per la perfettione delle quinte come
infiniti ardiscono dire, ma per la grandezza de
tuoni, & picciolezza de semituoni, il Zarlino soggiugne subito, che ciò auuiene dalla perfettione
delle quinte, & non dalla grandezza de tuoni.
Hora che in questo ancora s'inganni come in tutte l'altre cose sue, si può conoscere dall'ordine naturale de numeri; nel quale
è prima tre che cin
que. & quando anco la cosa stesse altram
ente, chi
è quello che m'impedisca dopò l'hauer tirato
nello strumento una quinta perfetta, ch'io non
page 46la possa diuidere con un tasto di mezzo in due
terze consonanti?
Dalla grandezza de tuoni adunque viene, & non dalla perfettione delle
quinte il non consonare le terze, & le seste nella
distributione Diatona Ditoniea: & quando ciò
dalla perfettion delle quinte auuenisse, ne seguirebbe che non si potesse vdire ne tra le voci, ne
tra le corde vna quinta perfetta diuisa in due terze consonanti, la qual cosa è spressa pazzia il
dirla.
Soggiugne appresso che non è buona ragione la mia, quando io dico non essere inconueniente che il semituono maggiore di questa distribuitione, ecceda di qual cosa la sesquiquindecima, poi che egli è tratto da vn tutto, maggiore
del sesquinono. al che rispondo, che io non credo
che altr'huomo di lui s'opponesse a tanta verità:
uolend'egli che i medesimi semituoni che riempiono il sesquinono senza auanzarli, cosa alcuna, riempino parimente il sesquiottauo; & pur fa
professione di matematico.
non vo passare con
silentio (a c
onfusione maggiore de suoi Chriocan
ti) quest'altra c
onsideratione che mi souuiene, ed
è tale: se nel Sintono di Tolomeo vi si trouano
il tuon maggiore, & il tuono minore; & che sia
vero che i due semituoni de quali fa mentione il
Zarlino in più luoghi de suoi scritti, riempino
appunto il minor tuono senz'auanzarli com'ho
detto cosa alcuna; chiara cosa sarà che dal tuono
maggiore se ne traranno due di grandezza mag
page 47giore de già nominati: ma lui vorrebbe che il
maggior' tuono diuenisse minore, & il minor
maggiore secondo che più gl'acc
ommoda, senza
r
enderne alcuna ragione; & in oltre che n
on si p
ensassi p
unto a gli inconueni
enti che questa disugua
lità de
tuoni mal disegnata da lui cagionerebbe
qu
ando fusse vero che si c
antasse cosi male ordina
to il detto Sintono, il che nella maniera che lui
ce lo dimostra è impossibile.
ma dicami per sua fede quello che lo mosse a far mentione ne due suoi
primi volumi, solo dei due semituoni che riempiono il tuono minore, & non di quelli che riempiono il maggiore? auuenga che nel Diapason vi sono
tre di questi & due di quelli; oltre che per vna
volta che occorra al minor tuono esser diuiso ne
due suoi semituoni, accade dieci al maggiore?
Se
fu per malitia, lo cagionò la baldanza presa di
quel
suo numero senario, di quei suoi numeri armo
nici, & appresso il rispetto di qu
anto haueua det
to del trouarsi gli interualli c
onson
anti nel genere
multiplice, & nel superparticolare, & n
on ne gl'altri; dai quai luoghi viene escluso non solo il mi
nor semituono del tu
on maggiore; ma quello che
più importa è, che tuttauolta che se n
on augum
entasse la sesquiquinta forma della minor terza
per
farla diuenire maggiore, ne risulterebbe la super
17 parti
ente 64, forma del dissonante Ditono, il
quale parim
ente si troua fuore di ciascun de detti
tre luoghi; & il medesimo accaderebbe al semi
page 48ditono sempre ch'egli si considerasse nella mag
gior terza detrattone un minor semituono del
tuon maggiore: imperoche all'hora ci rimarreb
be il semiditono del detto antico Diatono dren
to a si fatti numeri 32. 27. ma a questo risponde
rebbe c
on la solita sua ritirata, cioè che la voce corre alla conson
anza, senza hauer prima dimostrato
se questo è o può essere realmente.
Se gli auu
enne
per ignor
anza, fu di quella crassa da vero, poi che
egli n
on sa ancora tra quali numeri sia contenuto
il semituono minore del maggior tuono, il qual
interuallo è necessario al Sintono più di alcun'altro, come io sono al suo luogo per dimostrare. &
che da ciò nascesse, legasi il
capo 11 del quarto
de suoi Supplimenti, doue fa m
entione di cinque
semituoni di diuerse gr
andezze, fac
endogli nascere
a modo suo, senza dire o sapere di doue, o di co
me, & perche più di quelle che d'altre proportioni, & perche più quella che vn altra quantità. le
qual cose passando senza dirne parola, mi fa cre
dere qu
anto io ho detto, & poteua cosi poruene
dieci, come cinque, & drento a quei numeri che
più gli aggradiuano; ilquale errore nel palesarlo
nella maniera ch'io son per palesare, uerrò a far
noto quali, quanti, di doue, come & perche t
anti
è tali siano i semituoni del Sintono.
E adunque
da ridursi a memoria, che ciascuna quarta, dalle
difettate impoi (per esserci state mal dissegnate
dal Zarlino,) c
ontiene nel Sintono di Tolomeo,
page 49vn tuono maggiore, vn' minore, & vn' maggior
semituono. il qual maggior semituono tratto
dal tuon' minore, ne au
anza quello ch'è detto se
mituono minore, drento a questi numeri 25. 24
ma tratto dal maggior tuono, ne rimane il mi
nor semituono di esso tuono maggiore (n
on pri
ma da altri conosciuto per elem
ento del moderno
contrap
unto) drento a questi altri 135. 128.
con
queste poche parole vengo hauer dimostrato che
tre siano i semituoni (se però è giusta la descrittione che fa il Zarlino del Sintono) & non cinque,
de quali grandezze ei siano, & di doue, & come
tratti. & se alcuno mi domanda per qual cagione
io habbi tratto dal maggior tuono la sequiquindecima, & non la sesquiuentiquattresima; con quest'
altro essempio gli dimostrerò che cosi è di necessità, & cosi richiede la natura della cosa che si faccia. & che sia vero:
noi habbiamo di già noto dalle parole di Tolomeo i termini del maggior semituono, che è della medesima grandezza in
qual sia tuono; con ilquale interuallo mi parto di
c. & mene vengo in b mi, & dopò discendo in b fa; &
perche tra b fa & F ha da rimanere vna sesquiterza, l'eccesso di che il Tritono la supera, sarà il contenuto del minore semituono del tuono maggiore ch'tra b fa, & b mi; ilqual supera d'vn' comma la
sesquiuentiquattresima, che e la forma del minor
semituono del tuon' minore.
tre sono adunque i
semituoni & n
on cinque; di che il Sintono si ser
page 50uirebbe qu
ando sec
ondo il disegno che se ne ha, p
un
talmente si volesse c
antare, o
sonare; dei quali il
maggiore che è c
ontenuto dalla sesquiquindeci
ma, è c
ommune all'vno & all'altro tuono; il minor
semituono del minor' tuono, o pur lo vogliamo
dir'il minimo, e tra 25 & 24, et il mezzano, o pur
lo uogliamo dir' minore del maggior tuono, è tra
135. & 128. & qu
ant
unque il minor semituono del
sesquiottauo pigli augum
ento d'vn comma, & il
maggiore rim
anga nell'esser suo, resta n
ondimeno
inferiore ad esso di poco meno dell'augum
ento
perso.
lascio per breuità di considerare molte altre cose
di momento che si potrebbono considerare in questo
luogo, & vengo all'impertinente domanda che mi fa
il Zarlino col chiedermi di qual proportione sia
la quinta nel Diatono Ditonieo dopo l'esserne
tratto due settime parti del comma, & datole alla quarta: ma non sarebbe già impertinente con le
medesime conditioni il domandarne lui in quella
del Sintono di Tolomeo, poi che vene sono di
più sorti, mercè del suo poco disegno: & prima
ch'io passi più oltre, voglio per mia scusa dire,
che non sia alcuno che creda ch'io facci a gli spropositi, con andar cosi spesso saltando (come per prouerbio si dice) di palo in frasca; imperoche io son
sforzato di rispondere per quell'ordine, & a quelle
cose di che io sono domandato.
Torna di nuouo
messer Gioseffo con la solita sua importunità, a
replicare che io mi attribuisco l'inu
entione del sudetto temperam
ento: & io dico che tal cosa non
page 51dissi ne scrissi giamai. ma il Zarlino che dice in
mille luoghi esser sua inu
entione, gli dom
ando au
anti che lui la ritrouasse, come si accordaua tale strum
ento, venuto in vso tante c
entinaia d'anni prima
ch'ei nascesse il suo arcauolo? ma ei volle forse dire d'essere stato il primo (che ne anco questo è
vero) che considerò come stesse questa tale par
ticipatione, & di che qu
antità venissero accresciuti, o scemati dalle vere forme loro gli interualli
in essa; nella maniera medesima che si legge di
Pitagora essere stato il primo che considero dr
ento a quali numeri & proportioni si trouassino le
consonanze.
Hora vedete quest'altra non so che
cosa dirmi. torna a riprendermi con dire, che nel
mostrar'io quel tal temperam
ento, poteuo torre
qual sia altra Diapason di quella ch'io tolsi, & cominciarmi dall'acuto, & dal graue, & d'altroue:
quasi che io habbia detto che fusse di necessità a
torre il Diapason ch'io tolsi, & che altram
ente fa
re tal cosa non si potesse che
per l'ordine & modo
che io tenni. io non dissi mai tal cosa; ma ben di
co al presente, che la Diapason ch'io tolsi, & l'ordine ch'io
tenni, non fu punto a caso, & fu forse
il meglio che elegger si potesse; & il fin mio all'
hora, non fu punto come il Zarlino dice, di vo
lere insegnare accordare lo strumento; ne parla
re di participatione ne d'altro, come veramente
(col testimonio di esso mio
Dialogo) io n
on parlo;
ma per solo mostrare ad alcuni Gentil'huomini
page 52con i quali mi trouauo all'hora, la differ
enza che
è dall'vno all'altro Sistema, senza l'vso del Me
solabio, o della Regola harmonica. & quantun
que io habbi incidentemente nel mio
Dialogo
detto quelle poche parole della participatione
dello strumento di tasti; ho con esse nondimeno
dimostrato che le quinte realmente vengono in
esso scarse è tese le quarte; ho reso la ragione del
la necessità che le fa tali, ho mostrato di che qu
antità elle siano fuore delle lor forme, & che per il
contrario non posson farsi tese le quinte è scarse
le quarte; delle qual cose come più dell'altre de
gne d'essere in quel' fatto sapute, il Zarlino non
ne mosse parola, come forse non intese ne consi
derate da lui.
lo Strumento adunque che io
dissi hauere ritrouato con le quinte & le quar
te perfette, non ha da fare cosa del mondo
con la participatione del Zarlino, o con al
tra; in proposito di che vsai le parole che il Zar
lino malignam
ente cita a sproposito: ma egli è di
complessi
on tale, che le cose da altri trouate, n
on
le toccando com'i vulgari con mano, o non l'in
tendendo, o n
on le vol
endo intendere; o pur cred
endole dopo hauerle vedute & intese, le disprezza; quando però le vede di maniera palesate,
che vsurparsele più non puote. ma le sue, o quel
le d'altri fatte sue, le magnifica con tanto appa
rato d'impertinenti parole, che quando altri do
po molta patienza è giunto al fine di leggerle,
page 53non fa il più delle volte (non per difetto di me
moria come lui dice, ma per l'insipidezza sua)
quello c'habbia voluto inferire: & pur dice in
cento luoghi delle sue opere, di essere stato all'v
sanza de Greci stringato nello scriuere; laqual
cosa ho io osseruata esser vera ne' luoghi difficili:
& con tale scusa gli passa con silentio: ma non
perdiamo tempo in questo.
nel
capo venticinque del medesimo quarto libro, cerca pur' c
on semplici parole al solito, di scoprire nuoui errori oc
corsi nella medesima mia distribuitione, poi che
egli vuole così dirla; & c
onclude che in essa i tuo
ni vengono disuguali; laqual cosa è così veram
ente, tuttauolta però che a cose vguali, tolto o ag
giunto parti vguali, rimanghino disuguali tra di
loro. dice appresso essere arrog
anza la mia, qu
and'
io dico n
on potersi diuidere l'interuallo superparticolare in parti vguali con i numeri; ma solo se
condo il modo di Aristosseno; intendendo io al
l'hora per il modo d'Aristosseno, il mezzo delle
linee, assegnando alle parti quella portione che
dar' gli si vuole con i mezzi geometrici. al che
soggiugne il Zarlino ciò potersi fare sec
ondo l'a
ritmetica; & quando viene al fatto, lui la diuid
e
parimente senz'assegnar' con i numeri la portione di esse parti, nella maniera che della corda o
linea si è detto: laqual cosa a volerla fare c
on i nu
meri, ci va la medesima fatica, che va a dimostra
re che ciascun' numero sia nel medesimo tempo
page 54& pari, & impari: ma perche spend'io parole in
torno gl'impossibili; se nel
capo vndeci del medesimo suo libro, doue i numeri si poteuano, &
si doueuano porre necessariam
ente per dimostrar
con essi quella tal distribuitione esser la Sintona
di Tolomeo come lui dice, senza iquali poteua
nominarl'a modo suo, n
on ve gli pose; affine che
in quel' luogo non gli fusse fatto il conto addos
so.
hora venghiamo alla distribuitione del liuto;
laquale, prima che il Zarlino vedesse il mio
Dialogo, credeua che fusse la medesima di quella dello strum
ento di tasti; come si legge nel
capo quarantadua, &
quarantacinque del secondo delle
sue Istitutioni: ma accortosi dipoi essere in erro
re, & conosciuto per mezzo di esso, che il liuto
strum
ento nobilissimo suona puntalmente l'Incitato d'Aristosseno insieme c
on il suo Cromatico,
si pentì de hauere (nel
capo sedici della seconda
parte delle sue Istitutioni senza saper perche come quello che non l'intendeua) confutato le sue
distribuitioni; & hora ne suoi Supplim
enti viene
in più luoghi a dire che Aristosseno fu vn musi
co eccellentissimo.
di quello adunque che lui cerca imputarmi in questo fatto, poteua sbrigarse
ne con due parole; ma per mostrare d'intendere
la cosa arrouescio, getta oltre al tedio dello scri
uergli dieci fogli di carta, & di più la fatica degli
intagli di tanti suoi liuti, liutini, & liutesse: &
son sicuro che gli hauesse veduto gli scritti d'Al
page 55berto Duro, non si lasciaua in modo alcuno fug
gir di mano l'occasione d'insegnarci il modo di
mettere il liuto in prospettiua perche ci calzaua
à capello. hora tutto lo schiamazzo che lui fa, è
per l'interpretatione di queste due parole, che
lette nel sentim
ento ch'elle sono state da me scritte, son più chiare che 'l Sole, & son tali. Di ma
niera che il diciotto è il suo più proprio diuisore
d'altro maggiore, o minore numero.
Soggiungo
appresso, che questo non ci da l'essatto della cosa, si come ne anco l'apertura del compasso dopò
l'hauer descritto vn' cerchio, non misura la circonferenza di esso in sei volte, ma si bene quella dell'
essagono descrittoci drento.
La onde il Zarlino
impugnando arrouescio la cosa, viene a voler di
mostrare fuor d'ogni proposito, che 12 sesquidi
ciasettesimi non riempiono sommati che siano
insieme, la dupla, hora vedete pretta malignità
ch'è la sua. chi è quello, che sia capace del mio
concetto, c'habbia bisogno che gli sia dimostrato
le cose note, o che cerchi degl'impossibili, che in
questo proposito vale il medesimo? non saperà
egli ancora, che la dupla non è capace d'esser di
uisa in qual si voglino parti vguali? laqual cosa come manifesta, non ha bisogno di dimostratione:
ma l'ordinario suo è sempre di voler dimostrare
le cose note, & volere che le difficili gli si conce
dino, come ho dimostrato, & mostrerò poco di
sotto con altro che con semplici parole come fa
page 56lui
.
Io ho detto, che per dimostrare all'hora quello che mi faceua di mestiere, il 18 era più a proposito di qual si vogli altro numero; la qual cosa
volendo il Zarlino prouare ch'ella staua altramente, haueua da produrre vn' numero più del 18 a
proposito, & non vna misura d'vna linea; & cosi
veniuo conuinto in giuditio. il dir poi lui che quello
non ci da l'esatto del negotio. questo parimente
dico io, & ne dò l'essempio del compasso & del
cerchio. poco di sopra per il contrario mi riprese,
nel negar'io di potersi con i numeri diuidere in
parti vguali il primo multiplice & qual siano de
superparticolari; hora vedete che patientia bisogna hauere con quest'huomo.
Secondo l'ordine
promesso, verrò con quei pochi principij di ma
tematica che da fanciullo apparai, a rispondere
a quanto di essa il Zarlino mi riprende; & prima
dico, che nel mio
Dialogo, tutti i calculi, & i computi che vi sono, son giustissimi, & con assai faci
lità spiegati. ben è vero, che la più parte di essi
son facili, perche il luogo non ricercaua difficul
tà maggiore; laquale ho con ciascun mio sapere
fuggita; & quello che si poteua fare con sempli
ci parole, non ho voluto per predicar me stesso,
adoperare difficili strumenti, o farne difficili di
mostrationi: prima per non esser queste da cia
scuno intese; & quelli per non trouarsene in tutti i luoghi & non saper ciascuno adoperargli.
&
venendo al caso del Zarlino dico, ch'io non so ve
page 57dere in quel suo libro che lui intitola
Demostrationi Harmoniche, quello e'habbia voluto dire,
ne anco quello c'habbino a fare quelle sue nouelle di che è pieno, c
on le dimostrationi da douero;
& venendo al particolare poiche cosi si è com
piacciuto ch'io contro mia voglia facci, lui scriue
nel
capo ottauo del primo de suoi Supplimenti,
questa bella sentenza in suo fauore; dicendo che
non può esser huomo di fama, di reputatione, o
di valore, senz'esser versato nelle matematiche:
laonde se dal saper matematica si ha da fare giu
ditio dell' valore de gl'huomini, verrò a dimo
strare quanto lui ne sappia: & di quì comincian
domi dico; che nel
primo ragionamento, pone la
quarta domanda per notissima, laquale per la sua
oscurità ha dato occasione di affaticarsi a huomi
ni grandissimi per dimostrarla: com'è Eutochio,
Pappo, è Teone; lasciando ch'ei la pone per do
manda essendo da Euclide stata posta per diffinitione: ma questo fa in tutte le segu
enti che lui no
mina dignità, lequali sono propositioni di Eucli
de; & per la difficultà loro, degne d'esser dimo
strate; come è
la prima,
la quarta,
la sesta,
la settima, & altre. hora questo è l'ordinario de com
entatori de luoghi facili, i quali comentatori passa
no c
on silentio le cose difficili per non esser da lo
ro intese; scusandosi poi come io ho detto, d'es
ser breui è stringati: in quelle cose poi che sono
note, vi fanno sopra lunghissimi discorsi.
lascio
page 58stare il poco ordine che in esse osserua, pon
endo
uene alcune fisiche, com'è la seconda, tra le altre
che sono matematiche; ponendole inoltre indif
ferentemente tolte dalle diffinitioni del
primo
& del
settimo d'Euclide.
Quanto poi appartiene
alle dimostrationi, oltre al non essere nella più
parte punto il modo che ad esse conuiene, ve ne
son molte delle false; com'è
l'ottaua; nella quale
c'insegna che vol
endo porre qual sia numero per
differenza di qual si voglia proportione, si mul
tiplichino i termini di essa, o siano radicali o non
radicali, per il numero dato: non si accorg
endo che
questo non è vero se n
on qu
ando la detta propor
tione n
on solo è tra i suoi termini minori, ma dif
fer
enti per l'vnità. & che sia vero, vol
endo che tra
la proportione 6. 4 caschi 3, s'io moltiplicherò i
termini 6. 4. per 3, mi dar
anno 18 & 12 tra, i quali
cade 6 & n
on 3. & qu
ando la proportione fuss'ancora ne suoi termini radicali com'è 5. 2, pate la me
desima difficultà: perche se vorremo ridurla in
termini differ
enti per il 4, hauremo 20. & 8, tra i
quali cade 12 di differ
enza & n
on 4. questa sua re
gola adunque, d'vniuersalissima che lui la pone,
non è vera se
non in vno de cinque generi, cioè
nel superparticolare, & qui ancora solo quando
la data proportione sia ne suoi termini minori.
Ridicoloso modo d'argomentare vsa nella
36.
del medesimo primo ragionamento, considerando le proportioni come se fussero qu
antità, & n
on page 59relationi di quantità: attribuendogli quelle pas
sioni che alle qu
antità c
onuengono; come il tutto
esser maggior della sua parte: dalche lui argom
enta la
proportione della prima alla terza
per esser c
omposta della proportione della prima alla sec
onda,
& di quella della sec
onda alla terza: esser mag
gior di amendue essendo quella come tutto;
di queste come parti composta: ilche quan
to sia uero, giudichisi da quest'essempio 6.
8. 4. nelquale è verissimo che la proportione
6. 4 et è c
omposta delle due 6. 8, 8. 4. (secondo lui)
come delle sue parti; nulladimeno, se la propor
tione 6. 4. sia maggiore della 8. 4. lo lascierò giu
dicare a quelli che intendono
l'ottaua del quinto d'Euclide; la quale per qu
anto io comprendo,
si da questo come da quello che nella
seguente
proposta egli scriue, non è stata da lui intesa; nel
laquale, fondata su la falsità della preced
ente, scri
ue queste parole.
Onde per la precedente sarà maggiore proportione 8. con 12 417/512 numero composto, che non
hauerà con 12 numero semplice,
il che è contrario
quanto al modo del dimostrare, lui per mala sua
fortuna non dimostra mai alcuna cosa, & lascia
sempre nella penna, tutto quello ch'è di buono
nelle matematiche, che è il dimostrare necessa
riamente le sue conclusioni. & che questo ancor
sia vero, nel Quadrato del
ragionamento secondo
alla proposta 14, dal qual'egli trae le forme del
le consonanze, tolto di peso da Tolomeo, scri
page 60ue per dimostrar quanto bisogna queste parole.
& la g h venga diuisa in g o, o h; & g o sia la terza parte di a c.
O bella c
onclusione.
Segue appresso. Ancora q K sia diuisa in q n & n K, delle quali q n contenga la quarta parte di a c.
O com'è
stringato quest'huomo nel dir' quello ch'ei non
intende.
Segue in oltre. Sia vltimamente diuisa
e f in e m & m f, tanto che e m contenga la sesta parte di a c.
Il che similmente resta indimonstrato. dou'ogni persona di giuditio conoscerà
che in questa propositione nellaquale si distende assai, non ci è altro c'habbia bisogno di esser
dimostrato, eccetto quello che lui lascia senza dimostratione; laqual cosa non fà, per non saperla fare; & conseguentemente non viene ad hauere inteso Tolomeo dond'ei la leua di peso: & il medesimo stile tiene in tutte l'altre che lui chiama
dimostrationi; & io con quelli pochi di principij che io ho, l'hauerei dimostrata così.
Essendo c
a l. g a o tri
angoli simili, c a ad a g hà la medesima
proportione che c l à g o: ma c a di a g si è posta
esser sesquialtera di quali parti dunque la c l sarà
6 è tutta c d 12, la g o sarà 4, onde sarà la terza
parte di a c; per la medesima ragione c a ad a q
ha la medesima proportione che c l à q n. ma c a
per l'hypotesi è doppia di a q, adunque c l sa
rà doppia di q n, e tutta c d quadrupla. Simil
mente perche c a ad a e, è come c l ad e m, & c a
si è posta tripla di a e, sarà c l tripla di e m, & c d
sescupla della medesima. che è quello che si do
page 61ueua dimostrare.
Mi souuien'hora del gentilis
simo Messer Claudio da Coreggio, & quantun
que egli sia l'istessa modestia, non posso credere
ch'egli habbia vdito alcune di queste semplicità
senza ridersene insieme con gl'altri che intro
duce il Zarlino ne suoi
ragionamenti; a i quali ha
fatto vn grandissimo torto, con mettergli in predicam
ento di huomini c'habbino bisogno d'imparare per dimostratione le cose notissime; come è
quella che traendo da vna ottaua la quinta, rimane la quarta; concetto veramente da tenere a te
dio qual si voglia huomo otioso, & di ottuso in
gegno. & forse che di si fatte cose se ne legge v
na sola nelle sue
Dimostrationi, ei n'è pieno il li
bro dal principio al fine.
Hor dicami di gratia
Messer Gioseffo, appresso quali matematici ha
imparato che si ponghino le diffinitioni, & nel
medesimo tempo si cerchino di dimostrare? il
che fare è appunto vn uoler litigare quello che
d'accordo ci è conceduto. nell'
ottaua diffinitione del secondo ragionamento dice, che la Diapason è contenuta dalla proportione dupla, nella
quinta dimostratione poi uuol dimostrare l'in
teruallo della Diapason esser moltiplice. nella
nona diffinitione dice la Diapente esser contenuta dalla sesquialtera, & nella
decima la Diatessaron dalla sesquiterza, & poi nella
terza propositione uuol dimostrare la Diap
ente & la Diatessa
ron esser collocate tra i maggiori superpartico
page 62lari. nello
11. &
12. diffinitione dice il Ditono
esser contenuto dalla sesquiquarta, & il Semidi
tono dalla sesquiquinta, & nella
settima proposta dimostra il Ditono e 'l Semiditono esser superparticolari, che non è poco. nella
proposta 15
del medesimo ua cosi seguendo. l'interuallo del
semituon maggiore è composto della proportione se
squiquindecima, & poi nella
seguente uuol
demostrare l'interuallo del semituon maggiore
esser superparticolare. o bello acquisto. nella
21
del terzo dimostra il semituon maggiore consi
stere in proportion' maggiore che non è la ses
quisesta decima, & nella
seguente soggiugne il se
mituono maggiore c
onsistere in proportion maggiore della sesquidecima settima. o bella noui
tà.
Soggiugne poi nella
seguente proposta, che
la proportion' sesquiquarta decima è maggiore
del maggior semituono; & appresso nella
seguente dimostra la proportion sesquisesta decima es
ser minore del semituon maggiore. & di questa
sottilità è pieno com'io ho detto il libro delle
sue
Dimostrationi: di che non è marauiglia, per
che à Venetia mediante la copia delle stampe, si
uendono i libri a canne; & ciò fu la cagione che
l'indusse a crescere i suoi
Supplimenti di tanti
fogli, empiendogli come a lui piacque delle pa
role del mio
Dialogo; & non solo per ciò fece
quello che io ho detto, è tacque in oltre il mio
nome, non per carità come lui dice nel
proemio page 63di essi suoi Supplimenti, ma per quello ch'io son
per dire al presente.
Tacque prima il mio no
me, perche le tante maledicenze, gli hauerebbo
no impedito ch'ei non si fussero stampati, & affine che io & il mio
Dialogo non venissimo in cognitione degli huomini; cercando con questa in
sidia, ingannare il mondo di nuouo; con persua
dergli che le parole che di mio allega, fussero suffizi
enti per dichiarare la mia int
enzione; & cosi s
enz'altram
ente vedere in fr
onte il mio
Dialogo, se ne
riportassino à quanto egli istesso ne diceua s
enza cer
car più oltre.
Quello adunque che sensatamen
te uorrà vedere quanto più di quello che fin quì
ho detto s'inganni quest'huomo, & qu
anto a tor
to di me si quereli, pongasi auanti il mio
Dialogo, senza punto credere a quello che il Zarli
noZarlino scriue ne suoi
Supplimenti o altroue; & vedrà
che in essi pone le clausole, le sentenze, & i pe
riodi imperfetti, tronchi, & lacerati. & per ac
cennarne vna sola, nel
capo terzo del primo de
detti suoi Supplimenti, recita alquante mie pa
role così.
Considerate se un'istrumento fatto d'un stinco di Grue, d'Auoltore, o d'Aquila, è atto a percuoter
gli huomini, & torgli la vita.
nelle qual poche pa
role c
ommette nel recitarle tre sorti di errori. pri
ma la lingua materna mia Fiorentina, la traduce
in Bergamasca. mostra che l'ortografia non fus
se nata a suo tempo. & la terza che più importa
è, che lui guasta la sentenza; oltre all'interpre
page 64tare arrouescio la cosa, e l'attribuire a se stesso il
mio concetto, & a me il suo sproposito: per di
chiaration di che, bisognerebbe spender molte
parole, la onde io per breuità lascerò che sia ve
duto in fronte il luogo; & quello ancora della
quantità del comma che lui scriue nel
capo ottauo del quarto. ne soggiugne a canto questo vno
altro di spezie diuersa, che è di citare i capi, & i
luoghi arrouescio; ed è quando egli dice che io
cito il capo trentacinque delle sue
Istitutioni, &
nel mio
Dialogo è scritto il quarto: & di queste
piaceuol burle ne fa spesso spesso al lettore.
Ma
tempo è hormai di sbrigarmi dalla matematica,
& per esser men tedioso, anderò solo raccontan
do alcune cose delle più famose che lui scriue; com'è quella del
Ragionamento terzo alla proposta settima; doue lui fa vna proposta vniuersalis
sima, & la dimostratione particolare: perciò che
ei propone voler dimostrare qual si voglia spa
tio diuiso in molti spatij, & in quella che lui chiama Dimostratione si ri strigne a vno spatio parti
colare diuiso in noue spatij. poi, che maniera di
dimostrare è l'adoperare numeri? l'ha forse apparata dall'
ottaua del quinto d'Euclide, doue si parla dello hauere maggiore o minore proportione,
horsu ch'io gliela voglio insegnare a dimostrare.
Ess
endo a c vguale à c d,
per la settima del qu
into hauerà a c ad c b la medesima proportione che c d à
c b: ma per l'ottaua del medesimo c d à c h ha pro
page 65portione minore che c d à d b; & c
omponendo
per
la 28 del medesimo a b, à b c hauerà proportione
minore che c b à b d. che é quello, che si doueua
dimostrare. & quello che più ha del buono è,
che lui va allegando ne suoi
Supplimenti a ogni
parola per testimonianza della verità di quanto
dice, queste nuoue &
ingegnose sue
Dimostrationi; Et questo basti intorno ad esse.
Verrò hora
addurne vna o due di quelle che io ho lette in vn
velocissimo corso ne suoi
Supplimenti, poiche
cosi gli è piacciuto ch'io contro a mia voglia fac
ci. nel
quarto, al capo 21, distendendosi in cose
leggerissime ne di alcun' momento, lascia la di
mostratione di quello che lui propone voler di
mostrare; che è di moltiplicare soggiugnendo
qual si voglia proposto interuallo. & prima dice
hauer ciò compreso dalla proua dimostrata nella
precedente proposta del medesimo suo libro; la
quale n
on ha che fare nulla c
on quello ch'ei vuol'
dire: la onde io per carità, voglio insegnargliela;
però rimettasi innanzi la figura costrutta com'ella stà nel luogo detto, & doue egli dice a e esser
sesquialtera di c f per la diffinitione del
primo
delle dimostrationi, dica che ciò è vero per la
seconda del terzo d'Euclide: & perche egli n
on sa
peua quello ch'e si volesse dire, andò col suo ba
lestro senza mira tirando al solito suo inarcata,
senza specificare ne qual diffinitione, ne qual di
mostratione lui cita.
pone dipoi la c g vguale al
la c f; per il che fare compone vna diceria tedio
page 66sissima; ma nel dimostrare poi che la c b sia ses
quialtera della b g, per non esser carne da suoi
denti, fa vna mescolanza di spropositi la più ter
ribil del mondo. dic
endo prima ciò esser vero per
la seconda parte della
diffinitione 15 del primo
d'Euclide; che ci ha da fare quello che ho da fare
io nel Perù, & per fortificare la sua ragione sog
giugne de più; per la
quarta del secondo del medesimo Euclide i due triangoli a b e & c b f esser
proportionali: hora da questo solo non si accor
ge egli di non intendere i termini? come vuol'
egli ch'Euclide faccia comparatione di due triangoli, & gli chiami proportionali, se la proportionalità deue almeno cadere
fra tre termini? lui
volse dire ch'egl'erano equiangoli, & che i lor
lati erano proportionali. & quando pur hauesse
detto così, non era ne anco approposito, perche
la linea b g della quale è sua intentione di dimo
strare la b c esser sesquialtera, non è lato alcuno
de due triangoli da lui nominati: ma non per
diamo tempo in questo, & insegniamogli il mo
do di dimostrare la c b esser sesquialtera della
b g. hora dica. perche c s è parallela di a e, i due
triangoli a b e, c b f sono simili. & per la quarta
del sesto, come a b à b c cosi a e ad c f cioè à c a c g
essendo c g posta uguale à c f.
Hora essendo co
me tutto a b à tutta b c, cosi la parte tratta a c al
la parte tratta c g sarà la rimanente c b alla rima
nente b g come tutto a b à tutto b c per la
19
del quinto; adunque c b è sesquialtera di b g, che
page 67è quello che si doueua dimostrare; & nel mede
simo modo si dimostrano tutte l'altre.
Et perche
parrà impossibile ad alcun de suoi Chriochanti,
che hauendo saputo dimostrare l'antecedente
assai piu di questa difficile, si sia nella meno difficile cosi aggirato; hor per leuargli tal dubbio, gli dirò la cagione,
ed è questa.
La dimostratione che
lui fa di trouare tra due linee proposte due medie proportionali, l'ha tradotta a uerbo da Eutochio, o da Vitruuio; nella qual traduttione ancora, si dichiara quant'egli intenda di questa facultà: atteso che lui mostra di non sapere ancora qual differenza sia tra il Rettangolo, & il Quadrato; chiamando il rettangolo b a c g quadrato; & pur la differenza ch'è tra di loro s'impara
nelle diffinitioni del primo di Euclide.
Lascio
stare, che traducendo quelle parole (ma non mi
sia attribuito a pedanteria) Quod autem continetur
sub &c.
che piu uolte interuengono in tal dimostratione, scriue, Tutto quello ch'è contenuto sotto. Dalche si puo conoscere, ch'egli non intende
la forza delle parole; le quali importano: il rettangolo contenuto sotto.
Hora impari quanto
meglio gl'era attenersi al consiglio che lui dice
nel
principio del quinto ragionamento, che gli
daua l'amico suo, in cercare di dissuaderlo dal
l'impresa, con quella modestia maggiore ch'ei poteua, di publicare quelle sue
dimostrationi: il
quale si uede che molto meglio di lui conosceua
quello ch'elle ualessero: ma s'egli si fusse attenu
page 68to al suo consiglio, non hauerebbe apparato qu
anto ho fin ad hora a suo ammaestramento scritto,
se però ne è stato capace, & forse che quest'huomo ne suoi
Supplimenti non è andato strapaz
zando il pouero Archimede, mostrando di ha
uerlo su per le punte delle dita non altramente
ch'ei ci habbia la lingua Caldea.
Piu oltre, s'egli
hauesse inteso la detta propositione, non hauerebbe pianta per morta la duplicatione del Cubo; & cosi quell'ancora don d'egli trasse l'uso del
Mesolabio che fu da Filone Bisantio; ma se gl'hauesse letto la dimostratione d'Archita circa l'inuentione delle due medie & l'hauesse intesa; hauerebbe conosciuto esser pura & semplice geometrica, & non mecanica, come quelle diuersamente da molti altri ritrouate: & perche, come io credo che lui sappia, la duplicatione
del Cubo non è
altro che poste due linee, la prima delle quali
sia la metà dell'altra, trouare tra esse due medie
proportionali; il Cubo della seconda sarà duplo
del Cubo della prima, & essendo dimostrata l'inuentione di dette medie, resta la duplication del
Cubo ritrouata.
Io resto ammirato che quest'homo habbia hauuto ardire di publicar si fatte leggerezze; send'io sicuro che a Venetia, questa facultà in particolare, è non solo tra la nobiltà apprezzata; ma vi sono molti che la posseggano
in eccellenza.
Il quarto & ultimo capo propo
sto nel principio di questo mio
discorso, fu di far
toccar con mano al medesimo Zarlino, che tutto
page 69quello di buono, o di nuouo che lui dice ne suoi
Supplimenti l'ha apparato da me & dal mio
Dialogo; la qual verità non è di mestiere il
persuadergliela, per sapere ciò quante volte ei l'habbia c
onfessata alla sua coscienza, & la tace a gl'altri per
honor suo; & sarebbe impertinenza la mia lo
scriuer qui tutto quello, che da esso mio
Dialogo si puo chiaramente raccorre. hora se gli huo
mini di giuditio, & capaci di quant'io ho detto
in questo mio
Discorso, conosceranno non esser
vero, non si curino altramente di vedere il mio
Dialogo dell'antica & della moderna musica;
ma ne credino & ne dichino senz'alcuna sorte di
rispetto, quello che più gli aggrada: ma se per il
contrario trouerr
anno esser vero, faccin'opera di
hauerlo, perche da esso conosceranno apertamente quante ragione io habbi hauuto a dire, quello
che fin quì ho contr'a mia voglia detto.
Non era
mia intentione di passar'oltre a questo termine;
ma ricordatomi dell'obbligo che io ho (
per la promessa fatta) di dimostrare che Messer Gioseffo
Zarlino dice rare volte cosa che stia
per il suo ver
so, voglio in vece di quello che io ho lasciato di
dire (poi che nel mio
Dialogo si può leggere) discorrere sopra il
capo sesto del primo de suoi
Supplimenti, dal che se ne trarrà molto profitto,
poiche in esso sono tutte le conclusioni de suoi
principij, in materia di quello che principalmente cerca di persuadere & prouare nell'opera su
detta. però se di ventiotto o trenta conclusioni
page 70che sono in esso capo, lequali cerca sostenere per
vere, io gli farò toccar c
on mano ch'elle son tut
te false, potrà pigliando questo per arra, conten
tarsi dell' malleuadore; perche da esso conoscerà
ch'egli è atto a sodisfarlo dell'intera somma: &
da persuadere in oltre al mondo, che tutto quel
lo che da essi principij il
Zarlino argomenterà
sarà chimera & sogno.
Et per sadisfattione maggiore degli studiosi, & amatori del vero, mi comincerò dal titolo di esso capo, ed è tale. Che quello che è fatto secondo la Natura non si può ben correggere
con il mezzo di quelle cose che sono fatte dall'arte,
le quai
parole concludeuano la verità tuttauolta, che per
il contrario hauesse detto così. Che quello che
è fatto secondo la natura si può molto ben correggere col mezzo di quelle cose che son fatte dall'
arte; & sene poteua addur tra gl'altri, gl'infrascritti essempij.
L'arti sono di più maniere, &
al proposito nostro importa questa; che certi arti non hanno riguardo alcuno al benefizio del
lor subbietto, ma quello vsano & abbusano in
qualunque modo che gli serua per far l'opera
propostasi; come farebbe il calzolaio del cuoio, o
il legniaiuolo del legno.
Sono altre arti che al
contrario di queste, hanno per fine il benificare
& far perfetto quanto più possano il lor subbietto; come son l'agricoltura, la pastorale, la medi
cina degl'animali chiamata da' Latini Veterinaria, & la medicina del corpo humano. ciaschedu
page 71na delle quali si sforza di ridurre il suo subbietto
a quella perfettione che gli è possibile. l'Agri
cultura cerca questa perfettione nelle piante, la
Pastorale ne greggi & armenti, la Veterinaria
ne suoi animali, & la Medicina nel corpo huma
no.
Di quì auuiene, che se la natura per qual sia
cagione, commette alcun' difetto in vno di que
sti subbietti, l'artefice cerca correggerlo. come
per
essempio. la natura fa le piante de' frutti saluati
che, l'agricultura con l'arte gl'innesta & gli cul
tiua addomesticandogli. occorre che alcuni na
scono senza capelli, con le dita n
on spiccate l'vno
dall'altro, co 'l sesso non forato, c
on il bellico sciolto come accade vniuersalmente a ciascheduno:
l'arte della medicina corregge tutti questi errori
fatti dalla natura: & cosi parimente le altre arti
sopradette, correggono i difetti che la natura c
ommette ne i loro subbietti. di quì appare che quel
lo che è fatto dalla natura, quando sia satto con
qualche difetto, può correggersi con l'arte; &
quando sia fatto senz'alcun difetto molte volte
l'arte si c
ontenta lasciarlo star cosi senza fargli al
tro attorno: ma quando volesse anco intorno a
quello fare alcuna operatione, non gli è negato;
come si vede nelle Donne, che per belle ch'elle
siano fatte dalla natura, c
on l'arte ancora si fanno
maggiormente belle. non è vero adunque che
quello che è fatto secondo la natura, non si pos
sa correggere c
on il mezzo di quelle cose che son'
page 72fatte dall'arte.
Seguita appresso il titolo, di questa
maniera. Et che non si può concluder bene dalle cose dell'
arte in quelle della natura.
ilquale per il contrario cosi
doueua seguire.
Et che si può concluder bene
dalle cose dell'arte in quelle della natura, & poteualo prouare con quest'essempio. il Medico si
finge nella fantasia sua vna idea & forma di sanità tanto perfetta, è tanto stabile; che in natura
non fu mai tale. da questa idea artifiziale di sanità, è lecitissimo, anzi necessario molte volte argomentare alla sanità naturale, che in atto si ritroua nè corpi humani. percioche la sanità che è in
questo, & in quel particolare, è migliore o peggiore quanto più s'accosta o si discosta dall'idea
sopradetta. è verissimo adunque che si può concluder bene dalle cose dell'arte in quelle della
natura.
V
engo hora a discorrere intorno al detto
sesto capo; & per dichiarirmi con quella facili
tà maggiore ch'io posso, lo diuiderò in più parti,
o più clausole che dir ce le vogliamo; sopra cia
scuna dellequali anderò discorrendo tutto quel
lo ch'io giudicherò essere a proposito; cosi adun
que comincia il detto Capo sesto.
Et per applicare quello, c'habbiamo discorso a quello che segue, dobbiamo
sapere; che sendo gli strumenti artificiali fatti ad imitatione di quelli che vsa la natura; tutte le fiate che i loro
artefici & fabricatori vogliono correggere o migliorare
alcuna cosa, laqual vedono mancare in essi, cercano di correggerla non con altro mezzo, che con l'essemplare & mopage 73dello fatto da essa natura; & quando li fa dibisogno di
volere rendere alcuna ragione dell'opere loro, non si seruono mai se non di quei principi c'hanno cauato dalle cose
che uogliono imitare.
In questa prima clausola, vuole il Zarlino persuaderci, che gli strumenti artifiziali si faccino ad imitatione di quelli che vsa la
natura; ch'ei non si possin' correggere con altri
mezzi che con i suoi, & di più che non se ne possa render' ragione se non con i suoi principij.
La
onde io risp
ond
endo dico, esser prima da
sapere,
che mai strumento alcuno fu fatto dall'arte, per
altro fine che per l'vso che i doueua apportare:
come per essempio; la sega fu fatta per segare, &
il flauto per sonare. però l'vso che deue apportare lo strumento, è quel principio donde si trasse
la fabrica di esso. di maniera, che ciascuno stru
mento all'hora stà bene, quando è atto ad apportare quell'vso che da lui si ricerca. sta bene adun
que il flauto, sempre ch'ei può sonare com'il musico vuole; & sta ben la sega, tutta volta che con
essa si può segare il legno. talmente che gli stru
menti artifiziali, non si fanno mai ad imitatione
di quelli che vsa la natura; percioche all'artefice
non importa questa similitudine; ma gl'importa
bene il poter conseguire con il suo strumento, il
fine propostosi. quando poi i fabricatori di que
sti strumenti, vogliono correggere o migliorare
alcuna cosa la qual manchi in essi, non possano
altramente correggerla con l'essemplare o mo
page 74dello fatto dalla natura come il Zarlino dice; ma
si bene col riguardare al fine, o vero vso che s'a
spetta da quello. & se vltimamente voglion renderne ragione, non la pigliano d'altroue che dal
medesimo vso & fine di esso: dicendo di hauer
fatto tale quello strumento, perche cosi haueua
da essere a fare quella tal opera. non è vero ad
unque, che gli strum
enti artifiziali, si faccino ad imitatione di quelli che vsa la natura, ne che si cor
regghino con il mezzo di lei, si come ne anco è
vero che se ne renda ragione c
on i suoi principij.
Seguono appresso queste parole. Percioche sarebbe somma pazzia, quando volessero che fusse possibile come si è detto, che l'arte loro potesse arriuare doue la natura
aggiugne, & che questa da quella potesse esser corretta;
quantunque di cotali cose potessero con alcuni mezzi conuenienti tratti dal continouamente operare, renderne buon
conto.
la massima di questa seconda clausola è, il
voler che sia somma pazzia quella di coloro che
dicono esser possibile che l'arte arriui doue la natura aggiugne; & che questa possa da quella esser
corretta. hora s'io mostrerò non esser vero ne
l'vna ne l'altra cosa di quelle che lui dice, sarà inditio manifesto di esser somma pazzia la sua; poi
che mai intende cosa che lui dica se non al contrario di quello ch'ella è. che la cosa segua per l'
opposito di quello ch'ei dice, si può conoscer da
questo.
L'arte, & la natura sono cause operatri
ci, ciascuna delle quali nel suo genere è perfetta.
page 75& quando accade (che in molte arti accade) che
elle siano attorno al medesimo subbietto; auuie
ne che in esso molte cose può far la natura, che
l'arte non può farle; & per il contrario molte ne
può far questa che non le può far quella; come
per essempio. Nel corpo humano la natura fa le
cottioni degli humori crudi, che l'arte non può
farle: ma nel medesimo subbietto, l'arte può rassettare l'ossa dislocate, che la natura non può ras
settarle.
L'arte adunque in molte cose supera la
natura & la corregge, & particolarmente in tutte quelle che il Zarlino per sostentatione de suoi
falsi principij al contrario cerca persuadercele. in
quelle poi doue questa da quella vien superata &
corretta, sono in tutto & per tutto fuore de i
suoi propositi.
nel fine della clausola dice, di hauer' tratto la certezza di queste sue conclusioni,
dalla continua fatica fatta; laqual cosa è credibile, per hauer egli cercato di persuaderci le cose
al contrario di quello ch'elle sono, al che fare ci
bisogna veramente altro che parole; ma le vere
& reali conclusioni delle cose sensate come queste, non è difficulta alcuna il persuaderle con i veri principij.
seguita il Capitolo così.
Et se ben
l'artefice spesse fiate (com'auuisa il Filosofo) supplisse in
molte cose a' diffetti di essa natura, tuttauia quella imperfettione & quel difetto, ch'ei stima esser' nella cosa naturale, non l'imparò ne cauò semplicemente dall'arte, ma
dalla natura; onde corregge semplicemente cotali difetti, page 76aiutato da i modi mostratigli come da sua maestra, della
quale l'arte dipende, & è quasi come suo istrumento.
A
questa terza clausola vengo a rispondere in tal
maniera. L'arte può correggere molti de' difetti della natura, come già si è detto; & è vero come dice il Filosofo, che il fine della correttione
s'imparò dalla natura; ma il modo poi del correggerlo, è tutto dell'arte. come per essempio. L'ossa dislocate si rimettono al luogo loro naturale,
perche cosi stanno bene, & questo mostrò la natura: ma il modo del ristituirle tirando le membra, & raddirizzandole; & facendo le altre operationi necessarie, è tutto fatto dall'arte. non è
vero adunque come lui dice, che l'arte corregga i
difetti della natura secondo i modi da lei mostratigli; ma secondo i modi di ess'arte.
Soggiugne
appresso. Però; si come sarebbe riputato stolto colui, che
credesse che vn corpo humano, essendo in qualche parte difettiuo & difforme, si potesse far perfetto & ridurlo alla
vera simetria & commisuratione, secondo il modello ch'
ei vede in vna pittura d'un corpo naturale, come si fa perfetta & si corregge questa col mezzo di quello, ritraendolo dal viuo la mano di buon pittore & eccellente maestro, & reputato sauio quello, che credesse il contrario; cosi sarebbe riputato pazzo & fuor di senno colui che volesse pensare col mezzo degli strumenti fatti dagli artefici, di correggere l'istrumento della voce, fabricato dalla
stupenda natura.
In questa quarta clausola mediantei suoi spropositi, ci saria molto da dire; & ve
page 77do che quest'huomo si va lastricando vna strada
per laquale non si ha da passare per giugnere al
desiderato fin' suo, & lambichisi il ceruello quanto ei vuole. hora discorriamo prima intorno a
quello che dice, & di poi intorno a quello che
lui vuol dire.
dico prima, non esser cosa da stolto
il credere che vn corpo humano difettiuo & dis
forme, si possa far perfetto c
on l'arte; poi che l'e
sperienza tutto il giorno ce lo dimostra; in quel
li però doue non son vitti incorreggibili. ma se i
difetti sono em
endabili, l'arte della medicina (co
me si è detto) insegna correggerli; & stolto vien
reputato quello, che crede altramente. gli stru
menti artifiziali musicali, non son fatti per cor
regger gli strumenti che fanno la voce fabricati
dalla natura; ma son fatti acciò che la voce pre
cedente da quei tali strumenti naturali, impari
abbassarsi, & alzarsi, & farsi acuta, & graue nel
medesimo modo che habbianno fatto il suono
nello strumento nostro artifiziale, & sec
ondo che
in questo & quel Sistema, o Sintono, o Diatono
ch'egli sia, sono stati dal suo autore distribuiti &
ordinati gl'interualli. i quali Sistemi & distribuitioni, sono tutti artifiziali; & da questi artifizij
son corrette & regolate tanto le voci naturali c
antandole, quanto gli strumenti fatti dall'arte son
andole. di maniera, che l'essempio della pittura in
questo affare, è appunto l'opposito di quello che
lui dice. perche il modello et naturale
per dir cosi,
page 78che cercano seco lui ritrarre hoggi le voci naturali, & gli artifiziali strumenti, è il Sintono di
Tolomeo; & chi di queste lo fa più simile & più
appunto, merita nome di più eccellente maestra.
il no
n riu
scir poi questo fatto come vorrebbe il
Zarlino, viene dal mal disegno ch'ei cen'ha da
to, & riuscirà in eccellenza, sempre ch'ei sia di
segnato per il verso che io dimostrerò.
Con l'essempio della pittura, vuole di nuouo persuaderci che
la natura superi l'arte; & viene a far' la comparatione dal viuo, al dipinto; laquale è tolta di peso dalle conclusioni del Dottor' Gratiano. & venendo al mio proposito dico, che se noi vorremo
discorrer sanamente intorno all'arte, & al fine
della Pittura, diremo dopo hauerlo ben' considerato & inteso, che nel suo genere possa & sia perfetta molto più della natura;
come da essa & dal
suo fine possiamo conoscere. il fine adunque della Pittura, e vna imitatione con lineamenti, & con
colori, non solo di tutte le cose naturali, & artifiziali; ma di tutte quelle che è possibile a imaginarsi. & quella parte che la nostra vista può desiderare da i lineamenti detti, & da' colori, in qual
si voglia corpo; la pittura non solo gliela rappresenta di quell'eccellenza che vsa la natura, ma la
trapassa di gran lunga, & nella qualità, & nella
diuersa quantità delle cose.
non vale adunque
Messer Gioseffo, il dire; la natura fa gli huomini
viui, & la pittura dipinti, più perfetti sono i viui
page 79che i dipinti; adunque la natura nel far gl'huo
mini supera l'arte della pittura. il fin' della pittura non è di far gli huomini viui; ma solo d'imitar
gli talm
ente c
on la proportion delle linee, & c
on la
c
onformità de colori, che a gl'occhi paino viui. il
Pittore dipignerà di maniera vna d
onna bella, che
mai in natura gl'occhi videro (per qu
anto s'aspet
ta dalle linee, & da' colori com'io ho detto) don
na bella quanto quella: & l'istesso farà delle pi
ante, & degl'animali. & doue la natura quella ec
cessiua bellezza in vn corpo animato, o inanimato: rationale o irrationale, la fa di rado il Pitto
re eccellente la farà sempre ch'ei voglia in tutte
le cose & in ciascheduna lor parte: oltre a quelle
ch'ei può fuor della natura fingere a modo suo.
Non è vero adunque (tornando a' due capi principali della detta clausola) che i corpi humani
difettiui non si possino con l'arte ridurre alla ve
ra Simetria come dice il Zarlino; ma è ben vero
che gli strumenti musici artifiziali correggono
non solo i naturali delle voci, non dico io, qu
anto
alla materia del suono; dico quanto alla forma
degl'interualli: & di più, che da essi imparano il
modo di dargli quelle forme che si desiderano in
essi, & se non da quelli, l'imparano almeno da
chi da essi gli ha prima apparati: possiamo ad
unque;
con verità dire, di hauer dalla natura la materia,
che è il suono tanto delle voci qu
anto delle corde,
& dall'arte la forma di qual sia interuallo tanto
page 80consonante quanto dissonante; & ciò sia suffizi
ente risposta per la quarta clausola detta.
Seguita
appresso il suo capitolo di questa maniera. Percioche se altramente auuenisse, si potrebbe dire, che fusse
vn di nuouo ritornarsi al principio; essendo la pittura imitatione solamente di quello ch'è vscito da cosa naturale;
& sarebbe vn tentare di voler deuiarlo dalla propria natura & dal proprio fine.
Alla replica del qual suo
sproposito, rispond'io non esser vero, che la pittura sia imitatione delle cose naturali solamente;
imperoche al Pittore è lecito fingerne infinite
fuor di quelle che sono nella natura. & si come
non è vero questo, non è vero ne anco (che qui
tende il suo fine) che le voci naturali possino più
degl'artifiziali strumenti, nel darci l'essatta forma di qual sia interuallo musico, anzi questi superano di gran lunga quelle come di già si è detto. ne per dire di esser' si fatto l'ordine delle cose,
è vn voler deuiarle dalla propria natura; ma è vn
voler conseruarle nell'esser loro naturale: & auuerrebbe quello che lui dice, sempre ch'ei si volesse le cose fuor dell'ordine naturale ch'elle sono, come le vorrebbe lui fuor d'ogni ragione.
Seguita poi così dicendo.
Ma per applicare ancora
questo ragionamento al nostro proposito, dico, che non bisogna che alcuno creda ne s'imagini di potere nella musica
semplicemente render' ragione esatta della certa & vera
forma delle consonanze, che nascono dalle voci, applicandole a' suoni che nascono dagli strumenti artifiziali, come page 81hanno detto alcuni troppo sauij, perciò che queste non son
vere & naturali, ma si bene allora quando egli applicherà i suoni alle voci, cioè l'artificiale al naturale.
A questa sua ingegnosa clausola io rispondo di questa
maniera. le consonanze che nascono dalle voci,
non nascono dalla natura più che si nascha quelle che ci danno le corde, percioche la natura fa
gli strumenti vocali, & per conseguenza la voce;
ma l'alzarla, & abbassarla secondo che vuole;
gl'auuiene per hauerlo apparato dall'arte. può
adunque hauere apparato appuntino quell'istesse consonanze che sono in uno strumento, & perciò come si rende l'esatta ragione della forma delle consonanze di esso per la stabilità loro, & siano di qual si voglino, la medesima precisa sarà
quella delle consonanze che sono nelle voci, sempre dico ch'elle le cantino di quella misura ch'elle sono contenute in quel
tale strumento.
le c
onsonanze adunque delle voci, si possano chiamare
naturali quanto alla materia loro cioè quanto al
la voce che è cosa naturale, come sono anco naturali le mani del sonatore di qual sia strumento:
ma l'alzar o abbassar la voce a determinate con
sonanze, d
andogli più quella forma che vn'altra o
il toccare, o percuotere con le dita più quella corda o tasto d'vn'altro, son cose tutte artifiziali. &
in questo medesimo modo si può dire della fa
uella, che sia naturale, & artificiale. è naturale
page 82solo quanto alla materia, cioè la voce fatta come
si è detto, dagli strum
enti naturali atti a far la vo
ce, & di più articolata; ma tutto il resto è artifi
ziale; cioè articolata più in questo che in quell'
altro modo, & che articolata in questo o in quel
modo significhi questo o quel concetto dell'ani
ma.
Più oltre, lui dice che non si potrà render'
ragione delle consonanze che nascono dalle voci applicando i suoni alle voci, cioè l'artifiziale al
naturale, nel qual detto è d'auuertire, che se applichiamo i suoni artifiziali dello strumento alle
voci; se queste voci concorderanno con quei suoni, haueranno le medesime ragioni (com'è detto
di sopra) di quei suoni; & le voci saranno artifiziali, poi che dall'arte hanno apparato apportar
le simili a' detti suoni: ma se le voci non saranno
concordate con quei suoni, non saranno queste
quelle voci alle quali quei suoni si doueuano applicare; & perciò non si potrà mai di queste voci renderne la medesima precisa ragione che di
quei suoni, poi ch'elle saranno da quelli diuerse.
è ancora d'auuertire, che se delle conson
anze che
nascono dalle voci, non si può renderne (secon
do che lui dice) ragione esatta è certa della for
ma loro, & si di quelle degli strumenti artifiziali;
tuttauolta adunque che si applicher
anno quelle a
queste, si potr
à molto ben renderne ragione &
non per il contrario come hanno detto alcuni
page 83troppo pazzi. il render ragione esatta della mi
sura & forma di qual sia cosa, non è di mestiere
che quella tal misura & forma sia la vera & na
turale; perch'io posso molto ben render ragio
ne esatta della forma & misura d'vn huomo mostruoso, senza sa
per ne anco qual sia quella del b
en
proportionato.
Se il Zarlino vltimamente cono
sceua esser' come lui dice,
impossibile di poter' r
ender ragione dell'esatta forma delle c
onson
anze che
nascon dalle voci, perche ci ha egli detto che le
voci cantano il Sintono di Tolomeo? cosa tanto
limitata determinata & certa. tutta questa con
fusione nasce dal falso principio, come nel fine
di questo mio
Discorso son per dimostrare. Non
è vero adunque che non si possa render ragione
esatta degli interualli de' suoni degli strumenti
artifiziali senz'applicargli alle voci naturali; ma
è ben vero per il contrario, che n
on si può render
ragione dell'esatto degli interualli delle voci, senza applicarle a' suoni degli strumenti artifiziali.
Soggiugne appresso. Veramente è ben cosa da ridere,
c'habbian voluto & creduto che le consonanze prodotte
dalle voci naturalmente nelle lor vere forme, siano per lor
natura tali, che ritenghino tra loro quelle forme & proportioni istesse, c'hanno le prodotte da' suoni d'alcuni strumenti artificiali, temperati ne' loro interualli fuori delle
vere & naturali proportioni, secondo che ricerca & comporta la natura dirò cosi & disposicione loro.
Vedete
page 84come Messer Gioseffo (& ciò replica nel
capo decimo del quarto) in questa settima clausola si mostra baldanzoso; & quello che lo vedesse & vdisse, & non l'intendesse (come accade a quelli
del
la sua Chriocca) crederebbe ch'egli hauesse tut
te le ragioni del mondo: hora ascoltimi vn poco
di gratia che presto presto gli s'abbasserà il rigo
glio.
Le consonanze non son prodotte dalle voci nelle lor vere forme naturalmente; ma artifizialmente per la lunga prattica appresa dall'arte
del ben cantare: si come anco le mani dell'eccellente sonatore son diuenute tali per il lungo esercitio appreso dall'arte del ben sonare, & non che
elle naschino naturalmente tali come uuole il
Zarlino: ma nascono bene atte a farsi tali co 'l
mezzo dell'arte, pur hora ha detto quest'huomo.
che delle consonanze che canton le voci non si
può render esatta ragione della forma loro; &
al presente soggiugne che le consonanze che cantan le voci sono nelle vere forme loro.
ma lascia
mo questo da parte & v
enghiamo noi a dire, che
n
on è alcuno da lui
in fuore, c'habbia voluto che le
consonanze prodotte dalle voci, habbino
per lor
natura l'istessse proportioni che hanno le conso
nanze degli strumenti temperati secondo le regole loro: & qual sia la sua leggerezza, si può conoscer di quì. il Sintono che
fece Tolomeo, è
vn' solo; ne può per l'ordinario hauere nel tutto
page 85& nelle parti altra forma che quella che gli det
te il suo autore, che è vna limitata & determinata dall'arte di lui drento a quelli numeri & pro
portioni nelle quali fu costituito da esso. ha que
st'huomo in mille luoghi detto, che quello che si
suona & che si canta hoggi, e tutto Sintono di
Tolomeo, il che afferma in questo istesso capo;
& al presente dice esser cosa da ridere il voler'
che le consonanze prodotte dalle voci naturali
habbino la medesima proportione di
quelle de gli
strumenti artifiziali.
hora se il Sintono è vno, et
che le voci lo cantino, & gli strumenti lo suonino puntalmente com'egli stà; il che molto bene
possano l'vn & l'altro fare; bisogna necessariamente che cantando & sonando i medesimi interualli fra di loro siano concordanti. atteso, che
tuttauolta, che due cose siano ciascheduna di loro vguali a vna terza, sono necessariamente vguali fra di loro. ma lui secondo ch'ei dice vuole, che
la voce fabricata dalla stupenda natura, per virtù della fata Morgana, habbia naturalmente, (&
non per hauerl'imparato dall'arte) facultà di formare qual si voglia interuallo musico in tant'eccellenza che l'arte non ci aggiunga.
Hora se la
cosa è come lui dice, che occorre dire che le voci
cantino il Sintono, o il Diatono, o altra spezie di
armonia piena di mille imperfettioni: basti a di
re che le voci cantano naturalmente gl'interual
page 86li musici di quella più eccellente misura che gli
huomini si possino mai imaginare; perche la natura supera infinitamente l'arte: lasciando anco
ra da vn de lati il numero senario, & i numeri armonici, & i generi delle proportioni, & procu
rar solo di chi senza più oltre cercare glielo cre
da, & il tutto vien' poi benissimo accomodato.
Ma questa sua intemerata, è la più ridicola cosa
che mai si sia imaginata huomo, & da non esser
gli creduta ne anco da quelli c'hanno della fata
Morgana paura.
Ha ben creduto (tornando al
principal mio intendimento) & voluto alcuno,
che ha inteso bene le cose; che le consonanze delle voci, habbino le medesime proportioni che le
consonanze degli strumenti artifiziali, tuttauolta però che le voci si porteranno secondo che sono distribuiti i suoni negli strumenti: ma se lo strumento hauerà distribuiti i suoni in vna forma, &
le voci declineranno ad vn'altra, non saranno
all'hora le proportioni medesime, & conseguentemente non accordano insieme. & il credere le cose fuor dell'esser ch'elle sono, & diuerse
dalla natura loro, & dal possibile, è cosa peculiare della natura sua.
Hor'vdiamo quest'altra
conclusione. Il perche ingannati da questo falso principio, si hanno sforzato di dimostrare in molti modi ciò esser vero.
Non si e sforzato alcuno di dimostrare
che le proportioni delle voci, siano le medesime
page 87che quelle degli strum
enti sempre & naturalm
ente; perche negli strumenti si distribuiscano i suoni ad arbitrio del musico formante è temperan
te lo strumento a modo suo; & le voci ancora lo
ro si portano alte & basse secondo che il cantore
(dopò l'hauere apparate) vuole. ne fra le pro
portioni delle consonanze strumentali, & voca
li, è connessione alcuna naturale: ma tutta arti
fiziale & volontaria. di maniera che il Zarlino
solo, & i suoi Chrioccanti restano di questo fat
to ing
annati da suoi falsi principij.
Seguitano ap
presso nel detto capitolo queste formate parole.
Onde hanno tenuto per fermo, che non si canti ne si suoni,
ne si compona per alcun modo la spezie naturale Sintona di
Tolomeo; credendosi, che tanto quelli interualli che nascono dalle voci, quanto quelli che si fanno per i suoni, siano
contenuti nella specie antica del Diatono diatonico, & anco in altre specie: quantunque nell'Istitutioni, & nelle
Dimostrationi mi sia sforzato con ogni maniera di ragione di fargli conoscere, ciò non esser vero.
Che non si
componga, ne si suoni, ne si canti il Sintono di
Tolomeo, non è inferito dalle cose dette da lui
di sopra come non attenenti punto a questo proposito; ma da quell'altre ragioni da lui per ancora lasciate nel suo vigore.
Che quello che si suo
na & si canta hoggi non sia l'antico Diatono Di
tonico, è vn'impertinenza il trattarne, median
te l'hauere le consonanze imperfette dissonanti;
doue quelle che vsiamo hoggi & tra le voci, e
page 88tra le corde sono consonanti; però tutto quello
che di questo fatto dice al presente, è solo per ag
girare i balordi.
Hor venghiamocene alla deci
ma clausola vota di sentenze & piena di parole
otiose quant'alcun altra; ed è tale.
Et tanto maggiormente restano ostinati, quanto nell'ordine artifiziale
di cotale specie hanno ritrouato molte imperfettioni, & molti interualli che non seruono al Sintono; per esser contenuti
da altre forme, che da quelle che sono tra le parti del Senario: laonde hanno sopra di questo Discorso mille cose ridicolose & fuore d'ogni proposito, & concluso molte & molte
cose vane, come si vede ne i loro scritti pieni di mille sogni: ancora che di questo potessero esser chiari col mezzo de
gli accordi fatti da loro in molti strumenti ne i quali si conosceuano le terze, le seste, & le loro replicate essere consonanti, & lo poteano imparare da' principij, che pigliano per concludere & condurre al fine le loro dimostrationi, i quali dicono & affermano, che cotali interualli sono
dissonanti, & poteano sapere, che ciò non potea esser vero appatto alcuno.
Hor ecco la risposta. Tra qual'
ordine artifiziale si trouano quelle molte imperfettioni che lui dice? Se fra il Diatono è vn impertinenza il parlarne, perche la lite è tra il Sintono,
& quello che noi cantiamo hoggi. Se quelle tali
imperfettioni sono nel Sintono che vuol egli
inferire quando ei dice ch'elle non seruono al
Sintono?
Horsu ch'io l'ho ritrouata. vuole il
Zarlino che quando si canta il Sintono, si piglin
solo quegl'interualli c
onsonanti di esso che si tro
page 89uano tra le parti del Senario. hor quando questo
gli si conceda, quelle quinte & quelle quarte, &
quello terze maggiori & minori dissonanti che
si trouano tra le corde del medesimo Sintono, &
le forme loro fuore delle parti del Senario, che
sen'ha egli a fare? vuol' ch'elle si faccino della
misura dell'altre che sono consonanti contenute
tra le parti del Senario. noi torniamo a le mede
sime.
quello adunque che noi canteremo non è
il Sintono come ce lo disegna il Zarlino & Tolomeo, ma un altra distribuitione di corde. impe
roche Tolomeo dopò che hebbe ordinato & di
stribuito il Sintono: non disse mai che si adope
rassero di lui solo quegli interualli che si trouano
tra le parti del Senario; & resto marauigliato che
quest'huomo habbia tanto ardire di cercar di
nuouo persuadere al mondo queste sue leggie
rezze che va egli in oltre farneticando in sogno
gli spropositi ch'ei soggiugne degl'accordi de lo
ro strumenti, mescolando indistintamente (co
me quello che n
on sa che dir si uoglia) il Sintono
,
co 'l Diatono, con l'accordare & discordare degl'
interualli, che non gli tachapezzerebbe la carta
da nauicare. hor' uuol egli ch'io gli dimostri ne
cessariamente, quando anco gli si conceda tutto
quello che fuor di ragione uorrebbe che nella
maniera di cantare queste tant'arie insieme che
non si cantino gli interualli consonanti della misura
che son' contenuti tra le parti del Senario sopra
page 90il quale ha fatto tanto schiamazzo.
Hora caui
mi un poco delle quindici corde del Sistema massimo, gl'estremi delle quali sono in quadrupla
proportione, tre contigue sesquialtere & una sesquiquinta, o ueramente quattro sesquiterze &
una sesquiquarta, come nel capo undecimo del
quarto ua chiachierando senz'alcuna uera c
onclusione. & all'hora crederò che 'l numero Senario
è la stupenda Natura, insieme con la fata Mor
gana possino fare i miracoli che lui dice. ma ei
non è possibile, dalle parti del Senario ne da qual
si uoglino altri numeri che siano nella natura
di esse, hauere le consonanze perfette, & l'im
perfette successiuamente che consuonino, perch'ei
non ne sono capace. ma bisogna necessariamen
te che consonando tutte le perfette, v
enghino dissonanti parte dell'imperfette, & chi tutte que
ste vuole consonanti, dissoner
anno parte di quel
le; come da' sottoposti essempij si può chiaram
ente raccorre.
page 91
- aa. 40
- Sesquialtera.
- d. 60
- Sesquialtera.
- G. 90
- Sesquialtera.
- C. 135
- Sesquiquinta.
- A. 162
- aa. 40
- Sesquialtera.
- d. 60
- Sesquialtera.
- G. 90
- Sesquialtera.
- C. 135
- 32. 27. Semiditono dissonante.
- A. 160
page 92
- aa. 324
- Sesquiquarta.
- f. 405
- Sesquiterza.
- c. 540
- Sesquiterza.
- G. 720
- Sesquiterza.
- D. 960
- Sesquiterza.
- A. 1280
- aa. 320
- Super 17. partiente 64. Ditono dissonante.
- f. 405
- Sesquiterza.
- c 540
- Sesquiterza.
- G 720
- Sesquiterza.
- D 960
- Sesquiterza.
- A 1280
Et se Distribuitione alcuna di corde ci hà dare
demostratiuamente tra corde stabili vna sola C
onstitutione, non è altra che l'Incitato d'Aristos
seno. Gli interualli musici, poi t
anto sono naturali
(com'io ho detto) quelli c
ontenuti tra le parti del
page 93Senario, qu
anto gl'altri che son fuore di esse par
ti. è tanto è naturale il Ditono contenuto dalla
sesquiquarta qu
anto, quello che è contenuto dal
la super 17 partiente 64. si come ancora tanto è
naturale l'accordare dell'ottaua drento la dupla,
quanto è naturale il dissonare della settima dr
ento la super 4. partiente quinta: & rompi si pur'il
Zarlino la testa quanto vuole.
Soggiugne appresso l'vndecima clausola cosi dicendo. Et per concludere, dico, che è pazzia espressa, il credere che si possa
correggere la natura. come ch'ella fusse inferiore all'arte;
& che questa si possa agguagliare à quella.
Pazzia espressa è veramente la sua hauendo di sopra co 'l
Filosofo affermato che la natura errante in quello però ch'ella è emendabile, può esser' corretta dall'arte; & hora negha ch'ella poss'esser corretta dall'arte; com'inferiore a lei. non si accorgendo, che in tutto quello che può l'arte & non la
natura, l'arte è superiore alla natura; & in quello che può la natura & non l'arte, l'arte è inferiore alla natura. adunque la natura, sempre ch'ella vien corretta dall'arte, gli auuiene per essergl'
inferiore.
Va appresso seguendo così. Percioche
si come il naturale è di gran lunga differente dall'artificiale, & specialmente nel genere; cosi sono molto differenti,
come operanti & efficienti la natura & l'arte.
Al che
rispond
endo dico. la natura & l'arte sono due cause effcienti, ciascuna delle quali è perfetta nel
suo genere: la natura nel far le cose naturali, &
l'arte nel far le cose artifiziali; & in questo mo
page 94do nel fare le cose naturali l'arte non può agua
gliarsi alla natura; & nel far l'artifiziali la natu
ra non può agguagliarsi all'arte. quando poi au
uiene che questa & quella operino attorno al
medesimo subbietto, nasce dal poter farui qual
cosa l'arte che non può far la natura, & qual co
sa potrà farui la natura che non potrà far l'arte;
ne alcuno è che non sappia la differ
enza che è tra
di loro, la qual differenza vuol'egli porre doue
ella non è, & non fu mai, cioè tra gl'interualli
musici. imperoche lui vuole, che vna quinta, vna
quarta vna terza & altro; sia naturale nelle voci,
& artifiziale negli strumenti tra le corde; & io
torno a replicare, che il suono, & la voce, come
materia di essi interualli è naturale, tanto in questi quanto in quelli; si come anco è naturale che
di questa misura consuonino, & di quell'altra dissuonino, la qual misura è artifiziale tanto tra le
voci naturali, quanto tra le corde degl'artifiziali
strumenti come si è detto, e troui pur il Zarlino
quanti arzigogoli ch'ei vuole.
Soggiugne appresso. Et si come non può essere, che la natura operatrice imiti l'arte nell'operare; cosi non si può dall'arte concludere
alcune cose nella natura, che non sia fuor di proposito.
Laonde io rispondo esser vero, che la natura operatrice non imita l'arte ordinariamente, perche
ella opera senza cognitione; ma in processo di
tempo la natura ancora s'auuezza ad imitare l'
arte nel suo operare: come auuenne a' Macroce
page 95fali, de' quali parla Hippocrate: & non per que
sto ne segue, che non si possa concludere alcune
cose dell'arte in quelle della natura; come si è
prouato di sopra.
Soggiugne dipoi. Il perche se
per auuentura alcuno da vna cosa dell'arte, come ho detto,
o vero dall'artificiale vorrà argomentare & concludere
in vna cosa della natura o nella naturale, verrà (per modo di dire) à volere concludere dalle cose contenute in vn
genere a quelle che son' contenute in vn altro.
Queste cosi sottili distintioni dichiarano Messer Gioseffo
vn Filosofo molto penetratiuo; ma auuertisca
di gratia, che il non passare da vn genere nell'altro, secondo il precetto d'Aristotele nella Posteriora; s'intende in quei generi ne' quali non è
fra di loro occasione alcuna di passare d'vno nell'
altro: ma nell'arte & nella natura, perche tal volta (come si è dimostrato) hanno il medesimo subbietto; per la comunità di quel subbietto, nasce
occasione di passare & argomentare dall'vno di
quelle due nell'altro, senza guastar punto l'ordine della filosofia. è però da ringratiarlo dell'auuiso. & d'hauer piacere di veder lui zelante intorno alla conseruatione dell'ordine delle cose,
quantunque il suo modo sia più tosto vn destruggerle che vn conseruarle.
Soggiugne appresso
quest'altro bello auuertimento.
Però nella musica
non si potrà mai dire che stia bene, nell'istrumento artificiale tra i suoni sempre si troua cotal cosa & cotal diffetto,
adunque si troua anco sempre tra le voci. Simigliantemenpage 96te; questa cosa non si troua nello strumento artificiale; adunque non si troua anco nel naturale.
Alquale io replico che stà molto bene il dire, nello strumento artifiziale sempre si trouano cotali difetti; come
auuerrebbe sonando puntalmente il Sintono da
lui disegnatoci; adunque sempre si troueranno tra
le voci gli stessi difetti che ha in se il Sintono, tutta volta ch'egli fusse puntalmente cantato da esse
come sonato. ma se gli strumenti soneranno alcuna distribuitione in tutte le parti perfetta, come veramente possano, ma non secondo la regola del Zarlino. & le voci ne canteranno vna imperfetta, chi è quel tanto insensato da lui impoi,
che dica ch'elle siano le medesime quando le sono differenti?
Soggiugne appresso vna di quelle sue repliche importune cosi dicendo. Ancora, negli strumenti artifiziali non si troua & non si suona
la spezie natural Sintona di Tolomeo, adunque non si canta ne si compone la detta spezie.
Alla qual replica ri
spondo ch'egli l'ha con quel Sintono naturale, et
con quel Sintono artifiziale; & io torno a dire
che Tolomeo fece vn solo Sintono Diatonico, al
quale non dette nome ne cognome alcuno di naturale ne d'artifiziale. il dir poi, che cosi piace a
lui, mi pare la medesima ragione che vsaua Or
lando nel colmo del suo furore; & se al suo scam
po n
on ha altra difesa che questa; più honore era
il suo acconsentire alla verità subbito che conob
be d'essere in errore, che cercar di difendersi con
page 97mezzi come questi, da fare l'offesa maggiore.
Laonde io vengo a dire, che la spezie Sintona di
Tolomeo, si trouerà in quegli strumenti artifiziali, sempre che i suoni loro siano diuisi secondo gli
interualli posti da Tolomeo in quella tal distribuitione: & gli strumenti che saranno altramente diuisi, non vi sarà mai appatto alcuno; & il medesimo auuerrà delle voci.
l'vltima clausola del
Capitolo è tale.
Per la qual cosa tutte le fiate che alcuno vorrà da questo fondamento, ouer ordine arteficiale
del Sintono concludere alcuna cosa dell'ordine naturale; il
che è da notare, per le cose seguenti; si potrà dire, che habbia vn grandissimo ramo di pazzia, & che tutte quelle
ragioni & Dimostrationi ch'ei farà, o con numeri & proportioni o con misure, saranno vane & inutili, & non hauerà alcuna buona cognitione delle cose, della quale si generano tutte l'arti è tutte le scientie.
Paru'egli che
Messer Gioseffo potesse per vltima trouare conclusione più sensata di questa? hor attenda la risposta.
L'ordine del Sintono è tutto artifiziale
fatto dall'artifizio del medesimo Tolomeo: &
se questo si sonerà con gli strumenti, saranno fat
ti gli strumenti con quelle diuisioni medesime
che fu diuiso il Sintono da esso Tolomeo; & s'e
gli si canterà con le voci, se ben le voci sono na
turali, si canterà nondimeno secondo l'artifizio
imparato dal cantore circa il portar delle voci
precisamente secondo quegli interualli de quali
è composto, se però vorranno al suo imperfetto
page 98acconsentire di maniera che questo tal Sintono,
o qual si vogli altra distribuitione di corde, o sia
no cantate, o siano sonate sempre saranno artifi
ziali, & sempre haueranno quelle conson
anze &
dissonanze che v'istituì il loro autore; senza ha
uerui parte alcuna, il numero Senario, o altre
Zarlinesche impertinenti innouationi.
è però
notabil pazzia il credere, che questo tal Sinto
no sia artifiziale sonato con gli strumenti, & na
turale cantato c
on le voci; essendo che le voci mai
lo canteranno, se con lunga prattica non l'hanno
prima dall'arte del cantare apparato. & se alcu
no mi replicasse, che quelli che per le contrade
delle cittadi vanno gridando, & cantando i nomi
delle cose ch'ei vendono, & degl'esercitij loro,
procedon pur naturalmente senz'hauerlo dall'
arte apparato per tuono, per semituono & altro
interuallo maggiore di questi composto. gli ri
sponderei che s'ei gli descriuesse della precisa
misura che da loro vengon cantati, & gli comparasse a i veri, vi scorgerebbe differenza maggio
re che tra gl'animali, gl'vccelli, & altro che per
ischerzo dipigne alle fiate la natura ne marmi
mischi, & nelle vene & nodi del Frassino & dell'
Vliuo, comparati a quelli che sono da dotta ma
no disegnati & coloriti. il perito cantore è quel
lo poi, che nell'imitargli burl
ando, o per altro suo
comodo, gli fa diuenire dalla vera misura; si co
me ancora megliorano gl'artefici con gli artifi
page 99zij loro, il disegno & il colorito degl'animali &
degl'vccelli sudetti. il riso & il pianto è natura
le a gli huomini. Messer Gioseffo, & si ride & si
piagne naturalmente senz'hauerl'apparato dall'
arte; ma il cantare, & vie più regolatam
ente, s'ap
prende dall'arte. & quantunque la materia del
cantare che è la voce come si è detto, si habbia
dalla natura, il saper poi a posta sua formar gl'interualli tanto consonanti quanto dissonanti &
siano pur di qual si voglino misura & proportione, si apprende dall'arte.
Di maniera che tutte
le ragioni che il Zarlino potesse addurre dependenti da questi suoi falsi principij, sopra i quali
è (secondo che lui dice) fondata quasi tutta l'opera sua, saranno vane & inutili, con le quali verrà
di mano in mano a dichiararsi maggiormente per
huomo senza cognitione alcuna del vero delle
cose; delle quali si generano tutte l'arti è tutte le
buone scienze. & quant'ho detto intorno all'
opere di esso, sia suffiziente per hora, perche altra
volta con migliore occasione ne ho da trattare più
allungo.
Laonde riuolgendo altroue il mio ragionamento vengo à dire, che se bene nel mio
Dialogo dell'antica & della moderna musica & di
nuouo in questo mio
Discorso, io ho dimostrato
che la spezie di harmonia che si canta hoggi non
è (secondo però che il Zarlino ce lo disegna) il
Sintono di Tolomeo; non per quest'ho (come
cosa fin ad hora a me non attenente) dimostrato
page 100qual sia. però voglio al presente per sadisfattio
ne maggiore degli studiosi di questa facultà, con
quella breuità maggiore che mi sarà conceduta,
dimostrarla. & ciò farò a richiesta di quelli che
credono la perfettion di questo negotio consistere nella stabilità delle corde dimostrabili, &
mi è per sortire senza molta difficultà, do
pò che si sarà inteso le diuerse openioni c'heb
bono gl'antichi Musici & Filo
sofi intorno le
Diatoniche loro distributioni, et di quì cominci
andomi dico, che tra le diuerse spetie d'armonia
che furon distribuite & ordinate dai sopradetti
Musici & Filosofi, tre sono state le più famose.
fu la prima quella di Pitagora, o per meglio dire
quella che lui credette che si cantasse ne suoi tempi; laquale come copiosa di Tuoni si acquistò nome di Diatona Ditoniea. fu la seconda quella di
Didimo, & la nominò Diatonico Sintono: ilquale dopò molt'anni si attribuì Tolomeo, o gli fu
da altri attribuito per suo. la terza & vltima fu
quella d'Aristosseno, detta da lui Diatonico Incitato: ne altro fine hebbero quei Musici & insieme Filosofi, nell'ordinare le loro Distribuitioni, che rappresentare al senso & all'intelletto,
di qual misura & proportione fussino, o douessino esser cantati da i prattici gl'interualli.
laqua
le speculatione, è degna veramente di gran lode
di ciascun' di loro. percioche con essa & non c
on
altro mezzo si è potuto sin ad hoggi nelle nostre
page 101memorie conseruare qual fusse o douess'essere
secondo i diuersi pareri loro, la forma precisa di
ciascheduno de' detti interualli. con il qual mezzo si può con poche parole trasferire da qual si
voglia luogo ad vn altro, il modo del cantare, &
il temperamento di qual sia strum
ento musico &
di fiato, & di corde.
Pitagora adunque, nel cercar l'esatta forma degli interualli musici de suoi
tempi, come grand'Aritmetico che lui era, hebbe
come scopo degno, solo la mira alla ragion de numeri. nella quale fondatosi, ordinò la sua Distribuitione di corde secondo
ch'egli credette che si
cantassino gl'interualli detti; o pur secondo che
gli fu di mestiere a colorire i suoi disegni.
Didimo poi nella Distribuitione del suo Sistema, hebbe il medesimo rispetto à i numeri: ma non con
seuerità tale ch'ei non cercasse più di quello che
cercato haueua prima Pitagora, di sadisfare com'
in parte ei sadisfece con il lor mezzo al senso dell'
vdito.
Aristosseno vltimamente c
on voglia mag
giore di alcun altro antico Musico di sadisfare al
medesimo senso, conosciute l'imperfettioni (qu
anto al modo del c
antare in consonanza più arie in
sieme hoggi si costuma) delle due Distribuitioni
circa il potersi dimostrare tra corde stabili, cer
cò la cosa altroue, & dou'ell'era veramente; la
qual' trouata al fine si contentò, senza pregiudi
tio alcuno della ragione, & con poca del senso,
dell'vdito, che la sua fusse tale, quale si poteua &
page 102dalla natura della cosa dond'ei la trasse, & dal bi
sogno suffiziente dell'arte del dimostrare haue
re & desiderare.
Hora per intelligenza maggiore di questo fatto è da sapere, che auanti che
Pitagora nascesse, si cantaua, & si sonaua secondo
l'openioni diuerse de Musici, & all'vnisono, &
in consonanze. è da sapere in oltre, che i Musici
medesimi, nominauano gl'interualli loro con nomi corrispondenti à questi nostri; parte de quali habbiamo tolto in prestanza da loro. com'è
Tuono. Semituono. Tritono. & Semidiapente.
Hebbono appresso il Ditono, & il Semiditono
conrispondenti alla Terza nostra maggiore, &
alla minore. quelle poi che noi domandiamo
Quarta, Quinta, & Ottaua; le disser' loro Diatessaron, Diapente, & Diapason. quelle in oltre
che furon dette da loro Hexachordo maggiore,
& Hexachordo minore; son da noi chiamate
Sesta maggiore, & Sesta minore, & quelli vltimamente che noi domandiamo Settima maggiore, & Settima minore, furon da lor' dette pur del
numero delle corde, Heptachordo maggiore, &
Heptachordo minore. & quantunque i nomi de
nostri interualli conrispondino com'io ho detto,
a quelli degli antichi, non perciò sono i medesimi di quelli che contengono i numeri Pitagorici.
Sapeu'adunque Pitagora tutti questi parti
colari, & in oltre che il Tuono era quell'eccesso
di che la Diapente supera la Diatessaron; & che
page 103il Semituono era quello spazio per dirl'alla no
stra vsanza, che si troua tra b. fa & b mi, o pur vogliamo dire quello interuallo di che la Diatessa
ron supera il Ditono. con tutta questa cognitio
ne, non perciò sapeua Pitagora di qual propor
tione, & misura fusse alcuno di essi interualli, ne
di quanto l'vno misuratamente superasse o fusse
dall'altro superato: ma n'hebbe contezza poi,
dal suono & peso de' martelli, come ci racconta
Boetio col testimonio di Macrobio
, con il qual
mezzo seppe, che la Diapente era nell'estrema
sua perfettione c
ontenuta dalla Sesquialtera, dal
la Sesquiterza, la Diatessaron, & dalla Dupla il
Diapason parim
ente nell'estrema sua perfettione.
io ho vsato
questo epiteto
di estrema perfettione in
proposito della Quinta & dell'Ottaua,
perche più
tese n
on si c
omporterebbono, ma si bene più rimes
se.
Sapend'adunque Pitagora che il Tuono era
quell'eccesso di che la Diapente supera la Diatessaron, non fu difficile dipoi nel sottrar' la forma
di questa da quella, venire in cognitione com'ei
venne, da qual proportion' (oltre hauer prima
conosciuto dal suono & peso de' martelli, se non
cosi l'essatto almeno ad esso vicino) fusse contenuto. & con questi & altri più efficaci mezzi, ritrouò Pitagora la forma di tutti gli altri interualli; secondo però la credenza
di lui & la capacità
della facultà aritmetica.
nel qual luogo voglio
auuertire due false openioni nate negli huomi
page 104ni, persuasi dagli scritti di alcuni, nelle quali so
no stato ancor'io, di che sendomi ultimamente
accertato con il mezzo dell'esperienza delle co
se maestra, dico cosi.
Credano che i pesi i quali Pitagora attacò alle corde
per meglio vdire le conson
anze: fussino i medesimi di
quelli de
martelli da quali prima vdite le haueua. hora che questo n
on fusse
ne poss'essere
in modo alcuno, l'esperi
enza (com'io
ho detto) ce lo dimostra. imperoche colui che da
due corde d'ugual l
unghezza, grossezza, & b
ontà,
vdir volesse il Diapason, gli sarebbe di mestiere
sospenderui pesi che fussino non in dupla (come
erano i martelli) ma in quadrupla proportione.
la Diapente si vdirà tuttauolta che alle medesi
me corde si sospendino pesi di proportione du
pla sesquiquarta. la Diatessaron da quelli che fussino in supersette parti
ente noue. & il Tuono sesquiottauo dalla superdiciasette partiente sessan
ta quattro. con il qual modo, che altro non è che
il moltiplicare i numeri che formano detti inter
ualli secondo l'aritmetica facultà, si haueranno
tutti gli altri. non è uero adunque (& questo è
l'altro abuso) che le consonanze non si possino
hauer' da altri generi di proportioni, che dal moltiplice, & dal su
perparticolare. & torn
ando alle corde dico, che si potr
anno parim
ente hauer tutti gl'interualli dall'vgualità di pesi, s
empre che la l
unghezza delle corde conrisponda alla forma che gli
interualli prendono dalla detta aritmetica fa
page 105cultà.
Si hauerà dalle canne parimente il Diapason, sempre che la lunghezza & il vacuo o vogliamo dire il Diametro della graue, sia duplo
dell'acuta. Si hauerà la Diapente da quelle che il
diametro & la lunghezza sia sesquialtera. & la
Diatessaron da quelle che il diametro, e la lunghezza loro sia Sesquiterza. Con la qual regola
si haueranno tutti gli altri interualli consonanti
& dissonanti. di maniera che il vacuo di queste
conrisponde al Cubo. i pesi sospesi alle corde, alle Superficie. & le corde semplicemente tese nello strumento alla Linea. Laqual dottrina publicata per vera da Pitagora huomo di grandissima
autorità, gli si prestò tanta fede, che ancor hoggi
appresso alcuni si mantiene senza cercar più oltre; contentandosi solo che Pitagora l'habbia detto.
Ma quì sono due cose da considerare. la pri
ma è, se gli interualli musici che si cantauano au
anti che Pitagora inuestigasse la forma loro, erano
realmente cantati di quella misura drento laqua
le gli constituì dopò l'arte di lui: et la seconda da
quello potesse auuenire, dato ch'egli vdisse le
Terze & le Seste consonare negli strumenti &
nelle voci, & dissonar quelle drento le forme as
segnateli da lui; ch'ei non cercasse i mezzi di far
le tali quali le vdiua fuore de suoi numeri, come
fece dipoi Didimo. intorno alle quali considera
tioni dico, che gli interualli tutti; auanti che Pi
tagora venisse in cognitione della misura loro,
page 106fussin' cantati da' prattici precisamente tali, non
è verisimile, & particolarm
ente da quelli che c
antauano in consonanza. quelli poi che cantauano
all'Vnisono, può essere dopò l'hauer preso nor
ma dalla sua Distribuitione, ch'ei temperassino i
loro strumenti in quella precisa maniera, & insieme con essi cantassino poi nelle bisogne loro gli
interualli di quella misura: ma da quelli che can
tauano in consonanza non è credibile, ne anco
possibile.
Prima per hauer' le Terze & le Seste
dissonanti, & poi perche nel farle consonanti c
on
il mezzo dell'aritmetica facultà era impossibile
senza far' disson
ante (come si è dimostrato) par
te delle consonanze perfette. Da quello poi na
scesse che Pitagora comportasse nella sua Distri
buitione, dissonanti le Terze, & le Seste, vden
dole fuor di essa d'altra forma consonare & nel
le voci & negli strumenti, rispondo, che cono
scendo egli con il mezzo de numeri essere impossibile tra corde stabili hauer' gl'vni & gli altri c
onsonanti, volle più tosto consonanti tutti quelli,
che da noi son detti
perfetti, che parte di questi &
parte degli imperfetti. imperoche ne propositi
suoi, com'ancora si legge in Platone, & in Ari
stotile, non hebbono bisogno nel trattar le cose
di musica incidentemente come trattarono, di
seruirsi eccetto che delle consonanze da noi det
te perfette, contenute dalle forme assegnateli da
Pitagora. ne anco si preser' cura, se il Sistema
page 107massimo era capace di tre Sesquialtere, o di quattro Sesquiterze, & d'altro; lasciandone (come n
on
attenente alle loro speculationi,) il p
ensier a' prattici; & cosi parimente non p
ensorono al modo di
far consonar quelle che da noi son dette imper
fette conson
anze. ne tengo io già che senza farn'
esperienza, credesse Pitagora, che le Seste & le
Terze consonanti che habbiamo detto c
antarsi &
sonarsi ne suoi tempi & auanti, fussin' contenute
da i numeri medesimi di quelle della sua Distri
buitione, come credettono la più parte degl'huomini sin' che venne Lodouico Fogliano a far pa
lese il loro errore. & questo basti circa l'inu
entio
ne di Pitagora.
Didimo poi comprendendo con
l'intelletto dalla forma del Ditono & Semiditono, & dell'vno, & l'altro Hexachordo, & vdendogli con il senso secondo la Distribuitione di Pitagora dissonanti; & per il contrario consonarne altri fuor di quelli è tra le voci, & negli strumenti, andò cercando se con la medesima facultà
aritmetica si poteuano (con formargli d'altra misura) far' consonanti, dato però come credono alcuni che tal fusse il suo
fine; il che troppo bene
gli successe: & questo fu per mio auuiso il mezzo che lui tenne: rimettendolo sempre al parere
di chi meglio di me intendesse.
Andò consider
ando, che dall'aritmetica diuisione della Dupla, na
sceua la Sesquialtera & la Sesquiterza come quì
si vede 4. 3. 2. lequali formano la Diatessaron et
page 108la Diapente, diuidendo poi i termini di questa
nella medesima maniera, ne risultò la Sesqui
quin
ta, & la Sesquiquarta come qui si vede 6. 5. 4. i
quali due interualli trouò assai vicini al Ditono
& al Semiditono di Pitagora, & di più conson
anti. il maggior de quali è parimente nell'estrema
sua perfettione, & punto più teso piacerebbe as
sai meno. accompagnando poi la sesquiterza c
on
la sesquiquarta, & la sesquiquinta di nuouo con
la medesima sesquiterza, hebbe da tali accoppia
menti la maggiore & la minor Sesta molto vici
ne al maggiore & al minore Exachordo di Pita
gora, & in oltre consonanti. dopò ilquale acqui
sto parutogli d'hauer fatto, diuise la parte mag
giore della sesquialtera in questo modo 10. 9. 8.
dal che ne risultò il sesquinono & il sesquiotta
uo, nellaqual dispositione aritmetica gli lasciò
Didimo nel suo Sistema; il che corresse poi To
lomeo c
on mettere il sesquiottauo nella parte graue & nell'acuta il sesquinono, per fuggir forse i
due sesquiottaui contigui che v
engono nella Di
stribuitione di Didimo, gli estremi de quali son
dissonanti non altram
ente del Ditono di Pitago
ra; & questa è la differenza che si troua tra Didi
mo, è Tolomeo. poi come ne' Sistemi naschino
gli altri interualli si è a suffizi
enza detto di sopra.
Che Didimo in oltre migliorasse o peggiorasse
la Distribuitione da quella che ordinata prima
haueua Pitagora, lo lascerò giudicare a quelli
page 109che hanno di questa facultà buona cognitione.
Per intelligenza hora del Diatonico Incitato di
Aristosseno comincerò vn poco da lontano il ragionamento. & dirò in fauor suo (poi che tale è
il desiderio di alcuni Aristossenici amici miei)
quanto mi sarà conceduto dalla capacità del mio
intelletto. riserbando però la verita al suo luogo,
della qual son per dire con pace di ciascuno quell'
io ne sento.
Dico prima, marauigliarmi molto
di coloro che lo riprendono, quando disse che
tutto il giudizio che far si doueua de' suoni &
delle voci, si haueua da rimettere interamente al
senso dell'vdito; conciosia che da questo & non da
altra ragione deriuò poi che gli huomini considerarono le forme degli interualli musici tra le
proportioni de numeri, è tra quelle delle linee:
applicandole in oltre alle corde, alle canne, & ad
altri corpi sonori. & venendo alla Distribuitione del suo Incitato, è prima da ridursi a memoria
che l'Ottaua in qual sia Diatonico, consta di cinque Tuoni & di due Semituoni, ciascun de quali
Tuoni è costume de' prattici Contrapuntisti di
diuiderlo in due Semituoni, iquali tuttauolta
ch'ei non siano vguali, ne seguirà che tra gli elementi musici ve ne saranno molti degli otiosi &
inutili, considerati soli in loro istessi, & accompagnati con altri in diuerse maniere.
& che sia ve
ro, in qual sorte di Contrapunto si troua tra due
parti posto in atto il minor Semituono? in alcu
page 110na certo. è inutile adunque et otioso il minor Semituono in questo affare. più oltre, da questa di
sugualità de Semituoni, nasce nel nostro Sistema
quella differenza che è tra il Diesis di D, & il b,
di E. nasce parimente quella che si troua tra il
Diesis di G, & il b, di A. lequali differenze non
solo ne Contrapunti non si trouano tra due par
ti, ma ne anco se n'augumenta o se ne scema mai
alcuno interuallo. l'istesso accade a quello di che
la Semidiapente supera il Tritono. a quello di
che la maggior Settima eccede la Diapason di
minuita. a quello di che il maggior Semituono
supera il minore. a quello di che la minor Nona
supera la Diapason superflua. a quelli di che gli
interualli che si rachiuggono tra il Diesis di D, &
F, superano il Tuono. a quello di che il Ditono
è inferiore alla Semidiatessaron. & a quello sen
za più dirne, di che la minor Sesta è superiore al
la Quinta superflua. de' quali inconuenienti (se
cosi chiamar si possono) è cagione l'inugualità de
Semituoni; dal che ne auuerranno ancora diuer
se sorti di Terze, & di Seste minori, che è disor
dine grandissimo il pensarlo non che il dirlo.
&
più nascerebbono di questi tali inconuenienti, se
fusse vero che noi cantassimo tra corde stabili i
Tuoni di più grandezze; ilche a dire è la più in
sipida cosa che mai huomo imaginar si potesse:
perche in prattica non è stata, non è, & non sarà
mai, come demostratiuam
ente io ho prouato nel
page 111mio
Dialogo dell'antica, & della moderna musica; ma tra le mobili è verissimo che vi sono in potenza, com'io sono per dimostrare al suo luogo.
Laquale conosciuta da Aristosseno, fu meritamente detestata. Credo che questo grand'intelletto,
auanti ch'egli ordinasse il suo Sistema, hauesse
considerato & molto bene auuertito ciascun minimo accidente delle dette due famose Distribuitioni, & in particolar questi.
In quella di Pitagora , vedeua il maggior Semituono tenere del tuono la parte acuta, & la graue il minore; & per il
contrario in quella di Didimo il minore teneua
l'acuta, & il maggior la graue. vedeua in oltre il
Tritono Pitagorico superare la Semidiapente; doue
questa nella Distribuitione di Didimo è di quello maggiore; le qual cose conosciute da Aristosseno, & per inconuenienti reputate, si risoluette
che nel suo Incitato vi fusse vn solo Semituono,
che fusse l'intera metà del Tuono, & misura comune di tutti gli altri interualli, & Diatonici, &
Cromatici. volle in oltre che de suoi Tuoni, ne
contenesse l'Ottaua sei, & de Semituoni dodici,
& che gli vni & gli altri fussero vgualmente capaci della medesima quantità di suono; de quali
compose poi tutti gli altri interualli del suo Sistema.
quello adunque che constaua d'una di que
ste dodici parti, lo nominò Semituono, ilqual
vien detto ancora seconda minore, a differenza
della maggiore che è quella che ne c
ontien due,
page 112detto da lui Tuono. quello che consta di tre, è la
minor Terza, considerata poi in vn Tuono et in
vn Semituono. la Maggiore ne c
ontien quattro,
quantunque ella si consideri principalm
ente con
star' di due tuoni. la Quarta consta di cinque di
essi Semituoni, & vien considerata in due Tuo
ni & in vn Semituono. il Tritono & la Semidiapente ne contengono sei per vno: ma quello vi
en
considerato tra quattro corde nel contenuto di
tre Tuoni, & quella tra cinque in due Tuoni &
due Semituoni: gli estremi suoni di ciascun de
quali, hanno tra di loro la medesima proportio
ne che ha la costa del Quadrato al suo Diame
tro. la Quinta poi contien sette de i detti Semi
tuoni, o vogliamo dire tre Tuoni & vn Semi
tuono. la minor Sesta ne contiene otto, o pur di
remo constare di tre Tuoni et due Semituoni. la
Maggiore ne contien noue, quantunque ella si
consideri composta di quattro tuoni et vn' Semituono. la Settima minore consta di dieci, o pur
diremo contenere quattro Tuoni et due Semi
tuoni. la Maggiore ne contiene vndici, o uoglia
mo dire c
ontenere cinque Tuoni et vn Semituo
no. l'Ottaua vltimamente consta di dodici, o
pur diremo ch'ella contiene cinque tuoni e due
Semituoni.
hora questa Distribuitione, non solo
parue ad Aristosseno ch'elle hauesse sgombrato
da se tutte l'imperfettioni ch'io ho dimostrato
nascere nelle due altre; ma ch'ella fusse ri
page 113piena di
quelle perfettioni maggiori che desiderar
si poteuano.
I Semituoni della quale, se noi gli
applicheremo per modo di fauellare alla Libbra
nostra ordinaria di dodici once, saperemo l'esat
ta misura, o peso (che per modo di essempio lo
vogliamo domandare) di ciascheduno interual
lo, per semplice o composto ch'egli sia. laqual co
sa nell'altre Distribuitioni ha t
anta difficultà, che
pochi prattici son hoggi, che senza molta fatica
ci sappin' dire (se b
en del c
ontinouo gli h
anno tramano) che parte sia dell'Ottaua alcuno degli inter
ualli che virtualm
ent'ella contiene. doue che nell'
Incitato d'Aristosseno, qual sia inesperto fanciullo, lo potrà per la semplicità della sua diuisione,
saper in vn subito. nella quale non è cosa quan
tunque minima, che sia otiosa, vana, inutile, o in
rationale, & ciascuna di esse sola, & accompagnata con quali & quante si voglino, si posson
porre in atto nel Contrapunto. ne altra Distri
buitione dimostrabile fuor' di questa, può trouarsi tra corde stabili, più semplice è più perfetta,
& più capace tanto sonata quanto cantata: doue
viene esattamente compreso dal senso che parte
sia del tutto ciascun'interuallo, con quella facili
tà & chiarezza maggiore che desiderar si possa.
ne è marauiglia, perche il subbietto della Musi
ca che è la voce & il suono, è quantità c
ontinoua,
& non discreta; & perciò in questa considerati
gli interualli musici, vi nasc
on tante difficultà &
page 114imperfettioni quando dimostrar si vogliono, tra
corde stabili, mercè delle molte diuisioni che far
si possano co 'l mezzo di quella, & non di questa
facultà.
ne da altro furono indotti gli Inuentori
di questo nuouo Contrapunto, a dire di seguitare la diuisione di Pitagora, & poi di Tolomeo;
che da Guido Aretino, & esso Guido dall'autorità di Boetio, & appresso senza pensar più oltre,
da Lodouico Fogliano & poi dal Zarlino. imperoche qual sia di mediocre ingegno che ostinatamente non voglia malignare, conosciuti gl'assurdi che ne apportano gli interualli musici considerati tra i numeri nella quantità
discreta & siano
pur qual si voglino (tra corde stabili come più
volte ho detto) confesserà che quelli che noi cantiamo hoggi in queste tante arie insieme, non hanno ne possano appatto alcuno hauere come si è
dimostrato le forme da essi numeri, & della grandezza medesima vna volta che l'altra.
Vengo
hora a dire, che l'essere il Tritono nella Distribuitione di Aristosseno, vguale alla Semidiapente,
corrisponde all'ordine delle consonanze. impe
roche hauendone tra esse di quelle che non han
no maggiore ne minore, come sono la Quinta et
la Quarta & perciò forse dette perfette, è pari
mente condecente che tra le dissonanze ve ne
siano delle si fatte; & queste sono il Tritono &
la Semidiapente. lequali dal priuilegio che elle
h
anno più dell'altre disson
anze (com'io dimostrò
page 115in vn'altro mio
Discorso scritto intorno à l'vso di
esse) non reputo indegne d'esser nominate dis
sonanze perfette. habbiamo in oltre la Settima
& la Seconda hora maggiori & hora minori, al
le quali conrisp
ondono la Terza & la Sesta della
istessa maniera variabili.
possiamo adunque da
questa variabilità degli elementi musici dire con
verità, che l'Vnisono ne rappresenti il centro, et
l'Ottaua la circonferenza d'vn cerchio; poiche
da essi impoi sono stati tutti gli altri drento a questi
estremi sonati, & distribuiti di grandezze diuerse. non habbiamo adunque altro perfetto interuallo, che l'Ottaua poi che lei sola (nell'Aritmetica & nella Geometrica facultà) è sempre contenuta dalla Dupla; doue gli
altri sono stati & sono
tollerati quando più et quando meno tesi della vera
lor' forma, che è quella secondo Aristosseno, che
lui gli dà nel suo Incitato, distribuito con il mezzo della quantità continua, sotto laquale vien
compresa & la uoce, & il suono, & non sotto la
discretta. & che la voce & il suono siano quantità
di tali, si raccoglie dal potersi diuidere qual sia
interuallo o cantato, o sonato, in due & più parti vguali, che nella discreta è impossibile. pare in
certo modo errore grandissimo, hauendo secondo il parer d'Aristosseno la via diritta, breue, piana & sicura da condurci al desiderato fine, il caminare per vna torta, lunga, montuosa, & incerta, dopò laquale ne anco si giugne ad esso.
Laon
page 116de sendo la spezie d'armonia che noi c
antiamo di
quell'eccell
enza che molti credono, n
on può a patto
alcuno esser'
quella di Pitagora, ne
quella di Didimo,
o di Tolomeo che dir la vogliamo, ne qual sia al
tra, ma sol
quella d'Aristosseno, se però
tra corde stabili come sono le sue ha da esser
questa
perfettione.
Potrebbe alcun'hora domandarmi, qual delle due
quinte consuoni più, o quella di Pitagora contenuta
dalla Sesquialtera, o quella d'Aristosseno che contiene sette dodicesimi dell'Ottaua che viene ad
esser alquanto minore. al che rispondendo dico,
che quando altra ragione non ci fusse, assai sarebbe che noi restiamo appaggati di quella che noi
vdiamo nello Strumento di tasti, che non solo è
minore della già mostrata nella Sesquialtera, ma
di quella che suona il Liuto che è l'istessa d'Aristosseno; le quali differenze ancor che minime,
son però comprensibili.
Di qui appare in certo
modo, che la Quinta di Pitagora sia alquanto tesa, quella dello Strum
ento di tasti alquanto rimessa et quella del Liuto che è in mezzo a queste
due sia la vera; che come habbiamo detto è la medesima d'Aristosseno: ancora che per il nostro
proposito hauremmo solo a cercar di dimostrare
qual sia quella che si adopera hoggi cantando, et
non qual sia più consonante: perche la Natura,
nelle sue operationi, non ha rispetto a questo o
quell'altro nostro comodo & fine, perche opera
senza cognitione. & quantunque il fine della
page 117Musica sia l'esser'vdita, & che in questa prattica
d'hoggi di c
antare t
ant'arie insieme, n
on si potesse dimostrare che quella che noi c
antiamo n
on è c
ompresa dalla Sesquialtera,
questo n
on importa alla Natu
ra più che gl'
importi che vna Cornacchia o vn Corbo viua trec
ento e quattroc
ento anni, et vn Homo
viua solo cinquanta & sessanta: ne di ciò merita
esser la Natura ripresa, ne conuien farne alcuna
doglienza. & questo è quanto mi è occorso trattare in fauore di Aristosseno.
Vengo hora per
maggiormente dichiararmi à dire, che la Quinta
contenuta dalla Sesquialtera, è più perfetta, più
suaue di qual sia altra forma; com'io per il mio
vdito dopò molte & molte sperienze (poiche c
on
altro mezzo migliore non so potersene hauer
certezza) ho giudicato. il che sendo vero com'è
verissimo, ne segue necessariamente che la spe
zie di armonia qual noi hoggi cantiamo, non sia
ne possi essere in modo alcuno, veruna delle mo
strate; ne altra che fin al presente sia stata dagli
huomini conosciuta, com'io sono al presente
per
far manifesto. & di quì cominciandomi dico, che
i Cantori bene esercitati, medi
ante la sonorità del
le voci & il perfetto vdito loro, canteranno sem
pre ch'ei vorranno, tutti gli interualli musici di
quella eccellenza maggiore che si posson deside
rare. laquale, come la semplicità, o l'arrog
anza de
gli huomini vorr
à in tutto & per tutto tra la sta
bilità delle corde, limitare con numeri, con linee
page 118o con altro; diranno sempre (mediante il non ha
uere gli strumenti artifiziali la medesima facul
tà & virtù degli Strumenti naturali) mille im
pertinenze.
di che so che non prendon marauiglia alcuna gli huomini di giuditio; per
iscorgere in molte altre cose della natura questa medesima difficultà. per lo che vengo a dire,
esser non men difficile a descriuer con parole, o
dimostrare realmente per via di numeri, o di linee
il Sistema che noi vsiamo nell'esatta sua forma
& proportione; parlo di quello che modulando
si canta in compagnia di molti queste tant'arie
insieme nell'eccellenza detta; quanto è difficile
con terminati periodi, è stabili canoni regolare
& proportionare tra di loro i moti de corpi celesti. & questa è forse buona parte della conuenienza che Pitagora giudicò esser tra la celeste
& l'umana Armonia.
Qual sarà adunque quel
Sistema che noi in tant'eccellenza cantiamo?
quello che per l'instabilità delle sue corde, non
può senza la detta fatica, esser da parole descrit
to, ne da linee misurato, ne terminato da nume
ri, & perche sopra di ciò non voglio al presente
fare vn' nuouo libro, come sarebbe dibisogno a
chi ben chiarir volesse tutte le difficultà & le du
bitationi che mi si parano innanzi per ben deci
dere ciascun particolare di questo nuouo fatto,
verrò per darne qualche poco di lume, a prouar'
demostratiuam
ente che i tuoni che si cantano so
page 119no di due, & i Semituoni di tre grandezze diuerse.
Anderò toccando in oltre superficialmente
alcun'altre cose al proposito, & di qualche momento, riserbando quello che di più si desidarasse di questo negotio, a migliore occasione. ilqual
poco di lume ci trarrà sicuramente delle tenebre
nelle quali siamo stati inuolti da che s'introdusse
il modo di cantare più arie insieme, sin ad oggi,
che i tuoni si cantino di due grandezze come io
ho detto, di quì si conosce.
Noi habbiamo due
parti che cantano questo interuallo C. c. di poi
facciamo ascender la parte graue per vna Quinta
in G. & per vn tuono l'acuta in d. dico quel tal tuono che s'è cantato tra c. d essere stato vn intero
sesquiottauo, & lo dimostro in questa maniera. tra
C. G è vna Quinta, & dal medesimo G. c vna
Quarta; laquale diuerrà quinta sempre che ella si
augumenti d'vn sesquiottauo, di che l'è venuta
augumentare la parte acuta nel passare di c in d.
si adopera adunque tra la c. d il tuono sesquiottauo, che è quello che si doueua dimostrare.
ch'
ei si canti vn tuono di questo minore, ecco ne
l'ess
empio. cantano due parti la G. d. fo dopò scender la G in C, & asc
ender la d in e. dico che sendo
la G discesa per vna quinta in C, che la d è ascesa
in e per vn tuono del sesquiottauo minore. &
che sia vero. due quinte aggiunte insieme cont
engano vn'ottaua & vn sesquiottauo di più, che fa
vna nona: di maniera, che sempre ch'essa nona si
page 120augumenti d'vn'altro sesquiottauo, diuerrà de
cima maggiore dissonante; perch'ella sarà della
grandezza medesima della replicata dell'antico
Ditono. talmente che se la Decima detta consuona, ne segue necessariamente che nell'andare la
parte acuta di d in e vi sia andata com'io dissi. con
vn interuallo del sesquiottauo minore. la C. e c
onsuona, vengo adunque hauer dimostrato il mio
int
ento, dalche ne segue, che s
endo due i Tuoni, tre
almeno douer
anno esser'i Semituoni.
Ma da quello che io ho dimostrato al presente, potrebbe il
Zarlino argomentando dire, ch'io habbia inauuertemente confessato cantarsi come lui dice, il
Tuono maggiore tra C. D. & il minore tra D. E.
il che affermo esser vero: ma tra di noi è questa
differenza. lui vuole che gli interualli siano contenuti (come per l'essempio del Monochordo
Sintono si conosce) da corde stabili, & io (come
pur hora ho dimostrato) da corde mobili. & lui
è mosso da quello che semplicemente ne scrisse
già Lodouico Fogliano, prestandogli senza più
oltre cercare, indubitata fede; & in vece poi di farci constare che fusse vero quello che lui ne disse,
ci haueua condotto il Zarlino con le sue Cantafauole, in mille più errori & in mille più confusioni di prima.
Laonde noi, mossi dalla verità,
fondata nell'esperienza della cosa, venghiamo a
far palese di nuouo il loro errore con diuerse Di
mostrationi. lui vuole che al Tuono minore suc
page 121ceda il maggiore, è a questo succeda quello; & io
dico poterne succedere della medesima spezie
tre & quattro l'vno dopò l'altro, anzi esser mol
te volte di necessità che questo segua. & sec
ondo
che più de maggiori, o de minori sono occor
si nella Cantilena, ascendendo, o discendendo:
si trouano i Cantori nel fine di essa hauere alza
te, o abbassate le voci dall'intonatione del suo
principio. ne perciò dico io, che tale accidente
cagionato da altro esser non possa: imperoche
può molto bene auuenir' ciò, dalla fiacchezza, o
gagliardia delle voci; o dalla più, & meno discretione de' Cantori nell'andare à consent
endo, o resistendo l'vno all'altro, mediante il molto, o il poco loro vdito. ma quando le voci sono vnifor
me, & con vgual discretione & giuditio de Can
tori esercitate, non d'altroue procede l'alzare, o
l'abbassare della Cantilena, che dalla prima detta
cagione.
& per meglio dichiarar la mia intenzione circa la positione de' Tuoni dico, che tra qual
si voglino corde capaci del Tuono, vi è in potenza il maggiore, & il minore; de quali le voci si
seruono secondo i comodi & le bisogne loro; co
me cambiando gli essempi dati, o trasportando
gli verso l'acuto, o verso il graue si farà maggior
mente manifesto chiunque sene piglierà cura.
& per far più conoscer questa verità, dico per le
addotte ragioni, di che se vna parte dopò l'ha
uer cantata questa corda a, discenderà in D, &
page 122che vn'altra in quel' mentre si parta di e, & va
dia in f per far con D aiutato dalla cifera detta
Diesis, decima maggiore, che l'interuallo che è
seguito tra e. f sarà minore di quando la parte
graue si partisse di E & andasse in b. mi c
ant
ando
l'acuta in quel mentre le due medesime corde
mostrate.
Che i Semituoni siano tre, si conoscerà
(oltre a quello che di sopra ne ho detto) da quel
ch'io sono per dire al presente. Se dalla Terza
maggiore si vuole andare alla Quarta, si adopera
necessariamente il maggior Semituono da questi
numeri contenuti 16. 15. se dalla Quarta si vuole andare al Tritono, si adopera il minore drento
a questi altri 135. 128. il qual non fu mai conosciuto dal Zarlino. & se dalla maggior Terza si
vuol'andare alla minore, o dalla minore alla
maggiore, è impossibile andarui senza l'aiuto del
Semituono minimo (inteso sin ad hoggi, per minore) che è contenuto da questi altri termini 25.
24. non senza ragione adunque ho detto, che le
Terze maggiori & le replicate dell'Incitato di
Aristosseno (mercè della lor lunghezza) non sodisfanno; poi ch'egli nel farle diuenir di minori
maggiori, le augumenta dell'intera metà del Tuono; & quelle che naturalmente son maggiori,
eccedono le minori della medesima quantità.
do
ue cantando noi, affine ch'elle interamente ci sa
disfaccino, le augumentiamo non dell'intera me
tà del Tuono, ne anco del minor Semituono; ma
page 123123
del minimo; perche di tanto naturalmente (per
cosi dire) vengon superate le minori dalle mag
giori. & quantunque io habbi dimostrato ser
uirsi le voci cantando di tre Semituoni, & di due
Tuoni necessariamente diuersi, & che di tal qu
antità d'interualli è forza ch'elle si siano seruite s
empre che bene hanno gl'altri di questi maggiori
composti & cantati, non perciò volle Aristosse
no nel detto suo Incitato, più d'vn Tuono &
più d'vn' solo Semituono. atteso che tal necessi
tà n
on fu da lui, ne da alcun'altro antico o moder
no Musico conosciuta; & vi è più nella maniera
che noi dimostrata habbiamo esser necessaria
mente.
non è ne può essere adunque la vera &
perfetta Distribuitione di corde il suo Incitato,
come credono alcuni che lusingar si lasciano dal
le molte sue apparenti mostrate comodità; ma
quella sola da noi vltimamente considerata &
auuertita prima, che da altri auuertita & considerata stata sia. nellaquale gli estremi degli inter
ualli consonanti, proferiti dalle voci o mediata
mente, o immediatamente da vdirsi nel medesi
mo tempo, vengon sempre compresi dal senso,
di quella misura che gli contiene la suprema
loro perfettione; se ben da quest'alcuna fiata (come n
on necessaria) si allontanano nell'esser prof
feriti modulando l'vno & poi l'altro estremo lo
ro dalla medesima voce; come quella che ne ri
spetto o relatione d'altra ha che glielo vieti, o di
page 124altro effetto cattiuo che cagionar' seco possa.
Dico adunque tornando a' Semituoni, che all'
minore, e al minimo auuien' l'istesso che de Tuo
ni ho detto; cioè ch'ei sono in potenza nell'istes
so luogo, & le voci adoperano hor questo, et hor
quello secondo che più gli accomoda. della qual
cosa il Zarlino, come
quello che non seppe troua
re doue impiegargli, mai ne ha mosso parola. &
pur quant'io ne ho detto di questo fatto, è secon
do i suoi principij, è termini & forme degli ini
terualli. è tornando al mio proposito, v
engo a di
re, che questo è vno di quei termini, alquale per
ancora con vno Strum
ento da un solo sonato, l'arte non è arriuata, & da lontano da nebbia offu
scato fu veduto inconfuso dal Fogliano prima, e
dipoi dal Zarlino, et ne scrissero quello ch'ei ne
seppero, et gli sene deue (come altra volta ho detto) hauer'obbligo, per hauer dato occasione di
far che si cerchi et forse si troui com'io spero per
la Dio gratia di hauer trouato la verità; ma la vo
glia che l'vn & l'altro hebbe del Sintono di To
lomeo male inteso da loro, gli fece sdrucciolare
nel mostrato errore per rimedio di che trouò il
Zarlino ne
Supplimenti, quelle sue chimere di
Naturale et d'Artifiziale. & qu
and'ei voglia acc
onsentire a quello che io ho detto et demostratiua
mente prouato, che credo non potrà far di me
no, io subito confesserò che quello che noi hog
gi cantiamo, conuenga più che c
on altra Distribui
page 125tione. c
on il medesimo Sintono di Tolomeo.
Qui
potrebbe alcuno domandarmi, in qual maniera
gli huomini con le voci loro cantino ne i medesimi luoghi i Tuoni & i Semituoni delle grandezze diuerse ch'io ho mostrato;
non essendone stati prima auuertiti come stati auuertiti non sono,
da' Maestri di questa prattica di cantare. al che
rispondendo dico. Quando s'impara di portare le voci, il Maestro fa cantar solo lo Scolare, o
insieme seco canta all'vnisono; fin tanto ch'ei
l'habbia bene apparate: & in quel mentre ha più
volte cantato fra l'istesse corde indistintamente,
hor'il maggiore, & hora il minor Tuono: & cosi
gli è auuenuto del Semituono minimo & del
mezzano: & dopò l'essersi cosi esercitato più
giorni, comincia a cantare in compagnia d'altri,
diuerse Cantilene. & perche di già ha suefatto
la voce a piegarsi più & meno a voglia sua; va dipoi piegandola hora verso il graue, & hora verso l'acuto in quella maniera migliore che aiutato
dal buono vdito, giudica di accordare perfettamente con gl'altri. ma perche spendo io parole
in cercar di persuadere vna cosa tanto manifesta? non vdiamo noi tutto il giorno cantare in
eccellenza, da quelli che ne anco conoscano qual
sia la differenza che è dal Tuono al Semituono.
& dalla Terza maggiore alla minore?
Et di quì
auuiene che i Maestri di cantare, dicano (quan
tunque non sappino la cagione, ma lo giudicano
page 126dall'effetto) non potersi a solo a solo apparar be
ne di cantare; & bisognar pratticarsi in compa
gnia di molti c
on la diuersità delle C
antilene a più
voci. con il qual modo dell'apparar di cantare
conuien'assai il modo dell'apprender' l'arte del
disegnare, & del dipignere.
Imperoche di questo
ancora s'appara prima (com'altra volta si è detto) a disegnare il naso d'vna figura, la boccha, l'orecchio, l'occhio, la mano & altro; & ciò fanno
quei tali hora d'vna & hora d'vn altra grandezza, & veduta, affine che applicar sappin' poi quelle tal parti, & al ritratto di Camillo, di Annibale; & d'altri proportionandole insieme ancora
nel fare vna pittura, o vn disegno di fantasia.
E
tornando alle voci dico, che dopò l'hauere appreso l'arte del ben cantare, possano a voglia loro & senza veruna difficultà, formare qual sia
interuallo musico di ciascheduna misura cantabile & sensibile. & che ciò sia vero, segno cene
sia l'esperienza, che giornalmente ce lo dimostra;
con vdirle vnire perfettamente cantando insieme con qual sia strumento, & siano pur contenute le corde loro da qual si voglino misure, &
proportioni.
Vedrem'hora se alcuno degli ar
tifiziali strum
enti suoni o possa sonare nella me
desima perfettione ch'io ho detto cantarsi, qual
sia Cantilena; per intelligenza maggiore di che
è prima da sapere, che nel temperamento dello
strumento di tasti ordinario & comune, è credi
page 127bile che da huomini di giuditio & ben'esercita
ti. nella musica, sia stato con diligenza cercato
più volte in diuersi tempi la perfettione degli
interualli: iquali huomini si risoluettero al fine
di acettargli & tollerargli tali quali noi hoggi
gli vdiamo: perche più oltre prud
entemente giu
dicorono non estendersi la capacità dello stru
mento con quella qualità & quantità di corde
dalle penne percosse. nel temperamento del
quale vengon realmente come in più luoghi ho
scritto, le Quinte rimesse, & le Quarte tese dal
vero esser loro: & le comportono si fatte, per
conoscer che di quanto si migliorassino queste,
di t
anto si peggiorarebb
on l'imperfette consonan
ze. i Liutisti poi conosciuta nelle quinte & nel
le quarte del detto strumento la mostrata imperfettione, o pur che a caso venisse lor' fatte come
più ha del verisimile, con il diuer so temperam
ento e positura de tasti dello strumento loro, ne tolson uia parte; ma tolson ancora uia nel far ciò,
parte del buono alle Terze & alle Seste.
Impe
roche le fecion tali, che di quella misura che si
costumano nel Liuto, sarebbono nell'Arpicordo
poco meno che intollerabili. & uengon tollera
te nel Liuto per la mollitie & delicatezza della
materia del mosso & del mouente, che son le di
ta, & le corde nel produrre & cagionare il suo
no. & qual sia che rimouesse queste cagioni con
il mettere al Liuto corde d'acciaio, & le percotes
page 128se con una o più penne; o nel mettere allo Stru
mento di tasti corde da liuto, fatte come sa cia
scuno d'intestini di Montone, rimouerebbe pa
rimente l'effetto; di che accertar' si può ciascu
no a uoglia sua con l'esperienza. assicurandolo
che temperando lo strum
ento di tasti com'il Liu
to, senza ri muouer le corde & le penne: o met
r
endo al Liuto corde come usa lo Strumento di tasti, & lo percuota con una, o più penne, si faran
no le Decime maggiori cosi poco grate all'udito,
& ui è più quelle che nasceranno con il mezzo
del Diesis, ch'elle saranno poco meno che intol
lerabili. Comporterebbesi il temperamento del
Liuto nell'Arpa doppia quant'in esso Liuto, &
più forse.
Lequal cose, ho io esperimentate molte uolte insieme con altri. Quegli ultimamente che uolseno negli Strumenti & Sistemi loro
(che per Sistema non intendo altro in questo
luogo che il temperamento d'uno Strumento)
le dette consonanze perfette nella suprema loro eccellenza, come le uolsono i Pitagorici; hebbono le dette Terze & Seste di maniera insopportabili; che non d'imperfette consonanze, ma
di dissonanze (come appresso i medesimi Pitagorici) nome si acquistorono; perche realmente
son cosi fatte.
Habbiamo fin quì dimostra
to che lo Strumento di tasti, il Liuto, il Sistema
di Pitagora insieme c
on quel di Didimo & di To
lomeo, secondo la descrittione che ne fa il Zarli
page 129no, non ci danno ne ci posson dare l'esatto di
quello che cantando ci danno le uoci, con tutto
che qual'in questa, & qual in quella parte gli
s'auuicini. dal che apertamente si conosce, che
il Sistema & il temperam
ento che usa per dir così
la Natura con il mezzo delle uoci humane, n
on è
ne può essere in modo alcuno uerun di quelli
che si son conosciuti sin'ad hoggi: ma solo quel
lo che noi per la Dio gratia habbiamo ultimam
ente conosciuto & dimostrato.
Si raccoglie in oltre che quanto più gli strumenti artifiziali hanno i Tuoni minori del Sesquiottauo, tanto più
si allontanano le Quinte loro dalla Sesquialtera
uera lor forma, & il medesimo auuerrebbe alle
uoci, sempre ch'elle si priuassero di esso. ilche è
un grande argomento che la uera forma della
Quinta sia la Sesquialtera; & quando non fussino in uso le consonanze imperfette, non occorreua altro Tuono del Sesquiottauo; diuiso ne'
due Semituoni Pitagorei.
Quali saranno ad
unque gli Strumenti che hanno la medesima facultà nel sonar' le Cantilene, che hanno le uoci nel
cantarle? tra quei di fiato è quello, che non ha
fori, come per essempio il Trombone. è tra
quelli
di corde,
quello che sonar si può senza tasti, com'è
la Viola; & la Lira se ben
quelle imperfettam
ente:
& quando i Cantori cantano insieme con altri
istrumenti che son priui di questa facultà; a' qua
li i tasti & i fori pongono per modo di essempio,
page 130freno e termine a gli interualli, come ancora pose l'arte questa medesima limitatione al Sistema
di Tolomeo, & a quello d'Aristosseno, & altro
ue, vengono per il desiderio d'vnire, a deuiare in
quel mentre dalla lor propria virtù & natura;
andando acconsent
endo con il perfetto loro, alla
resistenza fattogli dall'imperfetto di quelli. dal
che liberate si le voci, tornano nell'esata loro perfettione & potenza di prima; laquale (rimossi
gli impedimenti) pongono in atto a uoglia loro.
& perche di sopra dissi che la Distribuitione di
Aristosseno sonata nel Liuto, & maggiormente
nello Strumento di tasti, le Terze & vi è più le
Decime maggiori vdire si fanno poco grate, &
in
particolar quelle che nascono con il mezzo de
il Diesis, ancor che realmente siano della misu
ra medesima delle naturali, ne renderò al presente la cagione; & ci sia questo per essempio.
Le
voci buone, son più sonore, più delicate, più perfette, più gustose, & cantano in somma meglio
gl'interualli musici, che gli suoni alcuno Strumento fatto dall'arte; nulladimeno, chi hauesse
a vdire cantar le note, & non le parole d'vna
Cantilena; ouero le note di vn Ricercare; più ben
sonate in vno Strumento come di tasti, o Liuto
ci piacerebbono, che non dalle voci ben cantate,
& questo auuerrebbe perche da gli huomini si
aspetta & si desidera più oltre, che è il discorrere & parlar cantando.
Quelle terze & Decime
page 131maggiori che poco ci satisfanno nel Liuto, &
nello Strumento di tasti meno che nel Liuto in
quella tal Distribuitione d'Aristosseno, sono tra
le corde per così dirle mobili, & non tra le stabi
li che son più di quelle tollerabili. & perche più
tra quelle, che tra queste? perche tra le stabili
& naturali non posson in vn certo modo essere
altramente gli interualli di quello ch'ei sono, ma
ben potrebbe quell'accidente farle di misura &
forma che meno ci dispiacessero.
Che apport'
adunque quell'accidente a detti interualli, che
cosi ci dispiacciono? Gli fa parere all'vdito più
de' naturali lunghi; & non senza ragione. impero
che la voce nel formare vna Terza, o vna Decima maggiore con il mezzo del Diesis, l'inacutisce meno che non fa quando con l'istesso accidente forma una quinta, come disopra habbiamo demostratiuamente prouato.
Ma perche mi
affaticho io tanto in questo, se il medesimo Ari
stosseno ne suoi scritti apertamente ci dice, esser
dissonanti tutti gli interualli minori del Diates
saron, e tutti quelli che sono tra il Diapason &
il Diapente? dal che apertamente si raccoglie,
che il fine delle sue Distribuitioni fu ciascun al
tro, che quello di fare le Terze & le Seste con
sonanti. & il medesimo si può credere di Didi
mo, & di Tolomeo. di maniera che degni di ri
prensione vengono a essere coloro, che vogliono
contro ogni douere, il perfetto, & l'esatto degli
page 132interualli musici da quelle Distribuitioni di cor
de che a patto alcuno non posson dargliele; ne
fu tale (quale coloro credono) l'intentione de
gli Autori di esse nel cosi ordinarle. & che dallo
Incitato d'Aristosseno in particolare, non si possi hauere tal perfettione, segno di più ce ne sia il
vedere gionalmente a Sonatori eccellenti di
Liuto & di Viola & in oltre musici, cercar' mo
di, & mezzi di tor via da i loro Strumenti (con
accrescerui tasti) la sopradetta troppo acutezza
delle Terze, & delle Decime maggiori.
Più ol
tre. Gli eccellenti Sonatori di tasti, tutta uolta
che nello Strumento loro hanno tirato le Quin
te nell'estrema loro perfettione, affermano di
trouare in esso com'è veramente, le Terze, & le
Seste dissonanti. laqual cosa argumenta, che la
Quinta del medesimo Incitato d'Aristosseno,
nel c
ontenuto di sette dodicesime parti dell'Ottaua doue lui la c
onstituì, n
on è nella vera sua proportione. ma si ben
quella di Pitagora dr
ento la Ses
quialtera. allequali
ragioni, aggiugneremo tra
le molte che io potrei dire, questa per vltima. è
impossibile nel modo del cantare hoggi queste
più arie insieme come più volte si è detto, che
l'vdito si appaghi della Diapason superflua vsa
ta come minore Nona, resoluta dalla Decima, o
dall'Ottaua, nell'istessa maniera ch'ei si appaga
della Nona resoluta da' due detti interualli. pa
tirebbe la medesima offesa il senso, nell'vdire la
page 133Diapason diminuita vsata in vece della nostra
maggior Settima, resoluta dalla Sesta. dal che ne
segue necessariamente che la spezie di harmonia
che si canta hoggi, non sia ne possia essere in mo
do alcuno il detto Incitato d'Aristosseno; quan
do bene si accompagnasse con qual sia de tre suoi
Cromatici: oltre che vna sola spezie di Semituo
ni d'vna grandezza medesima come volse lui nel
suo Incitato, (doue la minor Nona è della gran
dezza medesima della Diapason superflua, &
della diminuita la maggior Settima) n
on può dar
ci l'esatto della cosa, il che si è di già dimostrato.
Hor soluiamo per vltima quest'altra dubitatione, & facciamo di poi fine. Quando le voci tra
cinque corde del medesimo Sistema, hauessino a
produrre nel medesimo tempo tre contigue Sesquialtere insieme con una Terza minore consonante di che il Sistema come si è dimostrato non
è capace: qual partito piglierebbono all'hora le
voci? restrignerebbono tra di loro quelle tre quinte, tanto ch'elle fussin' diuenute della misura di
quelle d'Aristosseno; & cosi fatte darebbon luogo alla detta Terza minore di farsi consonante.
Fu cortese adunque, & non auara la Natura,
nel fare che nel Massimo Sistema, tuttauolta ch'
accadesse alcuna delle due necessità, si hauessino
da fare le Quinte rimesse, è tese le Quarte; poi
che tali sono tollerabili, & non per il contrario
con fare queste rimesse, & quelle tese.
Et questo,
page 134del presente mio
Discorso, sia suffiziente per
Fine.