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Title: Lucidario in musica

Author: Pietro Aaron

Publication: Girolamo Scotto (Venezia, 1545)

Principal editor: Anne-Emmanuelle Ceulemans

Funder: Université catholique de Louvain, Unité de musicologie F.N.R.S.

Edition: 2002

Department of Information and Computing Sciences Utrecht University P.O. Box 80.089 3508 TB Utrecht Netherlands
Copyright © 2002, Université catholique de Louvain, Unité de musicologie, Louvain-la-Neuve, Belgium; Utrecht University, Netherlands
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VIRGA ARON REFLORUIT.

NICOLAI COMITIS ARCITENENTIS EXASTICHON IN P. ARON LAUDES For a discussion of this poem, see Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 92.

Vivat Aron, saeclo sua virga refloreat omni,
Per quem oscura olim musica, nunc rutilat.
Ergo pulchra ferat tantorum dona laborum.
Praemia quis tanto digna neget capiti?
Vos vivum vates statua & decorate corona,
Post obitum sydus Dii facite esse novum.

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1545 Die 30 augusti in Rogatis.

La gratia & privilegio della Illustrissima Signoria di Vinegia.

Che per auttorità di questo consiglio sia concesso a Don Pietro Aron che per anni X prossimi, alcuno senza permissione sua non possa stampare, né far stampare, né vendere in questa nostra città, né in alcun luogo del dominio nostro, né altrove stampata, in quelli vendere l'opera per lui composta, titolata Lucidario in musica, sotto pena alli contrafacenti di perder l'opere & di ducati 200, da esser divisi per terzo fra il magistrato over rettore che farà l'essecutione, l'accusatore & lui supplicante, il qual però sia obligato di osservar tanto quello che per le nostre leggi è disposto nella materia di stampe.
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LUCIDARIO IN MUSICA DI ALCUNE OPPENIONI ANTICHE ET MOderne con le loro oppositioni & resolutioni, con molti altri secreti appresso, & questioni da altrui anchora non dichiarati,
composto dall'eccellente & consumato musico Pietro Aron del ordine de' Crosachieri & della città di Firenze. page 4

TAVOLA DI TUTTE LE COSE, CHE SI contengono nell'opera.

LIBRO PRIMO.
Intorno le chiavi di natura & di quadro. oppenione 1
Dell'ottava corda, chiamata G. oppenione 2
Circa il procedere delle mutationi. oppenione 3
Come il tropo si conosce per altra maniera che per arsin e thesin. op. 4
Delle terminationi regolate & non regolate. oppenione 5
Di alcuni tuoni da Marchetto non bene intesi. oppenione 6
Della medesima intelligenza. oppenione 7
Come le note sopra della sillaba la si possano chiamare. opp. 8
Di ut-re & re-mi ascendenti. oppenione 9
Sopra di alcuni processi ecclesiastici. oppenione 10
LIBRO SECONDO.
Nel proemio del secondo libro, cui veramente si convenga questo nome di musico
Delle due pause di tre tempi segnate. oppenione 1
Intorno la figura diesi. oppenione 2
Della conformità del diesi & del molle. oppenione 3
Circa la sillaba sopra della voce la. oppenione 4
Del punto & quantità di esso. oppenione 5
Del circolo & semicircolo col punto. oppenione 6
Del mi contro il fa nella perfetta simphonia. oppenione 7
Delle due consonanze perfette nel contrapunto l'una dopo l'altra poste. oppenione 8
Come l'una di due note continovate in spatio o in riga da alcuni è sospesa. oppenione 9
Di alcuni progressi da molti falsamente chiamati fuga. oppe. 10
Come i tre generi debbano incominciare dal tuono & non dal semituono. oppenione 11
Del semicircolo incontrario posto. oppenione 12
Se il semicircolo tagliato & non tagliato possono producere la doppia proportione. oppenione 13
Del tritono overo tetracordo maggiore ne' concenti usato. op. 14
Che il comporre della musica non è altro che pratica. oppe. 15
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LIBRO TERZO
Del tempo musico detto naturale & accidentale. cap. 1
Risposta allo eccellente Don Franchino intorno alcune sue oppenioni. cap. 2
Oppositione fatta dallo eccell. Messer Giovanni Spadaro. cap. 3
Dichiaratione di alcuni segreti nel contrapunto. cap. 4
Come il punto non può fare imperfetta una nota simile. cap. 5
Come il cantore dee osservare la misura ne' concenti & segni. ca. 6
Delle parti & imperfettione delle note. cap. 7
Altre considerationi intorno la imperfettione. cap. 8
Qual sia stato il primo e 'l secondo segno da gli antichi dimostrato. c. 9
De' quattro modi da gli antichi & moderni musici ordinati. cap. 10
Del tacito valore della massima. cap. 11
Oppenione di alcuni intorno la breve perfetta & imperfetta. c. 12
Perché la massima non ha pausa. cap. 13
Come il musico non ha riguardo di fare imperfetta più l'una che l'altra di molte note in un corpo unite. cap. 14
Oppenione & resolutione circa i mandriali a note nere. ca. 15
Oppenione & resolutione intorno le compositioni. cap. 16
LIBRO QUARTO.
Della musica dorica, lidia & frigia. cap. 1
Per che cagione sia stato trovata l'alteratione. cap. 2
Dubitationi necessarie intorno l'alteratione. cap. 3
Come si può formare ciascuna specie semplice & composta nelle due congionte. cap. 4
Delle sei sillabe considerate da A a F & da a G & da D a B & da E a C & da F a D. cap. 5
Del modo di procedere colle sei sillabe accidentali nello stormento detto organo. cap. 6
Domanda del molle in C & in F considerato overo imaginato. c. 7
Del in F collocato. cap. 8
Del segno del diesi in B & in E immaginato. cap. 9
Del diesi in E considerato. cap. 10
Della congionta del molle & del duro. cap. 11
Come in ciascun luogo della mano si possono trovare 30 mutationi. cap. 12
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ALL'ILLUSTRE SIGNOR CONTE FORTUNATO MARTINENGO, PIETRO ARON, MUSICO FIORENTINO.For a discussion of this dedication, see Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 87.

Molti giorni, illustre Signor mio, sono andato, pensando a cui questa novella opera mia di musica dovessi indrizzare, conciosia cosa che havendo la natura tante diversità d'ingegni al mondo prodotto, io temeva di non inviarla ad alcuno, l'animo del quale dal soggetto di quella alieno si trovasse, onde poi fusse non solamente non laudata, ma etiandio disprezzata. Ma tosto che V. S. a gli occhi della mente mi occorse, io presi ardire di doverla sicuramente sotto il felice nome suo dare in luce, percioché facendo continuo in lei un soavissimo concento tutte le vertù, non posso se non sperare che questo parto mio non sia da essa con lieta fronte ricevuto, senza che mi pare, che gran torto havrei fatto a me stesso a non dedicarla alla vertù & bontà vostra, peroché essendo io tutto suo, è convenevole anchora che ogni cosa che da me nasce sia sua. Et togliendola allei & donandola altrui, venerei non solo affare errore, ma anchora a cometter furti. Essa dunque accetti volentieri il picciolo dono che da me, suo devotissimo, le si porge - ma che dico - le si porge? Anzi come suo, le si rende, conciosia che tutto quel poco di sapere che in me si trova da lei proceda, come da quella che col chiaro raggio del valor suo illustra le oscur tenebre del ingegno mio.
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PIETRO ARON A' LETTORI

Potresti facilmente di noi dolerti, dottissimo & eccellente lettore, & forse far giudicio che fossimo degni di qualche biasimo, imperoché havendo noi già dato fuori il Toscanello in lingua volgare, hor questa presente ultima nostra opera, o trattato harmonico, nella istessa pure habbiamo mandato in luce, là dove che, et per variare, & perché essendo questo soggetto più grave di quello, era convenevole che fosse ancho trattato colla latina, come più nobile & degna della volgare, & come che io habbia ferma oppenione, che essendo la latina più honorata & in maggiore prezzo, li sarebbe stato più a grado che più tosto in questa la ti havessimo recata, che nella volgare. Tuttavia, soccorrendomi che tutto che appresso de' Romani fossero due lingue, l'una propia & natia, la quale era la latina, l'altra straniera & non naturale, sì come era la greca, nondimeno essi più volentieri scriveano nella loro, come più domestica & famigliare, che nell'altrui, dalloro meno conosciuta, ho giudicato, affine di giovare parimente a' dotti & a gli idiotti, che fosse bene nella lingua, la quale dalle nutrici appariamo, iscriverla. Et se alcuno dicesse che non si convenisse lasciare la più degna per scrivere nella meno, si risponde che non manco sarebbe disdicevole a colui che volesse scrivere nella più degna & honorata, per lasciare la sua propia et naturale, che sarebbe a colui, che volendo fare una casa più tosto in una città strana che nella sua propia, per essere più bella della sua & più riguardevole, là ne fabricasse, a laqual cosa fuggire m'insegnano i tre maggior lumi della mia patria, il Boccaccio, Dante & il Petrarca, & molti altri de' quali ciascheduno anzi ha voluto la sua lingua anchora povera arrichire, che all'altrui ampia poco giovamento apportare. Et appresso de' Latini, Cicerone, ilquale anchora che sapesse la lingua greca, pure volle più tosto nella sua scrivere che nell'altrui, appresso confortando i suoi Romani a romanamente scrivere. Considerate le sopradette ragioni, & appresso, che latinamente dannoi essendo composta, haverebbe per aventura portato seco maggior difficultà, conciosia cosa chell'oppenioni, le oppositioni & le resolutioni che in quella si contengono non sarebbono così da tutti state intese se noi le havessimo latinamente scritte, ci è paruto, per manco fatica di coloro ch'ella aspettano, di scriverla nel idioma nostro nativo, per la qual cosa ti piacerà, gentile & candido lettore, con lieto & benigno animo accettandola, di essa contento rimanere, quando non per altro mi sono mosso a questa fatica, che per solo desiderio di giovare altrui. Così Iddio felicemente ti conservi.
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PIETRO ARON ALLI SPIRITI ARMONICI ET GENTILI.

Fra tutte le arti & scienze, delle quali Iddio ottimo massimo fece dono a' mortali, poche al mio parere ve ne ha, & forse niuna, che siano non solamente di maggiore, ma di uguale diletto alla musica, conciosia cosa che abbisognando la miseria & imbecillità humana di qualche sostentamento per conforto & alloggiamento di que' tanti travagli & calamità, de' quali ella si vede piena, questa divina rapitrice degli animi nostri vie più di niuna altra ciò si vede prestare. Et per tanto havendo io a ciò riguardo & volendo, come colui che da tutta humanità non è lontano, in quanto per me si può, sovenire a tale imperfettione humana, ho preso nova fatica (come che ciò commodamente non si sia potuto fare senza oppormi) di raccogliere alcune oppenioni & sentenze, non solamente appartenenti al canto fermo o immisurabile, ma al misurato etiandio & variabile, la qual intelligenza può essere intesa in due modi: l'uno rispetto al canto fermo, ilquale per sé non considera più suoni o tempi in una sola figura o nota compresi o pronontiati, ma solo la qualità di duoi di essi l'uno dopo l'altro, con debito spatio con la voce espressi overo considerati, et anchora tal canto fermo non ha riguardo alla misura o al tempo preso nel principio del cantare, in parti ternarie né binarie diviso, ma sempre è permanente nella sua misura & valore, senza creare nella sua integrità altro numero né parti alcune; l'altro secondo il canto figurato, delquale le proportioni occorrenti fra le distanze regolate sono nella musica con arte essercitate, come è l'intervallo del tuono & lo spatio del diatessaron, & altri simili intervalli, lequali considerationi non hanno luogo nel canto fermo, del quale, piacendo a Colui che ogni cosa governa & regge, spirto gentile, ti daremo principio.
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PRECETTI DEL CANTO PIANO DA MOLTI NON BENE INTESI.

LIBRO PRIMO.

OPPENIONE I.

Molti hoggi si ritrovano, iquali fanno professione d'insegnare musica, de' quali alcuni dal diritto camino veramente si veggono traviare, conciosiacosa che da loro inconsideratamente sia preso quello che di sua natura sta altramente. Et incominciando dicono che nella musica immisurabile solamente si trovano due chiavi, la prima di F fa ut, come qui & la seconda seguente di C sol fa ut, per lo qual ordine preteriscono il vero modo, la qual cosa dannoi non solamente non è conceduta, ma da ogni mediocre musico è riprovata.

OPPOSITIONE.

A maggior intelligenza & cognitione di ciò che intendiamo di dimostrare, si domanda che è quello, che insegna al mercatante, o a chiunque va in viaggio, il luogo dove egli si ha da ristorare della fatica della passata via. Certamente tu dirai che egli è un certo segno apparente, il quale generalmente s'usa di porre dinanzi a tal alloggiamento, come sarebbe una testa, un sole, una luna, una spada, uno angiolo & simili, mediante i quali segni egli giudica quello dover essere il disiato albergo overo osteria. Similmente pel mezzo di tali segni o chiavi si harà notitia del proprio luogo di F et di C, come conferma il reverendo Don Franchino al ca. quarto di quel suo trattato volgare chiamato Angelico & divino, ove egli dice che per cognitione & dimostratione della settima estensione, cioè di F fa ut, si segna nel principio del canto sopra una linea una figura dimostrantesi con tre note, come dinanzi habbiamo dimostrato, et la undecima positione, cioè C sol fa ut, similmente con una figura apparente con due note, come di sopra si dimostra, le quai chiavi o segni daranno notitia della proprietà di natura & di quadro. Et benché nel detto capitolo da Franchino siano chiamate chiavi delle corde, non è però da intendere che esse siano chiavi delle propie corde, ma segni che dimostrano le positioni di F & di C. page 10

RESOLUTIONE.

Veduta chiaramente la verità di quello che di sopra è stato detto, dico, che dato che tali segni o chiavi siano permanenti in F & in C, non seguiterà però che essi siano appropiati al luogo di F grave né di C acuto, perché la positione di F & la positione di C hanno le loro naturali & propie chiavi, come ogni musico afferma che ogni lettera in musica è detta chiave, per la qual cosa diremo che in F & in C saranno due chiavi & non una sola: la prima la lettera, la quale è F, & la seconda la chiave delle tre note dimostranti la proprietà di natura grave, la quale è la sillaba ut posta nel C grave, perché rimosso tal segno o chiave, sarebbe occolto dove fosse creata. Similmente il luogo di C acuto harà due chiavi, la lettera C & quella delle due note, a confermatione delle quai cose, Giovan Tintori in un suo trattato dice che F fa ut si è un luogo, la propia chiave del quale è la lettera, et similmente C sol fa ut è un luogo, la chiave del quale propiamente è la lettera, le quali lettere sono un reserramento di tutte le corde over positioni della mano; per tanto sarà di soverchio & vano dare al luogo quello che non si conviene.

OPPENIONE II.

Molti acutissimi & eccellentissimi musici hanno havuto oppenione chella positione di G sol re ut ottava sia grave secondo l'ordine della nostra mano, nella quale nasce la propietà quarta di quadro acuto, la qual cosa chiaramente in contrario essere si vede, perché ove la positione fosse detta grave, per conseguente anchora seguirebbe chella propietà fosse detta grave & non acuta, il che non può star a modo alcuno, perché due contrari in un istesso tempo non possono haver luogo nel medesimo subietto; alla qual cosa rispondono che tutto che la positione di G sia grave, che però la proprietà è acuta, posto che essa sia nel luogo del detto G, perché essa propietà non è altro che un ricoglimento di sei sillabe, cioè di ut-re-mi-fa- sol-la, della qual aggregatione o raccoglimento, la prima sillaba ut è capo & fondamento di tutte le seguenti allei, & per tanto, per essere più note nelle parti acute che nelle gravi, dicono essa essere acuta & non grave.

OPPOSITIONE.

Se haveremo consideratione a quegli che tengono la sopradetta oppenione, certo vederemo le positioni della nostra mano dalloro esser divise in 8 gravi, overo secondo l'ordine del Greco in 7, le quali han principio in proslambanomenos dannoi chiamato A re, et seguitando in 7 acute & 5 sopracute, per lo qual ordine si vederanno nascere non pochi dubbi, percioché le parti gravi possederanno quattro proprietà dissimili: la prima nella prima corda chiamata Gamma ut, la seconda in page 11C, la terza in F, la quarta in G, chiamata da loro acuta, per la qual partecipatione le parti gravi soverchieranno le acute & le sopracute. Per tanto non si conviene torre al grave per dare all'acuto, ma corrispondere all'una parte & all'altra, cioè due proprietà di quadro al grave et una alle parti acute. Là onde si vede non poter essere quello, che dalloro è dimostrato, non ostante che maggior quantità di note siano nelle parti acute, per lo qual fondamento essa non sarà detta acuta, ma grave, perché ogni derivativo tiene della natura del suo primitivo o positivo.

RESOLUTIONE.

Veduto tal fondamento di costoro, non è dubbio che se dalloro sarà domandato la proprietà del quadro acuta & non grave, per le ragioni disopra dimostrate ne risulterà grande confusione, per lo qual modo sarà di necessità rimovere la proprietà del molle di grave in acuto, conciosia cosa che la detta propietà tenga maggior parte di sillabe o note cantabili nelle parti acute che nelle gravi, nella qual cosa si vede chiaro chella oppenione di sopra allegata non ha convenienza alcuna, né fondamento ragionevole, perché due propietà del molle resterebbono acute & sopracute, dove primieramente era la prima grave, la quale quivi ha il suo nascimento. Adunque, per rimovere i dichiarati inconvenienti, avertirai te esser costretto dividere la tua mano in 8 gravi & 7 acute & 5 sopracute, col principio in Gamma, prima corda, & la fine in ottava detta G; et per tal modo G sarà grave, con la propietà grave, per essere collocata nelle positioni o luoghi gravi, et così essendo il quadro acuto, sarebbe detto in G nascere la propietà del quadro acuto & in F primo la propietà di molle acuto & non grave, & per tener retto ordine sarà detto così:
  • la propietà di quadro rispetto al luogo, grave;
  • la proprietà di natura, grave;
  • la propietà di molle acuto, grave;
  • la proprietà di quadro acuto, grave;
  • la propietà di natura, acuta;
  • la proprietà di molle sopracuto, acuta;
  • la propietà di quadro sopracuto, acuta.

OPPENIONE III.

Egli è certo & manifesto che molti si ritrovano, iquali con poca diligenza danno principio intorno le mutationi, prevaricando l'ordine che ha concesso ogni eccellentissimo musico, perché non considerano la facilità, laquale si richiede a un nuovo discepolo, come sarebbe trovando tal processo da A re grave insino ad A acuto. Da loro sarà detto re, et seguitando mi-fa-re-mi-fa-sol-la, et discendenpage 12do, la-sol-fa-la-sol-fa-mi-re. Et il medesimo modo osserveranno da mi, positione 3, ad A, positione 9, dicendo mi-fa-re-mi-fa-sol-la, et discendendo, la-sol-fa-la- sol-fa-mi, il quale ordine o modo da noi non è conceduto, come quello che non è commodo al canto piano, vuoi dir fermo.

OPPOSITIONE.

Se colui al quale tu darai principio ad insegnare non sarà alquanto instrutto di tali mutationi, senza alcun dubbio gli partoriranno non poca confusione, perché da A re detto grave, procedendo compostamente o continovatamente insino ad A acuto, non sarà di necessità mutar la nota in D grave, né meno, discendendo, in E, pur grave. Similmente da mi ad A acuto non si conviene mutare in D la sillaba sol nella sillaba re, né discendendo in E mutare il mi nella sillaba la, perché tal modo non si osserva nella musica piana, ma è contro le institutioni di ogni scientiato musico.

RESOLUTIONE.

Chi ben considera troverà, chella musica senza misura circa le mutationi di necessità conviene essere non poco differente da quella detta misurata, percioché il cantore sempre cerca di procedere col commodo suo, il che non aviene a colui che al canto fermo vorrà dar opera, per la qual cosa le mutationi del canto fermo saranno dissimili da quelle del figurato. Per tanto volendo procedere da A re grave ad A acuto, non sarà necessario mutar la nota o sillaba del D grave, la qual se dice sol, nella sillaba re, ma indugiare insino attanto che arrivi alla corda di E la mi, & del la cangiarla nel mi, dicendo la-mi in un medesimo tempo; & discendendo da essa A acuta ad A re grave, dirai la-sol-fa-mi-re, & la sillaba ut muterai in fa, dicendo ut-fa in un istesso tempo, & seguitando mi-re. Così procedendo da mi grave ad A acuto, muterai la sillaba la, la quale è in E la mi, nella sillaba mi, pure a un tempo medesimo, & discendendo come di sopra hai compreso. Et questo modo & ordine è necessario & non come a te piace, perché le mutationi mai non si debbono fare se prima la necessità non te costrigne, come afferma Guidone Aretino dicendo: Mai non si dee fare la mutatione, se non astretto dalla necessità. Là onde non sarà necessario mutare il sol nel re del D grave, ma la sillaba la di E la mi nel mi, come da Marchetto (che che gli altri si habbiano creduto) rettamente è stato dimostrato, dicendo: La mutatione si è un variare del nome della voce in un'altra nel medesimo suono. Et similmente Franchino al cap. 4 della sua Pratica dice chella voce non si cangia in un'altra voce per l'ascendere, né per lo discendere, ma la sillaba sì bene in altra sillaba, & la propietà overo qualità in altra qualità, la quale intelligenza solo appartiene al canto figurato & non al fermo, perché le mutatiopage 13ni del canto figurato sono governate dalla commodità, & quelle dal canto fermo dalla necessità, come la figura dimostra.
la mi ut fa la re ut sol la mi ut fa

Essempio per cagione delle cose di sopra raccontate.

OPPENIONE IIII.

Trovo in un Trattato di musica immisurabile dell'eccellente Marchetto Padovano, al cap. 3 ove tratta de' modi, che egli dice che il tuono non si conosce solamente per lo ascenso & per lo discenso, ma anchora per altre ragioni, allegando tale regola, che un canto havrà il suo discenso & mancherà dell'autentica ascensione, & nondimeno tal tuono o canto non plagale ma autentico sarà giudicato, come è il risponsorio Sint lumbi vestri precincti & altri simili. Et appresso egli dice che si può trovare un canto, il quale sarà del terzo tuono, sotto il fine del quale si può aggiongere una voce, la quale sarà la fine del primo tuono, per lo qual rispetto egli non vuole che sia primo, ma terzo, percioché se primo fusse detto, parebbe chella detta voce aggionta sotto il fine havesse più potere che i principi & le distintioni & le specii di essi, la qual cosa egli dice essere falsa.

OPPOSITIONE.

Le ragioni di sopra allegate di Marchetto conchiudono che i tropi over tuoni non solamente siano giudicati per lo ascenso et per lo discenso, ma anchora per lo transito delle spetii, et a corroboratione di ciò dice che nell'allegato risponsorio Sint lumbi vestri precincti et in altri simili sono certi pentacordi congionti, o quinte che chiamar gli vogliamo, i quali hanno forza di rimovere esso risponsorio de plagale in autentico per lo potere di esse spetii, come anchora dannoi fu dimostrato al cap. 31 de Institutione harmonica, per la quale autorità dice che un canto, il quale havrà forma overo compositione atta al terzo tuono, che esso canto, dato che habbia il fine nella regolar sua positione, sarà chiamato terzo et non primo, tutto che allui sia page 14aggionto nel grave il tuono sesquiottavo, il quale è constituito in D grave. Et dice che se sarà giudicato primo, che 'l musico sarà detto cieco & essere in errore, al fondamento del quale sarà dannoi in contrario opposto.

RESOLUTIONE.

Il sopra nominato Marchetto male considerò le predette cose, considerando chella forza delle spetii possa generare due effetti, primieramente mutare il tuono di plagale in autentico et e converso, et secondariamente mutar la positione in un'altra, alla quale oppenione io non assento a guisa alcuna, perché le specii de' diapenti congiunti apparenti nel processo del risponso Sint lumbi vestri etc. fanno un solo effetto, cioè mutano il canto di plagale in autentico, senza mutare la sede over positione regolare, & in contrario, del che tal tuono o canto, per cagione delle specii & del fine, sarà del primo tuono, & del secondo per causa del discendere. Ma se vogliamo procedere per lo tuono et dargli il fine in D grave, dico che tal canto da niun dotto non sarà mai chiamato terzo, ma primo commisto, perché ogni regola vuole che il primo & il secondo tuono finiscano & terminino regolarmente in D, la qual cosa essendo così, male dallui è futo considerato esser terzo, percioché se questo fusse vero, si derogherebbe a ogni altro modo appartenente a' tuoni commisti, come egli conferma al cap. 2 in ultimo, dove dice: Quello è detto tuono commisto, il quale essendo autentico, havrà altre spetii che del suo plagale, & al contrario essendo plagale, havrà altre spetii che del suo autentico, per la sentenza del quale conchiudo che il terzo tuono non havrà mai luogo regolarmente per cagione delle spetii in altra positione che in E grave, ma in D, non mai.

OPPENIONE V.

Tutti coloro i quali di musica hanno trattato intorno le terminationi de' tuoni regolari & irregolari appartenenti al canto fermo conchiudono quelle essere otto: D, E, F, G gravi, et A, mi, C, D acute, nelle quali ciascun di loro potrà terminare, come per noi al cap. 32 del primo libro de Institutione harmonica con alcuni precetti non s'è tacciuto. Et perché molti hanno varie oppenioni di tale irregolarità, dicono tali terminationi non essere ragionevolmente considerate, per non trovarsi in esse quella sorte di compositione, che a quelle si conviene. Onde dice Marchetto Padoano in quel suo Trattatello della immisurabil musica, al cap. 4, le seguenti parole, le quali come ne gli altri luoghi ci è accaduto, habbiamo fatte volgari: Ma potrebbe dire alcuno, perché la prima spetie del diapente non è constituita in A re grave, la quale è composta del tuono & del semituono et di duoi tuoni, et appresso perché non finisce nel medesimo luogo il primo tuono e 'l secondo, & seguentemente le altre spetii, dallequali alcuni altri tuoni sono ordinati. Rispondiamo con più rapage 15gioni, et la prima si è, che possiamo, ascendendo da A re grave, incominciare la prima spetie del diapente, sopra la quale nondimeno la prima spetie del diatessaron a niuna guisa si ritrova; la seconda, che 'l suo plagale non havrebbe il suo discenso; la terza, che procedendo all'ascendere non potremmo havere la seconda spetie del diapente, percioché da mi grave ad F grave niuna spetie si ritrova. Oltre di ciò, se tal primo tuono finirà nella sua confinalità, sopra la detta prima spetie del diapente non si harà la prima del diatessaron, ma la seconda.

OPPOSITIONE.

Per le parole di sopra dette, il nostro eccellentissimo Marchetto Padovano conchiude che tali terminationi, per non haver le loro spetii overo compositioni, saranno indarno alla intelligenza & cognitione de' tuoni, conciosia cosa che la regola dica che ogni canto può terminare in ogni luogo della mano dove le specii si possono ritrovare, ma che tali tuoni per qualche accidenti sono trasportati alla regolarità over confinalità, nella quale certo si vede non potersi trovare regolarmente le spetii condecenti loro, come al cap. 32 del primo libro de Institutione harmonica dannoi è stato conchiuso, che terminando un canto in A acuto sopra il diapente, ne nascerà il tetracordo secondo & non primo. Et in mi acuto nascerà maggior discordia, perché dal detto B ad F acuto non sarà spetie di diapente retto, ma scemato & falso, & sopra il detto F nascerà un tetracordo superfluo overo duro tritono, et in C acuto un pentacordo non atto al quinto né al sesto tuono, ma al settimo et a l'ottavo; in D appaiono le spetii del primo et del secondo tuono, delle quali dimostrationi pare che ne nasca confusione grandissima. Et anchor che Marchetto dica chelle positioni non regolari, le quali da molti sono state concedute, siano vane et di soverchio, nondimeno habbi mente che non è così, ma sono atte alle spetii & compositioni loro secondo la irregolar natura, come seguitando intenderai.

RESOLUTIONE.

In questa dichiaratione saranno dimostrati alcuni accidenti che nascono per essere le positioni nelle parti irregolari, della qual cosa niuno non si darà ammiratione, percioché dice il sopranominato Marchetto al cap. 4 del suo Trattato: Se qualche tuono nascerà nella sua confinalità, tal procedere sarà sempre accidente; & possiam dire che tal tuono è acquisito, percioché egli va acquistando le sue spetii per la varietà de' segni del rotondo & del quadro; & in ogni altro luogo dove propiamente esse spetii termineranno, dico che se 'l primo & il secondo tuono termineranno in A acuto, & il terzo e 'l quarto in B, & il quinto e 'l sesto in C, & il settimo e l'ottavo in D, tali terminationi non saranno nominate vane né di soverchio, ma sieno luoghi atti a conservare a ciascun tuono quello, che allui si conpage 16venerà. Per tanto si risolve che se alcun canto terminerà nella corda o positione di A acuto, sarà primo o secondo tuono, & essendo la corda irregolare, conseguentemente le spetii loro saranno accidentali, come da A la mi re acuto ad E la mi & dal E la mi acuto ad A sopra acuto, colla seguente figura, , in F acuto. Se anchora terminerano in mi acuto, diremo essere del terzo & del quarto tuono, perché formando il presente segno in F acuto, da esso F acuto a B acuto et da F acuto a B sopra acuto non sarà altro che 'l secondo diapente et il secondo diatessaron. Et terminando in C acuto, sarà del quinto et del sesto tuono, pur che paia la figura nel detto F acuto, per cagion della quale ne nascerà il terzo diapente & il terzo diatessaron. Et se finirà in D acuto, del settimo & del ottavo sarà giudicato, perché ponendo la figura come qui, , in F acuto, là dove prima era natural diapente, cioè re-la, esso diventa quarto, & sopra il primo diatessaron, col qual modo & ordine sarà composto ciaschedun tuono irregolare o vuoi accidentale, come nella presente figura intenderai.

OPPENIONE VI.

Quegli che trattano della intelligenza appartenente a tutti i tuoni del canto immisurabile veramente sono concordi in una sola et vera volontà. Et perché alcuni di essi hanno diverse oppenioni, fa mestieri alcune cose dichiarare, massimamente intorno al tuono ordinato perfetto et anchor al misto. Essi dicono, che page 17se un canto terminerà nella positione di D grave, & ascendendo al suo diapason & non più oltra nel grave, che 'l detto canto sarà protho imperfetto, perché non si dimostra sotto al fine colla proportione sesquiottava, il qual descenso di necessità bisogna che in lui si ritrovi, come ha creduto il nostro eccelente Marchetto Padovano nel principio del suo Trattato di sopra da noi allegato, la quale oppenione certo non val nulla, né da niun dotto è dimostrata.

OPPOSITIONE.

La oppenione di tutti gli autori è che ogni canto over tuono di natura autentica possa scendere sotto la sua fine un tuon sesquiottavo, eccetuando il trito, il quale secondo l'ordine è terzo autentico, perché scende allo spatio del minor semituono, il che se così fosse, seguiterebbe che 'l detto quinto tuono, per non poter havere il tuon sesquiottavo, come allui piace, restasse da meno del primo tuono, del terzo & del settimo. Et per conseguente non fosse mai perfetto, ma tale perfettione fosse attribuita al sesto soggiogale & minor di lui, la qual cosa non si conviene.

RESOLUTIONE.

E' parere di ogni musico che ciascun tuono autentico possa discendere sotto il suo fine un tuono sesquiottavo, & somigliantemente ogni plagale un tuono sopra la confinalità, overo semituono. Onde avertirai che altro è potere & altro convenirsi. Il dire può discendere non è di necessità, ma in libertà & di licenza della Chiesa. Là onde si conchiude, che se un canto ascenderà sopra del fine il suo diapason & non discenda il tuon sesquiottavo, non sarà chiamato altro che perfetto, perché tal perfettione sol si estende al numero di otto voci. Così ogni plagale, se non harà sopra il fine uno essacordo maggiore o minore, pur che ascenda al diapente & sotto il diatessaron, sarà detto perfetto & non imperfetto, come l'eccelente Franchino al cap. 11I.e. of the Tractatus secundus. di quel suo trattato volgare chiamato Angelico & divino dice, che ogni tuono o cantico composto precisamente della sua intera diapason è giudicato perfetto. Et nota che alcuni vogliono che i tuoni plagali per licenza & autorità della Chiesa possano havere, sopra l'ascenso del loro diapente, una sol nota elevata nel acuto per intervallo di un minore semituono overo di tuono, ma questo è ascritto a' tuoni soprabondanti & non a' perfetti, i quali sono considerati solamente nella pienezza del diapasonico sistemma, come per gli tuoni & modi antichi è dimostrato. Et a maggior confermatione, il medesimo al cap. 8 della sua Pratica in lingua latina replica tai parole: Ma noi, diatonicamente procedendo, stimiamo che non si debba sozopra rivolgere la naturale dispositione delle voci della mano, conciosia cosa che esse otto voci della consonanza del diapason stano distinte dalla misura della doppia proportione, la quale consiste di cinque sesquiottavi tuoni con duoi mipage 18nori semituoni, per la qual cosa non reputo necessario chella detta voce discenda sotto il suo fine, come non convenevole alla diapasonica harmonia, per l'autorità della Chiesa nondimeno da dover essere approvata. Per tanto sarà conchiuso che ogni tuono autentico, il quale harà un diapason sopra il fine, dato che non scenda oltre, sarà detto perfetto. Et se il plagale discenderà sotto il suo fine per un tetracordo & di sopra di esso fine non più oltre che per un pentacordo, sarà perfetto etiandio chiamato.

OPPENIONE VII .

Dice similmente il sopranominato Marchetto, che quando un canto harà maggiore ascenso che discenso, senza alcun dubbio esso sarà chiamato autentico, & se parte maggiore sarà nel grave, si dirà plagale, la quale oppenione da ogni auttore è confermata. Et per mostrare che ciò sia vero, dice che ogni canto terminato in D grave che ascenda insino a C acuto, avegna che se non una volta tocchi il B grave, sempre sarà del primo giudicato. Et se due volte il detto canto, tanto maggiormente del primo sarà detto; ma se tre volte ritoccherà il mi, non primiero ma secondo sarà detto, come dimostra la figura seguente.
Conchiude Marchetto intorno li essempi di sopra dallui dimostrati in questo modo: Il primo essempio dimostra il canto autentico, percioché egli ascende un tuono più oltre di quello che fa il plagale, & non discende se non un semituono più basso di quello che può discendere l'autentico. Nel secondo essempio appare il medesimo canto autentico, imperoché tutto che egli discenda due volte al semituono, il che non è lecito all'autentico, tuttavia i detti duo semituoni non aggiongono alla pienezza & perfettione del tuono, allaquale non può arrivare il plagale, percioché essi sono minori di quelli del genere enarmonico, & cantasi il detto canto per quadro. Appresso diciamo che tutto ciò che ascende sopra il primo B acuto, è della sostanza del primo tuono & non del secondo, percioché sì come è detto, il secondo per lo rotondo necessariamente si dee cantare. Nel terzo essempio è contenuto il canto plagale, percioché i tre semituoni, da' quali discende il tuono, quello soverchiapage 19no di un diesi, imperoché tre semituoni contengono sei diesi, & un tuono se non cinque di essi contiene, alle quai regole è da dover essere havuto riguardo in tutti i canti.

OPPOSITIONE.

Dannoi è considerato & fatto giuditio che ciascuno che harà tale oppenione, sarà contrario a ogni dottrinale modo, imperoché, havendo i dotti autori constituito & ordinato la natura & le differenze de' tuoni, ove quello che Marchetto intende fosse osservato, ne averebbono molti inconvenienti, percioché sarebbono estinti & annullati i tuoni misti imperfetti, sopra i quali domina la corda. Ma conciosia cosa che sia nota la sua oppenione, cioè che ogni tuono autentico di necessità debba discendere sotto il suo fine per lo spacio d'un tuono, & il plagale d'un semituono & d'un tuono sopra la corda confinale, ne nascerà confusione, come seguitando agevolmente intenderai.

RESOLUTIONE.

Se considereremo sanamente la natura, la qual si appartiene al mescolato tuono, troveremo Marchetto, in tutto quello che dallui per gli essempi di sopra è dimostrato, haver non poco trapassato l'ordine, conciosia che egli voglia che tali canti siano giudicati per lo continovo moto de' semituoni nascenti fra 'l C & il mi grave, & dice che 'l primo e 'l secondo essempio sono autentici, la qual cosa adiviene per cagione del tuono, il qual si dimostra fra 'l B e 'l C acuti, et appresso, per essere maggior del semituono nascente fra 'l C e 'l mi gravi, & per esser maggior parte nel acuto che nel grave, gli appella autentici, la quale oppenione, se fosse al proposito, sarebbe ragionevole, perché tutto che sia maggior o minor intervallo dal tuono al semituono, non si concede però tal oppenione a un processo simile, il qual si comprende potersi per lo ascenso & per lo discenso giudicare. Se ascende adunque alla settima voce dal suo finale, & dal medesimo finale nel grave al semidittono, non si vuole procaciare la quantità del tuono né del semituono, ma giudicargli per la loro corda, per essere uguali di imperfettione, come dichiara Franchino al cap. 8 del primo libro della sua Pratica, dove dice: Se un canto è autentico & che nel grave tocchi tutto 'l tetracordo del suo plagale, overo almanco due voci, tal canto sarà detto misto. Per tanto diremo il detto canto essere del secondo tuono misto & non del primo, per cagione del suo continovare, il qual si conosce nelle parti gravi, signoreggiando la corda, la qual sentenza è confermata da Guido Aretino in quel suo trattato chiamato Compendio di musica, dove dice: Ma quelli autentici, che discendendo si abbassano per un tuono o per un semituono o per un dittono, perciò che con loro plagali si mischiano, sono chiamati misti. page 20

OPPENIONE VIII.

Certo in me partorisce non poca maraviglia quando considero la trascuraggine di molti & molti, i quali volendo dar precetti nella frequentata musica, avolgono in mille errori gli ingegni di coloro che nulla sanno, percioché inconsideratamente danno per ferma regola che quella nota overo sillaba che sarà sopra la nota chiamata la, sempre sarà pronontiata fa, per la qual vana oppenione inducono il nuovo discepolo a una falsa intelligenza, come intender potrai, per la qual cosa sarebbe convenevole che con ragione & modo scientifico dimostrassono a chi vuole imparare, quando, & in che guisa tal regola si ha da usare, & se sempre, o non mai.

OPPOSITIONE.

La natura di alcuni principii et processi, per haver similitudine colla regola sopradetta, da molti non è ben intesa, imperoché da loro non è havuto consideratione alle neume, o discorsi ascendentio discendenti, né manco alle continovationi del canto fermo, ma solo badano alla ascendente nota sopra quella nominata la, per lo qual loro ordine è commesso errore, perché dato che una nota sia sopra la sillaba la, è necessario, inanzi che tu pronontii il fa, faccia giuditio come & in che modo egli proceda, il qual procedere ha ad essere quello, che darà nome del fa et anchora del mi alla seguente nota superiore a la. Desiderando io adonque rimovere quello che operar non si dee, non risparmierò fatica a dimostrarlo. Et seguitando dico.

RESOLUTIONE.

Il modo & ordine osservato da questi eccelenti musici quanto al procedere di sopra mostrato solamente consiste dal più soave & dal più duro, come è addire, il fa del molle & il mi del duro. Per tanto eglino considerano esser meglio il dire fa sopra la voce la, che non è mi, perché da A acuto a B, si fa tal processo per lo semituono minore, il qual di natura è molle, il perché non sarà di necessità in tai discorsi considerare il più soave, né il più duro, eccetto se non vi nascesse la spetie tritonale, nel qual caso saresti costretto pronontiare la voce fa sopra la sillaba la. Onde, non procedendo il canto in tal durezza, ti sarebbe attribuito ad errore, perché nel canto piano non se canta per molle altrimenti, se non per addolcire il tritono, come conferma Guido Monaco. Si conchiude adunque che se un canto procederà da D sol re ad A la mi re & a fa mi per un salto, o veramente continovate note, non una volta, ma cento sempre sarà cantato per la propietà del quadro, come appare nel essempio dimostrato dallo eccelente Marchetto Padovano, addotto in un suo trattato di canto fermo chiamato Della compositione de' tuoni per le loro spetii, al cap. 4, dove dice: Overo alcuna volta al C acuto, & alhora doppiamente, page 21perché overo ascende al predetto B acuto più volte, & al C acuto, overo ascende davanti che descenda al F grave, & sempre si canta per quadro, come qua. Dalle sopradette cose harai notitia come, et in che modo, ragionevolmente potrai procedere.

OPPENIONE VIIII.

Egli è ferma oppenione di ciascun musico che ogni mutatione terminata in ut, in re & in mi sia ascendente, come fa-ut, re-ut, sol-ut, sol-re, la-re, ut-re, mi-re & re-mi. Là onde, quanto alla dichiaratione di G, dicono che la sesta mutatione ut-re è ascendente del quadro nel rotondo. Et similmente re-mi di A acuto col medesimo processo ascende.

OPPOSITIONE.

Se dannoi sarà considerato l'ordine dal musico dato con semplice modo circa tali mutationi, cioè ut-re & re-mi, ascendenti dal quadro nel rotondo, certamente non ne potrà nascere se non qualche confusione, imperoché si vede essere molto in contrario, dicendo che ut-re & re-mi ascendano dal quadro nel rotondo, conciosia cosa che la propietà del quadro sia superiore al rotondo. Essendo adunque essa propietà del quadro nel G & quella del rotondo nel F, seguiterà quanto alla propietà che siano domandate discendenti del quadro nel rotondo, & non ascendenti, come dimostra l'eccelente Don Franchino al cap. 4 del primo libro della sua Pratica. Et perché egli ha solamente considerato la occorrenza & necessità del tritono, & il procedere con manco mutationi, ha biasimato l'arte, per accommodarsi ad uno altro effetto, il qual cagionerà nel G & nel A tre mutationi ascendenti & tre discendenti, la quale oppenione non solamente annoi non piace, ma etiandio è riprovata dallo eccellentissimo & dottissimo musico Messer Giovan Spadaro al cap. 10 della prima parte del suo Trattato sopra i dubbii del nominato Don Franchino, et similmente da noi al cap. 14 del primo libro de Institutione harmonica, nel quale con ragioni & efficaci argomenti habbiamo a questo contradetto, et mostrato potersi convertire lo ascenso nel discenso, secondo che saranno i processi.

RESOLUTIONE.

Veramente da ogni musico è conceduto chelle mutationi terminate in ut, in re & in mi siano ascendenti. Et perché si dice ascendere del quadro nel rotondo, page 22par cosa di vero molto contraria, perché la propietà del quadro è più intensa overo alta della proprietà del rotondo, et per tal rispetto dicono chella detta mutatione non ascende, ma discende. Et nota che questo dire ascende del quadro nel rotondo non ha da essere da te considerato secondo la positione più alta, o più bassa, ma secondo le propietà et note overo sillabe poste nella detta positione dal musico considerate. Onde, bisognando necessariamente mutare la sillaba ut nella sillaba re, conciosia cosa che l'ut sia del quadro & il re del rotondo, mostra che non sia conveniente che ella ascenda quanto alle proprietà, ma come habbiamo detto, non si attende alle proprietà più alte o più basse, ma al procedere delle note sopra la sillaba ut. Lasciando adonque la sillaba ut & cangiandola nella sillaba re, sarà rettamente detto che ascenda del duro nel molle, perché si lascia la nota del duro & si trasferisce in quella del molle. Per tanto egli è di necessità, chella sillaba ut si cangi nel re, per ischifare il tritono intervallo, come la seguente figura ti mostra, la qual sillaba altramente ascenderebbe a qualche altra nota intensa.

OPPENIONE X.

Nascono alcune oppenioni circa il terzo & l'ultimo Kyrie cantato & frequentato nelle feste semiduplicibus minoribus, come che da molti nelle ottave de' Santi sia costumato, il quale per essere in alcuni libri ecclesiastici per lo molle segnato, senza altra consideratione dicono che tale Kyrie non altrimenti che con esso molle dee essere cantato, come dimostra la seguente figura.

OPPOSITIONE.

Dannoi non è considerato né manco creduto che huomo dotto né mezzano tenga oppenione di tal processo di sopra mostrato, perché egli è manifesto che rimovendo le spetii, ne nascerebbe al cominciamento un processo non harmonico, ma aspro & duro alla convenevole pronontiatione. Et per quanto si estende il nostro discorso, è giudicato che coloro, i quali procederanno nel modo di sopra detto, saranno degni di emendatione, perché mentre badano solamente a schivare le mutationi, tal loro credere danna l'arte & contradice a' naturali processi, le quali dubitationi nacquero fra gli eccellenti musici della capella del Domo della magnanima & honorata città di Brescia. page 23

RESOLUTIONE.

Conosciute le ragioni e 'l fondamento debole di costoro, dico che mai da autore alcuno antico o moderno non fu ordinato né conceduto nella musica immisurabile cantare per molle, eccetto che nell'intervallo del tritono, il quale opponendosi spesse volte nel trapasso del quinto & del sesto tuono, i compositori hanno preso di segnar tali tuoni col segno del molle, per lo qual modo mutano il diapente del quinto & del sesto tuono in quello del settimo & del ottavo. Onde la regola dice che per niun modo si canta nel canto fermo per molle, salvo che per addolcire il tritono. Stando adunque questi fondamenti, non sarà necessario che tal concento debba essere cantato per molle, per la qual cosa quello che da noi è stato chiaramente dimostrato al cap. 4 del Trattato nostro della natura & cognitione di tutti i tuoni di canto figurato, si potrà a tal proposito adducere, che essendo tal primo Kyrie et il seguente Christe del ottavo tuono, non è cosa convenevole mescolar seco il secondo tuono. Per tanto si domanda, se un concento a quattro voci havesse una sola parte col molle segnata, come in alcuni canti si trova, se sarebbe inconveniente o no. Egli è cosa certa che da ciascuno sarà riputato errore, perché non è concesso cantare parte per molle & parte per natura & parte per quadro; pur nondimeno se dannoi questa tal oppenione ti sarà conceduta, risguarda quello che ne seguiterà. Prima, se tu darai il nome del mi alla quarta nota legata nel principio del concento, procedendo alle due in fa mi formate, per essere due volte continovato il fa, sarà un valico del dissonante tritono, perché il mi seguente non è vicino a quello di E la mi intenso. Procedendo con una sola nota nel detto fa acuto, tal dissonanza meglio serà tollerata, percioché appare il diapente secondo composto o continovato. Appresso un altro inconveniente ne nascerà se tu dirai fa alla sopradetta quarta nota; venendo alla nona, la quale è mi, sarà processo certo non troppo grato, & questo è per gli estremi del diapente diminuto, per la qual cosa, se bene avertirai, cantando per lo quadro grave, ne risulterà processo naturale harmonioso & grato; & qui si conchiude non ritrovarsi mai nel canto fermo concento alcuno il qual si cantasse per lo rotondo, essendo del primo o del secondo, terzo, quarto, settimo & del ottavo tuono. Et perché più fiate habbiamo considerato una nova oppenione di alcuni altri sopra il primo & il terzo Agnus Dei essercitati & dedicati alla solennità di Iesu Christo omnipotente & anchora nelle solennità de' dodeci apostoli, per essere al fine del nostro canto fermo, inanzi che di quello ci espediamo, daremo risoluta decisione. Molti dunque senza pensamento alcuno dicono, che tali Agnus Dei nel loro principio debbono essere cantati per lo molle, per cagione del tritono, come qui,
la quale oppenione è contraria a loro, perchioché procedendo da esso B acuto ad F grave, conciosia cosa chella settima, ottava & nona nota siano in cadenza, l'orecchio non patirà chella nota ottava posta page 24in F detto grave sia altrimenti che sospesa. Et perché si dice che la esperienza è maestra di tutte le cose, per essa verrai in luce della verità, percioché essendo sostentata overo sospesa, non ci sarà intervallo di alcuno diatessaron da esso F grave a B acuto, ma intervallo di dittono minore. Pur nondimeno, ove essi presumessero di non sospendere detta nota, egli è manifesto che ne nascerebbe un cotal errore, che li sarà da essa nota ottava alla duodecima un tritono, per lo qual modo tu sarai costretto procedere per molle dal cominciamento al fine. Onde per le ragioni di sopra allegate, giudicheremo da loro essere futo mal considerato, come fu anchora da quel padre, ilquale volle racconciare il graduale a penna di Santa Maria delle Gratie di Bergamo, nel quale egli segnò gli Agnus Dei sopra la positione di F del segno del quadro, come è qui, il qual segno certamente non è convenevole né inteso dallui, conciosia cosa che sua paternità solamente considerasse, che si dovesse procedere nel principio con le seguenti sillabe, cioè fa-sol- sol-la-la-sol-fa-mi-fa, & non avertì che il quadro grave non è conveniente in tal positione, come seguitando harai vera notitia; & questo è noto per la autorità di tutti i musici, i quali dicono che ogni tritono annullato si convertisce nel tetracordo terzo, ordinariamente. Si conchiude adunque che l'uno & l'altro modo è di soverchio & non concesso, perché tal segno per sé è naturale, & essendo naturale, non può creare alcuno accidentale, né lo accidentale alcuno naturale, come in fa mi si vede. Pertanto tal segno non harà altro luogo che nel mi grave & nel acuto & nel sopracuto; onde sarà necessario a tanti inconvenienti che 'l detto Agnus Dei resti formato come la figura che segue dimostra.
.
Fine del canto fermo
page 25

DICHIARATIONE DEL CANTO FIGURATO.

LIBRO SECONDO.

Molte volte si trovano alcuni, quali si prendono piacere & dilettatione quando odono il mischiamento di suoni overo di voci ottimamente pronontiate di qualche soave & sonoro concento. Là onde, per esser questi tali di natura vari, più tosto secondo il loro propio senso movendosi, che secondo la ragione, la vertù & peritia di tale harmonizzati concenti attribuiscono non al loro artefice & compositore, ma a coloro iquali all'orecchio altrui con l'organo della natura, o con stormenti per arte fatti, porgono tali dolci & ben modulati canti, di maniera che il semplice cantore & citharedo, o altri simili, da' quali l'opere de' compositori o musici sono manifestate & fatte note al sentimento dell'udire altrui, chiamano musici, sì come noi nell'opera nostra de Institutione harmonica al secondo capitolo del secondo libro alcune cose ne habbiamo dichiarato, la qual cosa veramente non è ammessa da gli huomini in questa facoltà dottrinati, perché come dal nostro Boetio al capo 34 del primo libro della sua Musica è stato detto: I cantori & citharedi & altri simili non debbono esser chiamati musici, percioché dice che il musico è quegli, il quale con ragione & intelligenza ha facoltà di comporre la harmonia, et il cantore & semplice citharedo è quegli che publica & fa manifesta l'opera harmonica composta & in luce prodotta dal musico & compositore con ragione di dottrina, di maniera che esso cantore & semplice citharedo sarà in comperatione del musico come è il banditore rispetto al podestà, dal quale i comandamenti & volontà di esso sono fatte note & manifeste & in publico addotte. Et però da molti ingegnosi & ottimi cantori alcuna volta habbiamo inteso, che loro pareva che quelli cantori fossero da dover essere poco stimati, i quali non intendevano quello che da loro era cantato, & che non immeritamente si poteano rassomigliare a coloro, i quali leggendo qualche cosa, quella solamente intendono alla corteccia & alla semplice struttura delle parole, senza alla midolla & al verace sentimento di quelle sotto esse nascosto penetrare, imperoché il semplice cantore, per una certa sua pratica, esprime & semplicemente conosce le note overo figure quantitative ne' misurati moduli essercitate, lequali con ragione alcuna dallui non sono comprese, né l'ordine di quelle, né la forza del loro valore conosciuto, il che non adviene del musico, dal quale non solamente è prodotto il tempo musico nella sua integrità essercitato, ma etiandio è considerato esso tempo accozzato overo molpage 26te volte in una altra figura overo nota preso, dal quale accozzamento nasce il modo minore & il maggiore. Appresso il detto musico tratta di esso tempo convenevolmente in parte separato, & come di tal suo separamento nascono due varietà di prolationi, cioè minore & maggiore, con molte altre sottilissime & acutissime considerationi & occorrenze da' dotti musici usate intorno l'ordine & positione della regolare numerosità constituita & ordinata nel numero binario & ternario, i quali numeri da' musici ciascuno per sé sono intesi & chiamati perfetti & imperfetti, la quale intelligenza & dimostrationi paiono a rozzi, oscure & quasi impossibili a comprendere, & che per ragione alcuna non si possino dimostrare, né essere intese.

OPPENIONE I.

In alcuni trattati, la oppenione di molti che hanno scritto troviamo, che essi per ferma conchiusione tengono & vogliono, che due pause di lunga messe insieme & composte di tre tempi habbiano a significare quello che da molti è chiamato modo maggior perfetto, per lo quale sarà la massima formata di tre lunghe & la lunga di tre brevi, posto che esse pause siano binarie, & a confermatione di ciò dicono, che due pause di semibreve insieme poste, come qui, appresso di ogni musico significano tempo perfetto, per la qual similitudine le pause di sopra nominate haranno forza del modo maggior perfetto, la quale oppenione, se fosse vera, sarebbe al proposito.

OPPOSITIONE.

Certamente è da considerare che fra le due pause di lunga di pari poste & fra le due di semibreve insieme dimostrate, non potrà essere alcuna diritta, né vera somiglianza, perché havendo le pause delle semibrevi origine & cominciamento dalla pausa di breve, la quale è invariabile, ferma & durante, come in molti capi l'eccellente Messer Gioanni Spadaro ha dimostrato, ne seguiterà che le due pause di lunga non saranno a quella similitudine, né manco potranno havere tal ordine né positione, per rispetto delle pause di sopra assegnate, però che la massima non ha pausa propia, ma si domanda doppia lunga. Et benché da noi sia stato detto al cap. 31 del secondo libro de Institutione harmonica, che ella sia pausa de massima, non è però da noi inteso così, ma la pigliamo per lo tacito valore di essa massima, & a più facile intelligenza l'habbiamo così nominata. Seguita adunque che non havendo detta massima pausa, esse non saranno simili alle due pause di semibrevi, le quali derivano dalla pausa di breve; & per conseguente la detta pausa, senza mutar forma, piglia valore di numero binario nel ternario, et la page 27figura massima acquista la sua valuta per la pausa di lunga più volte presa, la quale, dato che ella si trovasse, converrebbe esser variabile, & per tal modo, essendo il tempo over la breve perfetta & imperfetta, la sua propia pausa non occupa più né manco di uno spatio over di due righe; per le quali considerationi, volendo fare retta similitudine, bisognerà considerare la pausa della massima essere mutabile, posto che anchor la pausa di breve non fosse stabile, né per altro ordine considerata, per lo quale ne sortirebbe confusione non poca.

RESOLUTIONE.

Egli è manifesto, considerate le ragioni di sopra anotate, chelle due pause di lunga, formate di tre tempi insieme poste, non possono significare il modo maggior perfetto, né havere somiglianza colle pause di semibrevi mostrate, imperciò che, come conferma l'eccellente Messer Gioan Spadaro in un suo trattato, al cap. 14 della prima parte sopra i Dubbi del honorato Don Franchino, le due pause della lunga perfetta accoppiate & le due pause di semibrevi in una sola linea poste non hanno alcuna similitudine fra loro, però che le predette due pause di semibreve possono essere intese & considerate due terze parti della pausa di breve, la quale è ritrovata immutabile, là dove che le due pause di lunga non potranno essere accettate per due terze parti della pausa massima, la quale non è trovata, & ove pur anche fosse trovata, sarebbe mutabile & senza stabilità. Et imperciò sarà dibisogno che 'l musico overo componitore, immaginandosi il modo maggior perfetto, stabilisca a tal valore tre pause di lunga insieme poste, & non due, lequali per esser tre, dimostrano perfettione & per conseguente daranno alla figura massima la quantità perfetta, cioè delle tre lunghe, sì come la pausa di lunga di tre tempi mostra la lunga essere perfetta, alle quali sentenze ciaschedun dotto non si oppone.

OPPENIONE II.

Ogni compositore moderno & antico è usato di segnare la figura diesi ne' canti, massimamente quando intendono di sospendere alcuna spetie atta allo harmonico discorso, per lo quale ne nasce gratissima harmonia. Et però fermamente è necessario nelle cantilene a' luoghi loro debiti dimostrarlo, come dannoi al capitolo 20 del secondo libro del nostro Toscanello fu dichiarato, il qual segno dicono che opera & sostenta l'intervallo overo spatio d'uno appotome, così alla nota ascendente come alla discendente, il quale sostentamento appare quando al musico piace, essendo figura bisognevole & in poter di lui secondo l'intento suo, perché sopra una corda o positione può essere & no. page 28

OPPOSITIONE.

Certo si vede che tal figura diesi nella diatonica musica opera quello che di sopra è stato detto, anchor che molti dubbitando dicano che 'l diesi sostenta un spatio che esso non ha di natura, per la qual ragione non sono conformi alla oppenione de' sopra detti, conciosia cosa che essa diesi, come piace a Boetio al cap. 27 del libro secondo della Musica sua, non sia altro chella metà del semituon minore, et come dannoi anchora nel secondo libro del Toscanello nostro al cap. 20 fu dichiarato, perché volendo il musico usare la sostentatione dello appotome, il quale non opera quello che dallui è inteso, gli sarà necessario trovare una figura o segno atto & commodo allo intento suo circa tal semituono.

RESOLUTIONE.

Intorno la dichiaratione di sopra dimostrata della figura diesi, bisognerà considerare sanamente la varia natura, laquale in lei nasce, perché toglie & leva alla spetie, & anchora aumenta uno equale valore, così in ascendere come in discendere, et appresso che non sia di soverchio, ma necessaria & con ragione ordinata & constituita, conciosia cosa che la detta figura, tutto che ella si dimostri un mezzo spatio del minor semituono, impertanto opera nella nota la sostentatione dello appotome secondo la volontà del musico; et per esser differente l'essere & l'operar di quello, tal mezzo spatio del semituono minore sarà solamente necessario alla divisione del tuono, percioché dividendosi esso tuono in quattro diesi & un comma, esso sarà più della quarta parte del tuono reputato (benché alcuni lo dividano in cinque diesi), per la qual cosa considerato il tutto, vederemo alla operatione seguire un nuovo effetto, per lo quale volendo esso musico sollevare o inalzare la nota dallui considerata & immaginata, gli sarà forza prevalersi di tal figura diesi, alla quale sono ordinate tre positioni naturali, cioè nel C, nel F & nel G secondo il diatonico ordine, et questo affine di trammutar la specie minore nella maggiore, come da A a C & da D a F & simiglievolmente da E a G, allequali spetii, opponendosi la detta figura sotto di esso C et del F et del G, solleverà la nota per lo spatio dello appotome considerato, la qual nota, anchor che si dimostri per un fa, pure piglierà occoltamente la forza della sillaba mi. Onde essendo spetie di semidittono, diventerà per cagione del diesi dittono, perché quello che era semituon minore si trasforma nel tuono, & per conseguente procede per un tuono & per dui semituoni continovati, cioè pel minore & pel maggiore, gli quali dui semituoni continovati non hanno luogo nel diatonico genere. Apparendo adunque il detto diesi fra 'l D e 'l G, il tuono che cade page 29fra 'l F e 'l G sarà diviso per lo semituono maggiore nel grave & il minore nel acuto, per loqual ordine chiaramente si comprende la figura detta diesi essere acconcia alla sostentagione del detto spatio appotome chiamato.

OPPENIONE III.

La oppenione di alcuni altri è che la figura diesi & il segno del molle siano conformi & di niuna contrarietà tra loro, conciosia cosa che essi credano che tal diesi operi quello che dal segno del molle è operato, percioché dal musico sempre è inteso che la figura diesi nel discenso diminuisce & nell'ascenso accresca lo spatio dell'appotome, come da A a G & da D a C, & appresso da D a F & da E a G. Similmente dicono che il molle opera, perché accresce & toglie alla spetie lo spatio del detto appotome, come da C acuto a quadro acuto & da C acuto ad E la mi acuto, come la figura che segue dimostra.
Tutto che la figura habbia dimostrato come il diesi & il molle sono conformi nella operatione dello spatio maggiore detto appotome, non per tanto sono dissimili quanto all'effetto, conciosia che l'uno & l'altro toglia & accresca alla spetie il semituon maggiore, non ostante che essi adoperino in contrario, ma perché essi sono differenti di forma, varieranno lo effetto dello spatio essercitato & per conseguente non haranno propia similitudine, come seguitando intenderai.

OPPOSITIONE.

Chi ben vorrà considerare, troverà certo chella figura diesi & il molle non haranno fra loro convenenza né retta similitudine, perché altro è l'effetto & altro è la operatione. Quanto all'operatione non ha dubbio, che l'uno & l'altro non toglia allo spatio sesquiottavo lo appotome & di minor sepage 30mituono non lo convertiscano in tuono, i quali effetti si conosceranno tra loro essere contrarii, & questo accaderà quando il musico, per cagione di necessità & per far migliore consonanza, sostenterà & inalzerà la nota dallui intesa, così nell'ascendere come nel discendere, per laquale sostentagione, o inalzamento, si volgerà la spetie naturale nella accidentale, come appare nel principio della sopra posta figura, nella quale si procede per dui tuoni continovati, sotto i quali appare in che maniera il musico intende che tali tuoni siano convertiti in dua semitoni minori, & similmente come il seguente tuono colle due spetii semidittonali nella spetie & forma del dittono sono da dover essere considerate, i quali semidittoni & tuoni, essendo pronontiati, conserveranno il nome, ma in vertù muteranno la spetie. Onde quanto alla operatione hanno parte di similitudine; tuttavia si vede chiaro, che all'effetto, operano in contrario, & quinci nasce che la figura diesi sempre nel discendere toglie & nel ascendere accresce, alqual effetto & operatione il molle è contrario, percioché nel innalzare menoma & aumenta nell'abbassare, come da F a mi quadro acuto, laquale è spetie tritonale, per laqual cosa conchiuderemo che il diesi & il molle quanto alla operatione sono conformi, ma quanto alla forma & naturale effetto non hanno propia né vera similitudine, come anchora è manifesto alla mitigatione & al dolcimento del tritono, il quale sempre dal molle è mitigato & addolcito nell'estremità di sopra, come da F a quadro acuto, la qual mitigatione è contraria a quella che dal diesi è operata, perché esso diesi mitiga & ammollisce la durezza del tritono nella parte di sotto, come da E acuto a quadro acuto & da quadro acuto a F grave, come la figura mostra.

RESOLUTIONE.

Egli è certo che molti compositori nelle loro compositioni sono conformi a segnar la figura diesi sotto la positione del quadro acuto per sostentare la nota, la quale in essa si ritrova, senza haver riguardo alcuno al segnato in tal canto, spetialmente trovandosi il tenore nella terza, nella decima, & nell'altre simili col basso, ilquale in tal positione non harà retto, né dovuto luogo, conciosia cosa che tal segno da Gioanni Othobi sia nominato b giacente, il qual non richiede in tal positione, per esser figura accidentale, del che ne seguita dui segni accidentali trovarsi in un istesso luogo, cioè il & il diesi nomato, la qual figura secondo Guidone è nomata menon, che altro non vien a dire, che accipage 31dentale. Restano adunque detti segni tra loro simili, per la qual similitudine et natura non potranno dimorare in una positione medesima, percioché non si concede un segno accidentale sopra un altro segno accidentale. Onde sarà dibisogno al musico & compositore, volendo sostentare & sollevare quella nota la, segnarvi il quadro detto, il quale di quel luogo è naturale, per lo qual ordine la sostentatione verrà ad essere naturale, & per conseguente il diesi solamente havrà luogo nel C, nel F & nel G, senza punto pregiudicare al quadro, il quale quivi ha la sua propia & naturale stanza.

OPPENIONE IIII.

Per maggior chiarezza di quello che dicemmo al capitolo ottavo del canto fermo, egli è da sapere che la nota sopra la voce la non sempre dee essere appellata & pronontiata fa, come appare nel principio dello essempio di sopra mostrato, nel qual processo molti & molti diranno sol-la-fa-sol-fa, per lo qual ordine disconvenevole disordinatione ne nascerà, mentre essi crederanno fuggire & annullare la spetie di quel tritono, la quale si comprende fra la quinta & l'ultima breve, per la quale sostentagione opereranno una spetie da loro non intesa né conosciuta.

OPPOSITIONE.

Certamente sarà dibisogno a coloro, i quali tengono tale oppenione & modo sopradetto, considerare primieramente come & in che guisa procedano i canti, perché alcuni hanno la sillaba fa naturalmente sopra la sillaba la, come da E a F & come da A a B accidentali, ove per cagione del tritono si dirà fa in E la mi acuto, discendendo al fa di fa mi quadro acuto. Ma non essendo dalla necessità costretto, procederai per ordine naturale, secondo la forma et la dispositione del canto, & non come a te piace, il qual ordine & modo osserva l'eccellente Marchetto Padovano in un suo Trattatello di canto immisurabile, da noi allegato alla oppenione 8 del canto fermo.

RESOLUTIONE.

Non habbiamo dubbio alcuno che da te non sia creduto procedere dirittamente quel principio della figura di sopra nominata, dicendo sol-la-fa-la-fa- sol-fa, & questa oppenione sarà in te cagionata per lo tritono apparente fra la quinta & l'ultima breve, il qual tritono vi nasce accidentalmente per la forza & positione della figura in fa mi quadro posta, il qual processo non è da page 32te inteso né considerato, perché tu pensi evitare quel tritono & non avertisci che tutto è in contrario, percioché dicendo fa nel detto E la mi & essendo il fa sospeso di fa mi detto, non sarà spetie terza del tetracordo, ma spetie del dittono menomato di un comma, perché procede per semituono, per tuono & per semituono. Per tanto dannoi (volendo servare ordine & retto modo) sarà conchiuso, che volendo ischifare tal tritono, sarà mestiere, essendo sospesa la sillaba fa, dir mi nel detto E la mi, dato che gli estremi habbiano nome del tritono, ma in quantità & forma del diatessaron secondo, per laqual cosa, diventando il mi di E la mi la, & il fa sospeso convertendosi in mi, sarà distrutto il tritono per lo segno del diesi nello estremo inferiore, come più compitamente nel principio della Giunta del nostro Toscanello habbiamo detto & con molte ragioni disputato.

OPPENIONE V.

Quanto si aspetta intorno la intelligenza del punto, egli è da sapere che egli non è altro, che una figura minima in quantità, ma in potenza grande, come dannoi è stato dichiarato al cap. 32 del primo libro del nostro Toscanello & simile al cap. 28 del libro secondo de Institutione harmonica, ilqual punto, secondo che piace ad alcuni, è di sei ragioni nella essercitata musica, cioè punto di perfettione, di imperfettione, di divisione, di alteratione, di trasportatione & di aumentatione, ciascuno de' quali affermano per sé solo senza mescolamento alcuno nella musica potere il suo effetto operare, come la presente figura dimostra.
Et intorno il primo essempio di essi dicono, che il punto dopo la prima breve si domanda punto di perfettione, percioché rimosso tal punto, sarebbe necessario reintegrarla & accompagnarla colla seguente semibreve. Intorno al secondo, essi vogliono che il punto dopo la prima semibreve sia di imperfettione, ma che non essendovi il punto, la breve rimanga perfetta per cagione d'una evidente & chiara quantità d'un tempo solamente ternario, la qual perfettione non è sempre ferma, ma in facoltà del musico & dallui così intesa. Et appresso quanto al terzo, il punto posto fra le due semibrevi racchiuse da due brevi chiamano punto di page 33divisione, perché conchiude & ristringe la prima breve, & la seconda alla seconda breve. Circa il quarto e 'l quinto essempio, punto di trasportatione intendono essere quello dopo ilquale seguono due o più brevi, per lo qual modo & ordine non averrà quello che da loro è creduto. Del punto di aumentatione, per essere noto a ognuno, non ci è paruto dirne altro.

OPPOSITIONE.

Se la sentenza di Aristotile è vera, sarà di soverchio & vano considerare per lo più quello, che per lo manco si può bene intendere, per la qual cosa coloro, i quali vogliono che ci siano sei punti musicali, non poco hanno preterito il vero modo, conciosia cosa che niuno de' sopradetti punti non possa per sé solo operare effetto alcuno senza il soccorso del punto di divisione o di perfettione, non ostante che 'l nostro venerando Don Franchino al cap. 12 del secondo lib. della sua Pratica habbia creduto, che il punto di reducimento, senza mescolanza alcuna, per sé possa operare, come nel principio del seguente tenore ha dimostrato, come l'essempio ti mostra, il qual punto in apparenza par bene che sia semplice per sé solo punto di riducimento, perché non fa effetto di niuno altro punto. Nientedimeno, se tal punto non apparerà, la prima semibreve puntata & la minima & la semibreve seguenti saranno annoverate per un sol tempo over breve perfetta, là dove che senza tal punto la seguente semibreve, per non poter far imperfetta la prima breve per la universal regola della similitudine, sarà necessario sincoparla overo trasportarla, dove potrà haver il suo luogo. Et perché tal misuramento nascerà da l'arte & anchora dalla natura, la qual per sé & senza altro favore opera & dimostra il suo effetto & ordine, seguiterà che il punto messo da Franchino per punto di trasportamento otiosamente vi sarà posto, né potrà stare senza l'altrui aiuto & favore, perché senza tal punto si considera quello che da Franchino per esso punto è stato inteso. Et imperò non sarà di necessità assegnare sei punti, ma solamente tre, come seguitando intenderai.

RESOLUTIONE.

Chiaramente si vede che il punto di perfettione, di alteratione & di trasportatione non possono per sé soli operare effetto alcuno senza la commistione del punto di divisione o di perfettione, perché il punto di divisione è quello che genera la imperfettione, la alteratione & la trasportatione, & che ciò sia vero, guarda al secondo essempio di sopra notato, dove vederai che quel punto infra la prima & la seconda semibreve fa dui effetti, perciò che prima divide, appresso altera, onde rimosso tal punto, ne seguirà un altro modo d'annoverare, cioè che la prima page 34& la seconda breve resteranno perfette, & la terza semibreve più dallui non sarà alterata o raddoppiata. Et altresi, se porrai mente al terzo essempio, ove il punto fralle due semibrevi si dimostra, troverai che egli divide & fa imperfette le due brevi, ma non vi si trovando, le brevi saranno perfette & la seconda semibreve si alterarà. Così nel quarto, il punto di divisione opera tre effetti, cioè divide, fa imperfetto & trasporta, per lequali dimostrationi veggiamo che il punto di divisione è quello che causa gli altri accidenti. Et il punto che nel primo essempio si dimostra, si dirà punto di perfettione et di trasportatione. Si potrà dunque credere che coloro, iquali hanno considerato essere tre punti, cioè di perfettione, di divisione & di aumentatione, hanno havuto non poco lume di intelligenza, imperoché hanno tacitamente lasciato adietro il punto di alteratione & di riduttione da l'ordine de' punti, come superflui & inutili, perché la alteratione prodotta dopo alcun punto, con punto o senza quello, è cagionata quando il numero ternario haverà diffetto di una nota, come qui, la qual alteratione non nascerà dal punto posto fra la quarta & la quinta semibreve, ma dal mancamento che fanno le semibrevi dopo il punto posto. Per tanto il detto punto non sarà di alteratione, ma di divisione, perché fa che le figure annoverate a tre sono per altro modo divise & considerate, che non erano senza esso. Et se alcuni dicessero che tal punto sarà rettamente chiamato di alteratione, perché essa non può accadere senza l'apparenza di lui, si risponde che il propio della alteratione è che il numero ternario sia scemato di una nota simile alle due innanzi annoverate, seguitando dopo una maggiore propinqua allei. Adunque diremo che il punto sopra detto non sarà causa di tale alteratione, ma solo il scemamento ne sarà cagione, perché esso punto solo divide & rimove le figure dal primo loro essere, & l'alteratione attende a reintegrare il detto numero, che secondo il regolar precetto et ordine detto è dimostrato habile ad essere alterato.

OPPENIONE VI.

Non penso anchora di tacere intorno la oppenione di molti antichi & moderni scrittori, de' quali, per non essere di mia consuetudine né di natura invidioso, tacerò il nome, ma ben vo' dire la sentenza del Vangelo: Chi ha orecchi di udire, oda. Per tanto dicono et dichiarano, che il circolo et il semicircolo col punto sono chiamati maggior perfetto & imperfetto, et senza 'l punto minor perfetto & imperfetto, come ne' loro trattati manifestissimamente si vede, le sentenze de' quali con evidenti ragioni saranno dannoi riprovate.

OPPOSITIONE.

Questa preminenza di maggioranza perfetta et imperfetta da loro data alla fipage 35gura circolare et semicircolare, secondo ogni dotto non le si conviene, ma è tolta in prestanza dal modo maggior perfetto et imperfetto. Et perché la detta figura circolare & semicircolare più l'una, che l'altra contengono in sé alcune perfettioni, loro danno titolo di maggioranza et di minoranza perfetta & imperfetta, per laqual cosa, se da te il circolo puntato è inteso maggior perfetto et il semicircolo maggior imperfetto, aviene, percioché nel circolo sono due perfettioni, cioè la breve et la semibreve, là dove che nel semicircolo non ve n'ha se non una, la quale è la semibreve. Ma nota che quando nella musica si dice modo maggior perfetto, gli si dà quella dignità & maggioranza che dar gli si può maggiore, intorno la qual cosa si domanda, se il circolo puntato è maggior perfetto, come si chiamerà questo seguente segno: 33. Egli è certo che tu nol domanderai altro che modo maggior perfetto, minor perfetto, tempo perfetto et prolation perfetta, nome veramente idoneo & convenevole et da ogni perito musico confermato. Adunque il circolo semplice puntato per te harà equivalenza di nome a quello che si dimostra con due cifre ternarie, la qual cosa non può star a modo alcuno, perché il circolo semplice puntato & il semicircolo non possono acquistar nome di maggioranza perfetta & imperfetta, avegna che egli havesse tal nome, per rispetto di quelle due note perfette, percioché ove così fosse, saremmo costretti nominar questo 33 più che maggior perfetto, perché la massima, la lunga, la breve et la semibreve sono perfette, la qual oppenione sarebbe erronea & falsa, & similmente ne nascerebbono altri disordinamenti & manifeste confusioni, se da loro fosse detto questo segno minor perfetto & il seguente minor imperfetto, come qui , imperoché se da te è chiamato questo segno maggiore imperfetto, perché non chiami questo maggiore perfetto, per rispetto della sua forma circolare & per la ugualezza, che è fra loro di perfettione, conciosia cosa che in questo, , sia una sola perfettione et nel seguente, , un'altra. Onde considerato il fondamento, chiaro si vede essere ogni ordine confuso.

RESOLUTIONE.

Chi vuol ben considerare, troverà che il segno circolare & il semicircolare semplici puntati ne' musici suoni non potranno essere rettamente chiamati maggior perfetto né maggior imperfetto, conciosia che nella musica misurata noi habbiamo cinque spetii principali, cioè tempo, modo minore, modo maggiore, prolation maggiore et prolation minore, le quali maggioranze & minoranze sono appropiate alla massima & alla lunga, le quali son figure che rappresentano il modo maggior perfetto, il maggiore imperfetto, il minore perfetto & il minore imperfetto, la qual perfettione & imperfettione maggiore & minore non si concede alla circolare, né alla semicircolare figura semplici puntati & non puntati, ove esse non siano accompagnate con due cifre numerali ternarie overo binarie, o etiandio con una, le quali sono da' dotti musici antichi & moderni dimostrate. Là onde per le sopage 36predette ragioni diremo, che la semplice circolar figura col punto non opera tanti effetti, perché in lei solamente due perfettioni, l'una della breve et l'altra della semibreve, si trovano, ma que' segni che si troveranno con due cifre ternarie appresso il circolo col punto, haveranno quattro perfettioni, cioè la massima, la lunga, la breve & la semibreve, per le quai dimostrationi la circolar figura & la semicircolare colle due cifre appresso acquisteranno il nome del modo maggior perfetto et dell'imperfetto, & del minor perfetto & dell'imperfetto. Et la detta figura circolare semplice puntata harà quattro varietà di segni, la prima il circolo col punto, la seconda il semicircolo col punto, la terza il circolo senza punto, la quarta il semicircolo senza punto. Là onde è da dire che il circolo et il semicircolo, quando hanno il punto, si debbano chiamare tempo & prolatione, percioché essi sono applicati al tempo overo alla breve, come è il punto alla semibreve, & quando non l'haranno, tempo perfetto & tempo imperfetto saranno detti.

OPPENIONE VII.

La comune oppenione di ciascun musico intorno gli intervalli musici è, che non si debba nel contrapunto comporre mi contro al fa nelle consonanze perfette, perché esse sono spetii le quali offendono & di natura discordano, come da mi grave ad F grave, & da E la mi a fa acuto, lequali positioni sono di diapenti diminuti, non atti né convenevoli nella musica, come Franchino al 3. cap. del 3. lib. della sua Pratica in lingua latina dice, che niuno non dubbita chella quinta scemata di un semituono, per esser tal scemamento molto noto, non sia aspra & nel canto poco convenevole, & che per tal rispetto in musica non si patisce chell'ordine delle spetii diapentiche da A grave siano derivate, & per esser tal auttorità ordinaria et comune, non si diranno altre sentenze sol per brevità.

OPPOSITIONE.

Sarebbe disconvenevole se, intorno la dichiaratione del sopradetto capitolo, io fussi di contraria openione di quello che dannoi è stato dichiarato al 14 cap. del secondo libro del nostro Toscanello, dove dice: Quelli, gli quali poneranno in uso due quinte l'una dopo l'altra, dato che l'una sia perfetta & l'altra imperfetta, secondo il parer nostro incorrono in errore, perché nella divisione diatonica non si patisce tal spetie diminuta etc., nel qual luogo avertirai che l'intendimento nostro non fu che tal spetie, quando che sia, non potesse, ove fosse in piacere del musico, essere tolerata, perché potrà per sé sola stare, & dal molle essendo reintegrata, sarà perfetta. Pertanto due cose sono di dovere essere sanamente considerate: l'una, se il compositore intenderà far perfetta qualche figura o nota, che nello acuto o nel grave sia distante da un'altra per uno diapente diminuto; l'altra, se dallui sarà immaginato trascorrere in altre spetii che de' pentacordi, le quali considerationi saranno page 37rettamente dall'arte ammesse & concedute, come appresso intenderai.

DICHIARATIONE.

Se la oppenione di coloro, iquali dicono che la sillaba mi contro il fa nella consonanza perfetta non è tolerata nella divisione diatonica, fosse vera, bisognerebbe dire che il monacordo in vano fusse ritrovato, perché il diatonico genere non sarebbe diatonico se dallui non nascesse il diapente imperfetto nel detto monacordo diatonicamente diviso & considerato, il qual genere diatonico è detto naturale, & perché la natura non opera mai in darno, seguiterà che tutti gli intervalli diatonici, così consonanti come dissonanti, si potranno accommodare alla harmonia, come la presente figura dimostra. Canto Tenore. Basso. Tenore Basso.
Egli mi si fa a credere che tu non negherai, che quella seconda nota del tenore legata overo concatenata & la seconda semibreve del soprano non siano ragionevolmente poste, non ostante che tra loro sia la spetie del diapente scemato, imperoché se altrimenti fosse collocata, sarebbe contraria a ogni terminata regola, la quale comanda, che volendo procedere a una altra consonanza, che selle dia inanzi la più vicina; per tanto il detto mi contro il fa sarà dal senso dell'udire comportato. Appresso procedendo alla terza dopo la quinta & volendo in essa far perfetta la quinta precedente, la detta quinta, per essere una sesta minore, non si converebbe colla ottava del basso. Oltre le predette cose, nel secondo essempio appare il diapente imperfetto, & in molti altri luoghi di buoni & dotti compositori, perché essendo pronontiata nella seconda metà del tempo, non potrà producere asprezza alcuna la quale offenda, perché da l'arte non è posta in tal luogo come consonanza, ma è intesa cadervi come discorso d'un tempo intero in due parti separato, la seconda parte del qual tempo è dissonante, come anchora accade della seconda, della quarta & della settima, & delle loro derivate, le quali sono distanze da sé stesse nel genere diatonico non consonanti, & nulla dimeno per una certa intelligenza & arte sono nelle compositioni essercitate, come è futo dimostrato da Bartholomeo Rami al cap. 8 del trattato secondo della sua Pratica intorno alla fine, dove parla del semidiapente. Et questo quanto alla prima consideratione. Intorno alla seconda, se il buon compositore & musico si immaginerà procedere per la spetie sminuita o imperfetta, le quali naturalmente procedono senza essere contrarie a gli essempi disopra mostrati, bisognerà tenere altro modo, perché harà immaginato altro effetto, per lo quale opponerà il segno rotondo accidentale alla reintegratione della spetie sminuita o imperfetta, come qui. Canto. Tenor. Alto. Basso.

OPPENIONE VIII.

Da tutti i dotti musici & parimente da' mezzani è stato detto & fermamente statuito, che nel contrapunto non si possano comporre due consonanze perfette di un medesimo genere & natura insieme ascendenti & descendenti, senza assegnare di ciò ragione alcuna. Et perché stimiamo tale intelligenza & cognitione dover recare ad un hora profitto & dilettatione, di alcune cose a ciò appertenenti dannoi sarai brevemente ragguagliato.

OPPOSITIONE.

Se il diapason & il diapente perfetti ciascuno per sé può producere grata harmonia & più soave risonanza che alcuna altra delle imperfette distanze, si domanda perché adunque essi sono nelle compositioni overo nel contrapunto con più rispetto usati che non sono le imperfette spetii, le quali sono poste secondo 'l volere del compositore nell'ascendere & nel discendere con molte terze & seste. Certamente essendo il diapason, il quale è formato di voci unisone, simiglievole al suono unisono, & similmente la quinta, per la sua nota & stabile distanza & corrispondenza, segue che più spetii perfette simili frequentate nelle compositioni dovrebbono producere & rendere più amena & soave harmonia che non fa la terza né la sesta, secondo il qual modo dice Bartolomeo Rami, che Tristano de Silva diceva che egli si può dar una quinta dopo un'altra quinta, cioè l'una perfetta & l'altra imperfetta, come si vede in quello antico canto chiamato So ys emprentid,So ys emprentid: by Walter Frye. See Peter Bergquist, The Theoretical Writings of Pietro Aaron (Ph.D. diss, Columbia University, 1964), p. 339. et in uno di Verdelot, Infirmitatem nostram etc., però che tal quinta imperfetta non si concede nelle note intere, ma nelle parti minute del tempo, come qui, cioè di minima & di semiminima, Canto. Tenor. Basso. il qual modo piacendoti resta nel tuo arbitrio di seguirlo, & massimamente in una necessità strema non è dannoi vituperato. page 39

RESSOLUTIONE.

Egli è antica & approvata sentenza chella similitudine suole cagionare vera concordia & amicitia, abenché può avenire che tale amicitia & concordia, la quale nasce da tale similitudine, sarà odiosa a qualche terzo, & quinci adiviene che se due voci unisone, quinte overo ottave, per essere simili in specie, saranno fra sé concordi in amicitia & similitudine, tale loro amicitia per tal modo essercitata non sarà dilettevole al senso dell'udire, il quale tra quelle sarà terzo & vero giudice del processo harmonico, imperoché noi veggiamo che naturalmente il dolce semplice piace al gusto humano. Nondimeno, per lo continuarlo, il gusto tosto il ne ha in abominatione & par che cerchi & desideri altro mescolato & vario cibo, il che è futo dimostrato da Boetio nel undecimo capitolo del primo libro della sua Musica, ove trattando del genere cromatico, dice: Spedite adunque queste cose, egli è da dire de' generi de' canti, iquali sono tre, il diatonico, il cromatico & l'enarmonico, fra' quali il diatonico è alquanto duro & naturale, ma il cromatico tiene quasi della natura del diatonico & più soavemente procede, per le quai parole il genere cromatico dallui è detto molle, perché discorre per semituoni. Onde per tal mollezza, conciosia cosa che dallo audito fosse abominato, è futo rimosso dalla essercitatione, la qual cosa è stata dimostrata da Guido Monaco, al capitolo quarto di quel suo Trattato de' tuoni, dove dice che i medesimi semituoni non hanno luogo mai l'uno dopo l'altro, i quali sono stati ritrovati per moderare & raddolcire il canto, & che quando con men consideratione & rispetto che non si converebbe sono posti, rendono durezza & amarore in quella guisa, che fanno le cose condite di soverchio sale, per la qual dimostratione si vede che assai più piace a gli ascoltanti il genere diatonico usato, ilquale, come dice Boetio, è alquanto duro & naturale, perché nel suo ordine procede per un semituono & per dui spatii di tuoni continovati nel suo tetracordo, gli quali spatii o intervalli di tuoni sono spatii duri più che non sono quegli del genere cromatico, il qual procede per dui continovati semituoni & per un triemitonio in uno intervallo, gli quali sono spatii molli. Et se alcuni argomentassero così: Se due spetii perfette simili ascendendo & discendendo non sono grate, segue che due spetii perfette dissimili, come la quinta dopo la ottava, ascendendo & discendendo non debbano producere grata né soave armonia, a tal loro ragione si risponde, che dato che la ottava & la quinta siano di natura perfette, esse però non sono di una medesima spetie. Et sì come naturalmente suole intervenire che maggior diletto & piacere sente il gusto in essendogli anzi due cose diverse, che una sola porte, così accade che la quinta dopo la ottava & la ottava dopo la quinta, perché non sono simili in spetie, potranno stare insieme, cioè l'una dopo l'altra, ascendendo & discendendo, senza impedire l'ascoltare. Intorno adunque al parere di coloro che non vogliopage 40no che due consonanze perfette di un medesimo genere insieme ascendenti & discendenti nel contrapunto siano concesse, conchiuderemo secondo Bartolomeo Rami, al precetto secondo del suo Contrapunto, che due quinte o due ottave, come è stato detto, insieme non si convengono, perché quella continovanza parrebbe una cosa medesima, per non esser in esse natura variabile, & appresso s'incorrerebbe qualche volta nel diapente diminuito, & perché tali suoni sono tra loro equisonanti, per tal similitudine & equalità, sono tralasciati dall'armonia, la quale non è altro che mescolanza & diversità di voci concordi, le quali procedono per arsim & thesim, cioè ascendendo & discendendo. Seguiterà adunque che la ottava posta dopo un'altra ottava & similmente la quinta dopo un'altra quinta non produceranno ottima harmonia, & appresso che per tale processi di suoni concordi non nascerà quel mescolamento di diverse spetii concordi, il quale dalla diffinitione di sopra assegnata è dimostrato.

OPPENIONE IX.

Habbiamo più volte considerato una non buona oppenione di alcuni compositori, i quali ne' lor concenti figurano in una riga o spatio due brevi o semibrevi, delle quali l'una sarà sospesa overo sostentata & l'altra naturalmente procederà. Et questo intenderai in tutte le corde o positioni dove il segno del b giacente havrà signoria, come nel C, nel F & nel G, & come la figura chiaramente dimostra. Canto, Tenore. Canto. Tenore. Basso.

OPPOSITIONE.

Se le oppenioni di coloro che tale ordine tengono fossero con vero modo & arte considerate & immaginate, non sarebbono arditi di mostrare quello, che in contrario essere si vede, intorno la qual cosa dice Bartolomeo Rami, che se tal modo fosse tenuto circa ciò, ne seguiterebbe l'uno di dui errori, cioè, o che egli si procederebbe della sesta minore nella ottava, overo bisognerebbe che quelle due voci che sono poste nel G acuto fosseno proferte con uguale suono, perché non essendo così pronontiate, tra la prima et la seconda nota caderebbe la distanza di un semituon non buono & nel genere diatonico per sé non usato, ma incommodo & non conceduto, le quali considerationi malamente possono essere intese da coloro, i quali non hanno vera cognitione delle congionte, la intelligenza & notitia delle quali page 41porge insegnamento & dottrina di convertire una spetie maggiore nella minore & una minore nella maggiore, & similmente dimostra il modo di recare una spetie imperfetta alla propia sua perfettione, & una perfetta alla imperfetta.

RESOLUTIONE.

Se saranno dannoi osservati i regolari precetti del contrapunto, non sarà convenevole formare due note nella riga o spatio di diversa natura, come dimostrano le due brevi del sopra posto essempio, sì come alcuni per servare la regola del detto contrapunto hanno fatto, i quali hanno sospeso la seconda breve, la quale era sesta minore, nella maggiore, per rispetto dell'ottava del seguente tenore, per lo quale ordine, per coprir un male, ne commettono un maggiore, il qual si vede nella prima breve, la quale quinta & naturale si mostra col tenore, conciosia cosa che per essere incommodo & faticoso tal spatio di semituon maggiore, continente al genere cromatico & non al diatonico, sarà dibisogno rimovere la prima detta breve di quinta in sesta anche essa maggiore. Onde similmente nel secondo essempio ne nascerà un altro manifesto errore, non ostante chella nota incoronata sospesa innanzi il ripigliamento della seguente posi alquanto nel tacere. Per le medesime ragioni di sopra mostrate sarà processo odioso & non concesso, perché il basso conviene colla detta breve seguente nella ottava, il quale inconveniente & errore nasce per tua cagione, perché di ciò non hai la vera intelligenza, la quale ti mostra quella ottava creare in decima, et ti fa accorto di altri processi simili.

OPPENIONE X.

Già dannoi molte volte fu havuto consideratione alla poca avertenza & vana oppenione di alcuni, i quali si credono creare nelle loro compositioni quello che dal musico è chiamato fuga, la imaginatione de' quali non sarà in tutto quella ch'alla fuga si conviene, imperoché essi considerano tal effetto solamente convenirsi alla fuga, conciosia che esso sia appartenente etiandio al canon, il quale appresso de' Greci val quanto regola, come seguitando intenderai. Canto. Tenore.
Se da te sarà considerato come procedano le note o sillabe del sopra posto essempio, vederai che di necessità bisognerà che il tenore pausi i dui primi tempi del canto, & procedendo tal principio non farà l'effetto somigliante al canto, perché page 42esso procede da re-mi-fa-sol, il qual processo è la prima diatessaron, & il tenore da ut-re-mi-fa, ilquale è processo della terza diatessaron. Là onde, per essere da molti tal via ignorata, diranno che sia fuga per diapason, percioché il principio del tenore rende ottava al canto. Et così in tutte le altre imitationi danno il titolo alla fuga non convenevole al cominciamento di colui che lo segue, onde ne nascono inconvenienti manifestissimi.

RESOLUTIONE.

Gli antichi & dotti musici & anchora i moderni, in questa parte di musica chiamata contrapunto, hanno considerato molte varietà & modi d'intervalli prodotti dalla varia positione delle cantabili figure overo note, de' quai processi uno hanno chiamato fuga, laqual fuga over consequenza non potrà stare per sé pronontiata, cioè con un suono, perché essa non può esser prodotta con manco di due voci, delle quali l'una segua dopo l'altra. Et tal fuggire si fa in quattro modi, cioè per unisono, per diatessaron, per diapente & per diapason, & per le loro composte o replicate. Per tanto, come di sopra è manifesto, diremo che fuga non sia altro che una somiglianza di intervalli musici, gli quali è mestiere che siano simili di forma & di nome. Stando adunque questi termini, dico che il processo di sopra mostrato non sarà vera fuga, perché non ha similitudine di nome, imperoché dicendo il soprano re-mi-fa-sol et il tenore ut-re-mi-fa, sarà canon & non fuga, per lo qual fondamento haverai riguardo quando farai un varco che da te sia inteso fuga, ove al nome di quella non risponda: dirai canon per diatessaron o per diapente, o come ti piacerà, & non fuga, la quale come con ragione si habbia affare, nella seguente figura vederai.

Fuga per diapason

OPPENIONE XI.

Hanno domandato alcuni, & forse hanno ferma oppenione che i tre generi, cioè il diatonico, il cromatico & l'henarmonico debbano haver principio page 43dalla proportione sesquiottava & non de' semituoni & dal diesi, perché esso spatio del tuono è perfetto et di maggior dignità che non è il semituono et il diesi, per laqual cosa, stando i detti generi o tetracordi cogl'intervalli minori nella parte grave, essi fanno una domanda: Qual sia la cagione che essendo il comma, come piace a Boetio, minimo & insensibile all'udire, Pitagora & gli altri philosophi non habbiano trovato una divisione di tetracordi, i quali habbiano nel gravissimo loro intervallo la proportione overo spatio di esso?, la qual questione nel 1516 fu da Don Franchino proposta mentre l'eccellente Messer Gioan Spadaro, & io con lui & con Nicolo Vulso eravamo a musico litigio, nella quale il detto Don Franchino teneva che i tre generi havessono principio per tuono & non per semituono, né per diesi, allegando Boetio, ilquale parlando de' detti generi, dice che egli mai non adiviene che essi possano essere cangiati di gravi in acuti. Per tanto dal sopradetto Messer Gioanni & da noi fu data resoluta risposta, come di sotto appare.

OPPOSITIONE.

In questo luogo Franchino allega il 4. lib. della Musica di Boetio, & noi troviamo che il detto Boetio nel Libro primo al cap. 21 dice in contrario, percioché là dove dallui della forma diatonica è trattato, egli incomincia nel grave, & procede nel acuto, dicendo che secondo la diatonica cantilena in un tetracordo si procede per un semituono, per un tuono & per un altro tuono. Dapoi trattando della forma cromatica, dice che 'l cromatico genere, il quale è detto quasi colore, come quello che varia dalla natura del diatonico, è cantato per duoi continovati semituoni & per un semidittono. Et similmente dello henarmonico dice, chell'henarmonico, per essere più ristretto, si canta in tutti i tetracordi per duoi diesi l'un dopo l'altro & per un dittono; per laqual cosa annoi pare che chiaramente Boetio dica per altro modo, perché dimostra che tali generi procedono dal grave nel acuto & non dal acuto nel grave, né manco a Pitagora piacque trovare tetracordi ne' quali si trovasse nel gravissimo luogo la proportione del comma.

RESOLUTIONE.

Di sopra si vede come Boetio assegna gli intervalli a' detti generi, dicendo: la voce procede, & anchora si canta. Là onde si comprende che se la voce non potesse prononciare gli intervalli de' detti generi, che tali intervalli sarebbono vani & di soverchio posti & trovati. Per tanto si dice che lo spatio del comma non è futo considerato né posto per intervallo di alcuno genere, perché dato che egli sia compreso dall'udire, dallo stormento naturale non può essere pronontiato. Et come sarebbe fuor di proposito a colui che, dovendo essere in alcun luogo, facesse in giro il camino, ove con men fatica & più acconciamente a dirittura vi potesse pervenire, page 44così se lo spatio del diesi basta, più parti minute non si vogliono ricercare. Et ben che lo stormento artificiale (conciò sia cosa chell'arte sempre si sforzi di imitare la natura con tutto il suo potere) potesse per ventura pronontiarlo, non essendo il naturale bastante né valevole a ciò fare, nientedimeno in tal divisione egli non si vede essere d'importanza alcuna. Similmente da Franchino fu domandato: Perché il cromatico tetracordo dal diatonico è derivato, più tosto procedendo dall'acuto nel grave, che dal grave nel acuto?. Si risponde che niuna legge né ragione può sforzare il musico nella divisione di tetracordi a dar principio più nel grave che nel acuto, perché quelli intervalli, iquali si possono havere dallo acuto nel grave, si potranno anchora havere dal grave nello acuto. Per tanto dico ciò essere a beneplacito di colui che fa tal divisione di grave nel acuto, ilche è stato osservato da Iacob Fabro nel dividere de' generi spessi, et somigliantemente da Guido nella partitione del suo monocordo secondo il genere diatonico diviso, così anchora da Bartolomeo Rami nel diatonico partimento, & anchora in quello, dove egli dimostra che ogni tuono resta partito in dui semituoni, et da Franchino al cap. 15 del primo libro dell'Armonia delli stormenti.<space>Conchiuderemo adunque che tal divisione cominciata per lo grave o per lo acuto è in requisitione del musico, perché il buon partitore farà poca stima nel mediare dui estremi sesquitertii, comunque si cominci, o nell'acuto, o nel grave.

DEL SEMITUONO NEL GRAVE.

Ultimamente fu domandato perché habbiano i tetracordi origine dal semituono nel grave & non da altra spetie o figura appartenente al diatessaron, conciosia cosa che ciascheduna spetie habbia il sesquitertio intervallo. Questo quesito, il quale similmente da Don Franchino fu fatto, nel vero è di poca & quasi nulla estimatione all'Academia de' musici, perché questo porre del semituono sta nel volere del musico. Pure per sodisfacimento di molti, alcune ragioni sopra di ciò si diranno. Però dico che essendo il semituono quello intervallo per lo quale mediante la sua varia sede le spetii del diatessaron sono variate, che egli non fu senza cagione posto nel luogo più grave de' tetracordi, come luogo più degno dello acuto, imperoché egli è molto più degno nella musica la intensione, per la sua facilità, che non è la remissione, & questo noi vediamo nello introducere il discepolo ne' musici intervalli, perché prima si amaestra intorno l'ascendere, con queste sillabe: ut-re-mi-fa- sol-la, & poi nel discendere. Oltre di ciò, noi habbiamo duoi modi over tropi, ché quegli i quali sopra il loro fine ascendono, sono primi nel ordine assegnati, & quegli che sotto la loro finale lettera discendono, sono secondi nel ordine considerati. Appresso, non è dubbio alcuno che il principio grave non sia più degno dell'acuto, perché il grave è come tutto & lo acuto è parte di esso grave, come habbiamo da Aristotele ne' Problemi. Medesimamente diremo che tale semituono sia stapage 45to posto nella parte grave per poter, dopo la divisione del genere diatonico nel tetracordo assegnata, con più agevolezza procedere alla vera divisione de gli altri generi, i qual per le ragioni su dette debbono anchora havere i numeri de' loro intervalli nella parte grave nella divisione de' tetracordi.

OPPENIONE XII.

Nel medesimo tempo & millesimo soprascritto, il nostro Don Franchino hebbe contraria oppenione, come appare da alcune sue a me scritte intorno il capitolo 55 del terzo della nostra Musica della Institutione harmonica, ove dannoi è detto che il quinto modo è quando il semicercolo si ritrova volto al contrario sotto il segno del tempo imperfetto, la qual figura significa doppia proportione, sopra qual luogo egli disse: In questo pigliate errore, percioché il semicircolo, comunque sia volto, sempre è segno di tempo imperfetto, come qua: , , [[mus.TemImpDown]], [[mus.TemImpUp]], il qual semicercolo, per non esser altro che un cerchio imperfetto, non pieno o non intiero, o sia posto sopra o sotto le figure che di esso sono coronate, non è di valor veruno, & seguitando dice, che non trovò mai dotto autore che assegnasse ragione alcuna che tal segno, , né meno l'altra sua uguale parte, come qui, , , fusse proportione doppia, et che allui parea, chell'hemisphero overo semicircolo fosse una figura di geometria & la metà d'un circolo, appresso che il musico giudicava & assegnava il circolo e 'l semicircolo al tempo ternario & al binario, & che non erano posti per caratteri di numeri da gli arithmetici; & conchiudendo dice che quello che dinota numero è governato dalla discreta quantità, & che tali numeri musici debbono essere dimostrati per le zifre numerali & non per né per , le quali sono figure che s'appartengono alla continova quantità, trallequali quantità, cioè tralla continova e la discreta, non è poca contrarietà.

OPPOSITIONE.

Al gran discorso & obiettione della Eccellenza del nostro Don Franchino, la quale egli ci fa in poche parole dicendo, che egli non ha mai trovato dotto alcuno che tra questo segno, , & quest'altro, , faccia proportione doppia, dannoi è risposto, che se egli non ha veduto di ciò special regola o trattato, che noi l'habbiamo trovato nelle compositioni de' dotti musici nostri predecessori, & perché egli dice, parlando geometricamente, cioè secondo la quantità apparente, che il semicircolo né l'altra sua parte uguale non potranno fare doppia proportione, conciosia che l'hemisphero o semicircolo sia una figura geometrica & la metà d'un circolo, questo dannoi è conceduto parlando quanto alla geometria, la qual consideratione intorno la materia nostra è di soverchio, perché essendo tal nostra consideratione della musica, i musici non giudicano il circolo né il semicircolo secondo la forpage 46ma & la quantità apparente, ma pigliono esso circolo e 'l semicircolo, come egli afferma, per tempo ternario & binario. Appresso egli vuole che il musico non possa porre questo segno del ternario contro a quest'altro del binario per crear la sesqualtera proportione, ma ha oppenione che il musico, quando vorrà dimostrare qualche proportione ne' suoi canti, debba adoperare le zifre o figure numerali da gli arithmetici usate, intorno al qual parere dico, che l'usare i numeri è in potestà & arbitrio del musico, né perciò si fa pregiuditio alla arithmetica, che benché sia lecito al musico sapere arithmetica, egli non è però sforzato di usarla, se non quanto allui piace & bisogna, perché se il musico ne' suoi canti può dimostrare per lo suo circolo & per lo semicircolo la proportione cadente tra le sue figure cantabili, non gli è dibisogno andar togliendo le zifre d'altrui.

RESSOLUTIONE.

Se il musico fosse in errore de' suoi circoli & semicircoli, secondo che l'eccellente & consumato musico Messer Gioan Spadaro al su detto Franchino rispose, seguirebbe che gli arithmetici circa le figure loro fossero parimente nel medesimo errore, per le quali essi dimostrano la unità & la aggregatione di essa unità, come qui: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 etc., intorno la qual cosa chiaramente si vede che esse figure numerali non sono altro che una linea ne' diversi modi dimostrati posta, per la qual cosa il musico a similitudine dello arithmetico, senza riprensione alcuna, può usare altre figure differenti da quelle dell'arithmetica, come & , per dimostrare il suo numero ternario & il binario. Ma egli ha creduto che la vertù dell'annoverare consista solamente nelle figure dello arithmetico, la qual cosa è falsa, percioché noi veggiamo che, tutto che l'arte dell'arithmetica sia una sola et l'istessa, nondimeno appresso di molti con diversi carratteri & segni ella è significata et dimostrata, percioché veggiamo i Greci havere le lor figure differenti da quelle de' Latini, & similmente gli Hebrei & altre nationi, le quali, tutto che con vari caratteri la ne dimostrino et dichiarino, non dimeno tutte ugualmente la ne credono et tengono la medesima. Similmente se il musico dimostra il suo ternario per lo circolo & il binario per lo semicircolo, dallui non è però stimato che tali numeri siano diversi in vertù & quantità da' numeri dalli arithmetici usati & considerati. Il medesimo veggiamo dalla forma delle lettere del nostro alphabeto & di quelle de' Greci & di altre lingue, le quali quantunque di figura & di apparenza siano tra sé differenti & dissimili, esse però in vertù & valore sono le istesse & fanno il medesimo effetto & operatione, sì come si vede in queste lettere, δ, γ, le quali, come che con queste, d, g, non habbiano somiglianza de forma, nondimeno le prime l'istesso si veggono operare appresso di Greci che le seconde si facciano appresso de' Latini & de' nostri. Oltre di ciò, sì come la unità così segnata, 1, senza mutar la forma di essa altramente, alcuna volta è intesa per principio del numero, & alpage 47cuna volta dimostra numero, similmente il circolo & il semicircolo del musico è alcuna volta inteso per tempo perfetto & imperfetto, & alcuna per termine proportionato. Appresso dice il detto eccellente M. Gioan Spadaro che il musico pone in due maniere la pausa occupante la metà dello spatio, cioè discendendo & ascendendo, come è la pausa della semibreve & la pausa della minima, & sottogiogne che egli è manifesto che, quanto alla continova quantità, tra le predette due pause non ha differenza alcuna apparente, ma quanto alla valuta, che dal musico è inteso che la pausa de la detta semibreve comprenda in sé tre volte quella della minima, & qualche volta due. Finalmente conchiude, che essendo la pausa della minima, la quale è la metà di quella della semibreve, seguiterà che la detta metà, che è la medesima figura, sarà differente da sé stessa. Inteso dannoi il fondamento & le ragioni del sopradetto, si può conoscere che questi duoi semicircoli, , dato che secondo la loro forma siano uguali, essi però per la loro diversa apparenza overo positione sono dal musico considerati producere diversi effetti intorno le figure loro cantabili, dalle quai cose si raccoglie che il semicircolo, secondo che egli si trova posto, è preso qualche volta da i musici per assegnare il valore alle note cantabili, & qualche altra per levare il detto valore loro, percioché questi segni, , danno il numero alle figure, sì come al contrario questi le ne privano, imperoché recano la nota in un certo essere & stato secondo il volere del cantore. Et per tanto egli è da dire, che questo semicircolo rivolto, , dalli antichi sia stato inteso per lo doppio di questo: . Però, se tal ordine da loro rettamente è stato compreso, non ha dubbio che quello che dannoi a loro somiglianza è futo trattato, convenevolemente non sia stato detto.

OPPENIONE XIII.

Già dannoi fu intesa una nova oppenione che haveano alcuni intorno al tagliato & non tagliato, la quale era che essi non potessono producere insieme paragonati la doppia proportione, né altra spetie, conciosia che essi non possano far l'effetto di caratteri numerali in dimostrare alcuna proportione, & diceano che il semicircolo vergolato o tagliato partorisce una diminutione simile alla proportione doppia nelle sue figure, & che comparando il detto semicircolo tagliato al semicircolo non tagliato, le note overo sillabe di esso restano considerate nella diminutione della metà del suo valore. Appresso da loro era detto che i seguenti segni non erano considerati nella proportione sesqualtera, come qui, , , perché il semicircolo è segno di tempo imperfetto & solamente divide la breve in due semibrevi, & tutto il rimanente del canto, et similmente che la figura circolare è segno di tempo perfetto & separa la breve in tre semibrevi, et in altre, che tali segni bene dimostrano la quantità loro, & il processo ternario & il binario nelle semibrevi, ma che non possono far diminutione né accrescimento alcuno appartepage 48nente alla proportione, le sentenze & fondamento de' quali dimostreremo non essere di momento niuno, percioché essi si fondano solamente nell'essercitatione.

OPPOSITIONE.

Diciamo adunque che da loro solamente è considerato la vertù del segno & non l'effetto del segnato, perché dicono che il segno semicircolare tagliato produce una diminutione simile alla doppia proportione. Si risponde che per tal somiglianza & convenenza che ha il segno semicircolare con quella, egli non sarà punto dissimile dalla detta proportione, la natura della quale in questo luogo adopera chella figura perde la metà del suo valore o vertù, per la qual cosa dico che il semicircolo adogato o reciso, accompagnato di questo, , dimostra la proportione doppia, perché come disopra habbiamo detto, essendo comparato al semicircolo non tagliato, le sue cantabili figure restano considerate la metà manco del loro valore. Appresso, la detta proportione si può dimostrare per gli numeri, come qui, 2/1, 4/2, perché ogni figura sotto tali termini numerali segnata, in comparatione delle poste inanzi a sé vicine, resta con la metà del suo valore considerata.

RESOLUTIONE.

Vedute & considerate dannoi le ragioni sopra dette, diciamo et conchiudiamo che il semicircolo tagliato, paragonato al semicircolo non tagliato, sempre rende la proportione doppia, et che al musico più si conviene segnare la detta doppia proportione per gli suoi propi segni attraversati, che per gli altrui caratteri numerali, perché ogni scienza dee procedere per gli suoi termini, per fino che di quelli si può valere, et dove co' suoi non possa sodisfare, in tal caso all'altre scienze le è lecito di ricorrere, la qual cosa è osservata da' dotti antichi musici. Medesimamente dalloro sono stati usati i caratteri numerali in esprimere quello che per lo circolo et per lo semicircolo non potea essere dimostrato. Et perché essi non sanno anchora che il circolo, posto in opposito del semicircolo, generi la proportione sesquialtera, di qui nasce che solo attendono alla prattica, percioché eglino non considerano chella musica, la quale consiste nella sonora quantità, dee havere un principio invariabile della sua valuta. Et sì come il geometra divide la istessa forma o figura in più modi, rimanendo essa invariabile, così il musico, come colui, come s'è detto, che tratta della sonora quantità, dee havere una invariabile principio, ilquale dalli inventori di quest'arte fu chiamato tempo, il quale molte volte insieme raccolto produce quello che dal musico è chiamato modo, come in più luoghi l'eccellente & dotto musico Messer Gioan Spadaro nel suo Trattato della perfettione dalla sesqualtera prodotta conferma. Et perché da loro è detto che il circolo & il semicircolo dimostrano solamente le loro quantità del numero ternario & del binario nelle semibrevi, et non page 49diminuimento né accrescimento proportionevole, diciamo che questo è falso, percioché se il musico può dividere il suo tempo in parte minute & con esso producere le parte terze & le mezze, le quali siano uguali tra loro, senza togliere da altrui quello, onde possa esprimere la sua intentione, non veggiamo perché di ciò ne debba nascere contrarietà alcuna. Queste considerationi erano osservate da gli antichi, per le quali da loro fu constituito tanta varietà di segni per dividere il tempo, imperoché ciascun segno assegna non solamente al tempo varia divisione, ma etiandio varia pronontiatione, & per conseguente aumentatione, diminutione & proportione tra loro comparati, alla qual cosa essi erano contrarii, perché dicevano che nel canto figurato, le semibrevi di questo segno, , sono cantate ugualmente colle semibrevi di questo segno, , a che rispondiamo che gli è la verità. Però il buon musico non dee dannare l'arte per compiacere alla semplice essercitatione, percioché egli può bene, scrivendo in musica, servare alla theorica la propietà, & tutto quello che è suo, sanza derogare in cosa veruna alla prattica, & per tal modo il detto potrà sodisfare all'una & all'altra, & quello, che a ciascuna di esse si conviene, loro conservare. Onde per le ragioni addotte, gli antiche & dotti musici sesquialteravano le note di questo segno, , comparate al seguente, , perché per un tempo di questo, , pronontiavano due semibrevi, & sotto questo, , ne passavano tre, la qual cosa è impossibile, volendo procedere per vie ragionevoli, che altrimenti sia considerata, non ostante che dannoi sia stato in contrario osservato, al cap. 38 del primo libro del nostro Toscanello, non ad altro fine che per osservare quello che molti innanzi noi hanno usato. For a discussion of the shift from equal minim to equal breve, see Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 187.

OPPENIONE XIIII.

Ciascun dotto & mezzano musico, così antico come moderno, ha constituito & per ferma regola dato che il tritono overo tetracordo maggiore ne' concenti musici debba essere distrutto & mollificato, non meno quando egli ascende & descende che quando egli è composto & non composto, il qual mollificamento non per altro dal musico è stato usato, se non per una dura & aspra distanza ischivare, la quale nasce dal primo stremo all'altro, la qual distanza o intervallo è dalla harmonica consideratione tralasciata.

OPPOSITIONE.

Conciosia cosa che l'oppenione d'ogni musico intenda a fuggire la intolerabile durezza del sopradetto tritono, affine che tu sappia che alcuna volta esso si può tolerare, dico che egli è dibisogno considerare molti modi & varietà, le quali possono essere dimostrate dalla natura di esso, imperoché dal musico overo compositore essendo inteso & figurato composto & incomposto, o veramente dall'uno strepage 50mo all'altro, ne seguiterà che alcuna volta sarà tolerato, & alcuna no, la quale intelligenza & secreto forse non sarà agevole a dovere essere intesa, perché procederà gradatamente overo per gli mezzi, per lo qual discorso et processo si comprenderà chell'udire dal detto tritono non potrà essere offeso da l'uno stremo a l'altro, da' quali stremi proviene tale disonanza, la quale, per un certo ordine di figure & note ristrette trall'uno stremo & l'altro, non sarà ammollita, ma accettata per natural suo discorso, come la figura sottoposta ti farà manifesto.

RESSOLUTIONE.

Se egli sarà fatto giudicio intorno i sopra posti essempi, non potrà se non esser detto chella quinta semibreve colla settima renda spatio di un tritono, & similmente la prima breve del secondo essempio colla seconda semibreve legata ne rende un altro, li quali dui tritoni certamente potranno essere tollerati, non ostante che ogni regola voglia, che quando un canto ha principio nel F grave, et da esso F grave ascende al mi acuto, & per opposito, sempre si debba cantare per la figura del molle. Nulla dimeno ogni regola può patire eccettione, conciosia cosa che egli si vogliano varii effetti considerare. Per tanto diremo che tali tritoni potranno rettamente dal cantore essere pronontiati et tollerati, perché sono composti & dimezzati da alcune note, le quali mettono tempo, per modo che la durezza & dissonanza loro, la qual nasce da gli stremi, non è sentita & poco offende gli uditori, per laqual cosa, se dall'uno stremo all'altro sarà dimezzamento overo compositione di alcune note, per essere lontana la sillaba mi dal fa, potrai senza commettere errore procedere all'uno & all'altro modo, come sarà in tuo piacimento. Ma se saranno composti, o dimezzati per una sola sillaba o nota, overo per uno solo intervallo, senza dubbio essi non saranno tollerati, imperoché gli stremi sono troppo prossimani & vicini, nella qual cosa la regola non patirà eccettione, come la figura seguente dimostra.
Certamente egli è cosa molto convenevole far mentione & dar notitia delle predette cose, perché, tutto che esse paiano essere contro a' precetti & alle semplici regole date a gli incomincianti, però da gli intendenti & dotti compositori non sono tenute in vil pregio, come dimostrano le loro compositioni & canti a tre, a quatpage 51tro & a più voci, imperoché in tali canti, per una certa arte, meglio si può occultare al senso dello udire uno processo, il quale gli sarebbe aspro & spiacevole, che nelle compositioni a due o a tre voci. Et questo adiviene, perché quando il buono compositore conosce che una parte del concento ha diffetto & manca nell'ordine, incontanente mediante l'arte & la ragione le porge aiuto in qualche altra parte & progresso del canto medesimo, in guisa chell'udire, non sentendo durezza né impedimento alcuno, a tal sonorità & harmonia si acqueta. Et perché tra gli intervalli & distanze della quarta, cioè di due tuoni & de un semituono, che cadono nel diatonico monacordo, ve ne hanno luogo alcuni del tritono, avegnadio che esso tritono paia difforme dall'ordine de' tetracordi, nondimeno da quelli che hanno la vera intelligenza della musica, essendo con industria & arte accommodato nelle harmoniche comparationi a tre & a più voci, agevolmente si potrà tollerare, massimamente quando havrà la terza overo la decima nella parte grave, come seguitando si vede. Canto. Tenore. Basso.

OPPENIONE XV.

Egli è gran questione tra alcuni veracemente poco intendenti, che il comporre in musica non sia altro che una pratica, i quali a corroboramento di questa loro oppenione dicono che molti sono stati & a' tempi nostri si trovano, i quali sono eccellenti & ottimi compositori senza havere molto fondamento di musica. Et percioché questi tali considerano questa divina arte solamente alla scorza & superficie, essi dicono essa essere cosa agevolissima. Però, acciò tu conosca quanto ferisca lontano dal vero segno questa loro oppenione, mi è paruto da sporti quello che, contro questi tali, dal nostro Messer Gioan Spadaro è detto.

OPPOSITIONE.

Chi vorrà intorno tal materia in alto levare il suo ingegno, chiaramente conoscerà che tutta la età d'un huomo non solamente non sarà bastante a dover pervenire al sommo di essa, ma né anche i primi gradi pure a salire. Dico adunque chell'arte del comporre l'harmonia non consiste solamente nella pratica, perché ove così fosse, egli seguiterebbe che colui, il quale più praticasse & più si essercitasse in comporre, havesse più gratia & cognitione di tal arte, ilche tutto si vede essere in contrario, percioché egli si è veduto per esperienza che alcuni haranno essercitato page 52buona parte della loro vita l'arte del comporre, & poi da' altri, che quella per picciolo tempo haranno pratticato, saranno state superate. Adunque egli non è da dire chell'arte del comporre consista solamente nella pratica, imperoché havendo la musica molti membri & particolari considerationi, alcuni di essi solamente considerano la ragione delle distanze sonore per termini proportionati, come accade nel canto fermo, altri la misura del tempo in diversi modi essercitata, la quale al canto misurato si appartiene; tali hanno rispetto di ottimamente cantare & con leggiadria le voci & suoni proferire, in modo che l'harmonia venga grata a coloro che l'ascoltano; ecci un altro membro, il quale è detto arte di comporre l'harmonia, & questo tale attende a ordinare le sonore distanze per certa scienza & moderata arte et ordine, acciò che esse pervengono a gli orecchi di coloro, che l'odono, soavi & grate, i quai membri & parti potranno ciascuna per sé soli stare, cioè che 'l huomo potrà havere buona intelligenza di un solo de' detti membri o particole senza haver cognitione di niun altro di quelle. Et anche potrà havere la vera notitia delle proportionate distanze de' suoni & non sapere canto figurato, né cantare, né comporre. Et il somigliante accaderà dell'altre particole & membri predetti, i quali sono tanti, che egli è impossibile che alcuno possa havere la perfetta intelligenza di tutti. Crederrò bene che si siano stati di quelli, & anchora siano, i quali uno o parte di essi habbiano intesi, laqual cosa adiviene sì perché un solo di essi è tale, che richiede molto più di spatio, che non è la breve vita di un huomo, & sì anchora, perché i cieli non concedono la intiera cognitione di una scienza in un solo, ma essi la ne compartono in più, accioché l'huomo per tal perfettione non presumesse troppo alte cose di sé, conciosia cosa che per un antico et sperimentato proverbio si dica chella scienza suole far insoperbire.

RESOLUTIONE.

Risolviamo che il ben comporre l'harmonia non consiste solamente nella pratica, ma anchora nell'havere buona theorica & cognitione della verità, la qual nostra oppenione fu confermata dallo eccellente & consumato musico Messer Gioan Spadaro, il qual dice che uno può essere buono & ottimo compositore, anchora che dallui sia ignorato ogni altro membro & particola di musica, perché harà chiaro lume & cognitione della verità di tal particola di musica, & posto che dallui non siano considerate molto profondamente le musiche distanze, ma solamente la loro semplice sonorità, nondimeno, per via di una certa arte & pratica, sa per tal modo ordinare le sonore distanze che al sentimento dell'udire producono amena & soave harmonica commistione; la qual materia non si trova che per alcuno de gli antichi philosophi, i quali hebbero cognitione di tanti secreti della natura, sia stata saputa trattare nelle opere & scritture loro, imperoché da loro solamente è stato addotto in luce la materia atta alla forma harmonica, cioè il diapapage 53son, il diapente & il diatessaron, & altre distanze, per la qual cosa i trattati et compositioni loro non sono di tanta eccellenza quanto i concenti di molti eccellenti compositori, i quali senza altramente considerare la propietà & la natura, come quelli fecero, di tal materia colla loro arte & ingegno hanno saputo condurla alla forma harmonica, di maniera che il senso dell'udire resta contento di tale soave commistione, perché procedono con tale ordini & modi sottilissimi di modulationi, che essi sono più tosto sopra naturali, che naturali. Là onde si può credere che i buoni compositori nascono & non si fanno per studio, né per molto praticare, ma sì bene per celeste influsso & inclinatione, gratie veramente che a pochi il ciel largo destina. Nondimeno concediamo che altro non sia il comporre in musica che una pratica, la quale annoi pare che non consista in altro che in esprimere & manifestare quello che dal theorico, come da colui che prima ciò per istudio & per acume d'intelletto ha conosciuto, ci è dimostrato, per laqual cosa appare che volendo bene & soavemente comporre l'harmonia, altro ci vuole che la semplice intelligenza & cognitione de' consoni intervalli, percioché ci concorre anchora la intelligenza & il sapere di tali suoni concordi appartenenti alla detta harmonia. Et sì come veggiamo che per diversi scultori nel marmo o in altra materia, essendo introdotta la istessa figura o forma, esse tra loro tuttavia haranno tanto più di perfettione l'una dell'altra, quanto gli artefici di esse saranno più eccellenti l'uno chell'altro, il simile dico avenire di questa nostra harmonica facoltà, nella quale veggiamo ritrovarsi molti compositori, da ciascuno de' quali la materia overo distanze musiche essendo conosciute acconcie alla forma harmonica, essa le è data in più eccellenza dall'uno che dall'altro, & con maggior soavità & dolcezza prodotta secondo che l'uno ha più cognitione & gratia in tal facoltà dell'altro. Et per tali argomenti & dimostrationi si conchiude che l'arte del comporre l'harmonia consiste in altro che nella sola pratica.
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LIBRO TERZO

DICHIARATIONE DEL TEMPO MUSICO DETTO NATURALE ET ACCIDENTALE. CAP. I.

Noi veggiamo per isperienza, che sì come la scienza & cognitione delle cose non solamente si arreca ornamento, ma etiandio di grandissimo proffitto ci suole essere cagione, per laqualcosa meritamente que' saggi antichi philosophi, lasciata ogni altra cosa, con ogni cura & solecitudine si diedero alla investigatione di quella, così al contrario la ignoranza, come madre di errori, a coloro che nella sua oscura calligine sono involti, biasimo & danno solamente per lo più suole partorire. Ma fra tutte le sorti di ignoranza, quella è grave & noiosa, & che prepondera di gran lunga a ciascuna delle sue parti, quando alcuno stima di saper le cose che egli non sa. Però da questo fonte certamente & non altronde provengono tutte le oppenioni dalle quali così veramente siamo ingannati; et però, non ostante che dannoi al cap. 8 & al 27 & al seguente del nostro Toscanello i segni antichi & moderni siano stati sposti, nondimeno non ne pare fuor di proposito alcune altre parti reiterare, non manco necessarie che le prime state si siano, conciosia cosa che alcuni si ritrovino, i quali havendo poco lume delle verità, cercano l'arte di oscurare, conciosia cosa che essi credano che quando un canto non ha nel principio la figura circolare overo la semicircolare, non sia di ragione conceduto, nella qual cosa essi dimostrino essere privati di tutto principio et di ogni quantunque picciola intelligenza, conciosia che egli si consideri il tempo musico in dui modi, cioè apparente et immaginato, et perché per tal rispetto potrebbono essere stimati duoi tempi, però è da sapere che esso, o sia immaginato, overo scritto et apparente nella sua nota o figura, sarà sempre il medesimo tempo. Onde meritamente la sua consideratione anchora si potrà dire essere una sola, la qual predetta divisione del tempo in due parti uguali da' musici è chiamata naturale, et questo aviene per pendere & nascere dal numero binario, il quale essendo primo tra gli altri numeri, è detto naturale, la qual cosa è molto accetta al commertio musico, appresso il quale la detta divisione del tempo in due parti uguali, o per altra spetie diviso, è nota & cognita per la semplice apparenza di ciascuno concento del canto misurato, cioè senza esservi posto né segnato altro segno, per lo quale tal binaria divisione sarà fatta al musico o cantore. Ma quando il tempo o altra spetie è rimossa da tal naturale divisione, tal mutatione conviene allhora apparere per certo & noto segno, per lo quale il cantore sia fatto accorto della accidentale divisione delle spetii del canto misurato, come accade quando il tempo o altre spetii per segni dimostrativi & apparenti non possono essere intesi cadere sotto la binaria divisione. Conchiuderemo che ogni concento o canto immaginato dal musico o compositore sotto la binaria page 55divisione sta permanente & retto, senza altro segno nel principio, dato che nel detto principio appaiono pause del modo maggior perfetto & del imperfetto & del minor perfetto, dellaqual oppenione fu similmente il giudicioso & dotto Messer Gioan Spadaro.

Risposta allo eccellente Don Franchino intorno alcune sue oppenioni. Capitolo II.

Nel sopradetto millesimo, cioè nel 1516, dal venerabile Don Franchino ci fu opposto, che dannoi era detto che otto a 9 & 16 ad 18 comparati non facevano proportione sesquiottava, ma sotto sesquiottava, la qual differenza apo noi non è riputata di molta importanza, perché quando i termini comparati sono pronontiati, egli non importa che il minore sia posto prima del maggiore o il maggiore del minore, ma solo si attende all'intervallo, il quale cade tra il suono grave & l'acuto. Il contrario adiviene nelle figure comparate del misurato canto, percioché le proportioni della maggior inequalità scemano, & le minori cresceno, dove che nella voce non accade crescimento né discrescimento. Similmente sua Eccellenza diceva che il diesi non era la metà del minore semituono, il che benché non paia vero, pur nondimeno egli il conferma al 3 cap. del primo libro del suo Trattato dell'harmonia delli stormenti, dove allegando Bacheo dice, che il diesi è la mezza misura del minor semituono, la qual sentenza dallui è confermata anchora nella sua Theorica al 3 cap. del secondo libro, & similmente al 2 cap. del quinto libro della detta Theorica, & da Boetio al cap. 21 del primo della sua Musica. Appresso sua Eccellenza dice che dannoi sono state messe alcune note di color pieno per sesqualtera proportione, la qual cosa egli dice esser falsa, imperoché le note nere per sé non possono dimostrare sesqualtera proportione, alla qual oppositione dannoi è risposto essere la verità, cioè chelle dette figure piene per sé non significheranno sesquialtera proportione, né anchor le tre semibrevi bianche in questo segno, 3/2, per sé sole la potranno fare, ma paragonate ad altre precedenti bene potranno creare la detta proportione, intorno la quale, per meglio dimostrare la sua oppenione, dice chelle note di tal sorte piene sono dette sesqualterate per essere tra loro di ugual misura, & con tutto che tal diminutione serva alla hemiolia overo sesquialtera proportione, che propiamente però essa non può fare tale effetto, per la qual cosa essendo dannoi domandato a sua Eccellenza, qual era il propio del sesquialterare, per lui & per noi fu risposto non essere altro, che levare una terza parte alla nota divisa per la vertù del segno in due parte uguale. Oltre ciò, se la semibreve piena, come egli conferma, leva alla sua semibreve non piena la sua terza parte, & questi termini, 3/2, tra loro comparati similmente togliono alla detta semibreve bianca e ad altre simili la sua terza parte, a noi pare che quello che è proprio all'uno sia conveniente all'altro, & tra loro non sia differenza alcupage 56na. Per tanto l'una & l'altra sarà detta sesqualtera et diminuta, de' quai duoi nomi, qual sia più conveniente, fu conchiuso esser meglio il dire sesqualterate che diminute, perché dicendo diminute solamente, egli non sarebbe inteso sotto quale diminutione fussero locate, perché sì come le spetii di maggior inequalità non hanno fine, così le diminutioni sarebbono infinite. Per tanto sarà dibisogno dire diminute sesqualterate. Et a questo modo secondo sua Eccellenza ci sarebbono due sorti di sesqualtera, cioè una propia & l'altra per certa diminutione di una terza parte, per la qual cosa secondo lui la propria starà per sé & sarà chiaramente intesa per questi termini comparati, 3/2, & altri simili; l'altra nascerà dal pieno alle figure assegnate disopra dette. Et la prima dallui è chiamata propia, per non essere altro sesqualtera ne' primi numeri, che quando tre figure si fanno equali a due, come i termini disopra dimostrano. Et la seconda delle tre semibrevi piene sarà dallui detta impropria, et questo adiviene perché ella non si dimostra in cifre numerali, ma dal pieno delle figure cantabili, il quale leva alle dette tre note piene tanto di virtù o valore, che restano solamente in quantità di due vacue. Et dato che le dette due sesqualtere siano dimostrate per segni diversi, non saranno però tra loro diverse proprietà, perché per questi termini, 3/2, comparati, si conosce che le tre note bianche hanno solamente la vertù di due di quelle, che loro innanzi sono poste; & per tal ragione i predetti termini comparati & il nero alle figure assegnato non producono diversi effetti. Et però sarebbe errore a credere chella forza consista nel segno & non nella cosa segnata, perché sì come il segno del merciaio o d'altri non è cagione chella merce sia venduta, ma quivi sta per dar a conoscere qual sia di essa il signore, così questi termini, 3/2, stanno per segno della sesqualtera, & non sono però essi sesqualtere, ma le figure nel loro sesqualtero valore pronontiate saranno essa sesqualtera; & come il vendere della merce può essere per vari segni dimostrato, così anchora la sesqualtera per varii segni può essere notata, et questi segni appresso i musici si fanno in dui modi, cioè con cifre & con note piene, benché da gli antichi essa sesqualtera era qualche volta dimostrata per lo circolo & lo semicircolo tra loro comparati. Dalle sopradette ragioni convinto, sua Reverenza non pote negare chella sesqualtera non si segnasse con le figure piene, imperoché al cap. 5 del quarto libro della sua Pratica, conchiudendo, dice così: Quello fra questo mezzo generalmente è da dover essere avertito, chella sesqualtera di note nere non dee co' suoi numeri essere notata, accioché per sorte non incorressino in questo inconveniente di segnare due sesquialtere, alle quai parole dannoi fu avertito, che se le figure piene non si debbono chiamare sesqualterate ma diminute, ove egli disopra ha detto sesquialtera di note nere, egli dovea dire sesquialtera di note diminute. Ma questo egli non disse, perché conviene pur in fine chella verità stia disopra, la qual sentenza anchora è stata confermata da Gioan Tintori in quel suo Trattato di proportione, là dove trattando della sesqualtera, dice chella sesqualtera ha altri segni che li sopradetti, la qual cosa può ragionevolmente stare. Conchiuderemo adunque che sì page 57come le figure piene per sé non sono sesqualterate, similmente le figure vacue in tal segno 3/2 non potranno essere per sé sesqualterate, ove già ad altre figure non fossero comparate. Et quello che è proprio alle vacue sarà anchora proprio alle piene, & incontrario. Alcuni studiosi sono stati a contentione, quale di dui segni predetti habbia più efficacia, & hanno conchiuso il pieno essere più efficace delle zifre così poste, 3/2, & questo dicono avenire perché il pieno è congionto col suo effetto, per essere nelle figure sesqualterate posto, et le cifre, le quali sono disgiunte dalle figure da loro dimostrate, potranno anche per sé stare altrove senza quivi causare alcuno effetto, ma il pieno non mai. Medesimamente da sua Reverenza fui ripreso, quando da noi fu detto che ogni musico intervallo per sé stesso nella corda sonora può essere misurato, dicendo che pensava che fusse la verità parlando geometricamente, ma che arithmeticamente, cioè secondo la proportione del numero intero & manifesto, che egli non credea che si potesse trovare nella corda sonora la misura del semituono minore, né del maggiore, né del diesi, né del coma, né del dittono, né del semidittono, così a puntino, ma che bene le si potrà andar appresso al segno, allaqual oppenione da noi fu risposto che sua Reverenza s'inganava molto, credendo che gli intervalli predetti solamente si potessono havere ciascuno per sé nella sonora corda geometricamente & non arithmeticamente, conciosia cosa che egli faceva del ragionevole irragionevole, & del lecito non lecito, perché egli voleva che essi intervalli si potessono dimostrare per ragioni geometriche, le quali non hanno nome né misura, & non per ragione arithmetica, la quale ha nome & misura, intorno la qual cosa certamente sua Riverenza era fuori di ogni ragione, considerando che egli non voleva che i sopradetti intervalli, e quali ne' numeri hanno certa & denominata proportione, si potessono per sé numerare nella corda sonora, se non per ragioni geometriche, le quali appaiono & non sono, perché la musica non le riceve. Et ché sia il vero, egli si trova per regola stabilissima & ferma che quando nella corda sonora vogliamo havere l'intervallo di qualche evidente proportione, che tutta la lunghezza della corda si parte per lo numero maggiore, & da poi si fa comparatione da esso al minore. Se nella corda vogliamo introducere la sesquialtera, la quale produce il diapente, però egli è di mestieri chella corda sia divisa in tre parti uguali, & che dapoi il suono 3 sia refferito al suono delle due parti, & per tal modo si potrà havere lo spatio del minor semituono per sé, il qual cade tra questi termini comparati, 256 ad 243. Et se tutta la corda sarà divisa overo partita in 256 parti eguali, et dapoi il suono generato da quella sarà refferto al suono 243, haremo tal semituono minore per sé formato. Et così anchora accaderà de gli altri intervalli, iquali disopra sono nominati.

Oppositione fatta del eccellentissimo Messer Gioanni Spadaro & da noi confermata. Cap. III

page 58A nostra confermatione ci è paruto di aggiongere l'autorità del eccellente & dottissimo musico Messer Gioanni Spadaro bolognese, il quale così dice: Egli non fu mai più udito che una distanza, la quale habbia chiara & denominata proportione, non si potesse per sé trovare geometrica et arithmeticamente nella sonora corda, perché quello che per numeri è apparente, si può anchora trovare nella continova quantità, là dove tutto quello che se può dimostrare nella continova quantità non può già per numeri essere dimostrato, conciosia cosa che gli numeri siano infiniti, et l'altra manca di misura et sia finita, come dimostra Iacopo Fabro dal detto Franchino allegato. Et perché sua Reverenza allegava Guido Monaco dicendo, che 'l semituono e 'l semidittono & il dittono non si potevano per sé formare nel monacordo, ma che si poteva bene loro andare appresso al segno, per laqual cosa concedeva che per sé tali distanze potessero havere divisione nel monacordo, perché niuno stormento essercitato colla mano non può arrivare insino alla integrità della perfettione di tali consonanze, ma che bene si potea tanto accostare alla perfettione di quelle, che lo audito, come quello che non può comprendere tal imperfettione, resterebbe contento. A tal suo parere da noi si risponde in questo modo, che egli è la verità che Guido Monaco al cap. 6 nel Micrologo dice così: Tutto che il semituono e 'l dittono et il semidittono siano cantati, nondimeno non ricevono niuna divisione, per le quali parole Guido non dice che tale distanze non possano esser condotte per sé nel monacordo con nota & certa misura, ma si iscusa che per la divisione fatta nel quinto precedente capitolo, tali distanze tacitamente sono formate & prodotte con più facilità che non sarebbe avenuto, se fossero state per sé essercitate, percioché nel predetto cap., egli partendo la corda solamente in due, in tre, in quattro & in nove parti, ha assegnato in essa corda tutti gli intervalli nel monacordo necessari, & con tal facile modo procedendo, leva la faticosa divisione, la quale nascerebbe nel formare per sé nel monacordo i predetti intervalli, perché volendo havere nel monacordo lo spatio intiero di duoi toni sesquiottavi, bisognerebbe dividere la corda in 81 parti uguali, & dapoi refferire il suono 81 al suono 64, & all'opposito. Per tal modo sarebbe necessario essercitarsi circa gli altri intervalli, cioè del minore & del maggiore semituono, del diesi, del coma & del semidittono, le quali divisioni, dato che siano laboriose, pur nondimeno si possono trovare & per sé formare, perché la loro proportione è chiara & nota & commensurabile & ne' numeri constituita. Onde Guido dice che non possono per sé ricevere divisione, perché essa resta apparente dopo la facile divisione del diapason, del diapente, del diatessaron et del tuono. Le sopradette sentenze dello eccellente Messer Gioanni non sono publicate, ma dallui ci furno scritte & da noi considerate & confermate.For a commentary on this passage, see Bonnie J. Blackburn, Edward E. Lowinsky, Clement A. Miller, A Correspondence of Renaissance Musicians (Oxford, 1991), p. 96.

Dichiaratione del contrapunto. Cap. IIII.

page 59Molti scrittori in questa nostra harmonica facoltà hanno diffinito che cosa sia contrapunto, fra iquali si trova che Gioan Tintori nel suo Diffinitorio dice, che il contrapunto non è altro che un canto che consiste nel porre di una voce contro d'un altra voce, ilqual contrapunto dallui è diviso in due parti, cioè in semplice et diminuto. Et Franchino al cap. primo del quarto trattato del suo libro dell'harmonia de gli stormenti, dallui chiamato Angelico & divino, dice che il concento overo modulatione è uno corpo, il quale ha in sé diverse parti accommodate alla cantilena disposta tra voci distanti per intervalli commensurabili, & che questo è detto contrapunto, perché sempre si considera un punto contro a un altro, o veramente una voce contro un'altra, per la qual cosa egli è da considerare che da Gioan Tintori, secondo la sua diffinitione, è stato inteso che 'l contrapunto occorra overo sia, quando due voci o note, o più, siano poste in modo che una simile nel cantare vada o risponda a un'altra sua simile in nome, overo in vertù & valore, come breve contro a breve, overo altra nota, la quale per qualche accidente habbia il valore di essa breve, et così delle altre note, nella qual sentenza concorre Franchino, dove dice che il contrapunto è per tal modo nominato, perché sempre si considera un punto contro a un'altro, nel qual luogo bisogna bene avertire intorno quello che da Franchino è stato detto, cioè che 'l concento è quello che è detto contrapunto, per laqual cosa pare che egli contradica in questa seconda autorità a quello che ha detto di sopra, imperoché bisognava che egli facesse differenza tra il concento, il quale procede per la nota simile contro la sua simile, & il concento, il quale cade tra molte note tra sé simili overo dissimili, come accade nel diminuire delle note, il qual modo di comporre si usa ne' concenti; & secondo la diffinitione di Franchino, in tali concenti non caderà il contrapunto dallui diffinito, perché la sua diffinitione solo sarà intesa convenire a quegli concenti, i quali solamente a nota contra nota simile procedono, dove più note, simili o non simili, sono pronontiate per una nota loro dissimile, et è contra. A corroboratione di ciò dice l'eccellente Messer Gioan Spadaro che egli è da notare, dove Franchino ha detto che il contrapunto overo concento o modulatione consiste di voci intra sé distanti per intervalli commensurabili, che egli apertamente si contradice a sé stesso in molte sentenze scritte dallui ne' suoi trattati, perché primieramente là dove tratta del contrapunto, la terza minore & la maggiore, cioè il semidittono & il dittono, & la sesta minore et la maggiore, cioè il diapente col semituono & il diapente col tuono, dallui sono essercitate come buone consonanze; et poi ne' trattati suoi dice che tali distanze sono incommensurabili, perché cadono in una incerta proportione, cioè lontana dalla multiplicità & alla sopra particolarità. Et sottogionge che il predetto Franchino nel preallegato luogo, seguitando a ciascuna verità, delle terze & seste predette assegna chiara & nota proportione, apparente per termini & numeri comparati, la sentenza del quale dice essere falsissima, perché fra le date zifre numerali, overo nella discreta quantità, comunque elle si sia, o aliena, o non dalla moltiplicità & sopra particolarità, non si dà page 60proportione incommensurabile overo irrationale, per la qual cosa appare che da sua Reverenza sia stata male intesa quella sentenza di Guido Monaco dallui registrata in quel suo cap., perché da Guido non fu scritto in tal modo, che dallui fosse tenuto che il semidittono & il dittono non habbiano certa & nota proportione, & che non si possano condurre et formare per sé nel monacordo musico, come dallui nel suo trattato chiamato Postille è stato provato. Ma dal predetto Guido fu scritto per tal modo, che dividendo la corda sonora del monacordo in due, in tre, in quattro & in nove parti uguali, da tal divisione nasce la diapason, la diapente, la diatessaron & anchora il tuono, delle quali distanze facilmente egli si forma, & riduce a perfettione uno monacordo secondo il genere diatonico compito & diviso, nel qual monacordo in tal modo partito appare prodotto il semituono, il semidittono & il dittono, & lo spatio di ciascuna delle seste predette, cioè la minore & la maggiore, senza essere essercitata la loro propia numerosità & partitione. Per tanto si dee intendere chelle parole di Guido predette suonino come qui: Perché essi siano ammessi nel cantare, nondimeno nel cordotono non ricevono divisione, et questo adiviene perché tali distanze sono tacitamente prodotte dalle predette partitioni. Et Bartholomeo Rami, in un certo suo compendio composto in lingua materna dice, che gli antichi dicevano che il contrapunto overo organizatione non era altro che considerare la consonanza che fanno duoi suoni, overo due voci o più, una più acuta o più grave dell'altra, giuntamente profferite, a confermatione della qual cosa l'eccellente & consumato musico Messer Gioan Spadaro dice che 'l medesimo Bartholomeo Rami, suo maestro, nel cap. primo della seconda parte della sua Pratica, dice che tutto il corpo musico consiste nella distanza dello diapason, la quale consiste di otto voci, over suoni, et che al contrapunto assai basta dichiarare come le predette voci convengono intra loro, & che dapoi procedendo, pone & colloca le voci tra sé equali overamente unisone tra il numero delle consonanze, non perché intra le voci equali & unisone cada intervallo overo distanza, ma solamente perché sono una medesima cosa, & pari in suono; che tutto che egli dica che l'unisono non è differente da sé stesso, non però egli dice che l'unisono sia consonanza, perché come piace a Boetio, la consonanza non si fa di voci simili, le quali siano insieme unite in concordia in modo che la loro sonorità pervenga soave & grata al senso dell'udire; dapoi che egli dice che l'unisono sta in quella guisa nella musica, che sta la unità nella arithmetica, percioché sì come essa unità non è numero, ma sta come principio di numero, per tal modo l'unisono non sta nella musica come consonanza, ma sta come origine & fonte delle consonanze, intorno la qual cosa annoi pare che ciò dal suo precettore sia stato meglio inteso che da Franchino nel secondo cap. del terzo libro della sua Pratica, dove egli dice che l'unisono rispetto alle musiche distanze sta come il punto geometrico rispetto alla linea in geometria, overo in continova quantità considerata, nella qual cosa Franchino è in grande erpage 61rore, perché se l'unisono considerato dal musico ha natura del punto geometrico, egli non potrà havere natura né similitudine vera con la unità in arithmetica considerata. Et questo averrà perché tra il punto geometrico & la unità arithmetica cade non poca contrarietà, & questo nasce perché la unità in producere il numero, overo la discreta quantità, sarà molte volte presa, la qual cosa del punto geometrico in creare la continua quantità non si vede avenire. Laonde, se il numero si vede non esser altro che una moltitudine di unità, la linea certamente, o altra continua quantità, non potrà constare di moltitudine di punti, ma solamente di dui, fra' quali è tirata. Similmente la unità in arithmetica considerata non potrà in minute parti essere divisa, il qual effetto dal punto geometrico per modo veruno non potrà nascere, perché esso punto non è quantità, ma è immaginato, sì come è futo affermato da Euclide, là dove diffinendo esso punto, dice che 'l punto è quello del quale non ci è parte. Per le predette mathematiche dimostrationi appare che l'unisono dal musico considerato solamente si potrà assomigliare alla unità, la quale è principio della discreta quantità, la quale unità, come disopra è stato detto, potrà esser molte volte presa & fare di sé numero, & anchora potrà essere in parti minute separata, & questo averrà perché il suono, il qual consiste in tempo & in quantità sonora, potrà similmente essere aggregato & in parti diviso, come è manifesto comparando il suono grave al suono acuto, & il suono acuto al grave, imperoché come il suono grave contiene in sé il suono acuto, così l'acuto sarà parte del suono grave, come da Aristotile è stato confermato ne' suoi Problemi. Si potrebbe però convenevolmente assomigliare l'unisono alla linea geometrica, la quale è una lunghezza senza latitudine, perché tal lunghezza potrà essere molte volte presa & creare un numero & moltitudine di linee, & anchora in parti minute potrà essere divisa, a similitudine della data & considerata unità in arithmetica intesa. Ma non può già essere che l'unisono sia paragonato al punto, considerato dal geometrico per principio della continova quantità, percioché, essendo immaginato, non può essere quantità, & per consequente sarà indivisibile. Et dato che fosse molte volte preso, non sarà però di sé linea, perché come è stato detto, la linea è considerata dal punto dal quale, havendo origine, è tirata, & non da quello molte volte preso, percioché ove così fosse, egli seguiteria che la linea, & ciascuna altra continova quantità, si potesse risolvere nel punto, in quel modo che il numero si può risolvere nella semplice unità, et appresso, che tra la continova et la discreta quantità non cadessero quelle contrarietà, le quali per loro natura loro sono assegnate da' dotti et intendenti mathematici.

Come il punto non può far imperfetta una nota simile inanzi a un'altra sua simile. Cap. V.

Per ischifare & dilucidare alcune oppenioni & dubbi, le quali da alcuni compositori sopra l'arte de' dolci & soavi moduli & concenti sono havute, sarà page 62dannoi ragionevolmente dichiarato il modo & la via che a ciò fare si dee tenere, conciosia cosa che in molti concenti, & massimamente ne gli oltramontani, si tenga per ottima & ferma regola, che una breve simile alla sua seguente per vigore del punto sia fatta imperfetta, la qual consideratione certamente è vana & di soverchio, né concessa da musico alcuno, perché al punto non si concede poter rendere imperfetta una nota simile a un'altra simile sotto la ternaria & ordinata divisione, imperoché il punto solamente opera a levare la perfettione alla nota overo figura che per sé sola si può dimostrare perfetta, come qui nel qual essempio chiaro si conosce chella breve, per cagione delle tre semibrevi seguenti, le quali creano un tempo perfetto, resta permanente, intera e perfetta, ma che traponendosi il punto fra la prima & la seconda semibreve, esso farà imperfetta la nominata prima breve, come qui. Et questo accaderà per non haver essa breve altra nota appresso a sé simile. Per tanto tal punto non harà forza, come loro piacer, di dar imperfettione mai a una nota a sé simile, come seguitando vedi, la quale oppenione essendo approvata dall'eccellente Don Franchino, al capitolo undecimo del libro secondo della sua Prattica dice: Egli è fra questo mezzo da dover esser inteso, che una nota posta davanti ad un'altra sua simile non può essere fatta imperfetta, & da noi al capitolo ventesimo nono del primo libro del nostro Toscanello, il medesimo fu dichiarato, per la qual cosa vergognensi adunque tutti coloro, i quali tengono & credono che tale oppenione possa esser vera. Ci sono anchora molti, i quali non solamente consentono & credono che tal similitudine & perfettione sia manifesta & ragionevole, ma etiandio maggiormente vogliono chella detta breve, posta dinanzi la figura maggiore di sé, sia perfetta, la oppenione de' quali chiaramente si vede essere falsa, percioché egli farà ben di mestieri che uno fosse rozzo & senza giuditio a dover credere, che una lunga fosse simile a una breve, & meno poi la detta breve a una massima. Pertanto questo loro argomentare, se una simile posta davanti a un'altra simile non può essere fatta imperfetta, maggiormente essendo posta dinanzi a una maggiore di sé, non potrà ricevere imperfettione, non vale, né hanno bene apparato loica, percioché non troverranno musico, né moderno, né antico, che approvi questa loro consequenza & oppenione, percioché questo non ha luogo se non in quelle note che sono simili di forma & di corpo, come habbiamo detto disopra. Ma pur volendo il compositore far perfetta la nota posta innanzi la maggiore, essa non havrà sempre tal perfettione, ma sarà in facoltà del musico, & secondo piacerà allui, come essaminando molte compositioni in quelle, così in note, come in pause troverrai, & come la figura seguente ti mostra. page 63
Habbiamo veduto nel passato capitolo che alcuni hanno alterato quella regola della similitudine delle brevi col voler l'una di esse per via del punto far imperfetta. Appresso, come essi vogliono che se una simile davanti alla sua simile non può essere fatta imperfetta, che tanto più posta innanzi a un'altra maggiore di sé, che non potrà essere fatta imperfetta, hor alcuni altri ci si fanno incontro, opponendo & contrastando contro la terza & ultima oppenione & regola da tutti i dotti auttori ordinata, la quale è chella breve davanti alla sua pausa sia sempre perfetta, conciosia cosa che essi dicano che il terzo modo & precetto non è ragionevole, volendo chella detta breve innanzi la sua pausa sia sempre perfetta, percioché ciò alcuna volta sta nella dispositione & volontà del compositore, perché dato che essa breve si manifesti innanzi la sua pausa, come qui, non però sarà simile la apparente pausa, ma sarà simile al suo proprio valore, perché la forma della pausa non ha similitudine colla figura breve, la qual perfettione dicono essere più ferma alle due, tre, o quatro brevi continovate, che alla breve & alla sua pausa, le quali sentenze & oppenioni non saranno da noi per modo alcuno concedute né approvate, benché ne' trattati nostri sia in contrario dichiarato, non affine di dare quello che quivi scrissi per regola, ma più tosto per modo di disputare, percioché la pausa della breve resta permanente, ferma & stabile, come quella che sempre si dimostra perfetta & imperfetta, senza cangiar forma, come fa quella della lunga, la quale per sé si muta & varia.

Come il cantore dee osservare la misura ne' segni de' modulati concenti dal musico & compositore ordinati. Cap. VI.

Si trovano molti, i quali con poca consideratione cantando, danno la misura sotto il segno d'un concento così segnato, , a loro beneplacito, la qual misura non sarà quella che al segno si conviene, né che dal musico è considerata, come in molti canti si ritrova, i quali haranno nel principio il segno diminuto di sopra mostrato, per lo qual segno essi danno la misura sopra la semibreve, & questo inconveniente commettono per poter con più loro facilità cantare. Et per tal modo incorrono in errore & in non poca confusione, perché la misura, che essi tengono nella semibreve, verrà a dannare quello che dal compositore è inteso & immaginato, conciosia cosa che dopo molte note nascerà una sesqualtera habitudine, per laqual cosa io vorrei un poco, che mi dicessero questi tali che danno la misura sopra una semibreve per battuta, poscia che saranno giunti alla detta sesqualtera, che proportione sarà quella? Certo non si può dire che essa habbia da essere sesqualtera, ma tripla sì bene. Et questo averrà perché essi passeranno tre semibrevi sopra la battuta della detta semibreve, laqual cosa è falsissima. Là onde ti sarà necessario avertire & dare la misura over battuta nel segno sopradetto nella figura breve, & non nella semibreve, & così passeranno nella sesqualtera tre semibrevi per una battuta contra le due semibrevi, o contro una breve del segno diminuto o tagliato. Et quanti ce ne sono anchora, che cantando tal segno per una semibreve per battuta, giunti alla sesqualtera, muteranno misura per accomodarsi a quella della sesqualtera, per gli quali inconvenienti ci è paruto cosa convenevole chiarire tal modo & misura, però li diciamo essa non essere altro che una lunghezza finita per equali intervalli, la qual misura overo modo di misurare in questa facoltà di musica è considerata in dui modi, cioè annoverando le note cantabili et non cantibili dal principio del canto insino al fine secondo il valore della nota a sé maggiore propinqua, cioè cogliendo insieme tre minime per una semibreve perfetta & due per una imperfetta, et similmente tre semibrevi per una breve perfetta & due per una imperfetta, il simile facendo delle brevi rispetto alla lunga, & delle lunghe rispetto alla massima, la quale non sarà misurata, perché dopo essa non si dà nota maggiore, della quale essa massima sia molte volte contenuta; & tale ordine i musici propiamente chiamano misurare, perché tale ordine & modo dimostra se il canto ha tutto il suo numero, cioè del modo, del tempo & della prolatione, secondo la dimostratione del segno innanzi del canto posto. La seconda consideratione & modo di misurare nasce da quella misura, la qual considera il musico overo cantore, quando esso leva & abbassa la mano, o anchora il piede, il quale inalzamento & abbassamento i phisici chiamano sistole & diastole. Pertanto a colui, il quale desidera rettamente misurare & cantare, sarà di necessità che cantando, in atto overo nella mente consideri un certo movimento & battuta invariabile, ove tutte le note proportionevolmente si riduchino, al qual moto, over misura è stato ordinato da' dotti, chelle figure o note di ciascuno segno debbano misuratamente concorrere, per la qual cosa il presente segno, 3, chiamato modo con tempo, per la autorità de' dotti antichi et moderni insegna dare la misura nel cantare sopra quella nota chiamata da loro tempo, il quale altrimenti è detto breve. Et con tal modo ne' segni, ne' quali la breve sarà dimostrata perfetta, per una battuta passerà una breve perfetta, overo il suo valore; et in quegli che haranno il modo minor perfetto et imperfetto col tempo dimostrato imperfetto, come i seguenti, 2, 2, sempre la vera misura caderà sopra la breve imperfetta, o due semibrevi; di quello che si dee operare ne' dui seguenti segni, come qui, , , assai chiaro al cap. 38 del primo libro del nostro Toscanello habbiamo scritto. Ma nel circolo & nel semicircolo senza il punto, la battuta overo misura caderà nella semibreve, & imperò se un tenore o altra parte sarà segnato con uno de' presenti segni, , , & che le altre parti di tal canto siano segnate con ciascuno di questi, 3, 3, 2, 2, alhora una minima di quegli dui segni col punto in mezzo harà tanta vertù & vapage 65lore, quanto una intera breve di ciascuno de' quattro segni disopra mostrati. Et anchora per una minima de' dui segni puntati passerà una semibreve per battuta di questi dui non puntati, , . Havendo veduto & chiaramente compreso la natura & forma de' sopradetti segni non diminuti, potrai agevolmente intendere quello che nel diminuto si contiene, conciosia cosa che egli sia da considerare, che essi segni diminuti siano nella loro semplice integrità, come disopra si dimostrano. Pertanto essendo passato una breve per battuta, se essi saranno diminuti over tagliati, come qui, 3, 3, 2, 2, per una battuta o tempo passerà nel termine di quella prima breve la quantità di una lunga, & la battuta, la quale cadeva sopra la semibreve ne' presenti, , , nel diminuto caderà sopra la breve; et quella, la quale in questi, , , cadeva sopra la minima, essendo diminuti, caderà sopra la semibreve; et questo s'intende sempre ponendo & passando due figure simili in nome & quantità del segno diminuto a comperatione del segno non diminuto.

Delle parti & imperfettioni delle note. Cap. VII.

Essendo da noi stato trattato della imperfettione delle note al cap. 20 del primo libro del nostro Toscanello, per non essere quivi a sufficienza stato dichiarato tutto quello che facea di mestieri dichiarare, saranno da noi dilucidate alcune sentenze & essempi necessari & a molti grate & utilissime, le quali sentenze sono dallo eccellente musico Messer Gioanni Spadaro addotte et da noi confermate; et questo faremo per cagione di alcuni, i quali di ciò forse non hanno la vera cognitione. Et perché in tal nostro capitolo sopradetto non fusse preso errore, avertirai che là dove da noi è dichiarato chella massima può esser fatta imperfetta da una lunga, da una breve, da una semibreve & da una minima, non è da noi considerato né inteso che la detta massima possa esser fatta imperfetta da una breve o semibreve, o da una minima, ma solamente dalla lunga, o dal suo valore, perché la breve, la semibreve o la minima non sono terze parti di quella. Pertanto intenderai che, sì come la breve potrà fare imperfetta una di quelle lunghe contenuta overo intesa in essa massima, così la semibreve o la minima saranno atte affare imperfetta una di quelle brevi & semibrevi contenute & annoverate nella detta massima, come seguitando harai cognitione. Si dirà adunque che di quelle note, le quali possono esser perfette secondo la volontà del compositore, & imperfette per lo levamento della loro terza parte, alcuna harà solamente la parte propinqua, come la semibreve, et alcuna harà la parte propinqua & la remota, come la breve. Similmente, alcuna di esse harà la parte propinqua & la remota & anchora la parte più remota, come sarà la lunga, et alcuna harà la parte propinqua & la remota & la più remota & la remotissima, come sarà la massima. Et habbiamo da considerare che ciascuna nota, nella quale può consistere perfettione, si sarà annoverata perfetta, eccetuando le pause. Tal nota potrà essere fatta imperfetta dalla page 66nota a sé minore propinqua, overamente dal valore di essa sua minore propinqua, et così seguiterà, chella semibreve nella prolatione perfetta, come qui, , , potrà essere fatta imperfetta dalla sua terza parte o dal suo valore, in questo modo. Possono alcuna volta tali semiminime piene stare in tali segni puntati, massimamente ne' canti che con tali segni sono dimostrati, dove non cadano minime piene, le quali alle volte sono usate affine di ischifare alteratione, o per qualche altra lecita cagione. Alcuni altri dicono che quando una sola nota sarà considerata perfetta in qualche canto, ove accada far la imperfetta, tal nota considerata perfetta dalla sua terza parte, overo dal suo valore, che alhora tale terza parte o suo valore dee esser tutto posto dalla parte dinanzi overamente dopo, et non una parte innanzi & una parte dopo la nota fatta imperfetta, come qui, e non in questo modo, o in altri simili, i quali possono accadere. Et questo dicono avenire perché dividendo la semibreve nelle sue parte minute, come sono le minime, le semiminime & l'altre, & ponendo una parte della detta semibreve alla parte dinanzi & una parte dopo la breve, egli pare che una delle tre semibrevi contenuta in essa breve sia fatta imperfetta dalla minima posta dalla parte dinanzi & dalla minima posta dopo tal breve. Pertanto dicono che se un canto sarà segnato col segno della prolation perfetta, che in quel caso tale positione sarà lecita & con ragione posta & ben considerata, come qui. Tuttavia certamente si conosce che tale positione in questo modo considerata, non debba essere in parte alcuna dubbiosa al detto intendente, percioché dallui è compreso che per la privatione del punto del circolo, la prolatione overo la semibreve resta imperfetta. Pertanto non si potrà considerare chella minima, la quale è posta dinanzi la breve, né anchora la minima posta dopo essa breve, siano terze parti di alcuna delle semibrevi tolte dalla breve. Però bisogna considerare che in tali occorrenze siano prese insieme la minima posta dinanzi alla breve & quella dopo, lequali faranno la quantità o valore di una semibreve, il qual valore sarà quello dal quale la breve in mezzo delle due minime posta sarà fatta imperfetta, intorno lequai cose bisogna avertire, che tale o simile positione di figure è in potestà et volere del compositore, per che il musico o compositore, per sodisfare al poco sapere di alcuni, non è tenuto a non esprimere et conducere il concento al suo debito fine secondo la sua intentione. Et questo che di sopra è stato detto della breve posta fra le minime del segno dove solamente il tempo sarà perfetto, si intenderà anchora della page 67lunga posta fra due semibrevi dove solamente il modo minore sarà perfetto, & della massima posta fra le brevi dove solamente il modo maggiore sarà perfetto.

Altre considerationi intorno la imperfettione delle note. Cap. VIII.

La nota overo figura chiamata breve alcuna volta si dimostra imperfetta insieme con la sua minor propinqua, come qui, 2, 2, , et alcuna volta essa breve è dimostrata imperfetta con la sua minore propinqua perfetta, come dichiara il presente segno, . Et alcuna tal breve sarà perfetta & la sua seguente minore sarà imperfetta, come dimostrano questi segni, 3, 3, . La breve adunque governata sopra i dimostrati segni, senza altri accidentali segni considerata, non diventerà imperfetta, cioè non sarà diminuta di alcuna sua particola, ma sempre starà in quel valore & vertù, il quale le sarà attribuito dal segno; ma la breve perfetta per questi segni dimostrata, 3, 3, , per non essere in loro altra nota perfetta, potrà solamente essere fatta imperfetta dalla sua terza parte, et non in altro modo. Et quando la breve sarà imperfetta & che valerà due semibrevi perfette, come dimostra la semicircolar figura, , alhora tal breve non potrà essere fatta imperfetta senon dalla sua terza parte, perché non resta divisa in tre parti equali, ma potrà ben diventare imperfetta inquanto alle parte propinque, cioè rispetto alle semibrevi, perché tali sue semibrevi sono dimostrate perfette dal punto apparente nella semicircolar figura. Et tale imperfettione potrà occorrere in dui modi, cioè che delle due semibrevi perfette considerate in essa breve una sola potrà essere imperfetta, & l'altra perfetta, come qui, & secondo ogni precetto & ordine dato da' dotti & consumati musici, così moderni come antichi, tali brevi rettamente si potranno ritrovare ragionevolmente tutte imperfette, come qui, et così, et in molti altri modi simili, iquali per brevità si lasceranno. Ma la breve, laquale sarà formata di tre semibrevi perfette, come in questo segno si contiene, , potrà essere fatta imperfetta dalla sua terza parte, cioè da una semibreve perfetta, come qui, overo da oltretanto suo valore, come di tre minime, & l'altre due potranno far imperfette quelle due semibrevi, lequali dopo la imperfettione della predetta breve restano in tal breve atte a poterla far imperfetta, come si dimostra per li seguenti essempii. Anchora nella breve per tal modo segnata potranno essere solamente due semibrevi perfette & una imperfetta, imperoché come è stato detto, la breve in tal segno vale tre semibrevi perfette, delle quali semibrevi una sola rimarrà imperfetta dalla seguente minima, & per tal modo tal breve harà il valore di otto minime. Appresso nella detta breve le due minime potranno far imperfette le due semibrevi, rimanendo l'altra perfetta, copage 68me qui, dove la breve ritenerà il valore di sette minime. Et habbiamo da considerare, che accadendo che tal breve sia fatta imperfetta da tre minime, come qui, si dee intendere chella breve sia fatta imperfetta dalla sua terza parte, ciò è dal valore di una semibreve perfetta, et che le tre semibrevi perfette, le quali vagliano quanto una breve perfetta, non saranno fatte imperfette da quelle tre minime poste dopo tal breve, perché ove così fosse, egli seguiterebbe chella breve perfetta disopra assegnata non si potesse fare imperfetta dalla semibreve perfetta, come vuole la natura del far imperfetto, cioè che ogni nota perfetta, laquale sia composta di tre note perfette, non potrà essere fatta imperfetta se non le sarà tolto via una nota perfetta, la quale sia la terza parte della nota fatta imperfetta. Pertanto se vogliamo chelle tre minime poste dopo la breve siano in quella guisa messe per far imperfette quelle tre semibrevi, lequali sono comprese perfette nella breve, ilche non aviene di essa breve, dico che non potrà stare, perché tolta la perfettione a ciascheduna delle tre semibrevi considerate perfette nella predetta breve, egli seguiterebbe che tale breve restasse perfetta di tre semibrevi imperfette. Per tal modo, tal breve dopo la imperfettione delle predette tre semibrevi sarebbe fatta imperfetta di una semibreve imperfetta, la qual cosa sarebbe molto repugnante et contraria al segno, perché esso dimostra che il tempo, overo la breve è composta di tre semibrevi perfette. Volendo adunque che la breve sia fatta imperfetta, egli sarà dibisogno chella nota, che ha forza di far imperfetto, sia perfetta & non imperfetta, ma se pur tal nota, che può levare la perfettione, sarà imperfetta, bisognerà che essa insieme con una delle sue parte concorra affare imperfetta essa breve, come qui. Il simile averrà sella detta semibreve sarà divisa in tre minime, & etiandio in note più minute, perché la natura & l'arte ci amaestra che quando egli si trova una nota, laquale habbia vertù & valore di tre minori perfette a sé propinque, noi debbiamo prima haver riguardo se tal nota sarà perfetta, cioè se nel concento resterà conservata dalla imperfettione, percioché ove non vi restasse, sarebbe necessario chella nota che arreca imperfettione fosse apparente in forma, in pausa o in valore. Pertanto, quando dopo tal nota, o innanzi, si troverà tanto di valore che aggionga alla terza parte di quella nota perfetta, laquale contiene tre note perfette, alhora tal valore si dee applicare alla imperfettione di quella nota, la quale comprende il ternario numero delle minori perfette a sé propinque. Et se dopo tal terza parte, altro numero di figure minute avanzano atte affare imperfette le figure perfette comprese da essa nota, tali note si debbono accomodare affar imperfette tal note perfette minori contenute più volte in essa maggiore. Et però, quando dopo la breve in tal segno segnata, , seguita il valore di più di una semibreve, se tal parte, laquale avanzerà oltra la semibreve intiera, sarà minore di essa semibreve, come sua terza parte, et che essa sia reintegrata, alhora essa terza parte sarà computata affar imperfetta una page 69di quelle semibrevi, le quali rimangono nella breve dopo la imperfettione di essa breve. Ma se esse saranno due parti dopo la imperfettione della predetta breve, saranno computate affar imperfette quelle due semibrevi, le quali dopo la imperfettione della breve resteranno in essa breve, come si potrà comprendere per li essempi seguenti. Nel primo & nel secondo essempio, la breve per le predette ragioni valerà cinque minime overo una semibreve perfetta & una imperfetta, ma nel terzo overo ultimo, essa valerà quattro minime overo due semibrevi imperfette. Et perché in tale consideratione potrebbono nascere molti dubbi et accidenti contrarii alla volontà del compositore, pertanto per maggior chiarezza è lecito tal volta porre simili punti tra le note che fanno la imperfettione, come si vede nel secondo & nel terzo essempio, de' quali punti, gli ultimi apparenti nella seconda & nella terza figura saranno rettamente chiamati punti di ridutione, per liquali tali note sono dimostrate essere ridotte overo trasportate alle note innanzi alloro poste, & tali note solamente sono ridotte affar imperfette altre note di lor maggiori, & non per accompagnarsi con altre loro simili in forma, né in valore. Ma le note nel primo modo trasportate possono far imperfette le loro maggiori propinque, & anchora si possono accompagnare colle loro simili in forma & in valore, & essi punti di ridutione dopo la nota ridotta posti saranno sempre con participatione, & non per sé, come alla quinta oppenione habbiamo dimostrato. Oltra le predette cose, egli è da sapere chelle figure, le quali sono causa della imperfettione, possono stare in molti altri modi diversi da quelliche habbiamo narrati rispetto alla nota fatta imperfetta, come sarà la semibreve innanzi la breve, come qui, et in ciascuno altro segno di tempo perfetto, nelquale precedente essempio sola la breve sarà imperfetta, come anchora dimostra il primo essempio. Ma in questo seguente, la breve sarà imperfetta, & anchora una di quelle due semibrevi, le quali dopo la imperfettione della breve sono restate in essa breve; & nel seguente essempio si dimostra, la breve sarà imperfetta con quelle due semibrevi contenute in tale breve, et in molti altri innumerabili modi potranno accadere tali imperfettioni, lequali per brevità si taceranno, perché haveremmo troppo facenda & sarebbe processo molto lungo & quasi senza fine. Adunque per quello che di sopra è stato detto, chiaramente si vede chella nota nella quale consiste la perfettione non si dice essere imperfetta, se non le sarà levato la sua terza parte, laquale sia nota intera, o il valore della minore vicina, per la qual cosa errano quegli, i quali in questo essempio, et altri simili dicono che la prima breve sia fatta imperfetta page 70dalla seguente minima, et similmente dicono chella seconda breve resta imperfetta dalle due seguenti minime, imperoché una sola minima, & anchora due, non sono la terza parte della breve segnata con questo segno, . Là onde quella minima sola farà rimanere imperfetta una di quelle tre semibrevi in sé raccolte dalla prima breve del predetto segno, la quale è perfetta. Così la seconda breve non sarà fatta imperfetta dalle due seguenti minime, ma le due semibrevi sì bene in essa breve considerate resteranno imperfette, la quale intelligenza & verità si potrà chiaramente dimostrare in questi modi et in altri simili. E certo quanto al primo essempio, dove appaiono cinque minime dopo la breve, egli non si può negare chelle tre non facciano la predetta breve imperfetta, perché sono il valore & la quantità di una terza parte di quella, cioè di una semibreve perfetta. Così anchora quelle due minime, le quali avanzano dopo le tre, saranno computate nella detta breve affare imperfette le due semibrevi, lequali oltra quelle che fanno imperfetta la breve restarono perfette in essa breve. Il medesimo anchora accaderà nella seconda dimostratione, perché la semibreve posta dopo la breve farà imperfetta essa breve, & le due minime poste dinanzi a tal breve faranno imperfette quelle due semibrevi, le quali dopo la imperfettione della breve rimasono in detta breve. Se adunque in ciascheduno de gli essempi predetti sarà mossa overo levata via la imperfettione delle due semibrevi sopradette, cioè quelle due minime, le quali alle tre minime sopra avanzano, & similmente quelle due minime, le quali sono poste dinanzi la breve del secondo essempio, seguiterà che sola la breve resterà imperfetta, & così in contrario, se dal primo & dal secondo essempio sarà tolta via la imperfettione delle predette due semibrevi, cioè le due minime, solo il tempo overo la breve resterà imperfetta & le due semibrevi in esso tempo rinchiuse saranno perfette. Et questo tale ordine è tenuto per fermo & vero da ogni musico & dotto compositore.

Qual sia stato il primo e 'l secondo segno da gli antichi & dotti musici dimostrato. Cap. IX.

Per essere cosa necessaria et molto al proposito intendere i segni appartenenti al canto figurato, diremo non solamente de' semplici, ma anchora de' composti & de' diminuti, tra' quali dimostreremo principalmente esservene duoi, per liquali si conosce il numero perfetto & l'imperfetto, & anchora il diminuto. Pertanto il primo segno da molti musici dottissimi è futo chiamato segno di modo con tempo et il secondo segno di tempo con prolatione. Il primo di essi adonque è stato da loro figurato & dimostrato in quattro diversi modi: il primo con un circolo & con una ternaria cifra, come qui, 3; il secondo con un semicircolo & una cifra ternaria, 3; il terzo con un circolo & una cifra binaria, come qui, 2; il quarpage 71to col semicircolo et una binaria cifra, come qui, 2; i quali quattro segni dimostrati, come al capitolo 28 del primo libro del Toscanello habbiamo detto, sono applicati al modo minore perfetto & al modo imperfetto, overamente alla lunga, per laqual cosa, se un concento sarà segnato con questa figura, cioè col primo, 3, la lunga valerà tre brevi & la breve tre semibrevi, perché sempre quella nota si dice esser perfetta, alla quale il circolo è attribuito, il qual modo essendo così segnato, la breve overo tempo sarà perfetta, perché essa è in tre parti delle sue minori propinque divisa, alla qual breve tal cifra ternaria è attribuita. Ma se un altro canto sarà segnato col secondo, come qui, 3, alhora la lunga non valerà altro che due brevi, & questo adiviene perché il semicircolo, ilquale è appropiato al modo minore overamente alla lunga dinota imperfettione overo binaria aggregatione di tempi, et in tal segno la breve sarà perfetta, perché la cifra ternaria posta dopo il semicircolo dimostra al tempo ternaria divisione. Gli altri duoi seguenti segni, havendo chiaramente inteso la natura & la proprietà de' sopra detti, facilmente saranno intesi, de' quali l'uno sarà questo, 2, per lo quale sarà compreso la lunga essere di tre brevi & la breve di due semibrevi, rispetto alla cifra, laqual dimostra binario numero. Et nell'altro, che è questo, 2, ultimo da noi segnato, non caderà alcuna perfettione, perché non si dimostra per figura circolare né con cifra ternaria; pertanto il modo over la lunga et la breve saranno imperfette. Il secondo segno da' musici dimostrato, ilquale è chiamato tempo con prolatione, è come qui, . Similmente ha quattro varietà di segni, cioè il circolo col punto, come di sopra si vede, et il semicircolo col punto, come qui, , il terzo e 'l quarto un circolo & un semicircolo senza punto, la perfettione de' quali consiste nella breve & nella semibreve, come chiaramente si vede al capitolo 8 del primo libro del nostro Toscanello. Quanto a' segni diminuti, dicono alcuni che il segno diminuto ne' canti usato non è altro che quando una figura acquista il valore della nota minore a sé propinqua del segno non diminuto, cioè quando la massima è intesa per una lunga, la lunga per la breve & la breve per una semibreve, & così dell'altre seguenti, alla qual oppenione in contrario dannoi è detto, percioché ne' segni de diminutione imperfetti potrà bene ciascheduna nota convertirsi nella minore a sé propinqua, però tutto che tal diminuimento accada nelle note comprese sotto il segno che significa perfettione, non haverà luogo nella breve, come si dimostra nel presente essempio, nelquale chiaro si vede che ciascuna di quelle quattro brevi dopo il segno circolare poste saranno perfette & valeranno tre semibrevi, ma se tal segno sarà diminuto overamente tagliato, come qui, , alhora quella vergola, laquale attraversa o taglia il circolo, o altro segno, sempre dimostra diminutione. Là onde sarà forza che ciascuna di quelle quattro brevi del segno tagliato sia per sé considerata per la metà rispetto alla quantità del segno circolare non tagliato. Seguiterà adunque che ciascheduna breve perfetta del circolar segno tagliato non potrà valere una semibreve del segno non tagliato overamente dimipage 72nuto, perché la breve del tempo perfetto passa per tre battute, per laqual cosa sarà di bisogno chella breve del tempo perfetto diminuto comparato passi per tre minime al segno non tagliato, per loqual rispetto non si potrà convertire una nota nella sua minor seguente, ma trovandosi tal figuratione, ciascuna breve & semibreve sotto la data diminutione harà valore della parte minore a sé propinqua, & questo si intende procedendo nel canto, perché le note del segno tagliato si cantano più velocemente per lo doppio, per laqual cosa sarà meglio diffinire che la diminutione non sia altro che quando una nota ha vertù della metà del suo valore intero, la qual diffinitione sarà consentanea et amica all'uno et all'altro numero, cioè al perfetto et allo imperfetto. Ma quella che di sopra habbiamo detto essere di altri, solamente sodisfarà al numero & alle note imperfette, la qual diminutione, come habbiamo detto, si conosce quando i segni sopradetti saranno tagliati o attraversati; onde tali segni saranno chiamati segni di modo con tempo diminuti. Et quando haranno il punto in mezzo, essendo pure tagliati, saranno detti segni di tempo con prolatione, come alla oppenione 6 del canto figurato a sufficienza habbiamo conchiuso. Ma bene avertirai che se ben tali segni saranno diminuti, le loro note in tali segni messe sempre resteranno in quella quantità et numero perfetto et imperfetto, nel quale erano inanzi alla loro diminutione, di maniera che tra loro non havrà differenza alcuna, eccetto che nelle note, perché là dove nel segno non tagliato per una battuta passa una semibreve, nel tagliato ne passano due, & una minima per due minime. Et il medesimo accaderà delle altre figure. Et perché alcuni hanno detto che nella diminutione, la misura sola è quella che varia, et non le note, qua habbiamo da considerare che altro non è misura, che una lunghezza di intervalli equali finita. Pertanto tali figure del seguente essempio, saranno intese dover essere annoverate nel cantare in dui modi, cioè semplicemente & non, sotto la misura considerata dal movimento dello abbassare et dello inalzare. Et intorno il primo modo di misurare o annoverare in questo segno, diminuto, si cercherà la quantità del tempo overo della breve, pigliando due semibrevi o 'l loro valore, dato che anchora fussero sotto il segno semicircolare non diminuto, come qui. Onde secondo questo modo di misurare il canto, la misura, la quale accaderà nell'annoverare le note del segno di sopra diminuto, non sarà varia dal misurar le note del segno non tagliato, perché in ciascun segno, la breve si divide in due semibrevi. Quanto al secondo, considerando il canto sottoposto al semicircolo diminuto & dato dal musico o cantore, alla misura si farà altra consideratione, imperoché alhora le note sotto al segno diminuto poste procederanno per lo doppio rispetto alle note del segno non tagliato, nelqual segno diminuto, tanto valore harà una breve, quanto una semibreve del segno non diminuto, & per tal modo le semibrevi del segno diminuto, così nelle pause, come nelle note cantabili page 73haranno valore et vertù di minime rispetto al secondo segno diminuto. Conchiuderemo adunque chella oppenione di questi tali sia falsissima, percioché come chiaramente appare, la misura presa nel principio del canto mai non varia, ma le note sono quelle, lequali fanno la variatione, perché come disopra è stato detto, per una semibreve del segno non diminuto, sotto quel medesimo movimento & misura passano due semibrevi overamente una breve del segno tagliato. Et per essere al presente al proposito nostro, è cosa necessaria avertire che molti & molti si ritrovano, liquali secondo la loro fantasia & senza consideratione alcuna commettono evidentissimi errori circa le proportioni, & massimamente della sesqualtera habitudine da' musici & compositori communemente essercitata, laquale con poca avertenza da quegli che cantano è prononciata, l'errore de' quali di qui nasce, che dopo la misura data al principio del canto, secondo il segno apparente, dopo alcune note parandosi loro innanzi la sesqualtera proportione, le daranno una nova misura contraria a quello, che sarà stato il vero intelletto del musico et compositore di quella, dal quale inconveniente ne risulterà una proportione non considerata dal musico, perché mutando la misura alla apparente sesqualtera, come quella che per sé non potendo stare, è relata & comparata al segno overo alle note dinanzi a sé poste, per tal mutatione essa, contro la oppenione del compositore, non sarà sesqualtera, ma quasi sempre tripla, come dimostra il seguente essempio, per lo qual processo molti cantori poco pratici daranno la misura a tal principio sopra la semibreve, & questo faranno per più loro facilità, ilqual modo sarà contrario alle note seguenti dopo la sesqualtera, perché facendo passare nel principio una semibreve per battuta, pervenuti alla sesqualtera, ne passeranno tre sotto quella, per lequali ne nascerà la tripla & non la sesqualtera, et per questo ne seguirebbe quello che disopra habbiamo detto, cioè che la misura sarebbe varia & non le note. Pertanto ti sarà necessario sempre in tali processi dar la misura sopra la breve o sopra la sua quantità, & senza mutar altra misura, cantar tre note simili contra le due dette dinanzi, lequali cagioneranno la sesqualtera intesa et immaginata dal compositore, dalqual modo veramente si vede & conosce chelle note sono quelle che variano, & non la misura, laquale sempre si dee osservare dal principio al fine secondo la natura del segno, quantunque ne seguitassero cento proportioni. Similmente ne occorre un altro inconveniente manifestissimo intorno la sesqualtera proportione, nellaquale molti senza consideratione alcuna creano una proportione per un'altra, come dimostra il seguente essempio, page 74 intorno ilquale hacci di quelli, iquali pensando cantare le note sesqualterate per vera proportione sesqualtera, inconsideratamente vi producono una sotto sesquiterza, perché fanno passare tre di quelle minime sottoposte al termine sesqualtero contro una breve o 'l suo valore del primo segno diminuto, la qual comparatione o modo di cantare non è sesqualtera proportione, ma sotto sesquiterza, perché passano tre minime contro a quattro. Là onde, per rimovere tali inconvenienti & manifesti errori, avertirai a cantare sei di quelle minime sesqualterate o 'l loro valore in un solo tempo del segno diminuto inanzi posto. Et in ogni altro modo simile, sempre in questa guisa procederai.

De' quattro modi da gli antichi & moderni musici ordinati. Cap. X.

Se alcun dotto o mediocre musico facesse discorso essere fuor di proposito trattar di quello che più in uso non si vede, cioè intorno alla intelligenza & cognitione de' modi da gli antichi intesi & essercitati, opponendoci tal nostra fatica essere di soverchio, & di più forse che io voglia rinovare la consuetudine antica & riprovata, si risponde che noi non vogliamo altramente rimovere cosa alcuna dalla consuetudine moderna per introducere alcune di quelle della antica, ma bene intendiamo dimostrare come alcuni segni del canto figurato hanno havuto principio et nascimento da quegli de gli antichi musici, & come essi havendo constituito & ordinato le cinque figure over note essentiali per commodo del canto figurato, cioè la massima, la lunga, la breve, la semibreve & la minima, & in esse considerato, che alcune si havessero a cantare & alcune, che in pause si contenessero, le quali tutte non altronde nascono che dalla figura breve chiamata da molti tempo, loro hanno ordinato dui numeri, l'uno chiamato perfetto & l'altro imperfetto, da' quali ciascuna delle dette note saranno misurate, per laqual cosa essendoci solamente quattro note over figure alle quali è dato il numero ternario & il binario, è stato di necessità appropiare loro dui segni differenti, per gli quali fosse conosciuto quali fossero del valore ternario et quali del binario, l'uno & l'altro de' quai valori è dato alla lunga, alla breve & alla semibreve, ma alla massima furono dati proprii segni per la cognitione del suo numero ternario & binario, da' quali fosse intesa perfetta & imperfetta. Appresso apo loro, quando un canto era segnato nel principio col semicircolo semplice, mostrava la imperfettione al tempo overo alla breve, ma essendovi il circolo, era intesa la breve esser perfetta; et se al circolo & al semicircolo era dato una sola numerale figura, come qui, 2, 3, 2, 3, era rimosso il nome del tempo & permutato nel modo detto minore, et le cipage 75fre erano assegnate al tempo perfetto & imperfetto; ma se erano col circolo & col semicircolo due cifre, di modo minore il circolo e 'l semicircolo diventava maggiore, & la prima cifra era detta modo minore & la seconda tempo. Oltre di ciò, se nel principio era il circolo, esso era chiamato modo maggior perfetto, là dove se vi era il semicircolo, si domandava modo maggior imperfetto, di maniera che la cifra seguente essendo ternaria, era detta modo minor perfetto, et se era binaria, imperfetto; et l'ultima seguente cifra, se era ternaria, tempo perfetto, & se binaria, imperfetto era detta, come da noi al cap. 27 del primo libro del nostro Toscanello alcune cose anchora ne sono state dette. Alla minima non si dà segno alcuno, conciosia cosa che essendo dallei diviso il tempo, essa è l'ultima figura di esso secondo l'ordine delle cinque figure essentiali considerate, delle quali daremo notitia & cognitione più breve & facile che per noi sia possibile. Diciamo adunque, che se un canto sarà segnato come qui, 33, la massima harà il valore di tre lunghe perfette, & la lunga di tre brevi perfette, & la breve di tre semibrevi, & la semibreve di tre minime. Et desiderando intendere qual nota sia alterata, dico che le lunghe saranno alterate, le brevi, le semibrevi & le minime rispetto alla massima, alla lunga, alla breve et alle semibrevi, le quali sono perfette. Et essendo segnato così, 23, la massima, la breve & la semibreve saranno perfette, & per conseguente altererà la lunga, la semibreve & la minima. Ma se haverà questo segno, 22, la massima & la semibreve saranno perfette, et la lunga & la minima saranno alterate. Ma trovandosi in questo modo, 32, la massima, la lunga & la semibreve saranno perfette, alterando le lunghe, le brevi & le minime. Et mutando la figura in questo modo, 33, la massima perderà la sua perfettione, per essere il semicircolo inanzi posto, & la lunga, la breve & la semibreve resteranno perfette, & le brevi, le semibrevi & le minime altereranno. Ma stando così, 32, la lunga & la semibreve saranno perfette, alterando le brevi & le minime. Et se starà a questo modo, 23, le brevi & le semibrevi saranno perfette et solamente le semibrevi & le minime altereranno; et se così, 22, le semibrevi resteranno perfette & solamente la minima sarà alterata. Anchora il troverai in questo modo, 33, nelquale la massima, la lunga & la breve saranno perfette, alterando le lunghe, le brevi & le semibrevi. E trovandolo così, 32, la massima & la lunga saranno perfette et solo le lunghe & le brevi altereranno. Ma se sarà così, 23, la massima & la breve saranno perfette, & le lunghe & le semibrevi saranno alterate; et se così, 22, la massima sarà perfetta et le lunghe haranno alteratione. Nella seguente figura, 33, la lunga & la breve saranno perfette et per conseguente altereranno le brevi & le semibrevi. Et in questo, 32, la lunga sarà perfetta & solo altereranno le sue brevi. Et ove il ritrovassi in questa guisa, 23, le brevi saranno perfette & solamente le semibrevi altereranno. Resta la seguente & ultima figura, 22, nella quale non haverà luogo il far imperfetto né l'alterare, rispetto al semicircolo & alle cifre binarie. Et quantunque tali segni al presente non si usino, nondimeno non ti dee essere molesto l'hapage 76vere apparato in che modo essi siano da dover esser intese.

Del tacito valore della massima. Cap. XI.

Havendo dannoi havuto notitia del valore della massima, ci è paruto convenevole appresso dimostrarti come al musico è stato necessario ordinarle il tacito valore, il quale i saggi & dotti musici hanno significato colla pausa di lunga tante volte raccolta quanto sarà il valore di essa massima inteso. Adunque egli è dibisogno chella positione & apparenza di tal pause, le quali dimostrano il valore delle note che non si cantano, in sé habbiano ordine, cioè binario & ternario, il quale non sarà così necessario alla lunga che si canta, perché le figure cantabili hanno lecita cagione di variare il loro ascendere & discendere, nel quale consiste la vera harmonia. Et quinci nasce che il tacere non può producere harmonico concento. Pertanto le sopradette pause molte volte prese alla quantità della massima serveranno l'ordine del numero ternario & del binario, come qui, il qual modo da' moderni musici è stato ordinato, e tralasciati i sopradetti segni dagli antichi usati, i quali, nel seguente ordine di pause ternario & binario, dimostrano il medesimo effetto che faceano gli antichi ne' sopradetti segni.

Valor di massime & lunghe.

Et certamente ciascun segno disopra dimostrato produce ogni suo effetto & ordine differente da ciascun altro, di maniera che mediante la cognitione di tali segni, la figura della massima & della lunga ci sono rappresentate in quella guisa che è ogni causa dal suo effetto, overo ogni subietto dal suo accidente, per laqualcosa volendo il musico moderno lasciare il presente segno, 33, da gli antichi usato per dimostrare il suo modo maggiore e 'l modo minore e 'l tempo perfetti, si vale del seguente, ilquale dimostra chella mente del compositore fu che in qualunque canto dove esso si ritrovasse, desse notitia chella massima dovesse havere il valore delle tre lunghe, & la lunga delle brevi. Et per quest'altro, 32, da essi antichi era dimostrata la massima perfetta & la lunga, sì come da' moderni dimostrano le tre pause di tre tempi. Et quando essi antichi & dotti musici volevano rappresentare la massima perfetta insieme posta col tempo perfetto, da loro era usato il presente segno, 23, & i moderni, il circolo con tre pause di lunga di tre tempi l'una. Et se volevano figurare la massima perfetta, la lunga & la breve imperfette, non con altro che col presente segno, 22, le dimostravano, sì come hor dal musico moderno con questo, sono rappresentate. Et quando il musico antico voleva intendere, che la massima fosse imperfetta, & la lunga & la breve perfette, era il suo segno come qui si vede, 33. Là onde i moderni a sua similitudine fecero quest'altro. Appresso volendo gli antichi che sol la lunga restasse perfetta, ciò non con altro che col presente segno page 77dimostravano, 32, là dove dal moderno ciò con questo, fu significato. Et quando essi volevano dar a conoscere il tempo perfetto, da loro era usato il presente segno, 23, come da' moderni il segno seguente. Et tutto che il presente segno, 22, non sia d'importanza alcuna, sì come quello, delquale i detti antichi musici non si valevano ad altro uso che a dimostrare ogni figura binaria, però ci è paruto di metterlo, per non mancare dell'ordine incominciato.

Oppenione di alcuni intorno la breve perfetta & imperfetta. Cap. XII.

Da alcuni è creduto che ogni breve, la quale sia posta innanzi a due pause, come qui, essa debba sempre essere perfetta in quella guisa che è ogni simile posta innanzi alla sua simile, conciosia cosa che le dette pause di semibrevi siano del valimento di una breve imperfetta, alla qual oppenione dannoi è risposto che se tal ordine potesse essere tenuto, si vederebbe da' precetti musici nascere gran confusione. Per tanto non è da dire che le due pause con la forma o corpo della detta breve siano simili, conciosia cosa che la breve si vegga havere diversa figura dalle pause, ma ben si potrà dire esse pause essere del medesimo valore della breve imperfetta. Et se alcuni ci si oppenessero, dicendo chella regola data della breve perfetta dinanzi la sua propia pausa non fosse sempre perfetta, percioché essa pausa non ha somiglianza con la detta breve, tutto che ella sia del medesimo valore, dannoi si risponde chella pausa di breve è degna & merita chella figura breve, inanzi allei posta, sempre sia conservata perfetta, conciosia che essa pausa sia stabile & permanente, & dal musico ordinata perfetta & imperfetta, perfetta nel segno circolare, et imperfetta nel semicircolare, senza mai cangiare la sua forma. Là onde le due pausette della semibreve insieme messe non haranno tal potere che sempre aumentino la breve al valor del numero ternario, percioché ciò sta nel volere del musico & compositore, dal quale veggiamo molte volte essa breve essere fatta perfetta et imperfetta, imperfetta dalla parte davanti da una minore di lei, o da oltre tanto valore, dalla parte dopo da un punto posto fra le due pausette. Et più a maggior loro biasimo et confusione vogliono chella breve dinanzi la seguente legatura overo nota maggior di sé, overo dinanzi a un tempo di semibrevi insieme unito, sia perfetta, lequali oppenioni sono false et senza ragione alcuna da loro intese et credute. Raffermeremo adunque et conchiuderemo, chella breve inanzi alla lunga o alla massima et alle pausette di semibrevi, et similmente dinanzi alla quantità del numero ternario et alla legatura, è in arbitrio del compositore, come la figura seguente dimostra. page 78

Perché la massima non ha pausa. Cap. XIII.

Benché alla oppenione prima sia stato detto chella massima non ha propia pausa, non havendo di ciò assegnato ragione alcuna, è dibisogno trattarne alcune cose sopra lequali bisognerà considerare, che, trovandosi la pausa della breve et della semibreve, si ritrovi anchora quella della massima, percioché non bene assomigliando l'una all'altra, la nostra oppenione non sarebbe approvata. Appresso sarà di mestieri haver consideratione che se la pausa della massima, come quella, che deriva dalla pausa della lunga più volte intesa, per essere variabile, cioè binaria & ternaria, producerà processo variabile, similmente converrà chella breve sia formata di più pause di semibrevi variabili. Pertanto la pausa della massima sarà dimostrata con tante pause della lunga, quanto sarà il valore di quella dal musico inteso & considerato, perché esso le potrà dare le tre pause di tre tempi & di dui. Et là ove egli le ne desse tre di lunghe perfette, essa dimostrerebbe la quantità di nove tempi. Et se la lunga sarà imperfetta, seguiterà che la pausa della massima ne occuperà se non sei, come quella che haverà solamente valor di sei tempi, & così in molti altri modi. Nondimeno diremo, che posto che si ritrovasse pausa di massima fra essa & quella della breve, caderebbe un'altra contraria positione & natura, percioché come habbiamo detto, la pausa della breve è invariabile, et quella della massima sarebbe variabile, perché là dove la pausa della breve sempre si contenta da una riga all'altra, occupando uno solo spatio, dimostrante la divisione ternaria & binaria per lo suo segno apparente, quella della massima si dimostra con moltitudine di pause insieme accolte, per laqualcosa dovendo essere tra loro somiglianza vera, bisognerebbe, che, essendo la pausa della massima mutabile & varia, similmente quella della breve non havesse in stabilità né fermeza alcuna, et sella breve ha pausa immutabile, che anchora essa massima havesse pausa invariabile & ferma, laqualcosa non può essere a guisa alcuna, percioché ove fosse dato al tempo la pausa variabile, sarebbe di necessità che tal pausa in due diversi modi, il che di sua natura non concede, fosse considerata, l'uno, che bisognarebbe dar alla breve over tempo imperfetta una pausa, laquale contenesse in sé due volte la pausa della semibreve, come qui, la qual pausa sarebbe chiamata dal tempo imperfetto; l'altro, che tal pausa piglierebbe la forma di tre semibrevi, come qui, la qual occuparebbe un spatio intiero & la metà di esso. Et per tal modo la pausa del tempo perfetto con quella del modo maggiore sarebbono fra sé simili, non ostante che in tal consideratione tra loro cadessi non poca dissomiglianza, perché la immaginata & non data pausa dimostrerebbe moltitudine di tempi, & quella breve dinoterebbe il tempo in tre terze parti diviso. Si potrebbe intorno la similitudine delle dimostrate domandare ad alcuni, se egli fosse in uso di segnare il tempo perfetto con la pausa di breve occupante uno intero spatio & la metà di esso, come qui, & page 79l'imperfetto di uno intero spacio, et appresso non ritrovandosi il circolo, ilquale dimostrasse la perfettione del tempo, ma sol le pause delle due semibrevi, come qui. Se si direbbe che tal binaria positione di pause desse cognitione della breve perfetta, diciamo di no, perché trovandosi la propia pausa del tempo perfetto & imperfetto, come qui tal pause delle due semibrevi nel canto sarebbono di soverchio & in vano addotte circa la perfettione del tempo, perché non oppererebbono l'effetto accidentale del circolo, né di altro segno. Et se alcuno fosse di contraria oppenione dicendo, che tali pause di semibrevi insieme poste potrebbono essere in questa consideratione necessarie, come qui, si risponde che alhora le dette pause non haverebbono forza di dimostrare perfettione alcuna, per essere loro innanzi posto il segno circolare, ma sarebbono intese a dover dividere la pausa del tempo imperfetto in due parti equali, perché come dimostra la seguente figura, sarebbe dibisogno che la seconda semibreve alterasse, come qui, sì come comanda la regola dell'alteratione. Onde il musico, per rimovere tal alteratione, dividerà la pausa del tempo imperfetto in due pause di semibrevi, per lequali ragioni a noi pare che esse più regolarmente doveranno esser poste se saranno separate dall'una riga a l'altra, come qui, perché le pause, lequali secondo il misurare del canto cadono divise, non debbono per tal cagione essere insieme poste. Nondimeno in questa consideratione, o siano separate, o no, non è di molta o di niuna importanza. Havendo con tali fondamenti dimostrato come la pausa della breve si possa ritrovare variabile, cioè di tempo perfetto et imperfetto, manifestamente appare, che essendo nella guisa che habbiamo detto segnata dal musico, le pause delle semibrevi, come qui, non potranno dimostrare il tempo essere perfetto, perché se la pausa della breve perfetta fosse prodotta diversa dalla pausa del tempo imperfetto, le pause delle semibrevi disopra mostrate intorno la perfettione del tempo sarebbono indarno poste, perché ciascuna di esse brevi harebbe la sua propia pausa, et a questo modo bisognerebbe fare la medesima differenza nella massima, perché volendo assegnare a ciascun temporal valore & quantità di quella ogni sua propia pausa, sarebbe necessario constituire una virgola o pausa, la qual contenesse quando fosse perfetta nove tempi, & quando imperfetta sei, & alcuna volta quattro, per loquale ordine & modo chiaro si vede che in tutti i canti nascerebbe non poca confusione, perché alle consuete righe ordinate per li nomi delle note sarebbe forza aggiongerne dell'altre alla grandezza della pausa de' sei tempi, & molto maggiormente poscia a quella de' nove. Dalle sopradette ragioni adunque si può conoscere chella massima resterà priva della propria pausa, & quando essa harà bisogno del suo tacito valore, con oltre tante pause di lunga sarà reintegrata, le quali quantità & valori nascono tutte da esso tempo musico, ilquale più volte preso genera il modo minore & il maggiore, et diviso in parti minute, crea & gepage 80nera la prolation minore & la maggiore. Là onde essendo esso primo & capo per eccellenza, merita pausa propia et invariabile. Alcuni si movono dicendo, che non essendo ordinato dal musico propia pausa alla massima, per conseguente non si dee né anche dare pausa alla breve, et dicono esser necessario dare alla breve il tacito suo valore con la pausa della minore a sé propinqua, tante volte presa quanto sarà il valore di essa breve, cioè se il tempo sarà perfetto, tal sua perfettione overo ternaria divisione sia dimostrata con tre pause di semibrevi in una riga, come qui, et similmente il valore del tempo imperfetto overamente breve imperfetta con due altre pausette, come qui, le quali tre pause disopra dimostrate senza altro segno daranno notitia della breve perfetta, come le binarie dimostreranno la breve imperfetta, pur che nel canto non appaiano le tre disopra mostrate, per li quali segni le note saranno annoverate a tre et a due. Si risponde & conchiude, che tutto che al valore binario & ternario della massima siano date oltre tante pause di lunga, non si conviene però dare alla pausa della breve oltre tante pausette di semibrevi quanto si convenga alla quantità sua ternaria & binaria, perché da essa depende ogni altra pausa et figura. Per tanto la massima, quando le sarà di bisogno tacere, dependerà dalla pausa di lunga tante volte moltiplicata, quanto sarà il suo valore, ma non già allo 'ncontro la pausa della breve non potrà derivare da quella della semibreve molte volte presa, perché esse pause della massima, dirivando da quelle della breve, conviene che esse le restino soggette. Altri dubitando si movono dicendo, che se il modo maggiore perfetto si conosce per la apparenza delle tre pause della lunga di pari poste, et quelle dello imperfetto maggiore per le due pause dette, seguiterà che nell'istesso canto caderà contrarietà quando l'una et l'altra positione delle dette pause vi si troveranno, come appare in questo essempio. Onde tal contrarietà dicono avenire perché in un solo concento o subietto caderanno duoi contrari di perfettione et d'imperfettione, al qual dubbio si risponde, chelle due pause di lunga possono ragionevolmente stare ne' canti del modo maggior perfetto senza producere alcuna contrarietà, come quelle che hanno in sé perfettione & imperfettione, come anchora accade delle brevi perfette & imperfette, lequali hanno luogo nel tempo perfetto, pur che essa massima over pause siano reintegrate dalla terza loro parte, o per pausa, o per nota cantabile, come disopra la figura dimostra. Ma quelle a tre insieme poste non si converanno porre nel modo maggiore imperfetto, percioché in tale consideratione esse sono annoverate per misura binaria & non ternaria, come anchora non è licito segnare le pause, che significano perfettione sotto il segno della imperfettione, come si vede qua. Ma accadendo al musico a segnare le tre pause di lunga, esso sarà costretto segnarle in tal guisa & modo, come la seguente figura ti dimostra. page 81 Similmente, senza commettere errore, gli sarà conceduto porre nel modo maggior perfetto due pause di lunga inegualmente poste, come il seguente, & in altri modi, i quali da noi per brevità sono lasciati, da' quali altri tutti modi ti guarderai tu, compositore, di non incorrervi, salvo che in quelli che da me sono stati posti, i quali appresso ogni dotto senza alcun dubbio sono & saranno confermati.

Come il musico non ha riguardo di far imperfetta più l'una che l'altra di molte note in un corpo unite. Cap. XIIII.

Facilmente potrebbono credere alcuni che le note minori poste davanti o dopo qualche maggiore havessero auttorità & forza di levare la perfettione più alla prima che alla seconda o alla terza di molte note in un corpo rinchiuse et intese, per laqual cosa, veggendo noi molti incorrere in tal errore, come amatori di coloro che in quest'arte si affaticano, a loro giovamento & sodisfatione alcune cose dannoi saranno dimostrate. Prima habbiamo da considerare che ogni nota nella quale possa essere perfettione, eccetuando le pause, tal nota potrà essere fatta imperfetta dalla minor di lei a sé propinqua, & anchora da oltre tanto suo valore, come seguitando si vede, & dato che il primo & il secondo essempio per la positione delle semiminime sia tra sé differente, però in ciò non cade errore alcuno, perché alcuna volta le dette minime piene possono in tali segni puntati dal musico essere intese per evitare l'alteratione, che senza esse si vedrebbe sortire, pur che ne' canti dove esse fanno tal effetto, non si ritrovino dell'altre note simili, sopra la quale imperfettione da molti sono addotte alcune ragioni da' dotti non concedute né approvate, delle quali alcune dannoi saranno dimostrate nel seguente segno. Essi dicono che le due minime del presente segno poste dopo la breve, facendo delle tre semibrevi che in essa sono immaginate due imperfette, & l'altra rimanendo perfetta, per tal modo la breve verrà a restare di valore di sette minime. Et se tal breve tre minime continue havrà dopo sé, come qui, credono che tali tre minime facciano imperfette quelle tre semibrevi contenute nella detta breve, la quale oppenione è falsa & male intesa, perché le tre semibrevi, lequali sono il valore di essa breve perfetta, non possono essere fatte imperfette dalle tre dette minime, perché ove così fosse, egli seguiterebbe che la breve perfetta non si potesse fare imperfetta della sua terza parte, laquale è la semibreve, laqual cosa sarebbe contro la regola, laquale comanda che ogni nota perfetta si possa fare imperfetta quanpage 82do le se toglie la terza sua parte, laquale è la semibreve o 'l suo valore. Pertanto, volendo questi tali che quelle tre minime habbiano forza di far imperfette le tre semibrevi continue nel corpo della detta breve, si conchiude tal loro parere essere fuori di ogni ragione, perché tolta la perfettione a ciascheduna delle tre semibrevi considerate perfette nella detta breve, essa resterebbe perfetta di tre semibrevi imperfette, et per tal modo, la breve dopo la imperfettione delle tre semibrevi sarebbe fatta imperfetta da una semibreve perfetta, la qual immaginatione sarebbe contraria al sopradetto segno, perché esso dimostra che 'l tempo over la breve è formata di tre semibrevi. Et perché alcune cose dette disopra fanno, in questo luogo al proposito nostro non ci è paruto inconveniente reiterar, per poter meglio conchiudere quello che da ogni huomo forse non è inteso, è da alcun creduto che quando il musico o compositore ne' suoi canti dimostra la presente figuratione, che la semibreve posta dinanzi alla lunga possa far imperfetta la prima breve contenuta nel corpo della lunga, et che quella posta dopo la lunga del seguente essempio, habbia forza di far imperfetta la seconda breve di quella, le oppenioni et inconsiderate considerationi de' quali procedono per termini non ragionevoli, perché si estendono in quello che non può stare né essere inteso, percioché il contenere che fa la lunga delle due brevi non è sì come essi credono secondo la quantità discreta, ma secondo la vertù che essa ha di natura, perché dato che in tal lunga siano due brevi, non però tal brevi saranno in tal lunga secondo il lor valore formale. Mancando adunque della forma loro propia di breve, per conseguente loro mancherà etiandio l'esser dette prima, seconda & terza breve, quando esse nella lunga saranno fatte imperfette. Onde se a tal lunga, per cagion delle brevi, fosse fatto distintione di prima, seconda o terza, ne nascerebbe alcuna volta la similitudine che è tra loro. Onde la semibreve in tal modo intesa, non potrebbe far imperfetta la prima breve di essa lunga, & questo accaderebbe rispetto alla prima breve della lunga, laqual sarebbe innanzi alla sua simile, come il presente processo dimostra. Per tanto non è da considerare che in tal lunga & altre simili figure maggiori o minori si possa ritrovare tal distentione di prima, né seconda, né terza, ma è da credere che la lunga habbia la vertù & valore di due brevi, & non la forma di breve, et che ciascuna di esse brevi possa restare imperfetta da una di quelle semibrevi, et tal lunga sia permanente albergo & madre di tali note fatte imperfette. Là onde, humanissimo & candido lettore, considerando le sopradette cose in altro modo, agevolmente rimarresti ingannato, & quanto più note perfette si trovassero in una figura maggiore, tanto più manifesti errori da te sarebbono commessi.

Oppenione & resolutione circa i mandriali a note nere. Cap. XV. For further information on black-note madrigals, see The Anthologies of Black-Note Madrigals, ed. Don Harrán (Corpus mensurabilis musicae, 73; Neuhausen-Stuttgart, 1978-1981).

page 83Sappi, candidissimo & humanissimo mio lettore, se nell'opera nostra saranno oppositioni, senza alcuna invidia & malvoglienza dannoi sono state condotte, ma per amore & utilità di quegli che imparar desiderano, per laqual cosa, vedendo noi nuovi viluppi & corruttele manifeste, tacerle non si possono. Diremo adunque essere poco tempo che da molti compositori è usato un certo modo di comporre, dalloro chiamato a note nere, sopra de' quali scrivono & dicono Cantasi a breve. Et per tal cieco modo & corruttela, l'uno dopo l'altro nella fossa si gettano. Questo adiviene ché mancano della intelligenza del semicircolo dalloro segnato, conciosia cosa che da ogni musico antico & moderno non è né fu mai detto che tal segno semicircolare non tagliato si dovesse cantare alla battuta o misura della breve. Et ché questo sia la verità, considera et bene esamina la natura de' seguenti segni, , dove conoscerai il manifestissimo tuo errore & corruttela, per che non fai differenza l'uno dall'altro, dicendo in questo segno, Cantasi a breve, per laqual cosa si domanda che misura si darà a questo, . Non ho dubbio alcuno che tu non dica che la misura sarà sopra la breve, o di tanto sua valore. Se così è, ne seguiterà che questi dui segni, , , saranno eguali, dove se così fusse, sarebbe di soverchio uno di esso, & contro a ogni precetto si procederebbe, perché questo, , fa doppia proportione al seguente, , & al contrario sotto doppia proportione, per le quali dimostrationi & comparationi non sarà vero quello che da te è creduto. Et se bene da te sarà considerato, tu conoscerai che tali mandriali a note nere non saranno cantati a' brevi ma a' semibrevi, perché in un tempo over battuta, non passa altro che una semibreve o tanto suo valore, laqual semibreve o quantità sua, in detto segno, , indugia tanto quanto la breve di questo segno, , passa. Et per tal modo da te è compreso & creduto che tali mandriali si cantino a breve, & non secondo il propio & natura del segno, conchiudendo che tal misura o tempo non è a breve, ma a semibreve, perché come habbiamo detto, non altro passa che una semibreve per tempo, et questo per la velocità delle note apparenti & dimostranti.

Oppenione & resolutione intorno le compositioni. Cap. XVI.

Habbiamo anchora considerato alcuni processi da molti compositori usati, non ragionevoli, non conceduti & con poco rispetto in luce mandati, iquali essi dimostrano, volendo procedere da C acuto sospeso a C sopracuto non alzato, per un solo salto o senza mezzi, ilquale da niun dotto non sarà confermato, perché tale intervallo è diapason diminuto, guasto & non agevole a pronontiarlo, per ilche altri, in contrario, dicono che il buono & intelligente compositore, quando se immaginerà di procedere con tale ordine, segnerà nel C sopracuto il sotto posto diesi, acciò che tal diapason resti perfetto. Si risponde chell'uno & l'altro modo sarà difficile, dispiacevole & poco accetto. Pertanto, potendo esso page 84compositore procedere per altre vie & modi, non è honesto né lecito cercare quello che al cantore dispiacerà, imperoché si dee sempre producere con commodità di colui che cantar dovrà, ilquale inconveniente anchora a te accaderà, se vorrai procedere per diapenti o diatessaron incomposti da uno stremo all'altro, con questo segno, , conchiudendo che tali modi overo passaggi non sono da dover essere usati, ma rilasciati. Restaci da considerare alcune sorti di consonanze, conciosia cosa che esse non siano tutte atte né condecenti al nostro genere diatonico, nondimeno saranno dannoi dichiarate, lequali sono il diatessaron maggiore & il minore, il dittono maggiore & il minore, il tuono maggiore & il minore, il semituono maggiore & il minore. Il diatessaron maggiore si chiamerà quella distanza delle quattro voci, lequali nascono da F grave a mi acuto, & il minore procede da D ad G gravi. Il dittono maggiore sarà quello che cade da G grave a mi acuto, & il minore, da G detto grave, segnato con questo segno, , a acuto. Il tuono maggiore si dimostra da C a D acuti, et il minore ha principio da C acuto, con questa figura, , ad E la mi acuta, con il seguente segno, . Del semituono maggiore & del minore, alcuni ne hanno fatto dichiaratione. Nasce tal semituono maggiore dalla sillaba fa alla sillaba mi della positione chiamata fa mi, ilqual semituono per sé non si prononza, benché alcuni habbiano tal falso parere.

LIBRO QUARTO.

DELLA MUSICA DORIA. CAP. I.

Sì come secondo la diversità de' luoghi et delle provincie veggiamo ritrovarsi varie et diverse nationi, così egli è manifesto esse tra loro essere dissimili non solamente di costumi, ma etiandio di lingue. Quinci avenne che da queste dirivarono anchora varii & diversi modi di cantare, iquali tutto che al presente più non si trovino, però non resteremo di alcuni di essi di far mentione, sì per essere stati non poco degni, sì anchora per essere stati da alcuni de' Greci essercitati. Et questi tai modi di cantare & musiche hanno acquistato il nome da' popoli appresso de' quali essi erano in uso, come da' Dori, i quali erano nelle parti di Achaia hoggi detta Morea, vicina ad Athene, così detti da Doro, figliuolo di Nettuno, la dorica o doria, che più ci piaccia di chiamarla, è appellata. Questo era fra mezzo la lidia & la frigia, & la sua natura partecipava del molle & del duro, sì come si vede essere la nostra, laquale col segno del rotondo et del quadro è composta, per laqual cosa appresso di noi il primo tuono a loro somiglianza è detto protho overo autentico, habile, mobile & lieto, come nel Trattato nostro de' tuoni habbiamo dichiarato. page 85

Della Lidia.

La Lidia fu così detta da Lido, figliuolo di Atho, & è posta nell'Asia maggiore, i popoli della quale erano di natura rozzi & austeri. Là onde la musica, laquale da loro fu essercitata, similmente era dura & aspra, sì come appresso di noi si vede essere quella che col segno del duro è segnata, il perché il quinto tuono lidio è chiamato, over trito, cioè terzo autentico, dilettevole, temperato et allegro.

Della Frigia.

La Frigia è posta nell'Asia minore, così detta dal fiume Frigio, dalquale dalla Caria essa è separata, i popoli dellaquale erano di natura molli & mansueti, et per questo la musica che da loro proveniva era molle & dilettevole, sì come è quella appresso di noi che dal segno del molle è retta & governata, dal qual segno nasce soave & dolce armonia, laqual cosa adiviene per rispetto de' pentacordi & de' tetracordi dal loro naturale rimossi et mutati, per laqualcosa, per ritrovarsi come habbiamo detto varie lingue & popoli, conseguentemente da quelli derivano diverse musiche & pronontie, sì come della nostra, di quella de' Franciosi, o delli Hispagnuoli, o delli Inglesi, o de' Tedeschi & di altre nationi si vede avenire. Là onde da alcuni loro varii titoli & appellationi sono state appropiati, sì come a Franciosi il cantare, alli Inglesi il giubilare, alli Hispagnuoli il piangere, a' Tedeschi l'urlare et all'Italiani il caprezzare, See Franchino Gaffurio, Theorica musicae, lib. 5, cap. 8. laqualcosa non mi si può far a credere che da altro proceda, che da invidia & malignità, essendo da questi tali stato non solamente dato il luogo da sezzo alla Italia, ma anche quella di vituperoso & biasimevole nome chiamata. Non è da dover esser fatto certamente tal giuditio, percioché posto che la natura di particolare & spetial gratia non habbia conceduto alla Italia, che in essa tutto siano eccellenti in questa facoltà di musica, non è però, che così fra noi non vi habbia di buoni & eccellenti musici, come in Francia & in qualunque altra provincia, sì come in quelle medesimamente di ogni maniera se ne ritrovano. Anzi vuo', che a loro consolatione & conforto sappiano questi nostri malivoli & detrattori, che se ' Franciosi, Tedeschi o niun altro barbaro hanno qualche parte che traluca in loro, che tutto hanno (sia detto con loro pace) apparato in Italia, come quella che è cimento & paragone di tutti i belli & buoni ingegni, & dove loro conviene che vengano a pigliare il giuditio e 'l condimento di ogni lor sapere. A torto adunque questi tali, tal nome di imperfettione danno a gli Italiani, conciosia cosa che già molti, così huomini come donne, degni & eccellenti cantori siano stati & hora siano in Italia, de' quali alcuni (ché lungo fora a raccontargli tutti), parte per non defraudarli di quello, che loro meritamente si conviene, & parte per dar a divedere a questi tali quanto sia falsa la loro oppenione & il giuditio che page 86fanno de gli Italiani, dannoi saranno ricordati & celebrati. Et primieramente non è niuno che non sappia di quanta eccellenza sia stato & siano:

CANTORI A LIBRO.Many of the names on this list are identified by Peter Bergquist, The Theoretical Writings of Pietro Aaron (Ph.D. diss., Columbia University, 1964), p. 83.

  • Il Signor Conte Nicolo d'Arco,
  • Il Signor Lodovico Strozzi da Mantova,
  • Messer Bidone,
  • Messer Costanzo Festa,
  • Messer Don Timoteo,
  • Messer Marc'Antonio del Doge da Vinegia,
  • Messer pre Francesco Bifetto da Bergomo,
  • Messer pre Gioan Maria da Chiari,
  • Messer Gioanni Ferraro da Chiari,
  • Messer fra Pietro da Hostia,
  • Messer Girolamo Donismondo da Mantova,
  • Maestro Girolamo Lorino da Chiari, maestro di capella in Brescia,
  • Messer Lucio da Bergomo,
  • Messer Biasino da Pesaro,
  • Messer Bernardino, overo il Rizzo della Rocca contrada.

CANTORI AL LIUTO.

  • Il Signor Conte Lodovico Martinengo,
  • Messer Ognibene da Vinegia,
  • Messer Bartholomeo Tromboncino,
  • Messer Marchetto Mantoano,
  • Messer Ipolito Tromboncino,
  • Messer Bartholomeo Gazza,
  • Il reverendo Messer Marc'Antonio Fontana, archidiacono di Como,
  • Messer Francesco da Faenza,
  • Messer Angioletto da Vinegia,
  • Messer Iacopo da San Secondo,
  • Il magnifico Messer Camillo Michele Vinitiano,
  • Messer Paolo Melanese.

DONNE A LIUTO ET A LIBRO.

  • La Signora Antonia Aragona da Napoli,
  • La Signora Costanza da Nuvolara, page 87
  • La Signora Lucretia da Coreggio,
  • La Signora Franceschina Bellaman,
  • La Signora Ginevra Palavigina,
  • La Signora Barbara Palavigina,
  • La Signora Susana Ferra Ferrarese,
  • La Signora Girolama di Sant'Andrea,
  • La Signora Marieta Bellamano,
  • La Signora Helena Vinitiana,
  • La Signora Isabella Bolognese.
Per laqual cosa coloro, che o da malignità di animo, o da sdrucciolo o lubricità di lingua, si hanno lasciato trasportare addire che gli Italiani caprizzano, homai convinti delle sopradette ragioni, anzi dalla istessa verità apparino addire, che veramente gli Francesi & Italiani sono quelli che cantano, ché a questo modo, essendo cosa divina il rammendarsi, di ogni loro errore commesso saranno assolti & liberati.

Per che cagione sia stato trovata l'alteratione. Capitolo II.

Non è dubbio alcuno che quanto la gratitudine frall'altre vertù è degna di somma commendatione & honore, tanto allo 'ncontro non meriti biasimo & vergogna il suo contrario, per laqual cosa, per non parere ingrato appresso Iddio, il quale si dee per fermo credere che in me habbia infuso il lume & cognitione di questa nobilissima scienza, non perché esso meco si estinguesse, come in molti veggiamo avenire, ma perché di quello altrove, facendo reflessione, con altrui comunicassi quello, che da sua sola benignità mosso, si è degnato di concedermi, ho meco stesso proposto di non tacere, inquanto per me si potrà, quello che facilmente da ciascheduno non è inteso. Però, havendo noi più volte sentito molti contrastare de' termini della alteratione & sopra quella havere varie & diverse oppenioni, dimostreremo quanto esse siano lontane dal vero, et primieramente intorno quello che il nostro venerando Don Franchino al cap. 13 del secondo libro della sua Pratica dice, che l'alteratione è stata ordinata et trovata, accioché due note sole non restino senza ternario numero. Rispondiamo non essere questa la causa propia di tale alteratione, imperoché accade di raro chelle note non si possano riducere al ternario numero, et tale oppenione solamente s'intenderà haver luogo in qualche canto dove non fosse alteratione ordinaria & usata, ma secondo il volere del musico, come la presente figura dichiara, nel primo essempio della quale, se sarà considerata, si vederà una alteratione non secondo che vuole la regola, ma secondo la volontà, come habbiamo detto, del compositore, perché volendo misurare il canto, sarà forza pigliare la prima minima con la seconda alterata, acciò si ritrovi il numero ternario delle minime, et il simile fare della prima semibreve colla seconda del secondo page 88essempio. Ma in altro modo che in quello che habbiamo mostrato, la loro oppenione loro non sarà concedutta, perché se nel tempo perfetto et altri simili si potrà havere tre note fra due loro maggiori, come qui, imperoché si debbe considerare & bene avertire di prevalersi della facilità & non oscurità, per tanto non è dibisogno andar cercando modi oscuri, né faticosì, come qui, per havere il numero ternario con le loro minori. Altri più sottilmente intorno ciò considerando, dicono che tal alteratione da gli antichi (come quelli che a' segni dove accadeva la perfettione davano sempre la misura sopra del tempo) è stata ritrovata & ordinata per manco confusione & ornamento del contrapunto, et che per tal causa il compositore non è tenuto a continovare né osservare un sol modo intorno le positioni delle note, ma può variare secondo che allui piace. Et però, quando il compositore vuole che 'l tempo olla misura resti divisa nel cantare, lo dimostra in questo modo, & altri simili, cioè chella prima terza parte del tempo sia separata & da sé posta, et appresso l'ultime due terze parti di essa breve o tempo siano unite in una sola nota, per laqual cosa dannoi è detto che tale alteratione è stata ritrovata da gli antichi, non perché due note non restino sole et senza ternario numero, come essi dicono, ma perché tali due note possano havere la loro terza parte per sincopa dalla parte dinanzi, overamente per punti di divisione possano essere trasportate dopo. Et se alcuni volessero contradire dicendo, che 'l compositore potrà condure un concento secondo il suo volere senza considerare alteratione alcuna, come qui, & non colle due semibrevi bianche messe overamente considerate in mezzo de' due brevi del sopraposto circolo, si risponde che 'l primo essempio disopra non ha luogo per tutte le note o segni, iquali mostrino perfettione, massimamente in quelli, iquali contengono in sé più note perfette, come dimostrano nelle compositioni, nelle quali le brevi & le semibrevi sono apparenti & ordinate nel segno over figura del segno chiamato circolo puntato, overamente tempo con prolatione, perché tutto che quella breve piena habbia vertù et tanto valore quanto harebbe la semibreve alterata overo raddoppiata, nondimeno la detta semibreve piena mediante essa pienezza resterà imperfetta & così seguiterà chella breve piena & la semibreve non si potranno unire insieme al ricompimento d'un tempo perfetto contenente in sé tre semibrevi perfette, come chiaramente per rispetto dell'alteratione si comprende in questo presente essempio. Dicono alcuni altri, contrari a tale alteratione, che per cagione del punto di perfettione, si potrà salvare tal semibreve nella sua quantità perfetta, come qui, & trasportandola, trovarle altro numero ternario ove ella si riduca affare imperfetta quella ultima breve, overamente pigliando tal semibreve, laquale è fra la seconda e terza breve. Si risponde che page 89[gap — ] non pigliando la detta semibreve con la seguente breve piena per un tempo finito, ilqual vuole che non possano essere poste note nere se non è compito il tempo, tutto che alcuni questo non habbiano osservato. Ma quelli, iquali hanno intorno l'alteratione tante dubbitationi, doverebbono pensare che egli sarebbe loro assai più agevole a considerare la detta alteratione in quella guisa, che dagli antichi ella fu ordinata, che con tante ragioni voler introducere un modo pe 'l quale essa fosse annullata, et volendo pur questi tali seguire questa loro oppenione, è dibisogno chella breve piena habbia anche essa al supplimento del tempo la semibreve piena. Molti altri inconvenienti nascerebbono & errori, ove tale alteratione non fosse apparente né essercitata, et per conseguente non sarebbe in podestà del musico over compositore di fare quanto piace allui, percioché converebbe che egli seguitasse & servisse alle note & non le note allui. Similmente sarebbe errore, volendo chella minima alterasse innanzi alle breve & la semibreve innanzi alla lunga et la breve inanzi la massima. Egli è ben vero che esse altereranno inanzi alle loro maggiori a sé propinque, cioè la minima inanzi alla semibreve, la semibreve inanzi la breve, la breve inanzi la lunga, & la lunga inanzi la massima, così in nota come in pausa. Appresso la nota non dee mai alterare inanzi alla sua simile, sì in note come in pausa, come la minima inanzi la minima, la semibreve inanzi la semibreve, et simili, iquali ordini & regole sono da essere osservate & non da essere reputate in potere del musico, eccetuando la lunga, laquale non può alterare inanzi la pausa della massima, perché come è stato detto, la massima non ha propria pausa. Là onde è stato dal musico ordinato chella lunga nel modo maggior perfetto possa alterare inanzi a due pause di lunga insieme poste, come il presente essempio dimostra.
Et se da alcuni fosse per aventura dannato tal processo da noi considerato, diciamo che tal figuratione di note & di pause non è disdicevole né dissona dalla ragione, perché le note atte alla alteratione così altereranno inanzi alla loro maggior propinqua imperfetta, come inanzi alla perfetta. Et perché alcuna volta nel modo maggior perfetto accade pausare una quantità o valore d'una massima imperfetta, in vece del valore di tal massima, conciosia cosa che non si ritrovi la propia pausa di essa, si pongono due pause di lunga insieme poste, a dimostrare che tali pause non sono da nota alcuna divise, né partite nel misurar le lunghe a tre, a tre, come si richiede al modo maggior perfetto, ma che sono insieme annoverate colla lunga seguente, dimostrante il proprio valore di essa massima cantabile. Et di quanto disopra habbiamo scritto & con ragioni evidenti chiarito, più & più volte con l'eccellente Messer Gioan Spadaro habbiamo fatto discorso, & fra noi il tutto confermato, alcune oppenioni del quale, a maggior confermatione delle cose che habbiamo page 90dette, sono state nella presente nostra opera addotte, accioché meglio si conosca quanto retto & buono sia il parere di coloro che credono & tengono il contrario.

Dubitationi necessarie intorno l'alteratione. Cap. III.

E' conceduto & per ferma regola dato che la figura over nota atta all'alteratione debba alterare (come è stato detto) sempre inanzi alla maggior di sé, così in nota come in pausa, allequali sentenze alcuni opponendosi dicono, che egli non è conveniente la detta regola, cioè che la lunga alteri nel modo maggior perfetto inanzi a due o tre pause di lunga insieme poste, et che le note over figure, cioè la minima, la semibreve, la breve & la lunga, non debbono alterare se non inanzi alle lor maggiori propinque, cioè alla semibreve, alla breve, alla lunga & alla massima, & non inanzi alle loro pause & valore, separato & diviso in più parti minute. Et dicono che tal lunga alterata inanzi alle sopradette pause potrebbe essere considerata con altro modo non confuso, come questo, perché trovandosi dopo tal massima le pause delle lunghe non di pari poste, ma l'una più alta dell'altra, la massima non potrà essere reintegrata perfetta, ma dalla nota dinanzi a sé sarà fatta imperfetta, o da oltretanto suo valore. Diciamo che il musico poco si cura comunque esse siano poste, perché tal modo di pause variate non offende l'harmonia, la quale consiste nel pronuntiare delle voci. Et a quello similmente che essi dicono, che loro non piace che la lunga sia alterata inanzi alle sopradette pause, ma che dovendo pure essere alterata, che ella dee essere in forma come disopra appare, rispondiamo che tal alteratione di lunga è stata usata da molti altri, iquali essendo dotti, si dee credere che con ragione habbiano proceduto, come quelli che hanno considerato, che non havendo la massima propia pausa, il valore delle pause della lunga più volte prese debba bastare al compimento di essa. Altri anchora si muovono dicendo, che tal lunga inanzi alle dette pause con ragione alcuna non potrà essere ridotta nella forma della massima, perché ove questo avenisse, ne risulterebbono alcuni inconvenienti contrarii alle regole date, come si vede in questo essempio, perché volendo trovare il numero conveniente al segno circolare, sarebbe dibisogno servare un modo non usato di alterare quella seconda semibreve dinanzi alla breve segnata, laquale semibreve, se fosse ridotta alla figura di una breve, ne nascerebbe la forma della simile inanzi alla simile, et a questo modo non si potrebbe salvare né anullare quella nota alterata. Similmente in quest'altro, dicono chella massima di necessità non può essere fatta perfetta, ma sì bene imperfetta da quella lunga dinanzi a sé posta, et conchiudono che tal massima colle tre pause non havrà somiglianza, ma che essa sarà inanzi al valore di lei. Et perché alcuni potrebbono di leggieri incorrere in quello che niuna legge o regola della theorica non comanda né page 91vuole, dannoi si havrà riguardo a ricordare alcuni altri precetti necessarii intorno la sopradetta alteratione, conciosia cosa che essa si possa intendere in dui modi, secondo l'uno de' quali essa è detta alteratione regolare, et secondo l'altro alteratione sottointesa. La regolare alteratione sarà quella che dal musico è ordinato, cioè quando egli vuole che, essendo due semibrevi fra due brevi, la seconda sia alterata. Et prima che mostriamo quale sia alteratione sottointesa, accioché da te non sia preso errore, saprai che sempre tal figura o nota seconda dee alterare, ma se tu troverai punto fra le due semibrevi, alhora per forza di quel punto di divisione, tal semibreve non sarà più alterata, come si vede in molte compositioni, et similmente quando dal compositore sarà intesa piena. Appresso trovandosi cinque semibrevi overo otto fra due brevi, la quinta & la ottava saranno alterate; dico alterate, raddoppiate secondo la loro forma, & non come molti credono, fatte perfette, da ciò ingannati che credono che alterare significhi far perfetto. Pertanto si vuol ben considerare che la nota, laquale è sottoposta alla alteratione, sia dopo 'l segno nelqual si ritrovi la seguente maggiore di lei, & non dopo altro differente segno, come questo, percioché, dato che tal modo dimostri qualche poco di verità, nondimeno la ragione nol consente, né dopo quest'altro suo contrario, così, perché la nota alterata del segno tagliato non haverebbe forza di due in potere & vertù, ma sarebbe scemata della sua metà per la forza del segno antecedente diminuto, et quella dopo il circolo non tagliato accrescerebbe & raddoppierebbe il suo valore. Si conchiude adunque che tali modi non sono conceduti, perché la nota alterata dopo il segno tagliato non crescerebbe in doppio, come vuole la ragione dell'alteratione, ma sarebbe deffettiva della sua retta & ordinata quantità; et per tal modo nascerebbe uno inconveniente manifestissimo, che presa la semibreve dinanzi al segno diminuto con l'ultima dopo il segno non diminuto, tali due semibrevi non farebbono numero ternario, ma producerebbono un certo numero di note inequali. Il simile accaderebbe se la semibreve fosse dopo il segno circolare. La sottointesa overo irregolare alteratione, secondo che al musico piace, appare in diversi modi, come la presente figura ti dimostra.

Come si può formare ciascuna spetie, semplice & composta, nelle due congiunte. Cap. IIII.

Acciò che meglio sia inteso ogni intervallo o spatio delle congionte, dellequali siamo per trattare al fine dell'opera, daremo di ciò essempio colla spetie del tuopage 92no, del semituono, del dittono, del semidittono, del diatessaron, del essacordo et del diapason. Et prima saranno dannoi considerati gli spatii sesquiottavi differenti l'uno dall'altro, continovati overo composti, senza rimovere gli estremi dimostrati in figura, iquali saranno noti per la positione di C grave, laquale sarà immobile, ferma & permanente ad ogni spetie di tuono ascendente & discendente. Et incominciando, diremo che dalla sillaba ut da C grave a D considerata, nascerà lo spatio sesquiottavo, così nello ascendere come nel discendere. Ma volendo ritrovare il seguente intervallo, chiamato re-mi, bisognerà immaginarsi & fingere il rotondo nella positione di E la mi grave, & per tal congionta si troverà lo spatio secondo sesquiottavo chiamato re-mi; & là dove che il terzo, fa-sol, senza altra congionta naturalmente si dimostra, il quarto & ultimo sesquiottavo spatio, ilquale è sol-la, sarà accidentale per la congionta over segno del molle in mi grave considerato. Et con tale ordine discorrendo, di ogni altro spatio di tuono facilmente harai notitia. Ma volendo nella detta positione o corda havere il minor semituono, ti sarà di necessità nella corda del detto C grave fingere & presuporre il b giacente overo diesi, & sì come prima ci era ut & fa, rimossi tali nomi, cioè re-mi, fa-sol & sol-la, sarà detto mi-fa & fa-mi, spatio del nominato semituon minore. Seguitando alla seguente consonanza, chiamata dittono, per essere natural spetie sola, esso resterà propio senza altro accidentale. Et perché forse alcuni non sono chiari, donde venga la differenza delle due spetii semidittonali, avertirai che essa non proviene da altro che dal semituono, che varia, come in questa spetie, cioè re-fa et mi-sol, ilqual re-fa nel secondo intervallo ha il semituono, et mi-sol nel primo. Per tanto volendo nella detta positione trovare le due spetii, non altrimenti che col molle in E la mi & col diesi in C fa ut le troverai, da' quali segni saranno comprese le due spetii sopradette. Et per meglio chiarirti qual sia la causa che 'l dittono non ha più d'una spetie, questo aviene perché la detta spetie non è formata di semituono alcuno, benché alcuni vogliano esserci due spetii di dittono, cioè ut-mi & fa-la, come quelli, iquali senza consideratione credono che ut-mi et fa-la siano differenti, laqual oppenione è falsa, conciosiacosa che esse naturalmente secondo l'ordine delle note in tali processi siano le più volte simili, perché dicendo ut-mi, ci sarà anchora fa-la - dico secondo l'ordine naturale - perché volendo procedere da mi acuto a D la sol re per lo segno del molle, senza dubbio harai solamente fa-sol-la & non ut-re-mi, ma rimovendo la rotonda figura, ritornerà mi-sol, processo naturale. Et per tal modo sarà una sola spetie, laquale non può variare senza la spetie semidittonale, come al terzo cap. del libro secondo del nostro Toscanello non si è taciuto. Similmente, se vorremo trovar le tre spetii del tetracordo, non rimovendo, come è stato detto, la positione di C grave, bisognerà segnare la figura nella positione di E la mi, con laquale harai il primo tetracordo overo spetie da esso C a F grave; ma la seconda spetie da C ad F grave sarà evidente per lo segno del molle posto in D grave, & la terpage 93za naturalmente si dimostra. Appresso habbiamo da vedere le quattro spetii del diapente o vuoi dire pentacordo, la prima spetie del quale sarà compresa dal segno del molle in E la mi grave posto insino a D acuto & C grave, estremi. Il secondo pentacordo o spetie ci sarà nota ponendo tal figura, , in D, in E gravi & in A acuto; la terza, incominciando da C, positione grave, insino a D acuto, ponendo la figura diesi in F grave. La quarta senza segni è naturale. Et perché la sesta maggiore, non volendo mutare la corda di C grave alla sua formatione, produrà poco diverse tra sé le sue spetii, senza empire il foglio in ragionar di lei dannoi sarà lasciata a dietro, non ostante che ella ne habbia due accidentali, quando loro è posta la figura nella positione di E la mi grave. Procedendo alla sesta minore & alla prima spetie di lei, ella non si può dimostrare altramente che con duoi segni del molle, iquali si dimostrino in E grave et A acuto, ilqual processo farà re-mi-fa-re-mi-fa. La terminatione della seconda spetie non si potrà creare, se prima non appare col rotondo, ilquale conviene, che sia nella positione di D, E & G gravi, ilqual processo sonerà mi-fa-re-mi-fa-sol. La terza spetie procederà in questo modo, cioè mi-fa-sol-re-mi-fa, il qual modo & ordine nascerà dalla positione over figura del molle posta in D, in E gravi & in A acuto. Et per essere la quarta & la quinta spetie simili alla prima & alla seconda, dannoi saranno tralasciate. La consideratione della prima spetie diapasonica, cioè re-mi-fa-re- mi-fa-sol-la, si conoscerà da C grave & da C acuto; però volendo procedere per li mezzi di essi estremi, dando nome a tutte le seguenti note, è necessario segnare la figura in E grave & in A acuto, per loqual modo harai la prima spetie; & similmente haverà la seconda, se da te saranno considerati i mezzi delli stremi, iquali nomi o sillabe non ritroverai, ove da te la figura non sia segnata in D, E & G gravi, & in A & B acuti. La terza spetie, per essere naturale, dannoi non sarà detta. La quarta procederà co' seguenti nomi, cioè re-mi-fa-sol-re- mi-fa-sol, iquali saranno dimostrati colla figura segnata in E grave & in mi acuto. I nomi & mezzi della quinta spetie faranno tal processo, mi-fa-sol-re-mi-fa-sol-la, dove bisognerà segnare il seguente rotondo nella positione di D grave & A acuto. La sesta harà il suo processo co' presenti nomi, fa-sol-re-mi-fa-re- mi-fa, iquali non con altro saranno compresi, che col segno della figura diesi, laquale si manifesta sopra la corda detta F grave, per loqual ordine harai la sesta diapason. La settima et ultima diapason consiste in tali nomi et note, cioè ut-re-mi-fa- re-mi-fa-sol, iquali saranno conosciuti se in mi acuto nascerà il rotondo. Molte altre cose si potrebbono dire in tal proposito; però per mezzo di questa poca instruttione che ti habbiamo data, potrai agevolmente intendere il fine di ogni altra sonanza.

Delle sei sillabe considerate da A a F & da a G et da D a & da E a C & da F a D. Cap. V.

page 94Habbiamo alcuna volta considerato le oppenioni di alcuni, iquali con poco et debile fondamento movendosi, dicono che nel processo del organo, discorrendo dal principio di esso insino al fine, si possono ritrovare continovamente over composte le sei sillabe musicali. Però danoi essendo stato essaminato tale stormento, non è convenevole che la verità sia taciuta, ma con evidenti ragioni dimostrata. Diciamo adunque che tale stromento, ilquale dalla voce greca è detto organo, non ha in sé quella minuta divisione, laquale certamente le si converrebbe, come considerandolo & dividendolo potrai vedere, percioché havendo esso organo le sue voci stabili & ferme, & non essendo in lui spatio minore del semituono, non potrà reintegrare la propia & naturale sua forma delle sei sillabe, perché altro non può rendere, che quello che la corda per sé rende & suona, il che non aviene del liutto & d'altri simili stormenti, ilqual liutto può essere aiutato col dito di colui, ch'el suona, alla intensione & remissione di qualche spatio minuto, per la reintegratione della sua consonanza, perché può movere la mano overo il dito in giù & in su secondo che gli piace, laqual comodità, come disopra habbiamo detto, non si può havere dal organo, come quello che dà solamente quello chella voce rende. Domando adunque a te se ben le sai, ilquale forse hai tale oppenione, come si potranno havere le sei sillabe continovate, dando principio alla corda di mi grave, conciosia cosa che il detto mi, se ben considererai, manchi d'un coma alla sua terza maggiore; onde, volendo a una a una formare le sei sillabe, harai ut nel detto mi grave, & il re al tasto negro sopra di C grave, detto semituon maggiore, ilquale produce dal lo spatio d'un tuono. Et da C a D, harai lo spatio del semituono maggiore nel grave, et il minore nel acuto, & quello di D & E in contrario, perché il semituon maggiore sarà nello intenso & il minore nel remesso. Là onde, per esserci duoi semituoni minori continovati, l'uno fra C & D & l'altro fra D & E gravi, lo spatio del seguente tuono, detto mi, sarà diminuto del coma, alla reintegratione del quale è dibisogno, come da noi nel Toscanello fu dimostrato, che sopra la corda del detto tasto negro, esso sia aumentato di tanto intervallo che il ne faccia perfetto, per loqual fondamento tu potrai conoscere la tua oppenione essere falsa. Et se tu non sai donde nasca tale inconveniente, perché mi non ha terza maggiore, avertirai che da altro non procede se non dalla congionta del molle, nata & posta in E la mi grave, ilqual molle appare sotto del detto E la mi per lo spatio d'un appotome. Il medesimo inconveniente in fra 'l & il D acuti troverai. Et perché tu vegga l'ordine delle sei sillabe, diremo il loro principio essere in Gama ut, ilquale, conciosiacosa che il loro processo in esso sia naturale, sarà tacciuto, pigliando A re grave, sopra del quale diremo ut, in mi, re, in C fa ut, mi, col segno del diesi, in D sol re, fa, in E la mi, sol, et in F, la, segnato col diesi; ut in mi, re in C fa ut colla figura diesi, mi in D sol re col segno detto, fa in E la mi, sol in F et la in G; ut in D sol re, re in E la mi, mi in F grave con la figura diesi, fa in G, sol page 95in A acuto et la in quadro acuto; ut in E la mi, re in F grave col segno del diesi, mi in G col segno detto diesi, fa in A acuto, sol in quadro acuto, la in C acuto inteso col diesi; ut in F, et per essere la detta positione nota & facile, non le daremo altra dichiaratione, né similmente al seguente luogo G sol re ut grave; ut in A la mi re, re in mi quadro detto, mi in C acuto col segno del diesi, fa in D acuto, sol in E & la in F acuto col diesi apparente; ut in quadro acuto, re in C acuto col segno detto, mi in D acuto col segno diesi, fa in E acuto, sol in F col diesi et la in G colla detta figura diesi; ut in C acuto, del quale non faremo mentione, essendo il suo processo chiaro & naturale; ut in D acuto, re in E, mi in F dimostrante il diesi, fa in G, sol in A, la in quadro; ut in E acuto, re in F segnato del diesi, mi in G col medesimo segno, fa in A, sol in quadro sopracuto & la in C; ut in F seguente corda sarà simile al primo, cioè F, et per essere il rimanente delle positioni simile a quello che di esse habbiamo detto, faremo fine. Et perché nel seguente capitolo si tratterà della congionta del quadro & del rotondo, nelle quali si dimostrerà come & in che modo procederanno le sei sillabe, cioè ut-re-mi-fa-sol-la, in ciascun luogo della mano, però non è stato fuor di proposito haver trattato come tal sillabe possano procedere da luogo a luogo continovate overo incomposte. Et a maggior vergogna & biasimo del tuo errore, poi che di senno ti credi pareggiare Solomone, si domanda se tali nomi over sillabe si potranno trovare per la congionta del rotondo in questo nostro stormento chiamato organo; certamente no, percioché volendo in E grave segnare il segno del detto rotondo, & in tal corda dire ut, certo si vede che tal processo delle sei note non si potrà con spatii debiti continovare l'una dopo l'altra, perché essendo diviso lo spatio sesquiottavo fra G grave & A acuto col semituon maggiore nel grave & il minore nel acuto, seguita che a tal procedere loro mancherà lo spatio del semituon minore, ilquale nasce fra il secondo e 'l terzo intervallo, tolto & occupato dalla congionta del quadro nascente fra G grave & A acuto. Et un altro inconveniente ne nascerà, percioché volendo il terzo spatio sesquiottavo, fa-sol detto, a buona hotta vorrò che mi sappia dire, dove il troverai, perché dopo il dimostrato semituono maggiore, fra esso & A acuto, non si trova altro che il minore, & dal detto A a molle acuto un altro minore, i quali insieme presi non creano il sesquiottavo spatio. Pertanto tali semituoni minori non si convengono al genere diatonico, essendo l'uno dopo l'altro. Questo medesimo harai in E acuto, & in altri simili. Essendo stato per le dimostrate ragioni riprovato quello che con poca esperienza hai creduto, per l'innanzi ti starai cheto.

Del modo di procedere con le sei sillabe accidentali nello stormento detto organo. Cap. VI.

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Ci resta anchora di dar ricordo a quegli, i quali hanno cura & carico della musica, cioè a coloro che sono detti maestri di capella, ché quando alcuna volta aviene che ne' loro cori ritrovano qualche concento composto regolarmente sopra 'l sesto overo sopra l'ottavo tuono, ilquale loro parrà che loro sia discomodo il suo ascendere, essi non deono, per accomodare sé, discomodare il loro sonatore dell'organo con fargli a sapere, che per loro commodità voglia rimovere dal sesto tuono la corda di F, & collocarla un tuon più basso, ilqual tuono nascerà in E, ma col segno del molle. Et perché, come disopra habbiamo detto, questi tali musici solo attendono alla loro commodità, senza considerare quello chell'organista può operare, accaderà che, volendo il detto sonatore sodisfare a tali loro comodi, che esso non potrà rettamente procedere secondo il canto fermo, & quello andare imitando, cioè che dando principio al sesto tuono nella corda o positione di E col segno detto del molle, & volendo procedere secondo il discorso di tal tuono, gli mancherà il semituon minore, ilqual per la congionta del quadro riman maggiore. Dicono alcuni che questo non è di molta importanza, bisognando al suo discorso tal semituon minore et trovandone un maggiore, percioché essendo il coma particola insensibile, & che non può essere pronontiata dalla voce humana, il semituon maggiore può sodisfare in vece del minore. Si risponde essere la verità ch'el coma, per essere particola minuta, non potrebbe essere prononciato dalla voce humana quando esso havesse proprio spatio; però, conchiudo tale oppenione non essere conceduta, perché dato che esso coma per sé non sia sensibile, nondimeno composto resta sensibile, come appare quando l'organista si vuol prevalere & accomodarsi di qualche terza o decima maggiore. Appresso, che egli sia sensibile, chiaramente si conosce nelle divisioni de' tuoni dell'organo, le quali essendo da te bene essaminate, troverai dal C grave al seguente tasto negro essere maggiore parte che non è da page 97esso tasto negro al seguente bianco. Et similmente, procedendo da F a G gravi, da F al tasto negro sarà maggiore spatio che non sarà dal detto tasto negro al seguente bianco. Et non per altro nasce tal quantità maggiore che per lo spatio di esso coma, ilqual per sé non si dimostra. Conchiudo adunque che egli è di mestieri, che il maestro di capella habbia cognitione di sapersi accomodare all'organo, altrimenti ne risulterà confusione, come molte volte da noi è stato avertito, se già tali organi non fossero stati ridotti allo loro perfettione.

Domanda del molle in C & in F considerato, overo immaginato. Cap. VII.

Potrebbono alcuni di acutissimi ingegni volere intendere un certo ordine di musica non naturale ma subintelletto, cioè si è possibile ritrovare i detti essarcordi col segno del molle & del diesi immaginati, considerati in C, in F, in & in E naturali. Quanto sia honesta & ragionevole tal loro dimanda, si dimostrerà nel presente capitolo, ma per sodisfatione di quegli che fanno tal quesito, egli è dibisogno che tu sappia, che egli è impossibile che tal dimanda sia chiarita per via del genere diatonico. Volendo tu adunque immaginarti il segno di in C grave, & con tal voce fa havere ogni altra nota, lequali rettamente procedano, a te potrebbe intervenir forse quello che altrui è intervenuto, iquali hanno creduto che quando il musico over compositore ne' suoi processi musicali adduce la figura del molle o del diesi, che quella nota dal proprio suo luogo non si rimova, ma stia permanente, & che tali segni siano quasi di soverchio. Però, per isganarti di questo errore, saperai che tal sillaba o nota fa, posta in C col detto segno , è indi rimossa & più non è là dove prima si ritrovava, ma sotto di mi grave per un spatio del coma, ilquale non sta naturalmente in tal positione. Per tanto non havendo il positione commoda, per conseguente il mi quivi non si potrà ritrovare, per essere il tuon sesquiottavo da A & mi gravi diviso per lo semituon maggiore nel acuto, & il minore nel grave, & procedendo al mi, non lo potrai ritrovare, conciosia cosa che il semituon geminato nasca fra mi & A, & fra A & G, iquali semituoni sono sottoposti al genere cromatico. Discorrendo la voce ut, tal sillaba sarà per un semituon maggiore sotto a Gamma ut.This explanation is not satisfactory. Saying fa on a hypothetical C flat makes it possible to say mi on B flat, while re and ut on A flat and G flat were unavailable on standard keyboards in Aaron's time. Onde, quando per più facilità vorrai intendere tal tetracordo da C a Gamma accidentale col detto dimostrato, quanto sarà il fa da C abbassato, tanto disotto a Gamma sarà la voce ut; et seguitando alla nota sol, per essere sopra del C il semituon maggiore, saranno dal suo fa al sol duoi semituoni maggiori, iquali soverchiano il tuono dello spatio del coma. Similmente, volendo la voce la, per la continovatione di duoi semituon minori, mancherà il tuono dello spatio del detto coma.

Del molle in F collocato. Cap. VIII.

page 98Col medesimo discorso facilmente ti sarà noto non si potere diatonicamente trovare le sei sillabe over note, mettendo la figura nella positione di F grave, percioché il detto fa sarà inteso & immaginato sotto la positione di E grave per un coma, ilquale cambia il semituon maggiore in minore, nascente fra E & D, per laqual cosa quel fa accidentale harà nel discendere il semituon minore, ilqual nasce al tasto negro posto fra esso D & E, & dal mi a re, per essere dal detto tasto negro al D duoi semituon minori l'un dopo l'altro, iquali si comprendono dal tasto bianco del D grave al negro seguente, non si potrà haver lo spatio del tuono. Onde sarà dibisogno aumentarlo d'un coma sotto al detto tasto negro posto fra C et D gravi. Appresso non harai la voce ut, per essere in tali positioni duoi semituoni minori continovati. Là onde sarà di necessità sotto mi grave immaginarsi un altro coma, et questo ordine & modo accidentale intorno le dette positioni & segni nel seguente capitolo intenderai, & seguitando diremo tutto quello è necessario intorno la cognitione della figura o segno diesi, in B & in E immaginato.

Del segno del diesi in B & in E gravi considerato. Cap. IX.

Per diletto & utile di ciascuno desideroso di tale intelligenza, dichiareremo anchora quello che si appartiene alla figura diesi nelle corde di B grave & E, procedendo secondo le sillabe, constituita & ordinata. Diremo adunque, che essendo immaginata la detta figura diesi in quadro primo, & volendo il seguente tuono ritrovare, ilqual è mi-re, et per essere diviso & compassato tal spatio sesquiottavo per semituon maggiore in acuto, & appresso continovando duoi semituoni maggiori, alla reintegratione di quel tuono superato dal coma, sarebbe dibisogno che 'l detto intervallo havesse il semituon minore nell'intenso, & il maggiore nel remesso, per le sopradette cose appare, che egli è di soverchio tal segno in B grave considerato; nondimeno, seguitando al grave, troverai la voce ut, perché lo spatio del coma supera il tasto nero ordinato fra mi grave & A re. Là onde dal detto coma al tasto bianco dimostrante la corda di A re, sarà l'intervallo d'un appotome, et dal detto A al tasto nero seguente appare il semituon minore, ilquale giunto insieme col maggiore fanno lo spatio sesquiottavo perfetto, dato che il coma sopra di mi grave non habbia luogo propio. Et così sopra della voce detta mi seguiteranno il fa, il sol e 'l la. Et bisognando procedere al semituon minore, tal semituono sarà immaginato dal coma sopra la corda di C grave al tasto nero fra C et D grave, et indi al sol, quinta nostra voce, si vede esso non poter havere luogo naturale & proprio, per essere diminuto d'un coma, & questo adiviene per rispetto de' duoi semituon minori considerati & apparenti dal tasto nero al bianco detto D, & dal detto bianco al seguente nero fra D & E, ilqual coma sarà inteso sopra del tasto che cade fra D & E; & la sillaba ultima nascerà sopra di F grave per un coma. page 99

Del diesi in E immaginato. Cap. X.

Volendo pur anchora così procedere, si potrà conoscere come & in che modo, mettendo il diesi in E, naturale corda, le sei note cantabili si possono ritrovare. Dico che andando di sillaba per sillaba alle parti acuti, haremo il semituon minore al tasto negro fra F & G, ilquale divide lo spatio del detto F & G per lo semituon maggiore nel grave, & per lo minore nel acuto. Onde, per essere dal detto tasto negro fra F et G al seguente fra G et A il minor semituono col detto maggiore insieme, ne seguiterà lo spatio sesquiottavo perfetto. Ma volendo la voce ultima, chiamata la, per esserci duoi semituon minori continovati, diremo che tal tuono si potrà havere dal tasto nero fra G & A al tasto seguente nero, aggiongendovi un coma, o vuoi dire un semituon maggiore sopra di A acuto. Et se vorai trovare il re & l'ut, dico che tal sillaba re sarà sopra di D, al tasto nero seguente, col qual modo sarai certo che tal figura diesi non potrà dominare in quadro, né in E, né il molle nel C, nel F, come seguitando per le congionte intenderai.

Della congionta del molle & del quadro. Cap. XI.

Et benché da noi novamente siano dimostrate le congionte del molle & della figura duro, non deono però da te essere istimate di soverchio né vane, ma necessarie & al proposito a coloro, iquali desiderano tali considerationi, conciosia che poche o quasi niuna al presente se ne ritrovi, laqual cosa adiviene perché poca quantità ne furono impresse.'Perché poca quantità ne furono impresse': this is a reference to Aaron's Treatise on mutations. Pertanto a sodisfattione di quelli che non ne hanno potuto havere, diremo chelle congionte, come piace al musicale consortio, sono due, delle quali l'una è detta di molle overamente rotondo, la quale si può segnare con questo segno, , in ciascuna corda o positione della semplice mano di Guido, eccetto che in C & in F, et la seconda è nominata dalla figura di duro overo di quadro, laquale può essere segnata con questo segno, , in ciascuna delle positioni naturali overo semplici della detta mano, salvo che in B et in E; ma perché questo, , non si segni in C né in F naturali, né questo, , in B né in E, seguitando sarà detto. Adunque questo segno, , si potrà segnare in cinque luoghi o positioni differenti della mano, cioè in A, in B, in D, in E & in G, et questo, , similmente si potrà segnare in altre cinque positioni della mano semplice predetta, cioè in A, in C, in D, in F & in G; & la sillaba overo nome officiale assegnata o sottoposta a questo segno, , sarà la sillaba fa, & a questo, , sarà assegnata la sillaba mi; & de qui nasce che quando questo segno, , è posto nell'uno delle positioni della sopradetta mano, alhora quel tuono naturale, il qual cade fra tale positione segnata & la inferiore natural propinqua, resta diviso per lo maggior semituono nell'acuto & per lo minore nel grave, come dimostra il tuono, il quale cade tra A & quapage 100dro acuti, quando questo segno è segnato in mi grave. Ma quando questo segno, , è nell'una delle positioni predette naturali, alhora quel tuono naturale, il quale è posto fra tal positione segnata & la superiore propinqua, resterà diviso col maggiore semituono nel grave & col minore nell'acuto, per laqual cosa accaderà, che essendo segnata ciascuna delle predette positioni della semplice mano co' detti dui segni, & , che ciascuno spacio de' tuoni naturali della mano, overo semplice monacordo, resterà (come ho detto) diviso per lo maggiore semituono nel grave & per lo minore nell'acuto, & anchora per lo minor semituono nel grave, & per lo maggior nell'acuto, in modo che tra ciascuno spatio di tuono naturale appareranno doi minori semituoni, cioè l'uno nel grave & l'altro nel l'acuto, iquali semituoni saranno dimezzati & fra loro distanti per lo spatio di un coma, come accade ne' monacordi & organi moderni in quello spatio del tuono cadente tra G et A naturali, tra le quali estremità cadono doi tasti neri, de' quali quello, che è più appresso al G, sarà semituono minore con la predetta lettera G, et coll'A, sarà maggiore, ilqual tasto nasce da questo segno, , posto nell'A predetta; & l'altro tasto nero sarà anchora semituon minore colla lettera A, & maggiore col G, & quella distanza sonora, la quale cade tra i predetti duoi tasti negri, theoricamente parlando, sarà spatio di un coma. Compreso adunque quello che è stato detto, si harà chiara cognitione di quello che detto habbiamo di sopra, cioè che in B & in E naturali non si segnerà questo segno , & che in C & anchora in F naturali non si segnerà questo, , laqual cosa adverà, perché la lettera B & E naturali non hanno sopra di sé lo spatio propinquo di tuono, ilquale mediante tal segno possa restare diviso per lo semituono maggiore nel grave & per lo minore nell'acuto. Ma tal segno, , ove fosse posto in B & in E naturali, producerebbe un suono, il quale ascenderebbe sopra C et F per uno spatio di un coma, molto inutile nell'harmonico stormento. Similmente, se questo segno, , fosse dato in C overo in F naturale, il suo suono discenderebbe sotto B & E naturali per lo spatio di un coma, molto incommodo & di soverchio. Et per tal cagione i detti segni non sono collocati nelle positioni di sopra dette. Quando adunque questi segni, , , da molti chiamati accidentali, saranno segnati nelle predette naturali positioni della mano di Guido, alhora seguiterà che in ciascuno luogo & positione di essa si potrà ritrovare ciascheduna delle sei sillabe, cioè ut, re, mi, fa, sol, la, con le loro debite distanze, delle quali sillabe alcune nasceranno dall'ordine primo chiamato semplice o naturale, & alcune da' segni predetti, come qui, , , l'origine & nascimento delle quali tre prime sillabe, cioè ut, re, mi, volendo ritrovare, ti converrà, essendo prodotte da tali segni accidentali, ascendere, perché hanno il loro semituono cadente tra mi & fa sopra di loro. Ma volendo ritrovare le predette sei sillabe uguali in suono con Gama ut naturale, sarà dannoi detto chella prima sillaba, cioè ut, è naturale in tal luogo, dapoi chella sillaba seconda, cioè re, nascerà da questo segno, , segnato in mi grave naturale. La terza sillaba, mi, nascerà anchora da page 101questo , segnato in A re. Ma la quarta sillaba, fa, haverà principio da questo segno, , segnato in F acquisito, il quale naturalmente è distante da esso Gamma ut per un tuono, & è in ottava con F grave. Et la quinta sillaba, cioè sol, caderà in tal luogo naturalmente, perché sarà prodotta dal C acquisito, il quale si trova in ottava nel grave con C grave. Ma l'ultima sillaba, cioè la, deriverà da questo segno, , posto in E acquisito, distante per una ottava da E grave; et per tal modo, come a molti piace, accaderà che tutti i nomi officiali, che accidentalmente sono equali in suono con Gamma ut, saranno retti & governati da questo segno, , eccetto il fa, ilquale è governato da questo segno, , & anchora ut & sol, i quali si governano per l'ordine semplice overo naturale. Poscia che habbiamo dimostrato la dependenza de' sei nomi officiali considerati equali in suono con Gamma ut, prima positione dell'ordine semplice della mano, hora seguitando intorno della dependenza & nascimento delle predette sei sillabe considerate ugualmente in suono con A re si tratterà. Diciamo adunque chella prima sillaba, ut, considerata equale in suono con A re predetto, procede da questo segno, , segnato in C grave. Et la seconda, cioè re, sta naturalmente in tal luogo. Et la terza, cioè mi, nasce da questo segno, , posto in mi quadro grave. Et la quarta, cioè fa, ha origine da questo segno, , collocato in Gamma ut. La quinta, cioè sol, nasce da questo segno, , messo in F acquisito, il qual F naturalmente si trova sotto Gamma ut un tuono più basso. Ma la sesta sillaba, cioè la, naturalmente sta in essa positione, & è generata dal C acquisito posto una ottava sotto C fa ut grave. Et per tal modo appare che tutti i nomi delle sillabe cadenti equali in suono con A naturale nascono da questo segno, , eccetto mi, ilquale deriva da questo, , & anchora la sillaba la & re, che nascono dall'ordine semplice overo naturale. Visto et essaminato come le sei sillabe o nomi officiali nella prima & nella seconda positione sono considerate, al presente si darà chiara notitia come i predetti sei nomi debbono essere considerati in quadro, terza positione. Egli è adunque da sapere chella prima sillaba, ut, ha origine da questo segno, , segnato in D sol re, secondo l'ordine semplice. E la seconda, cioè re, ha il suo nascimento dal predetto segno posto in C grave. Ma la terza sillaba, cioè mi, sta in tal luogo naturalmente. La quarta sillaba, fa, nasce da questo segno, , collocato in A re. Et la quinta, cioè sol, procede dal predetto segno messo in Gamma ut. Et l'ultima, detta la, nasce da questo segno, , dimostrato in F acquisito, ilquale nel grave è sotto di Gamma ut per lo spatio di un tuono. Onde per le predette dimostrationi appare che tutti i nomi officiali, iquali sono considerati equalmente in suono con quadro naturale, dependono da questo segno, , eccetto mi, ilquale è dell'ordine primo detto naturale.
Et seguitando diremo chelle sei sillabe equalmente nascono considerate in C fa ut. La prima, cioè ut, sta in tal luogo naturalmente; & la seconda, cioè re, nasce da questo segno, , segnato in E la mi grave; & la terza, cioè mi, ha principio dal predetto segno posto in D sol re. La quarta, cioè fa, sta naturalmente in tal luogo. Ma page 102la quinta, detta sol, nasce anchora da questo segno, , collocato in quadro grave; & la sesta, chiamata la, depende dal sopra detto segno segnato in A re. Per tanto appare che tutti i nomi officiali, liquali sono considerati essere equali in suono nella lettera C naturale, derivano dal detto segno, eccetto ut et fa, iquali si appartengono al primo ordine. Et con tale modo seguitando alla quinta positione, detta D sol re, diremo che la prima sillaba nascerà da questo segno, , posto in F grave. La seconda, cioè re, sta in tal luogo naturalmente. La terza, detta mi, procede da questo, , segnato in E la mi. La quarta, detta fa, nasce da questo segno, , messo in C grave. La quinta, detta sol, sta in tal luogo naturalmente. L'ultima, cioè la, depende da questo segno, , posto in quadro grave. Et per tal modo accaderà che tutti i nomi officiali, considerati equali in suono in D grave naturale, dependono da questo segno, , ecceto fa et ut, liquali hanno origine da questo segno, , & re & sol, iquali naturalmente si comprendono. Appresso seguitando diremo che delle sei predette sillabe considerate equalmente in suono nella sesta positione naturale, chiamata E la mi, la prima sillaba, ut, ha il suo nascimento da questo segno, , segnato in G acuto overo grave. Et la seconda, cioè re, nasce dal predetto segno posto in F grave. Ma la terza sillaba, cioè mi, sta in tal luogo naturalmente. Et la quarta, cioè fa, ha origine da questo segno, , collocato in D grave. La quinta, cioè sol, viene da questo segno messo nel C grave. La sesta, cioè la, sta naturalmente in tal luogo, in modo che tutti i nomi officiali, considerati equali in suono in E la mi, hanno dependenza da questo segno, , eccetto mi et la, che sono considerati dal primo ordine detto naturale. Puossi similmente dimostrare come nella settima positione nascono sei nomi officiali con equale sonorità. Pertanto adiviene che il primo, cioè ut, ha origine da questo segno, , segnato in quadro naturale acuto. Et il secondo, re, nasce da questo segno, , posto in A acuto. Et il terzo, detto mi, deriva dal sopradetto segno dimostrato in G acuto o grave. Ma il quarto, cioè fa, sta naturalmente nel suo luogo. Et il quinto, cioè sol, nasce dal predetto segno, come qua, , messo in E la mi grave. Ma l'ultimo, cioè la, nasce dal rotondo posto in D sol re. Et per tal modo appare che i nomi officiali, equalmente considerati nel detto F fa ut naturale, dependono da questo segno, , eccetto fa, ilquale nasce dal ordine primo.
Dopo le predette considerationi verremo all'ottava positione, detta G sol re ut, del quale a dover ragionare ci par quasi di soverchio, percioché considerando la similitudine, la quale cade tra i luoghi ottavi, assai basterebbe chi dimostrasse come si trovano le sei sillabe in Gamma ut, similmente si possono ritrovare in G sol re ut acuto & sopracuto. Pur nondimeno, conciosia cosa che in questo istesso capitolo'In questo istesso capitolo', i.e. Aaron's Treatise on mutations. habbiamo dimostrato come i predetti sei nomi convengano in ciascuna delle venti positioni naturali della mano, per non deviare da tale ordine, non mancheremo di procedere secondo 'l modo & ordine incominciato. Et primamente diciamo che la prima sillaba, cioè ut, in tale ottava positione sta naturalmente. Et la seconda, cioè re, nasce da questo segno, , segnato in mi acuto naturale. Et la terza, cioè mi, ha origine page 103dal predetto segno posto in A acuto. Et la quarta, cioè fa, deriva dal detto segno diesi collocato in F grave. Ma la quinta, cioè sol, sta naturale nel suo luogo. Et la sesta, cioè la, procede da questo segno, , posto in E la mi naturale & grave.
La nona corda può similmente & equalmente havere le predette sei sillabe over nomi officiali, intorno iquali il primo, chiamato ut, nasce da questo segno, , segnato in C acuto. Et il secondo, cioè re, sta naturalmente in tal luogo. Il terzo, cioè mi, deriva da questo segno, , posto in quadro acuto. Il quarto, detto fa, nasce da questo segno, , collocato in G acuto. Il quinto, cioè sol, depende dal segno sopradetto posto in F grave. La sesta sillaba, la, naturalmente sta nel detto luogo.
La decima positione, chiamata quadro acuto, ha convenenza con quadro grave overo naturale. Pertanto la prima sillaba, ut, nasce da questo segno, , posto in D acuto. La seconda, cioè re, nasce dal detto segno posto in C acuto. La terza, detta mi, sta naturalmente in tal luogo. La quarta, detta fa, ha origine dal detto segno diesi segnato in A acuto. La quinta, detta sol, nasce dal detto segno dimostrato in G acuto. Ma la sesta, cioè la, nasce dal detto segno collocato in F grave.
Nella undecima positione, detta C acuto, similmente si potranno ritrovare i predetti sei nomi. Il primo, chiamato ut, sta naturalmente. Il re nasce da questo segno, , posto in E acuto. Il terzo, detto mi, ha origine della figura dimostrato in D acuto. Il quarto, nomato fa, di sua natura dimora nel suo luogo. Il quinto, detto sol, deriva da la detta figura messo in quadro acuto. Il sesto & ultimo descende da questo segno, , posto in A acuto.
Il duodecimo luogo, detto D acuto, equalmente può contenere i predetti sei nomi officiali. Il primo, cioè ut, nasce dal detto segno diesi segnato in F acuto. Il secondo, detto re, naturalmente depende dal suo luogo. Il terzo, detto mi, ha origine da questo segno, , posto in E la mi acuto. Il quarto, detto fa, procede dal detto segno diesi dimostrato in C acuto. Il quinto, cioè sol, deriva dall'ordine naturale. Ma l'ultimo, detto la, ha principio da questo segno, , messo in quadro acuto & naturale.
La terzadecima positione, nomata E la mi acuta, ha la prima sillaba, detta ut, laqual nasce dal detto segno segnato in G sopracuto. La seconda, cioè re, proviene dal detto segno posto in F acuto. La terza, detta mi, naturalmente appare. La quarta, chiamata fa, nasce dal detto segno diesi dimostrato in D acuto. La quinta ha cominciamento dal detto segno diesi messo in C acuto. La sesta, cioè la, resta naturalmente in tale positione.
La quartadecima corda, chiamata F fa ut acuta, ha la prima sillaba ut, laquale nasce da questo segno, , segnato in quadro sopra acuto. La seconda, detta re, deriva dal predetto segno posto in A sopra acuto. La terza, appellata mi, è prodotta anchora da questa figura o segno, , messo in G sopracuto. La quarta, cioè fa, naturalmente si dimostra. La quinta, nominata sol, depende da questo segno, , posto in E acuto. La sesta, cioè la, procede da quello segno, , segnato in D acuto.
Il quintodecimo luogo, ilqual si considera in G sopracuto, similmente potrà ottenepage 104re i predetti sei nomi officiali equali in suono, de' quali il primo, chiamato ut, sta nel suo luogo naturalmente. Et il secondo, detto re, nasce da questo segno, , posto in quadro sopracuto. Et il terzo, nomato mi, depende dal segno inanzi detto segnato in A sopracuto. Il quinto, detto fa, procede dal detto segno diesi dimostrato in F acuto. Ma il quinto, detto sol, sta naturalmente nel suo luogo. Et l'ultimo, detto la, ha origine da questo segno, , locato in E la mi acuto.
La decimasesta positione, chiamata A sopracuta, anchora essa può havere le sei sillabe in suono equale. Diciamo adunque chella prima sillaba, ut, nasce dal segno sopradetto del diesi segnato in C sopra acuto. La seconda, cioè re, viene dal ordine semplice & naturale. La terza, cioè mi, nasce da questo segno, , posto in mi sopra acuto. La quarta, detta fa, depende dal detto segno posto in G sopra acuto. La quinta, detta sol, ha principio dal detto segno collocato in F acuto. La sesta, detta la, naturalmente si comprende. La decima settima corda, detta mi sopracuto, può havere la sillaba ut in suono equale, et ha dependenza dal detto segno segnato in D sopra acuto; & anchora può havere la sillaba re, laqual nasce dal predetto segno collocato in C sopra acuto. La terza, detta mi, sta naturalmente. La quarta, detta fa, procede dal detto segno diesi posto in A sopra acuto. La quinta, detta sol, ha origine dal segno sopra detto, dimostrato in G sopra acuto. La sesta, detta la, deriva dal su detto segno messo in F acuto.
Il decimo ottavo luogo, cioè C sopra acuto, ha la sua prima sillaba, cioè ut, in naturalmente, a similitudine di C grave & di C acuto. Ma il suo re nasce da questo segno, , segnato in E sopra acuto. Et il suo mi ha origine da questo segno, , posto in D sopra acuto. La quarta sillaba, detta fa, sta naturalmente in tal luogo. Et la quinta, detta sol, nasce da questo segno, , posto in mi sopra acuto. La sesta, detta la, procede da questo segno, , dimostrato in A sopra acuto.
La positione decima nona, cioè D sopra acuto, può havere la prima sillaba, detta ut, laqual depende dal detto segno diesi segnato in F acquisito, ilquale è distante per un semituono nello acuto da E sopra acuto; & ha la sillaba re, laquale nasce dall'ordine naturale, a somiglianza di D grave & di D acuto. Ma il mi procede da questo segno, , posto in E sopra acuto. Et il fa nasce dal detto segno diesi dimostrato in C sopra acuto a sé propinquo. Et il sol naturalmente sta nel suo proprio luogo. Et la, ultima sillaba, nasce da questo segno, , messo in mi sopra acuto.
Il ventesimo & ultimo luogo anch'esso ha i detti sei nomi offitiali. Onde il primo, cioè ut, ha origine dal detto segno diesi segnato in G acquisito, distante nell'acuto da G sopra acuto per uno diapason. Il secondo, detto re, nasce dal segno predetto locato in F acquisito, per una ottava nell'acuto posto sopra F acuto. La terza, cioè mi, naturalmente sta in tal luogo, a similitudine di E la mi grave & acuto. La quarta, cioè fa, nasce dal detto segno posto in D sopra acuto. La quinta, detta sol, nasce dal sopradetto segno, come qui, , dimostrato in C sopra acuto. Ma la sesta, detta la, naturalmente resta nel suo luogo. page 105

Come in ciascun luogo della mano si possono trovare 30 mutationi. Cap. XII.

Lettore prudentissimo, se ben considererai all'ordine dannoi di sopra tenuto nel trovare in suono uguale i sei nomi officiali in ciascuna positione della mano, tu potrai anchora conoscere che in qualunque s'è l'una di esse potranno nascere trenta mutationi, lequali non si possono negare, perché sono introdotte con ragioni dimostrative & chiare, imperoché non essendo altro la mutatione, che una variatione di dui nomi officiali tra loro equali in suono, iquali dependono da' diversi luoghi naturali & accidentali, con simili o diversi segni segnati, seguiterà, come habbiamo detto, che in ciascuna delle dette positioni saranno 30 mutationi. Per tanto diremo che giungendo la sillaba ut alle cinque a sé seguenti, si faranno dieci mutationi, procedendo a questo modo, cioè primieramente mutando ut in re'Mutando ut in re', i.e. on E la mi., tal mutatione starà per ascendere dalla congionta di quadro segnata in G acuto con questo segno, , nella congionta di quadro posto in F grave con questo segno, . Appresso mutando re in ut, anchora si ascenderà, tenendo contrario ordine, & così haremo due mutationi. Ma se da poi faremo mutatione di ut in mi, essa ascenderà dalla predetta congionta, segnata con il segno del diesi in G acuto, nella proprietà di natura grave, secondo l'ordine semplice. Ma mutando mi in ut, ascendendo si farà il contrario, et per tal modo haremo 4 mutationi. Dapoi mutando ut in fa, tal processo starà per discendere della sopradetta congionta di duro messo in G acuto nella congionta similmente di duro, dimostrata con il detto segno diesi in D grave; & mutando fa in ut, saranno 6 mutationi. Ma ove avenga che sia mutato ut in sol, tal mutatione starà per discendere dal detto segno del diesi, posto in G acuto, nella congionta di duro segnata in C fa ut col detto segno, & mutando sol in ut, per contrario, haremo 10 mutationi. Oltra di ciò, cangiando re nel mi, tal mutatione starà per ascendere dalla congionta del diesi accidentale, segnato come qui, , in F grave, nella naturale proprietà detta natura grave. Et essendo mutato mi nel re, etiandio in contrario si ascenderà, & in questa guisa saranno 12 mutationi. Ma mutando il re nel fa, tal mutatione sarà per discendere dal sopra detto segno posto in F grave nella congionta del quadro segnata con questa figura, , in D sol re. Et facendo mutatione di fa in re, averrà il contrario, & per tal maniera saranno 14. Ma se convertiremo la sillaba re nella sillaba sol, tal mutatione starà per discendere dal su detto segno, come qui, , posto in F grave, nella congionta di duro, segnata col medesimo segno in C fa ut. Et per il contrario, cangiando solin re, saranno 16 mutationi. Quindi mutando re in la, tale mutatione sarà per discendere dal predetto segno del diesi posto in F grave nella natural propietà di quadro grave; et cangiando la nel re, seguiterà il contrario. Et per tal via saranno 18 mutationi. Appresso convertendo mi in fa, tal mutatione sarà per discendere page 106della propietà di natura grave nella congionta, come qui, , segnata in D sol re naturale. Et facendo mutatione di fa in mi, nascerà il contrario, per laqual cosa saranno 20 mutationi. Ma mutando mi nel sol, tale ordine sarà per discendere della predetta proprietà naturale nella congionta del quadro, come disopra, in C grave. Et cangiando sol in mi, seguiterà il contrario, & alhora haremo 22 mutationi. Dapoi trasmutando mi in la & la in mi, tale ordine starà per discendere & per ascendere di natura nel duro & da duro in natura secondo l'ordine naturale, e così saranno 24 mutationi. Oltra di ciò, mutando il fa nel sol, tal mutatione sarà per discendere dalla congionta del quadro, segnata con questo segno, , in D sol re, nella congionta similmente di quadro col detto segno posto in C fa ut. Ma cangiando sol in fa, starà per discendere, ma intorno l'origine nascerà il contrario, et alhora haremo 26 mutationi. Volgendo fa in la, si farà varietà di questo segno, , segnato nel predetto D, discendendo nella natural proprietà di quadro grave. Et facendo mutatione di la in fa, discendendo, nascerà il contrario. Et per tal ragione haremo 28 mutationi. Ma se ultimamente il sol sarà mutato nel la, tal varietà nascerà per discendere di questo segno, , segnato in C grave, nella natural proprietà di quadro grave. Et cangiando la in sol, etiandio discendendo, si harà il contrario, & alhora saranno 30 mutationi chiare & con ragioni dimostrate, alle quali per più chiarezza & commodo di tutti habbiamo dato principio in E la mi & non in altra positione più grave, accioché non fosse stato dibisogno ricorrere alle positioni finte overo acquisite, & poste sotto Gamma ut.
Et se i precetti miei non saranno messi con quella alleganza & maniera che se gli converrebbono, la gentilezza di voi mi sarà mezzano al mancamento mio.
IL FINE.
Aron faciebat ne inglorius viveret. In Vinegia appresso Girolamo Scotto. Nel M. D. XLV.