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Title: Breve introduttione di musica misurata

Author: Del Lago, Giovanni

Publication: (Venice, 1540)

Principal editor: Paloma Otaola

Edition: 2002

Department of Information and Computing Sciences Utrecht University P.O. Box 80.089 3508 TB Utrecht Netherlands
Copyright © 2002, Paloma Otaola, Lyon, France; Utrecht University, Netherlands
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BREVE INTRODUTTIONE DI MUSICA Misurata,
composta per il venerabile Pre Giovanni del Lago Venetiano: scritta al Magnifico Lorenzo Moresino patricio Venetiano patron suo honorendissimo. Ex praelo Brandini & Octaviani Scoti fratrum habentur excussae. VENETIIS. M. D. XXXX.page 2page 3

AL MAGNIFICO LORENZO MORESINO PATRICIO Venetiano del Magnifico Bartholomeo figliolo.

Essendo più volte Magnifico Lorenzo da voi essortato ch'io mettesse in luce alcune cose circa la pratica del Canto misurato: ho voluto per le sue essortationi a comune utilitate di tutti quegli che amano tale scienza con una breve compilatione dimostrare quello che da molti è stato scritto sopra tale materia: i quali per essere stati troppo lunghi sono stati tediosi a' lettori. Unde per l'amore il quale è & alla scienza: & a me portate: & anchora per i beneficii recevuti dalla casa vostra: io mi sono sforzato di compiacervi havendo accolto sotto brevità queste mie regolette: & però non dubito per la benivolentia che per vostra humanità mi portate che le primitie delle mie lucubrationi composte per vostro contento con grande allegrezza d'animo non debbiate pigliare: perché da queste oltra a gli altri vostri studii non picciolo ornamento conseguirete.
Pre Giovanni del Lago.

¶Ad Lectorem Gregorii Oldovini Carmen.

Si placet Harmonici discors concordia cantus:
Hoc breve Ioannis perlege lector opus
Δὼριον hic, phrygiumque docet, lydiumque libellus:
Nec non multiplici ἰωνικὸν arte melos,
νθεον ἦ γλαφυρὸν, σεμνὸν, καὶ βακχικὸν εδος
Δεκνυσι, καὶ γλυκερὴς πᾶν γένος ἁρμονίης,
Non hic ambages, non hic enigmata cernes:
Sed patulos, faciles artis amice modos,
Consona dissimili currit symphonia ductu:
Obice, nec scrupulo sit mora tarda tibi,
En breviter, nitideque monet, cognosce camaenam
Multiplicem, variam pectine, & arte gravem,
Orpheus hac sylvas traxit, delphinas Arion:
David & hac Saulem daemone atroce ferum,
Hac Iovis exhilarant Musae convivia magni.
Quum binae cantant, pulsat Apollo chelyn,
Divinum certe mortali Musica donum:
Qua nihil est homini gratius orbe datum,
Disce igitur studio coelestia munera disce:
Oblectaque animum nocte, dieque tuum.

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DELLA INTRODUTTIONE DE LA Mano secondo Guido Monacho Aretino.

La Mano in musica è una breve, & facile regola, composta de sette lettere, le quali sette differentie dimostrano, & in la quale le mutationi, & intervalli delle consonantie per Γ, A, B, C, D, E, F, se comprendono. Nella mano sono venti lettere, cioè, Γ, A, B, C, D, E, F, G. A, C, D, E, F, G. A, C, D, E, de le quali le prime sette sono dette gravi, per esser le più basse. Le altre sette acute. Le sei ultime sopra acute, & queste venti lettere si dividono anchora in due parti, cioè dieci in riga, & dieci in spatio, come appar qui sotto in essa Mano.
Solis notare litteris optime proba
imus: quibus ad discend can
tum nihil est facilius: si frequ
tate fuerint saltem tribus men
sibus.MANS GIDONIS

Introductorium Musices.

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Nella prescritta mano sono venti positioni, cioè: Γ, ut. A, re. B, mi. C, fa ut. D, sol re. E, la mi. F, fa ut. G, sol re ut. A, la mi re. , fa mi. C, sol fa ut. D, la sol, re E la mi. F, fa ut. G, sol re ut. A, la mi re. , fa mi. C, sol fa. D, la sol. E la. & così discendendo cioè dicendo, E, la. D, la sol. C, sol fa &c. Et sappiate che la prima nota si comincia in riga, & la seconda in spacio, & così gradatim una in riga & l'altra in spacio insino alla fine, poste sopra le giunture de i diti de la mano sinistra, cominciando nella summità del dito grosso, & così per ordine per infino alla summità del dito medio, dicendo così. Γ, ut ha una lettera & una nota. Γ è la lettera, ut è la nota. Ut se canta per quadro grave, & se regge da sé medesimo, dicendo ut. A re, ha una lettera, & una nota. A è la lettera, re, è la nota, re se canta per quadro grave, & si regge da lo ut, de Γ, ut dicendo, ut re, re ut. B, mi, ha una lettera, & una nota. B, è la lettera, mi è la nota. mi se canta per quadro grave, & si regge da lo ut de Γ, ut dicendo, ut re mi, mi re ut. C, fa ut, ha una lettera, & due note. C, è la lettera, fa ut, sono le note, fa se canta per quadro grave, & si regge da lo ut de Γ, ut, dicendo ut re mi fa, fa mi re ut, & ut si canta per natura grave, & si regge da sé medesimo dicendo ut. D, sol re, ha una lettera & due note. D, è la lettera sol re sono le note, sol si canta per quadro grave & si regge da lo ut de Γ, ut. dicendo ut re mi fa sol, sol fa mi re ut. il re si canta per natura grave, e si regge da lo ut, de C, fa ut, dicendo ut re, re ut. E la mi, ha una lettera & due note. E, è la lettera, la mi sono le note, la si canta per quadro grave & si regge da lo ut de Γ, ut dicendo ut re mi fa sol la, la sol fa mi re ut, il mi si canta per natura grave, & si regge da lo ut de C fa ut, dicendo, ut re mi, mi re ut. F fa ut, ha una lettera & due note. F, è la lettera & fa ut, sono le note. fa si canta per natura grave, & si regge da lo ut di C fa ut dicendo, ut re mi fa. fa mi re ut, & ut si canta per molle grave, & si regge da sé medesimo dicendo ut. G sol re ut ha una lettera & tre note. G è la lettera, sol re ut, sono le note. sol si canta per natura grave, & si regge da lo ut di C fa ut dicendo, ut re mi fa sol, sol fa mi re ut. il re si canta per molle grave & si regge da lo ut de F fa ut dicendo, ut re, re ut, & ut si canta per quadro acuto, & si regge da sé medesimo dicendo, ut. A la mi re, ha una lettera & tre note. A è la lettera, la mi re sono le note, la si canta per natura grave, & si regge da lo ut de C fa ut dicendo, ut re mi fa sol la. la sol fa mi re ut. il mi si canta per molle grave, & si regge da lo ut di F, fa ut dicendo ut re mi. mi re ut. il re si canta per quadro acuto & si regge de lo ut de G sol re ut, dicendo, ut re. re ut. fa mi ha due lettere & due note sono le lettere, & fa mi le note. fa si canta per molle grave, & si page 6regge da lo ut, di F fa ut dicendo, ut re mi fa. fa mi re ut. il mi si canta per quadro acuto, & si regge da lo ut de G sol re ut, dicendo, ut re mi. mi re ut. & così seguitarete questo ordine per infino alla fine. Anchora notate questa nostra regola utilissima si circa il saper de le note quali sono in riga, over in spacio, come per sapere perché le si cantino. Prima tu dei sapere che si una lettera grave sarà in riga, quella medesima in le sopr'acute sarà in riga. ma in le acute in spacio. Ma se la lettera grave sarà in spacio, quella medesima in le sopr'acute sarà in spacio. & l'acuta in riga Le lettere principali sono sette, cioè, Γ, A, B, C, D, E, F, & comenciasi da Γ greca, laquale è G latina, & subsequenter seguitando reiterando quelle per infino alla fine, come appare nella prescritta mano. Ma le lettere familiari sono tre cioè C F & G in le quali le deduttioni hanno principio. Le deduttioni over ordini de la mano sono sette. La prima ha origine over comincia in Γ ut. la seconda in C fa ut la terza in F fa ut grave. la quarta in G sol re ut acuto. la quinta in C sol fa ut. la sesta in F fa ut acuto. & la settima in G sol re ut sopr'acuto. La dedutione è una naturale progressione de' sei sillabe cioè ut re mi fa sol la: le quali in musica se dimandino voci. Il modo & ordine di pronunciare queste sei sillabe over voci, è tale che tra la prima & la seconda cioè, ut re, se ascende la voce una distantia di tuono. così anchora da re al mi. ma da mi al fa un intervallo di un semituono minore da la nota fa, al sol un tuono; & similmente dal sol al la & così discendendo.
Le proprietati del canto sono tre cioè una de natura, l'altra di molle, & l'altra di duro, & cognoscesi a questo che ogni ut in C si canta per natura, ogni ut in F si canta per molle, & ogni ut in G si canta per duro come appare per questo verso el quale dice così

C naturam dat f, , molle. G quoque durum,

cioè el C dimostra natura F molle, el G duro, & notate che quello che è detto che ogni ut in C si canta per natura &c. Si intende etiam de li suditi suoi compagni, & perché ogni ut ha sotto di sé, re mi fa sol la, verbi gratia lo ut di C fa ut si canta per natura perché ogni ut in C si canta per natura, seguita adonque che re in D sol re. mi in E la mi. fa in F fa ut. sol in G sol re ut. & la in A la mi re. tutti si cantino per natura, & così è di tutti gli altri. E sono dui segni, uno di molle el quale è questo , e dove è posto tal segno o sia in riga, over in spacio se dice sempre fa. quia ubi ibi fa, ma non se deve cantare per molle se nol se vedi segnado o per necessità. L'altro segno si è de duro, & è questo over questo & dove è posto tal segno si dice sempre mi. Le chiavi del canto sono due principalmente, cioè una page 7di natura grave & l'altra di duro acuto. La chiave di natura grave è figurata di tre note, & è posta in F fa ut, primo, a questo modo & la chiave di duro acuto è figurata di due note, & è posta in C sol fa ut, come è qui & l'una da l'altra è distante per quinta, & sempre la chiave si pone in riga. ma antiquamente nel canto ecclesiastico se usava alla chiave de natura la riga rossa, & a quella de duro la riga gialla. Dapoi è stato aggiunto la terza chiave, la quale è figurata de le preditte due note posta in C sol fa ut, con additione del rotundo nel inferior spacio di sotto la linea de la chiave così segnata. & nota che sempre dove è la chiave lì è sempre fa, salvo se per il rotundo over molle non vien impedito, perché allhora si dice sol. Ma alcuna volta, e questo accade nel canto figurato per l'ascender suo in luogo di chiave usiamo, questa lettera G la qual dinota G sol re ut sopr'acuto. Anchora notate questo verso per le mutationi el quale dice così,

(Ut re mi scandunt, fa sol la quoque descendunt.)

cioè che ogni volta che l'è necessità far mutatione da proprietà in proprietà vedi dove vi troviate cioè in qual luogo de la mano, & se'l canto ascende bisogna dir o ut, o re, over mi, & se'l descende bisogna dir o fa, o sol, over la, secondo el luogo dove vi trovevate. Dove è una sola nota over voce, non si fa mutatione, come è in Γ ut. in A re. in B mi. in tutti duoi fa mi, & in E la, perché mutatione altro non è che mutare una proprietà in un'altra, & per consequente una voce in l'altra in uno medesimo suono. Anchora che le siano diverse di nome per esser di diverse proprietà. Dove sono due voci sono due mutationi come è, in C fa ut. D sol re. E la mi. F fa ut. C sol fa, & D la sol. Lo essemplo in C fa ut, fa in ut, ascendendo di quadro in natura ut in fa descendendo de natura in quadro, ma questa regola falisce in fa mi. Anchora che in fa mi gli siano due proprietati, & per consequente due voci non si può però far mutatione, perché quelle due voci non si può proferire in uno medesimo suono per esser el mi distante dal fa, uno semituono maggiore, & perché mutatione altro non è che mutare il nome de la voce, over de la nota in un'altro nome di nota che sia in un medesimo luogo, & suono, intrando de una in l'altra proprietà, over qualità, come disopra ho detto. Dove dovete sapere che quello semituono maggiore si causa per virtù del molle, il quale è accidentale, perché el può esser messo e non messo, & fu trovato per tre cause. Prima, per tor la durezza del tritono per poter procedere per il modo diatonico cioè per tuono, & tuono & semituopage 8no over per semituono tuono & tuono. Secondo per meglior sonorità. Tertio per necessità, over colorata musica. & così per esser accidentale, e non dè esser connumerato nelle sette lettere musicali, la ragione è perché el non può corrispondere per diapason, over ottava, né con le gravi, né con le acute. Con le gravi il diapason è diminuto con le sopra acute l'è superfluo. Dove concludo non esser in computo, ma esser accidentale. Dove sono tre note, over voci si fa sei mutationi, come in G sol re ut. A la mi re. C sol fa ut, & D la sol re. Lo essemplo in G sol re ut, sol in ut, ascendendo de natura grave in acuto, & tal mutatione si domanda mutatione ascendente, ut in sol descendendo de quadro in natura, la quale si dimanda descendente. sol in re, ascendendo di natura grave in molle grave. re in sol, descendendo di natura in molle, ut in re ascendendo di quadro in molle, re in ut ascendendo di molle in quadro & similmente procederite ne li altri luoghi. Egli è manifesto per tre cagioni bisognar farsi la mutatione. Primo acciò che & sopra, & sotto ciascuno esacordo esse voci commodulato transito, & concinna prolatione si possino in acuto intendere, & in grave rimettere, & sbassare. Secondo per cagion di concipere el transito di più soave & dolce canto. Tertio per cagione di più facile transito di consonanti figure, cioè diatessaron & diapente. Disopra vi ho detto che in G sol re ut si fanno sei mutationi. La prima mutatione si fa quando mutamo la prima sillaba, over nota. In la seconda cioè da sol in re ascendendo da natura in molle. La seconda si fa al contrario mutando la seconda sillaba in la prima cioè re in sol descendendo da molle in natura. La terza mutatione si fa quando mutamo la prima sillaba in la terza, cioè, sol in ut ascendendo da natura in quadro. La quarta si fa al contrario, ut in sol descendendo da quadro in natura. La quinta mutatione si fa quando si muta la seconda sillaba in la terza, cioè, re in ut, per causa di ascendere da molle in quadro. La sesta mutatione si fa mutando la terza sillaba in la seconda cioè ut in re per causa di ascendere da duro in molle, & queste tali mutationi le chiamo dirette & regolare, è certamente la diretta & regolare mutatione quella la quale si oppone alla precedente & sequente unisona mutatione, cioè quando la prima si fa per causa di ascendere. La seconda di descendere. La terza di ascendere. La quarta di descendere. La quinta di ascendere. La sesta di descendere La mutatione ascendente, è, quando mutato il nome de la voce unisona, el primo moto de la voce tende in acumine: ma la descendente è, quando el primo moto della voce remette & abassa in gravità. Dico doversi fuggire la pluralità & molpage 9titudine delle mutationi. quando apertamente si vederà el progresso, & ordine del canto cioè con una sola mutatione esser bene & congruamente disposto. Dico anchora oltra di questo la mutatione doversi prosequire & più tarda; & più longamente in quanto el sia possibile, ne far si deve (nisi necessitate cogente) cioè quando cantando si fa el transito oltra l'ordine de l'esacordo come è quando se ascende, over descende per sette; over otto voci, o anchora per più &c.

El luogo delle mutationi per molle.

Per molle in ascender re, cioè la mutation si fa in uno & l'altro, D, & in G, cioè in ascendere si deve dire re: ma la, in descendere: si fa in uno & l'altro, A & in D, cioè in descendere se deve dire la come in questo essemplo.

La definitione del molle.

B molle è segno rotundo ut hic el quale serve l'uno & l'altro fa mi & E la mi: in el qual luogo cioè dove è segnato sempre si dice fa.

Le chiavi

La definitione di natura.

Natura è deduttione naturale, la quale in la mutatione serve il molle, & il quadro, perché l'è media tra l'un' & l'altro. Quia omne medium de utroque participat extremo.

El luogo de le mutationi per quadro.

Per quadro in ascendere re, cioè la mutation si fa in uno & l'altro, A, & in D, cioè in ascendere si deve dire re. ma la, in descendere si fa in l'uno & l'altro A, & in E, cioè in descendere dovemo dire la come qui in questo essempage 10plo è manifesto.

La definitione di duro.

duro è segno quadrato come questo el quale serve a tutti dui fa mi, & transcende oltra el molle l'intervallo de duoi diesis & uno comma, in el quale devemo dire mi, nientedimeno in la medesima proportione possiamo dire anchora fa.

Le chiavi

E questo basti quanto alle mutationi che si contengono nella mano predetta.
Perché sempre è da principiare de la cosa più simplice, over facile, principio da le figure a questa disciplina competente e determinate con li nomi suoi proprii. Et per esser la massima simplicissima & facilissima, però da questa farò initio & essordio, & consequentemente a tutte le altre figure, & a tutte l'altre cose congiunte & pertinente a questa misurata harmonia descenderò allo essemplo delle figure.
Massima: longa: breve: semibreve minima: semiminima: : croma: : semicroma, Et notate che apresso li antiqui erano solamente quatro segni principali et cinque essentiale figure, li segni erano maggior perfetto & imperfetto ut hic. & minor perfetto & imperfetto, ut hic: Le figure erano: Massima, lunga: breve, semibreve, & minima. Ma quando volevano celerar le figure nelli segni tagliavano tali segni, & similmente il negrizar de le minime celeravano le lor minime, & così la diuersità page 11del figurar di esse minime, o in duplo o in quadruplo &c. Sì che notate che il tagliar de i segni non tolgono il nome a' segni, né la perfettione, né la imperfettione, né anchora l'alteratione, sì come le figure per il negrizar cioè le minime non mutano il nome, ma solamente prestano celerità a esse figure, come appar in la pratica. Et però la nota minima non è divisibile in tre equali parti, perché la saria agente e patiente, cioè che la si poria perficere & imperficere lo essemplo delle figure & pause spettante alli segni sopradetti.

Delli Segni.

Il segno è duplice cioè maggiore & minore, & il maggiore si divide per perfetto & imperfetto, & similmente il minore per perfetto & imperfetto, per la qual cosa ogni segno si dimanda o maggiore o minore: o perfetto, over imperfetto. El segno si dimanda maggiore per il punto & minore per non gli esser il punto: & si dimanda perfetto per il circuolo, & imperfetto per il semicircuolo. Et notate dove è il punto nel segno alhora per il punto la semibreve è perfetta, cioè val tre minime: ma dove non è punto imperfetta, & così val due minime. Dove è il circuolo la breve è perfetta, cioè val tre semibreve: dove non è circuolo imperfetta, & così val due semibreve: Si che niuna figura si può perficere per virtù di segni salvo che la breve & la semibreve: ma la massima & la lunga per virtù di pause (come vederemo) assumano perfettione dove dovete sapere che in ciascuno segno sì perfetto, come imperfetto: & sì maggior come minor per virtù delle pause: la massima & la lunga si possono perficere come al suo luogo vederemo: Ma dove è il circuolo la massima val due lunghe, la lunga due brevi, ma la breve per il circuolo tre semibrevi & così la massima val dodeci semibrevi, & la lunga sei, & dove non è circolo anchora la massima val due lunghe, e la lunga due brevi: ma la breve per il semicircolo val solamente due semibrevi. sì che la massima in questi tal segni vale otto semibrevi & la lunga quattro. Ma anchora debbiate sapere che appresso di noi si parliamo del modo maggiore intendiamo de la massima la quale è duplex, cioè perfetta & imperfetta (come demostreremo) si del modo minore de la lunga: la qual anchora lei page 12è perfetta & imperfetta. si del tempo della breve la qual è perfetta & imperfetta secondo la qualità de i segni, & si de la prolatione de la semibreve, & così lei è perfetta, & imperfetta: figura perfetta si dimanda quella che contiene in se tre parti propinque, & imperfetta che contiene due. Parte propinqua è quella che senza mezo alcuno vien da poi la sua maggiore, come la lunga de la massima, la breve de la lunga, la qual breve è parte remota de la massima, la semibreve de la breve la qual è parte remota de la lunga, & più remota de la massima, & la minima de la semibreve la qual è remota de la breve, & più remota de la lunga, & remotissima de la massima. Et di queste figure, alcune sono agenti, alcune patienti, & alcune agenti & patienti. La minima è agente, perché come indivisibile non può ricevere perfettione alcuna: la massima è solamente patiente per non gli essere maggior figura di lei: ma la patisce imperfettione. La lunga: la breve: & la semibreve sono agenti & patienti: la ragion si è perché le possono imperficere & esser fatte imperfette come in li luoghi suoi saranno dimostrate.

De la imperfettione delle figure.

Ciascuna figura perfetta come è la massima quando la vale tre lunghe. La lunga quando tre brevi. La breve quando tre semibrevi, & la semibreve quando tre minime, se imperficisce da la sua minore propinqua che gli seguita pur che non gli sia punto di division over di redution che è quel medesimo, o veramente dapoi non si trovi il suo numero compito, dapoi se gli trovi una figura simile, o veramente non, se trovi due parti propinque tra due perfette senza punto di divisione tra esse parti propinque, over che non si trovi tra due figure perfette (intendete però simile, parti remotte, over più remotte) & anchora remotissime equivalenti a una parte propinqua & poi una parte propinqua, perché allhora la figura perfetta sempre restaria perfetta. Ma se tra due perfette simili si trovasse prima una parte propinqua, & poi parti remotte, o più remotte, over remotissime equivalenti ad una parte propinqua allhora quelle due perfette restariano imperfette, la qual cosa non causa in lo essemplo contrario, perché la parte propinqua per esser l'ultima altera, & così rende il suo numero perfetto, de la qual alteratione al luogo suo dechiareremo: ma da una sua simile non si può far imperfetta. Nam similis a simili imperfici non potest, quia par in parem non habet imperium né da una sua maggiore, né anchora dinanzi ad una sua simile: perché la regola dice. Similis ante similem non potest imperfici: sì che si vorrete imperficere una figura perfetta posta dinanzi ad una sua simile la farete negra, & page 13allhora sarà imperfetta, perché ogni figura perfetta per la negrezza perde la terza parte del suo valore. La figura perfetta si può imperficere da la sua minore propinqua, over dal suo valore da la parte dinanzi non essendo posta però dinanzi a una sua simile & etiam da la parte di dietro, & questo che vi ho detto disopra vi sia essemplo di ciascuna figura perfetta, & sapiate che la similitudine de le figure se intende respetto de la forma, & non del colore, & che se una breve perfetta, poniamo fosse inanzi une breve negra la si intenderia inanzi una sua simile per respetto de la forma. Nam forma, est que dat esse rei. Sì che regolarmente ogni figura perfetta quando li seguita immediate la sua minore propinqua la perde la terza parte del suo valore. Et se la breve perfetta vien posta dinanzi a due semibrevi ligate, over dinanzi a due pause de semibrevi poste in una medesima riga sempre la resta perfetta per la virtù unita, ma se la ligatura e così le pause fussino disgiunte, cioè poste in due rige diventeria imperfetta, e'l simil farete de la massima inanzi la ligatura de le lunghe, over de le sue pause, & similmente de la lunga avanti la ligatura de' brevi &c Et queste tali figure si possono imperficere sì dalla parte dinanzi come di drieto, & advertite che mai si deve imperficere alcuna figura perfetta, & così le sue parti perfette incluse in essa oltra la terza parte, & allhora questa tal figura saria imperfetta: quo ad omnes partes eius, la ragione è acciò almeno la possi remanere in l'ultimo esser della imperfettione cioè, se la è masssima, la resti in otto semibrevi imperfette, se lunga in quattro, & se breve in due.

De l'alteratione delle figure.

Dove è perfettione si causa alteratione, & dove non è perfettione non è alteratione però è da sapere che alteration altro non è che il duplicar ciascuna figura del suo proprio valor, & l'alteration si causa sempre nelle parti propinque delle figure perfette, & in la seconda over ultima sempre, la ragion si è, perché la prima ha la natura de la unità, & la seconda de la binalità. Per le quali nature resulta la proportion dupla, come dimostra Boetio ne l'Arithmetica nel capitolo ultimo del primo libro nel qual dimostra come ogni inequalità ha causato & processo da la equalità, dove se troverete poniamo sotto el circolo ut hic: due semibreve tra due brevi senza punto de divisione fra le ditte semibrevi, over cinque semibrevi tra due brevi per esser la semibreve parte propinqua de la breve, la seconda over l'ultima altera.
Lo essemplo. page 14
Et similmente in le altre figure perfette, & sue parti perfette propinque per questa via & forma potrete procedere.

Del punto in canto misurato.

Sono duoi punti, cioè punto de division, over di reduttione, over perfettione, over d'alteratione per dimostrare & fare causare il numero perfetto dividendo & reducendo una figura con l'altra. Il qual punto ha attribuiti questi nomi, & l'altro di augmentatione. Il punto di divisione non si canta come quello di augmentatione, ma divide le figure una da l'altra & riduce una figura con l'altra, & questo tal punto è quello che ancora se pone apresso a ciascuna figura perfetta, el qual vien dimandato (d'alcuni) punto di perfettione & usiamo questo quando vogliamo che qualche figura non alteri, over per dimostrar, & far qualche figura imperfetta, & far qualche figura alteri.
Lo essemplo
Over quando volemo che le parti propinque, remote, remotior, over remotissime habbiano virtù de le perfette acciò si causi alteratione: ut hic over quando volemo imperficere una figura perfetta quanto in sé, over quanto alle sue parti, cioè de una sola, over più parti, over una parte perfetta, o più parti, incluse in una figura imperfetta. Et così se advertirete alla regola voi potrete formar essempli assai in tutte le figure perfette, la virtù di questo punto è grande, lui ha possanza di escludere & includere, & redurre come facilmente potrete vedere & considerare. El punto di augmentatione si canta, & è quello che si pone appresso la figura imperfetta, & sempre l'augmenta la metà del suo valore. sì che vale la mità de la figura a chi l'è appresso posto. Dove se è appresso alla massima tale punto ha il valore di una longa, si appresso una lunga una breve, si appresso una breve, una semibreve, & così per ordine procedendo.

Delle pause.

In tutti li segni la massima e la lunga per la lor virtù (come vi ho detto) sempre sono imperfette, ma se perficeno per virtù di pause, donde in ciascuno segno o sia perfetto, o imperfetto: la massima & la lunga per virtù di pause possono esser fatte perfette, le quali pause sono alcune volte inditiali cioè che non si numerano, ma solamente dimostrano la massima & la lunga perfette. over la massima perfetta, & la lunga imperfetta, over la maspage 15sima imperfetta, & la lunga perfetta: over la massima & la lunga imperfette. & tali pause si poneno tra la chiave & il segno, & alcune volte sono indiciali, & essentiali, cioè che non solamente dimostrano la perfettione de la massima & lunga, ma oltra di questo si convien numerare, & tali pause si metteno dapoi el segno come qui appare in questo essemplo & pausa è taciturnità di voce misurata.

Lo essemplo de le pause.

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Circa l'alterare è da sapere che la pausa mai non assume alteratione, né perfettione da minore, perché la è immobile, & così se due semibrevi in questi segni sarà senza punto di divisione tra due pause de brevi, over tra una breve, & una pausa di breve, sempre l'ultima semibreve altera, & similmente se fosse tra due brevi, over tra esse pause, una pausa di semibreve, & poi una semibreve senza punto di divisione, la semibreve si altera. Ma se prima fosse la semibreve & poi la pausa de semibreve non saria alteratione, perché la pausa (come vi ho detto) è immobile, & questo modo osservarete in tutte le altre pause & figure &c.
Seguitano li essempli di tutto quello che è stato detto di sopra.

Essemplo de l'alteratione.

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Essemplo del punto.

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De li accidenti i quali si segnano fra le notule in processu cantus dinotante la perfettione.

Il modo maggiore, & il minore perfetto, tempo perfetto, & prolatione perfetta si cognoscono così per li segni intrinseci come per li extrinseci. Li segni extrinseci sono el circolo, & il semicircolo, & altri segni simili & si poneno in fronte cantus & significano tempo perfetto, & imperfetto. Perfetto il circolo, & imperfetto el semicircolo. Ma li segni intrinseci sono li accidenti come è il colore el qual consiste nelle notule piene come è il punto di divisione, le note alterate, redutte, & le pause le quali dinotino tale perfettione & altri simili accidenti li quali si segnano in processu cantus, cioè tra le notule cantabili, perché quando li antiqui segnavano li accidenti, li quali dinotavano perfettione fra le notule cantabili in processu di ciascuna particula di qualunque concento, allhora non poneano in principio di tali particule altro segno di perfettione come appar in questi essempi qui sotto notati.

Modus maior & minor perfectus.

modus minor fectus.

Accidentia quae denotant tam modum maiorem quam minorem perfectum.

tempus fect.

Accidentia quae denotant tempus perfectum.

prolatio fecta

Accidentia quae denotant prolationem perfectam.

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Del valore de le notule così perfette, come imperfette dimostrate per li segni, & per le pause.

Exemplum utriusque modi, ac temporis perfecti, prolationisque perfectae.

Exemplum utriusque modi, ac temporis perfecti prolationisque imperfectae.

Exemplum utriusque modi perfecti, temporis imperfecti, prolationisque perfectae.

Exemplum utriusque modi perfecti, temporis imperfecti prolationisque imperfectae.

Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti temporis perfecti prolationisque perfectae

page 20

Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti, temporis perfecti, prolationisque imperfectae.

Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti, temporis imperfecti prolationis vero imperfectae.

Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti, temporis ac prolationis imperfectae.

Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporis ac prolationis perfectae.

Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporisque prolationis vero imperfectae.

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Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporis imperfecti, prolationisque perfectae.

Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporis ac prolationis imperfectae.

Exemplum utriusque modi imperfecti, temporis ac prolationis perfectae.

Exemplum utriusque modi imperfecti temporis imperfecti prolationis vero imperfectae.

Exemplum utriusque modi imperfecti, temporis imperfecti, prolationis perfectae.

Exemplum utriusque modi imperfecti, ac temporis imperfecti, prolationis imperfectae.

page 22

Delli segni del tempo con prolatione.

Exemplum temporis perfecti, prolationisque perfectae.

Exemplum temporis perfecti, prolationisque imperfectae.

Exemplum temporis imperfecti, prolationisque perfectae.

Exemplum temporis imperfecti, prolationisque imperfectae.

De li segni del modo con tempo secondo li antichi.

Li Antichi segnavano, & dimostravano il modo con tempo per el circolo & semicircolo con la cifra ternaria. & binaria immediate poste da poi, ut hic. 3, 3, 2, 2, el circolo & semicircolo dimostrano il modo. Ma la cifra 3, 2, dimostra il tempo, per tanto dove sarà il circolo con la cifra ternaria ut hic, 3, ivi sarà il modo minore perfetto, & il tempo perfetto. Et dove sarà il semicircolo con la cifra ternaria come qui, 3, ivi sarà el modo minore imperfetto, & il tempo perfetto. Ma dove sarà il circolo con la cifra binaria ut hic, 2, ivi sarà il modo minore perfetto, & il tempo imperfetto. Et dove sarà il semicircolo page 23con la cifra binaria come qui, 2, ivi sarà il modo minore imperfecto, & il tempo imperfetto come qui appar in questi essempli.

Exemplum modi minoris perfecti, ac temporis perfecti.

Exemplum modi minoris imperfecti, temporisque perfecti.

Exemplum modi minoris perfecti, ac temporis imperfecti.

Exemplum modi minoris imperfecti, temporisque imperfecti.

Delle ligature delle notule del canto figurato.

La ligatura altro non è che una adunatione di due over più notule in insiemi ligate, & è duplex, cioè ascendente, & discendente. Ascendente è quando la seconda nota è più alta de la prima. Discendente quando la seconda è più bassa ut hic. Ma sia ascendente over discendente, & habbia la virgola, over coda dalla parte sinistra ascendente sempre la prima & la seconda sono page 24semibrevi, & l'altre brevi, salvo l'ultima se la è quadra & discenda, è lunga ut hic. Et se queste due ligature ut hic. & altre simili se faranno sotto el segno di perfettione dove la breve sia perfetta come in questi segni . sempre la seconda semibreve altera. Ma se la ligatura haverà la coda dalla parte sinistra discendente, tutte sono brevi, eccetto l'ultima se la è quadra, & discenda, allhora la è lunga, ut hic. Se la ligatura haverà la virgola dalla parte destra, o ascendente, over discendente, tutte sono lunghe, ut hic. Et notate che la lunga non se deve poner se non in principio & in fine della ligatura, perché omnes mediae sunt breves, & questo se intende quando sono più de due note insiemi ligate. Ma se la ligatura ascende senza virgola, tutte sono brevi, eccetto l'ultima, se la è quadra & discenda, la è lungha se la discenderà senza coda, o sia la prima quadra, over obliqua semper la prima è lungha, tutte le altre sono brevi, salvo l'ultima se la è quadra, & discenda, perché allhora la è lungha. La massima in ligatura se cognosce per la grandezza della sua forma, ut hic. Et questo basti quanto alle ligature.

Delle proportioni.

Proportione è una habitudine, over convenientia di duoi numeri, la quale è di equalità, & inequalità. Di equalità, come è
  • dui a dui 2/2
  • tre a tre 3/3
&c. Di inequalità come è
  • duo ad uno 2/1
  • tre a due 3/2
  • cinque a duo 5/2 &
  • otto a tre 8/3
La qual proportione di magior inequalità rationale si contiene cinque parti, delle quali tre sono simplici cioè multiplice. Superparticolare, & superpartiente, & due composite multiplice superparticolare, & moltiplice superpartiente, alle quali vien opposto altre cinque parti di minor inelità le quali sortiscono quel medesimo nome con additione di questa propositione sub, come è submultiplice, sub superparticolare &c. & in le proportioni di maggiore inequalità sempre il maggior numero si pone disopra, & il minore disotto, & in quella de minor inequalità si pone al contrario il maggior numero in ciascuna proportione si dimanda dux, & il minore comes. Sì che per dar principio alla dichiaratione nostra principierò dalla più anticha & più nobile, per haver assunto la sua origine dalla unità cioè dalla multiplice page 25la qual si causa sempre quando el maggior numero contiene il minor più volte precise, donde se'l maggior numero conterrà il minore due volte sarà
  • dupla. 2/1 4/2
  • se tre volte tripla 3/1 6/2
  • se quattro volte quadrupla 4/1
  • se cinque volte quintupla 5/1
  • si sei volte sestupla 6/1 12/2
  • si sette volte settupla 7/1
  • si otto ottupla 8/1
  • si nove volte nonupla. 9/1
  • si dieci volte decupla, 10/1 20/2
& così in infinitum, ma se'l minore sarà contenuto dal maggiore
  • due volte subdupla 1/2
  • si tre volte subtripla. 1/3
&c. La superparticolare si è ogni volta che'l maggior numero contiene il minore una volta & una parte aliquota di esso minore. Parte aliquota è quella che più volte tolta rende preecise il suo tutto come è tre respetto di sei, donde se torrete due volte tre, vi renderà precise sei. Parte non aliquota, over aliquanta, ma composita di parti aliquote è quella che più volte tolta non rende il suo tutto precise come è duo respetto di cinque, dove si torrete due volte dua, fa manco di cinque. se tre volte più. che è da vedere se'l maggior numero contiene il minore una volta e mezza, over una volta e'lla terza parte o la quarta, o la quinta, e così in infinitum, se una volta e mezza, quella habitudine, over proportione sarà
  • sesqualtera, over emiolia, quod idem est 3/2 6/4
  • se una volta ella terza parte sesquitertia. 4/3 8/6
  • se una volta ella quarta parte sesquiquarta. 5/4
  • se una volta e, una quinta parte sesquiquinta. 6/5
  • se una volta e una sesta parte sesquisesta. 7/6
  • se una parte e una settima sesquisettima. 8/7
  • se una parte e una ottava sesquiottava. 9/8
& così in infinitum Ma se'l minor numero sarà contenuto dal maggior
  • una volta e la mità sarà subsesqualtera 2/3
  • se una volta e la terza parte subsesquitertia 3/4
La superpartiente proportione si è ogni volta che'l maggior numero contien il minore una volta, & oltra, o due, o tre, o quattro, o cinque, o sei parti, e così in infinitum, di ditto numero, adunque se'l maggior numero conterrà il minore una volta il tutto e di più due parti, quella proportione, over habitudine si dimanderà
  • superbipartiens tertias 5/3 10/6
  • ma se una volta e tre parti sarà supertripartiens quartas come 7/4
  • se una volta e quattro parti superquadripartiens quintas 9/5
&c. Ma se'l minor numero sarà contenuto si dimanderà subsuperpartiens tertias. 3/5 La multiplice superparticolare è ogni volta che'l maggior numero contiene il minore più volte, & questo inquanto multiplice, & oltra di questo una parte aliquota del minore, & questo inquanto superparticolare, & però è da vedere prima quante volte come multiplice el maggior numero contiene il minore. Da poi come superparticolare, se quella parte aliquota è la mipage 26tà del minore, o la terza, o la quarta parte &c. Sì che se'l maggior numero conterrà il minore due volte e la mittà quella proportione si dimanda
  • dupla sesqualtera 5/2 10/4
  • se due volte e la terza parte dupla sesquitertia 7/3
  • se due volte e la quarta dupla sesquiquarta 9/4
& così in infinitum. Ma se'l maggior conterrà il minore tre volte, & la mità si dimanderà tal habitudine
  • tripla sesquialtera 7/2 14/4
  • se tre volte e la terza parte tripla sesquitertia 10/3
  • ma se quattro volte e la mità quadrupla sesqualtera come qui 9/2
  • se quattro volte e la terza parte quadrupla sesquitertia 13/7
e così procederete in infinitum, & a questa similmente, come a l'altre vien opposto la submultiplice superparticolare come saria 2/5 &c. La multiplice superpartiente si è ogni volta che'l maggior numero contiene il minore più volte, come multiplice, & oltra di questo due o tre o quattro o cinque parti & così in infinitum, e questo è inquanto superpartiente. & però devemo vedere come multiplice quante volte il maggior contiene il minore. Donde se'l maggior numero conterrà il minore due volte, & di più due parti d'esso minore, tal proportione sarà dupla superbipartiens tertias come è 8/3 ma se'l maggior numero conterrà il minore due volte & tre parti sarà dupla supertripartiens quartas 11/4 & così in infinitum potrete investigare. Ma se'l maggior numero conterrà il minore tre volte, & due parti sarà
  • tripla superbipartiens tertias 11/3
  • se quattro volte, & due parti quadrupla superbipartiens tertias. 14/3
& così con questo ordine potrete facilmente trovare ogni spetie di proportioni, & similmente a questa gli è per opposition la minore come è in l'altre cioè submultiplice superpartiente, com'è subdupla superbipartiens tertias. 3/8 & così anderete procedendo in questa forma. Oltra a questo è da sapere che alcuni compositori nel tempo imperfetto, over in la prolatione imperfetta, per virtù della proportione sesqualtera, & de la tripla, & de la sestupla consequire attestano il tempo, & la prolatione la sua perfettione, consideranti solamente la perfettione del numero ternario, over senario, ma niente attendente la imperfettione del numero binario, & quaternario, io per più ragioni con le loro opinioni non mi concordo, & primieramente dico, che la loro consideratione non appartiene al musico, perché il musico la relatione ad aliquid .i. ad alcuna cosa considera, & non il numero perfetto come l'arithmetico .i. lo abbachista. Propriamente la consideratione, & l'officio del musico è in investigare, & diligentemente perquirere, & cercare circa l'habitudini over proportioni in che modo da esse proportioni resultino le symphonie, & se in questa pratica nostra per relatione come parti a parti sortiscano el suo effetto, per il che, utrum el page 27numero per sé sia perfetto, overo imperfetto, questa è cosa pertinente come ho detto allo Arithmetico, & sua propria consideratione, & speculatione, ma il musico considerante solamente la relatione, vuole la medesima perfettione & imperfettione competere & quadrare ad essi segni, & anchora ad esse proportioni, essendo el segno quid principale & fundamento delle relationi, per la qual cosa (come ho detto) le prolationi di qualunque genere, & qualitate siano, per sé stesse, né perfettione, né imperfettione concernano, se non inquanto fanno li segni perfetti, o imperfetti, ma solamente la diminutione concernano, overo augmentatione per relatione alle parti. Secondariamente contra la loro opinione prendo & adduco tale argumento, voglion loro il numero ternario, over senario in esse proportioni causante ne' segni imperfetti la perfettione consistere come nella sesqualtera, tripla, & sestupla. adunque (essendo una medesima disciplina quella de li oppositi) ne' segni perfetti, medesimamente la dupla, overo la quadrupla dimostrerano la imperfeccione de le figure. perché il numero binario, over quaternario se chiama & è feminino, diminuto, overo imperfetto, la qual cosa è falsa per la ragioni disopra allegate. & secondo le loro compositioni non volendo essi ne' segni perfetti denotare tali habitudini imperfettioni di figure. ma la diminutione solamente de la quantità, adunque &c. Alcuni tengono questa nostra opinione, & la approbano, & confermano, cioè che la perfettione, & imperfettione delle notule, over figure non si causa per cagione de le proportioni, ma per virtù de' segni, perché le proportioni (secondo ho dimostrato) per la relatione, come parti a parti), in questa pratica solamente la virtù & operation sua conseguiscono, nientedimeno, quasi nulla differentia concernenti tra le figure vacue, & piene di color negro dicenti la sesqualtera concernere le figure vacue, & la emiolia le piene essendo quel medesimo la emiolia, & la sesqualtera como scrive Boetio in l'Arithmetica nel primo libro al cap. xxiiii. el quale dice così. emiolia .i. sesqualtera. Dicono anchora che la emiolia sortisce semper la imperfettione. ma la sesqualtera no. Tengono etiamdio considerarse la sesqualtera per la plenitudine de le notule niente premeditanti, & consideranti la diffinitione della proportione, ma solamente el numero per sé attento che non si cognoscendo & non si sappiando la definitione non si sa, & non si cognosce el definito. Proportione è (secondo Boetio, Euclide & gli altri) habitudine ad invicem di duoi numeri, over de duoi termini. Et perciò dirai che tali notule di color negro descritte equivagliono, & convengono alla proportione della sesqualtera, overo emiolia, il che quel medesimo è che tali notule presupongono perpage 28fettione. & utrum questo sia vero, el provo così ho la regola: che in tre modi la figura perfetta può consequire la imperfettione, cioè per virtù del numero, per necessità del punto, & per causa del colore. ma la imperfetta figura non. La ragion di questo è, perché se la è imperfetta da sé più imperficere non si può, ma perdendo ogni figura perfetta la terza parte da la negrezza, over da la nigredine, & in questa da quelli la dimandano emiolia, anchora questa medesima diminutione di figure sortiscono, adunque tali figure, over notule presuppongono perfettione. per il che essendo stabili over immobili le pause di esse notule, perché versano, & continuano nella quantità continua, sempre adunque consequentemente rimangono perfette, & havemo la regola, che la pausa accidentalmente come essa figura, né imperficere, né alterare si può, la ragione è (come ho detto) perché da sé la è immobile. È ben vero che le notule, le pause per consimili diminutione si considerano nelle proportioni iusta la loro naturale, & propria possanza, quanto alle sue quantità. Ma quanto a gli accidenti non così, ma altri modi, perché altrimenti si debbono considerare le diminutioni delle proportioni, alle quali le notule & le pause soggiacciono, che le imperfettioni delle notule, overo le alterationi di esse, perché le notule patiscono li accidenti la raggione, la quantità (secondo dice Boetio nostro nel prohemio de l'Arithmetica) da sé è di immutabile sustantia. ma aggionta al corpo si permuta, come si dimostra nelle figure musicali, adunque le figure conseguiscono gli accidenti circa la imperfettione, & alteratione, ma potrebbe dire alcuno, io ho secondo el philosopho Frustra fit per plura, quod fieri potest per pauciora .i. che in van si fa per più quello, che si può far commanco, ma essendo così che la sesqualtera quel medesimo effetto, & quella medesima possanza sortir possa, come consequisce essa emiolia, adunque inane & vana è la dispositione de la emiolia, overo la plenitudine de le notule equivalente alla habitudine della sesqualtera. Respondo, che non senza causa li musici hanno instituita & ordinata questa plenitudine di notule equipollente alla sesqualtera, (anzi diversi effetti conseguisce) & primo che sempre (como ho provato) presuppone perfettione. Secondo, acciò che le parole disposte alli moduli alternatamente secondo li loro affetti correspondano, perché come appresso gli oratori tre generi, cioè tre sorti & qualitati di dire se considerano, cioè dimostrativa, deliberativa, & giudiciale, & questo per la exigentia di diversi negotii, & di diverse facende, cose, & operationi, così appresso li musici, otto modi si considerano. per il che poco conto far si deve di quelli compositori li quali ignorano li effetti de' mopage 29di, & de' signi & de le proportioni. Questo che è detto fin qui basterà quanto alla cognitione delle proportioni, & alla ragione, & uso di quelle.

Seguita il contrapunto.

Circa la cognitione del contrapunto è necessario primieramente di saper quanti sono i modi overo tuoni, & quali sono autentici, & quali plagali, & quali sono perfetti, & quali sono diminuti, & quali misti, & quali commisti, & quali sono regolari, & quali sono irregolari, & in che modo si compongono, & i loro principii, & le sue distintioni o cadentie, & dove finiscono così regolarmente, come irregolarmente, & quanto debbono ascendere & discendere, & la sua intonatione & mediatione, & i loro effetti che procedeno da quegli, & altre parti pertinenti a essi tuoni. Dico adunque esser otto i tuoni nel canto, cioè primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, & ottavo. de' quali quattro sono autentici, & quattro plagali. I tuoni autentici sono questi, cioè primo, terzo, quinto, & settimo, & tali tuoni si dimandano autentici, perché sopra il suo fine regolarmente possono ascendere otto, nove, & alcuna volta dieci voci, & discendere una. Ma i tuoni plagali sono questi, cioè secondo, quarto, sesto, & ottavo. Plagali si dimandano perché disotto dal suo fine regolarmente possono discendere quattro, over cinque voci, & ascendere cinque, over sei. I predetti tuoni finiscono accompagnati a due a due, cioè primo & secondo, finiscono in D sol re. Terzo, & quarto, in E la mi. Quinto & sesto in F fa ut. Settimo & ottavo in G sol re ut. & tali fini sono detti regolari. Ma il fine irregolare del primo & del secondo tuono, sono in G sol re ut. Del terzo, & del quarto in A la mi re. Del quinto & del sesto in fa mi del settimo, & ottavo in C sol fa ut. posto però il segno del rotundo, over molle in fa mi. Et questi tali tuoni sono detti irregolari, perché finiscono in altro luoco che nel suo proprio, & determinato. Ma ciascun tuono può terminare & finire in quolibet loco manus, ubi species propriae reperiri possunt. Et ciascuno de' predetti tuoni può esser perfetto, diminuto, superfluo: misto, commisto: regolare, & irregolare. I tuoni autentici perfetti sono quegli che ascendono in fino al diapason, cioè una ottava sopra il suo regolar fine, & se ascendono più si dimandano superflui, & se manco diminuti. I tuoni plagali perfetti sono quegli che discendono una quarta sotto il suo regolare fine, & se discendono più si dimandano superflui, & se manco si dimandano diminuti. Ma page 30i tuoni misti veramente sono quegli che participano del ascendere, & discendere del suo socio come è il primo con il secondo, il terzo con il quarto. I tuoni commisti sono quegli che participano del ascendere & discendere, & anchor mediatione con altro tuono che non sia suo compagno com'è il primo, con il terzo &c. I tuoni regolari sono quegli che finiscono ne' luoghi suoi proprii & determinati. I tuoni irregolari sono quegli che finiscono in altro luoco che nel suo loco proprio. Anchora notate circa la compositione de' predetti tuoni che il primo & il secondo tuono si compongono della prima specie del diapente, cioè, re la, & della prima specie del diatessaron, cioè, re sol, el diatessaron nel primo tuono è disopra del diapente, nel secondo è disotto. Il terzo & quarto tuono si compongono della seconda specie del diapente, cioè, mi mi, & della seconda del diatessaron mi la, el diatessaron nel terzo tuono è disopra del diapente, nel quarto è disotto. Il quinto & sesto tuono si compongono della terza specie del diapente, cioè fa fa. & della terza del diatessaron, ut fa, el diatessaron nel quinto tuono è disopra del diapente, nel sesto è disotto. Il settimo & ottavo tuono si compongono della quarta specie del diapente, cioè ut sol, & de la prima specie del diatessaron re sol, el diatessaron nel settimo tuono è disopra del diapente, nel ottavo è disotto. Tutti i tuoni plagali hanno medesimi diapente, & diatessaron come i suoi autentici, ma sono differenti in questo, che gli autentici hanno il diatessaron sopra il diapente, & i plagali disotto, come appar qui in questo essemplo.

De' principii & distintioni de' tuoni.

I principii del primo tuono si fanno in C fa ut, in D sol re, in F fa ut grave, in G sol re ut & in A la mi re acuti, & similmente le sue distintioni.
I principii del secondo tuono si fanno in A re, in C fa ut, in D sol re, & in F fa ut grave, similmente le sue distintioni. page 31
I principii del terzo tuono sono in E la mi, & F fa ut, gravi, in G sol re, ut, & mi, acuti, & in C sol fa ut, & similmente le sue distintioni.
I principii del quarto tuono si fanno in B mi, in C fa ut, in D sol re, & in E la mi, & in F fa ut, gravi, & in G sol re ut, & A la mi re acuti, similmente le sue distintioni.
I principii del quinto tuono sono in F fa ut grave, & in A la mi re acuta, & in C sol fa ut: similmente le sue distintioni.
I principii del sesto tuono sono in C fa ut, in D sol re, in F fa ut gravi, & in A la mi re acuta: similmente le sue distintioni.
I principii del settimo tuono si fanno in G sol re ut, in A la mi re, & in mi acuti, in C sol fa ut, & in D la sol re: similmente le sue distintioni.
I principii del ottavo tuono sono in C fa ut, in D sol re, in F fa ut grave, & G sol re ut, in A la mi re acuti, & in C sol fa ut: similmente le sue distintioni.

Della intonatione, & mediatione de' psalmi di ciascun tuono.

La intonatione del primo tuono principia in F fa ut grave, con queste sillabe, fa sol la, gradatim & la sua mediatione fa in fa mi per molle, con queste sillabe fa mi re mi.
Il secondo tuono principia la sua intonatione in C fa ut, con queste sillabe ut re fa. & la sua mediatione fa in F fa ut grave con queste syllabe, fa sol fa.
Il terzo tuono principia la sua intonatione in G sol re ut acuto con queste sillabe, ut re fa. ma la prima & la seconda sillaba sono ligate, & la sua mediatione fa in D la sol re, con queste sillabe, sol fa, mi fa.
Il quarto tuono principia la sua intonatione in A la mi re acuta con queste sillabe, la sol la. Ma la sua mediatione fa in G sol re ut acuto, con queste sillabe ut re, mi re.
Il quinto tuono la sua intonatione principia in F fa ut grave, con queste sillabe fa, la re fa. Ma la sua mediatione fa in C sol fa ut, con queste sillabe fa sol fa.
Il sesto tuono principia la sua intonatione in F fa ut grave, con queste sillabe, fa sol la. & la sua mediatione fa in fa mi, per molle, con queste sillabe, fa mi, re mi.
Il settimo tuono principia la sua intonatione in C sol fa ut, con queste sillabe, fa mi fa sol, & la sua mediatione fa in F fa ut acuto, con queste sillabe, fa mi re mi.
L'ottavo tuono principia la sua intonatione in G sol re ut acuto, con queste sillabe ut re fa. Ma la sua mediatione fa in C sol fa ut con queste sillabe fa sol fa. Ma acciò che vi tegniate bene a mente le intonationi delle sopradette psalmodie, & le sue mediationi metteretevi a memoria i sequenti page 32versi, & primo per le intonationi.

Primus cum sexto fa sol la semper habeto
Tertius & octavus, ut re fa, sicque secundus,
la sol la, quartus, fa la re fa, sit tibi quintus.
Septimus fa mi fa sol sic omnes esse recordor.

Hora per le mediationi saranno questi.

Septimus & sextus, dant fa mi re mi quoque primus.
Quintus & octavus, dant fa sol fa sicque secundus.
Sol fa mi fa Ternus, ut re mi re dat tibi quartus.

Delle consonantie.

Le consonantie nel contrapunto sono quattro, cioè unisono, terza, quinta & sesta. De le quali due sono perfette & due imperfette. Le perfette sono l'unisono, & la quinta. Le imperfette sono la terza, & la sesta. Ma da l'unisono si compongono la ottava, la quintadecima, & la vigesima seconda. Le quali tutte sono specie perfette. Da la quinta si compongono la duodecima, & la decimanona. Da la terza se compongono la decima, & la decimasettima. Ma de la sesta se compungono la terzadecima, & la vigesima. Le quali tutte sono specie imperfette. Le intermedie sono le dissonantie come è la seconda, la quarta, la settima, la nona, la undecima, & le sue simili, & equisonanti, & esse anchora sono necessarie in la compositione de esso contrapunto.
L'ordine di queste specie è sì fatto videlicet, che l'unisono dipoi a sé vuole la terza. Nientedimeno è d'avertire che l'unisono non è consonantia in actu, sed in potentia, per essere origine & principio di ciascuna consonantia. La tertia post se vuole la quinta. La quinta post se richiede la sesta, stante il tenore in una medesima sede, over luoco, cioè in una medesima linea, overo in uno medesimo spatio. Et la sesta, l'ottava in diversi luoghi, cioè una parte in linea ascendendo immediate, cioè senza mezo, & l'altra discendendo immediate in spatio, & così al contrario. & la ottava vuole la decima, così la decima, la duodecima.
Ma notate che devemo osservare questo ordine, quando con habilità, & possibilità lo possiamo osservare. Perché alcune volte andaremo, & procederemo da l'unisono alla quinta, & econverso. Alcune volte da lo unisono alla ottava, & econverso. Alcune volte anchora procederemo da la ottava alla terza, & econverso. & similmente in le altre si deve osservare la regola con habilità & possibilità. Oltra questo advertite, che da l'unisono insino alla ottava, tutte sono specie simplici. ma dalla ottava in suso sono composite. La decima se compone da la ottava, & da la terza, se la sarà congionta con la tertia maggiore, diventerà decima maggiore, se con la tertia minore, diventepage 33rà decima minore. La ottava ha la natura de l'unisono. La decima de la tertia. La duodecima de la quinta. La terzadecima de la sesta, & la quintadecima de la ottava, & de l'unisono. La decimasettima ha lei anchora la natura della terza. perché la si forma di due ottave & una terza (come ho detto) maggiore over minore. La decimanona ha la natura de la quinta, la vigesima de la sesta. & la vigesima seconda de l'unisono, overo ottava. & così si puote procedere in infinitum.

De la prima regola da esser osservata in la composition del contrapunto.

La prima regola è che se debba principiare, & finire il contrapunto per specie perfetta, & che la penultima sia specie imperfetta, atta a quella specie perfetta che li seguita. Tamen tale regola è arbitraria, quanto al principiare per specie perfetta. Onde se voi vorrete finire per quinta, la penultima bisogna sia tertia, & se vorrete finire per ottava, bisogna che la penultima sia sesta. Non però questa regola ut astringe quanto al principiare, che non possi principiare anchora per specie imperfetta, ma quanto al finire, si deve terminare per specie perfetta, perché si finirebbe per consonantia imperfetta terrebbe le orecchie delli auditori sospese, perché l'audito sempre aspetta con desiderio el fine perfetto, pertanto el fine di qualunche concento debbe esser perfetto, perché nel fine consiste la perfettione di ciascuna cosa.
La seconda regola è che se il tenore ascende, il contrapunto deve discendere, & econverso, la ragione è perché la perfettione se causa per la dissimilitudine, cioè per la varietà de i suoni. Et però consonantia è una certa mistura de suoni gravi, & acuti. La quale con suavità, & con uniformità perviene alle nostre orecchie, & di qui nasce, che non si puote ordinare sì ascendendo, come discendendo immediate, due specie perfette simili, perché ogni volta che siamo pervenuti a qualunche specie perfetta, semo ad esso fine, & perfettione, alla quale tende essa musica. Onde, se volessimo procedere per specie perfette si ascendendo, come discendendo, per tale identità resolteria dissonantia. conciò sia cosa che l'harmonia resulti per la dissimilitudine, & variatione de le specie, sì come la consonantia per la varietà, & dissimilitudine dei suoni. Niente di meno questa regula alcune volte falisce, perché alcune fiate è di bisogno, che tutte due le parti insieme ascendano, over discendano con specie imperfette, acciò habilmente possiamo pervenire alla specie perfetta, ascendere con specie perfette, non laudo, cioè, quando andiamo con page 34la parte del soprano da una minore ad una maggiore, come è da la quinta alla ottava, ma ben dalla ottava alla quinta: In discendendo sì, la ragione è acciò perveniamo alla cadentia. Certamente discendendo li moti se tardiano, per la qual tardità facilmente si comprende la diversità delle specie la quale non comprende così agevolmente in li suoni acuti, per la celerità de i moti, immo tendono ad una similitudine di specie, massimamente quando ascendono con le parti (come ho detto) da una minor perfetta ad una maggior perfetta, né anchor laudo il ascendere insieme di due parti da una imperfetta maggiore ad una perfetta minore con disgiontione di esse parti, come è andare dalla decima alla ottava. Ma al contrario sì, cioè andare dalla ottava alla decima, la ragione non si vede, né si cognosce dalli idioti. Anchora che l'habbino dinanti a gli occhi. Ditemi andrete voi, se'l soprano ascende da C sol fa ut ad E la mi, col tenore da A la mi re, ad E la mi, che sarà da tertia a l'unisono: non potrete dire che'l sia regolato & bon processo, ma ben potresti andare da l'unisono, ascendendo tutte due le parti, alla terza: Sì che se voi considererete da l'unisono alla ottava, & ben comprenderete li effetti, li quali se causano sì in lo unisono come in la terza, in la quinta, in la sesta, & in la ottava, la quale ottava è simile & equisonante allo unisono, voi harete similmente la cognitione delli effetti de le composite: sì che attendete alla gravità la quale si ha vendicata più tardità de' moti, che acuità. Et similmente alla acuità, la quale constituisce li moti assunti più celeri. Dove facilmente occulta le durezze, le quali per la tardità de i moti causati per la gravità si deprendeno, & senteno, che similmente la differentia delle specie.
La tertia regola è che non potemo ordinare più specie perfette simili sì ascendendo, come discendendo: ma dissimili sì ben, stante il tenore fermo in una medesima linea, overo in uno medesimo spacio, overamente che se una parte ascende l'altra discenda, così anchora ascendendo tutte due le parti (come vi ho detto in la seconda regola) purché andiamo da una maggiore perfetta ad una minore perfetta, la qual cosa potete anchora ordinare nel discendere a fortiori, immo voi potete nel discendere per la tardità de' moti causati da la gravità non solamente venire dalla maggiore alla minore, ma etiandio dalla minore alla maggiore, come sempre usiamo con il tenore, & il basso, quando volemo andare alla cadentia della ottava, ordinemo la penultima quinta, & l'ultima ottava cioè disotto dal tenore, over canto fermo. L'ultima quinta supra il tenore, per non venire con il soprano sempre in quintadecima, ma alcuna volta in ottava, & allhora il contralto darà terza sopra page 35il tenore. Come vedemo nel componere a quattro voci.
La quarta regola è che potemo ordinare più specie perfette simili immediate, ma in diversi moti però, cioè che una parte ascenda, & l'altra discenda, & econverso. Lo essempio, io son col soprano in G sol re ut sopr'acuto. & dico sol fa sol. perché vengo in F fa ut & ritorno in G sol re ut predetto, & con il tenore dico per ottava ut in G sol re ut acuto, & poi dico re ut, perché vengo in A la mi re, & ritorno in lo antedetto G sol re ut. poi salto con il tenore in loco del soprano, usando quelle medesime voci, che ha usato il detto soprano, & con il soprano discendo nel luoco del tenore, usando anchora quelle medesime voci che'l detto havea usato, dove in diversi moti io constituisco & ordino due ottave, una po l'altra. & questo è permesso, immo presta & rende harmonia suavissima, così anchora con le altre potrete procedere.
La quinta regola è, che potemo constituire, & ordinare più specie imperfette simili come sono tertie, seste, decime. La ragione è, perché sonno vaghe, & dissimili di intervallo over sistema, cioè una è maggiore, la quale è atta alla acuità, l'altra è minore, la quale è atta alla gravità, la qual cosa non puole accadere in le specie perfette perché le specie perfette sono immobili.
La sesta regola è che non potemo usare fa contra mi, in specie perfetta. La ragione è, perché se vitia, & corrompe la specie, o per diminutione, o per superfluità, ma ben potemo usare fa contra mi in specie imperfette, perché le rendono suavità, & dolcezza.
La settima regola è che dovemo schivare le reiterationi de uno medesimo processo, quando queste reiterationi se causano ad uno medesimo tempo da tutte due le parti.
La ottava regola è che dovemo schivare le distantie, le quali se causano in lo ascendere, & in lo discendere per la virtù di tutte due le parti, perché ogni cosa disgiunta è inconsonante. Questa regola vi ho limata in la seconda regola, & assai diffusamente vi ho fatto cauto in tal materia. & questo vi sia quanto appartiene a nota contra nota.

Seguita un'altra regola del contrapunto ad videndum.

NOtate che appresso li pratici lo unisono si piglia per ottava, per esser la ottava sua equisonante, la seconda alta per la nona, la terza alta per la decima, la quarta alta per la undecima, la quinta alta per la duodecima, la sesta alta per la terzadecima, la settima alta per la quartadecima, page 36la ottava alta per la quintadecima. Et questo si intende sopra il tenore. Ma infra il tenore lo unisono si piglia per la ottava, la seconda bassa per la settima, la terza bassa per la sesta, la quarta bassa per la quinta, la quinta bassa per la quarta, la sesta bassa per la terza, la settima bassa per la seconda, la ottava bassa per lo unisono. Et se questo tale modo di fare il contrapunto si dimanda ad videndum, perché non potete preterire la quarta linea del canto fermo con l'occhio, & per questo è nominato da li pratici ad videndum.
Disopra ho dichiarato, & dimostrato il modo di ordinare, & esercitare il contrapunto, quanto appartiene a nota contra nota, overo punto contra punto. L'è da vedere in che forma lo habbiamo a constituire diminuto, massime sopra il canto fermo, primo con habilità, & possibilità voi dovete osservare regole sopraposte nel principiar del tempo, over della misura. poi nel resto se ben vi accadeno dissonantie come sono seconde, quarte, & simili, non importa per la celerità delle figure. Ma ben dovete sapere che nessuna figura che toglie integra misura come saria la semibreve in questi segni. , , , , non puote sottogiacere a dissonantia alcuna. Ma sì ben le minime, & altre minori, la ragione è per la tardità, per la quale la dissonantia ne offenderia, nel segno per medium sì ben. Et nel segno duplex per medium una breve. Et in el segno triplex una lunga imperfecta. Et notate per fallentia di questa regola, che una dissonantia puole stare in principio di tempo, over misura, in sincopa perhò. Et questo perché la nota, over voce percuote l'altra nel durare che fa la voce da un moto a l'altro, El quale durare è dal senso de l'audito compreso, come taciturnità, over sospensione di voce la quale taciturnità è stata scritta dal mio don Franchino Gaffurio, d'ogni dottrina scientissimo, nel tratato suo de harmonia instrumentorum nel capi .ii. del primo libro, & quale così dice, in medio enim percussionum, quae per sonos fiunt, quaedam eveniunt taciturnitates, quibus soni ab invicem discernuntur. Et notate che quante volte voi vorrete sincopare per tertie, & seconde, & poi venire a l'unisono, over schivarlo, cioè fingendo voler andare, farete che'l soprano principia per terza con il tenore con figure simili. Ma fate che'l tenore faccia una pausa di minima in integra misura. Et in la non integra voi anchora el potete usare & la penultima sia minima del tenore & alhora il tenore, cioè el canto fermo sarà mobile, & figurato per la diuersità de la figuratione delle figure. Et questo modo di sincopare operiamo discendendo tutte due le parti. Et così anchora ascendendo si forma la sincopa per sesta & settima, ma la pausa, over suspiro (come i volgari la chiamano) tocca al page 37soprano al contrario della sincopa per terza, & seconda causante, & la penultima del soprano sarà minima, che batterà sesta con il tenore, & l'ultima darà ottava, volendo andare a la cadentia propria, Et se qualche volta la vorrete schivare, vi con qual parte vi parrerà più a proposito vostro, perché (come vi ho detto) la perfettione si causa per la varietà. & notate, che se il canto fermo ascendesse, over discendesse per quinta, & voi fussi in quinta col soprano, cioè col tenore su la penultima nota, non ascenderete mai con diminutione, poniamo di semiminime, né anchora discenderete per trovarvi su la seconda in quinta, perché le sariano due quinte, & non vale a dire la seconda semiminima è quarta, la terza è terza, & la quarta è seconda, & questo è per la celerità di moti, sì che l'è tanto, quanto se voi dicessi ut sol, ut sol, a dir ut sol, ut re mi fa sol, over dire sol ut, sol fa mi re ut, & similmente advertirete in le altre specie perfette. Anchora notate che se noi ne ritroviamo col canto fermo in ottava con il soprano, poniamo, che'l canto fermo sia in A la mi re acuto, & descenda in G sol re ut acuto, dicendo re ut. Il soprano principia per ottava in A la mi re Et dice per una minima, & due seminime, & poi una semibreve la sol fa sol. La minima è ottava, la prima semiminima settima, & la seconda sesta. Et poi la semibreve ottava, ch'è in G sol re ut sopracuto. Io vi dico, che per la celerità de' moti li quali se causano in quelle semiminime, voi non dovete usarle, perché le pareriano due ottave. Sì che per queste regole sappiate usare le specie, sì perfette, come imperfette. Et quando voi vorrete andare a la cadentia perfetta sempre la penultima de' essere dissonantia in sincopa con la penultima la quale de' essere specie imperfetta, come vi ho diachiarato in le regole soprascritte. Sì che volendo pervenire a la cadentia de la ottava, fate che l'antepenultima sia settima sincopa, & la penultima sesta. Intendete perhò col canto fermo, over tenore, & tal sesta bisogna sia maggiore, perché la sesta minore non è atta a la acuità, ma ben a la gravità. Et perhò assumate una regola generale che ogni volta, che voi anderete ad una specie imperfetta, & poi vorrete ascendere ad una maggiore specie d'essa, così perfetta, come imperfetta, se quella specie è minore, fatela maggiore con il segno de la sustentatione, la quale sustentatione si dimostra con questo segno. La ragione è, perché ogni specie imperfetta (come ho dimostrato) est duplex, cioè maggiore, & minore, la maggiore ha più de la minore uno apotome, cioè uno semituono maggiore. Sì che la sesta maggiore piglia più del continuo di quello, che fa la minore. Et per consequente la è più acuta, & adunque più atta alla acuità. Et la minore non così per assumere manco del continuo, la è meno acuta, & per consequenpage 38te più atta alla gravità. Et questa regola è generale a tutte le specie imperfette. se vorrete finire, overo far cadentia per quinta, farete l'antepenultima quarta in sincopa, & la penultima tertia. Ma se vorrete finire, over far cadentia per unisono, farete l'antepenultima seconda in sincopa, & la penultima terza. Et poi anchora potrete con la parte del soprano sincopare per quinta, & sesta ascendendo.

Regola di comporre a tre voci.

Notate, quando il soprano, & il tenore sono in unisono, fanno il basso con il tenore in ottava, sesta, quinta, over tertia.
Quando il soprano, & il tenore sono in tertia, fanno il basso con il tenore in decima, ottava, sesta, over tertia.
Quando il soprano & il tenore sono in quarta, fanno il basso col tenore in quinta, over tertia.
Quando il soprano, & il tenore sono in quinta, fanno il basso col tenore in ottava over sesta.
Quando il soprano, & il tenore sono in sesta, fanno il basso con il tenore in quinta over tertia.
Quando il soprano, & il tenore sono in ottava, fanno il basso col tenore in ottava, quinta, overo tertia.
Advertite che ogni volta, che farete sesta, bisogna dipoi far l'ottava.

Regola di comporre a quattro voci.

Ciascuna volta che il tenore, & il soprano sono in tertia, & il basso con il tenore in ottava, fanno il contralto con il basso in quinta, & se il basso con il tenore è in decima, fa il contralto in ottava, intendi perhò sempre con il basso.
Quando il tenore, & il soprano sono in quarta, fanno il basso col tenore in quinta, & lo contralto in tertia con il basso.
Quando il tenore, & il soprano sono in quinta, & il basso con il tenore in ottava, fanno il contralto con il basso in decima. Et se'l basso col tenore è in sesta, fa il contralto in ottava, over tertia.
Quando il tenore, & il soprano sono in sesta, & il basso col tenore in quinta, fanno il contralto con il basso ottava, over tertia. & se'l basso col tenore è in tertia fa il contralto quinta. & se'l basso col tenore è in ottava, fa il contralto page 39con il basso in decima.
Quando il tenore, & il soprano sono in quinta, & il basso con il tenore in ottava, fanno il contralto con il basso decima, overo duodecima, & se'l basso col tenore è in quinta, fa il contralto ottava, over decima, & se'l basso col tenore è in tertia, overo ottava, over sesta, & sempre dipoi la sesta la ottava, & se il basso col tenore è in quinta, disopra, fa col contralto tertia disotto.

Modo, & osservatione di comporre qualunche concento.

Primieramente è da notare, ogni volta che vorrete comporre un madrigale, o sonetto, o barzaletta, o altra canzone, prima bisogna considerare nella mente, & in quella investigando ritrovare uno aire conveniente alle parole, ut cantus consonet verbis, cioè, che convenga alla materia, perché quante volte, che i dotti compositori hanno da comporre una cantilena, sogliono prima diligentemente fra sé stessi considerare a che fine, & a che proposito quella potissimamente instituiscono, & componghino, cioè quali affetti d'animo con quella cantilena movere debbino, cioè di qual tuono si deve comporre, perché altri sono allegri, altri plausibili, altri gravi, & sedati, alcuni mesti, & gemibundi, di nuovo iracundi, altri impetuosi, così anchora le melodie de' canti, perché, chi in un modo, & chi in un'altro commuovono, variamente sono distinte da' musici. Dico adunque, & primo che'l soprano di ciascun concento non deve ascendere più di sedeci voci sopra l'ultima nota inferiore del tenore di ciascun tuono, sì autentico come plagale, perché si ascendesse più, saria incommodo al cantore. Et oltra questo eccederia il suo conveniente termine. Similmente quando diminuirete le notule, farete il contrapunto con bella diminutione, & sincope spesse volte fugare il soprano hor con il tenore, hor con il basso, o con altra parte. Alcuna volta fingere di far cadentia, & poi nella conclusione di essa cadentia pigliare una consonantia non propinqua ad essa cadentia per accommodarsi è cosa laudabile. Et questo s'intende con il soprano, o altra parte. Ma bisogna che sempre il tenore in questo caso, faccia lui la cadentia, over distintione. Acciò che sia intesa la sententia delle parole cantate. Osserverete questo nelle vostre compositioni sempre compire il numero ternario, o binario, overo quaternario nella penultima nota della cadentia, cioè non si debbe computare la penultima nota con la sequente, la quale include la cadentia, overo distintione, perché la è principio di nupage 40mero, similmente si debbe finire il numero della penultima nota del concento, e non nel l'ultima, perché la penultima include il numero precedente. & l'ultima nota è fine del canto, & perhò non si computa con altra nota. Le cadentie veramente sono necessarie, & non arbitrarie, come alcuni inconsideratamente dicono, massimamente nel canto composto sopra le parole. Et questo per distinguere le parti di la oratione, cioè far la distintione del comma, & cola, & del periodo acciò che sia intesa la sententia delle parti della oratione perfetta, sì nel verso, come nella prosa, perché la cadentia è come il punto, overo una certa distintione & riposo nel canto, overo la cadentia è una terminatione di essa parte del canto come è nel contesto dell'oratione, la media distintione & la finale, & avertite di far le cadentie, dove la parte dell'oratione, overo il membro finisce, & non sempre in un medesimo luoco, perché il luoco proprio delle cadentie è, dove finisce la sententia del contesto delle parole, perché gli è cosa conveniente tendere & parimente insieme finire la distintione, & delle parole, & delle notule. FORTUNATIANUS, distinctio est temporis, & sensus finitio. Subdistinctio est nec temporis, nec sensus finitio. Mora est requiem animi. Inter distinctionem, & subdistinctionem, & moram, hoc interest, quod distinctio perfectum sensum declarat, subdistinctio inferri aliquid significat. Mora reficit lectorem simulque sensibus lumen accommodat. Oltra questo sforzatevi di far il concento vostro che sia allegro, suave, pieno d'armonia, dolce, risonante, grave, & facile nel cantare, cioè di consonantie usitate, come sono tertie, quarte, quinte, seste, & ottave. Ma schivatevi di porre nelle vostre compositioni il tritono, il diapente diminuto, & il diapason superfluo, così ascendenti, come discendenti, per essere intervali distonati, & difficili a pronuntiarli, non si debbono porre ne' concenti. Et così la settima, la nona, & la undecima, ob earum difficultatem raro accedunt in usum musicum. Similmente non fate che'l contrabasso del vostro concento sia incommodo, cioè che non continuano in profundum. Et avertite di non far barbarismi nel comporre le notule sopra le parole, cioè non ponete lo accento lungo sopra le sillabe brevi, over l'accento breve sopra le sillabe lunghe. quia est contra regulam artis grammatice. senza la quale niuno può esser buono musico, la quale insegna pronunciare & scrivere drittamente. Schivatevi adunque dal barbarismo, il quale secondo Isidoro è enunciatione di parole corrota la lettera, over il suono, pertanto: osserverete li accenti grammatici, i quali hanno quantità temporale, cioè tempo lungo & breve. Benché page 41sono pochi compositori, che osservano li accenti grammatici nel comporre le notule sopra le parole (de indoctis loquor). L'accento è certa legge, & regola a alzare, & abassare la sillaba di ciascuna particella di oratione, & debbesi fare causalmente nella lettera, initialmente nella sillaba, & ditionalmente nella ditione, & particolarmente nella oratione. Accento si dice quasi a' canti, cioè secondo il canto, perché si fa conoscere le sillabe nella cantilena della voce. I greci lo dicono prosodia, da' latini anchora si chiama tuono & tenore, perché quivi il suono cresce & finisce. I tenori delli accenti sono tre, acuto, grave, & circunflesso. Acuto accento è detto perché acuisce & eleva la sillaba. Grave perché deprime & depone perché è contrario allo acuto il circunflesso, perché è composto dallo acuto & del grave, perché cominciando dallo acuto finisce, nel grave, & così mentre che saglie & discende si fa circunflesso. Et lo acuto & il circunflesso sono simili, perché l'uno & l'altro inalza la sillaba. Il grave appare contrario ambeduoi, perché sempre deprime le sillabe elevandole quegli. Le figure degli accenti (le quali da' grammatici si pingino per le distintioni de parole) sono tre, cioè acuto, grave, & circunflesso. Accento acuto è linea tendente dalla sinistra nella destra allo in sù a questo modo ´ grave è linea tendente dalla destra nella sinistra allo ingiù in questo modo ` Il circunflesso si compone di ambeduoi in questo modo ^ Lo accento acuto si pone sopra l'ultima, penultima, & antepenultima sillaba. Grave si pone solamente sopra la ultima, & di raro usano questi i latini. Circunflesso si pone sopra la ultima, & sopra la penultima si trova appresso Vergilio nel sesto. Li accenti sono stati trovati o per la distintione, o per la pronunciatione, o per causa di discernere la ambiguità. Circa gli accenti nel verso vulgare sono tre modi. Primo, quando cade nella sillaba antepenultima, quale rende il suono sdruccioloso, quando cade poi sopra l'ultima sillaba, rende il suono grave, & quando cade sopra la penultima, rende il suono temperato, se caderà lo accento sopra l'ultima in fine del verso, & che sia d'una sillaba, si può numerare per due sillabe, che verria il verso essere di dieci sillabe, il che molto si usa. Alla formation del verso necessariamente richiede, che gli accenti caggino sopra la quarta, o sesta, o decima sillaba, perché ogni volta che in altro luoco cadesse, non saria più verso, & che sotto uno accento non stano più che tre sillabe, & non si pongono gli accenti se non sopra le sillabe lunghe. Notate ultimamente questa regola, che tutti i versi vulgari di sette sillabe sempre la penultima si tiene, & in tutti quegli di otto la terza, & la penultima. Et in tutti quegli de undeci la sesta & la penultima, & qualche volta la quarta, ma rare volte accade. Ma quando accadesse tenere la quarta, page 42non torrete la sesta, ma la quarta, & la penultima. E' necessario, che'l compositore habbia cognitione del metro, o verso, saper che cosa è piede, & quante sillabe può havere, & la qualità di quelle, cioè quali sono lunghe, & quali sono brevi, & saper scandere il verso, & dove si fa la cesura, & la collisione. Et similmente sapere, dove cade la comma, & il cola nel periodo, sì nel verso come nella prosa. BEDA comma genus distinctionis, quando post duos, vel tres pedes superest syllaba, quae partem terminet orationis quando vero post duos vel tres pedes nihil remanet, colum dicitur, quae tamen nomina apud oratores indifferenter ponuntur, qui integram sententiam periodon appellant. Partem autem cola, & commata dicuntur, ut puta apud apostolum, sustinetis enim, si quis vos in servitutem redigit, colum est, si quis devorat, colum est, si quis accipit, colum est, si quis extollitur, & caetera usque ad plenam sententiam, cola sunt, & commata. Plena autem sententia periodus est. Interpretatur autem colum membrum, comma incisio, periodus clausula, sive circuitus. DONATUS tres sunt positurae, vel distinctiones, quas thesis graeci vocant distinctio, subdistinctio, media distinctio. Distinctio est, ubi finitur plena sententia, huius punctum ad summam litteram ponimus. Subdistinctio est, ubi non multum superest de sententia, quod tamen necessario separatim mox inferendum sit. Huius punctum ad imam littera ponimus. Media distinctio est, ubi fere tantum de sententia superest, quantum iam diximus, quum tamen respirandum est. Huius punctum ad mediam litteram ponimus. In lectione tota sententia periodus dicitur, cuius partes sunt cola, & commata. Il piede nel verso è elevatione, & positione di due, o tre, o più sillabe compresa dallo spatio, over piede è compositione di sillabe con certa osservatione di tempi ricevente la levatione, & la positione, le quali si dicano in greco arsis, & thesis, perché di una sillaba, anchora che fusse lunga, non si può fare il piede, perché si fa di due repercosse, non con dui tempi. Perché bisogna ferire due volte anchora due brevi. La cesura nel metro è una decora terminatione di voce notata nel mezo de versi. La scansione è legitima distintione, e dimensione del metro in ciascuno piede. La collisione, che in greco si dice synalephe & eclipsis, si fa quando finisce alcuna dittione in vocale, over in m littera, & la sequente comincia anchora da vocale, perché all'hora la prima vocale, over m con la sua vocale si esclude. Fassi anchora nel fine del verso, quando finendo in vocale, o in m littera suprabonda la sillaba, & il sequente verso comincia dalle vocali. Il metro è una certa connessione, & ordinatione di piedi trovata alla delettatione de gli orechi. Medesimamente il metro è una struttura, & copulatione di vopage 43ci finita con numero, & modo, & è il medesimo, che il verso. Il quale per questo si dice così, che tanto lungamente si debba voltare in fino a che rettamente si constituisca. Metro in greco in latino si dice dimensione, perché misuriamo il verso con certi piedi. I piedi con tempi, & è differente dal rhythmo, il quale Fabio vuole che sia numero, che il metro ha certo, & finito spacio, il rhythmo né ha fine certo, né alcuna varietà nel contesto. ma perché cominciò per la levatione, & positione scorre in fine al fine. Ma BEDA interpreta il rythmo una modulata compositione, esaminata non per metrica ragione, ma per numero de sillabe a' giudicio de gli orecchi, come sono versi di poeti vulgari, & appare il rhythmo essere simile a' metri, & certamente per sé senza metro non può esser, perché metro è ragione con modulatione, rhythmo modulatione senza ragione. Nondimeno el più delle volte per certo caso troverrai anchora la ragione nel rhythmo non servata per la moderatione dello artificio, ma per suono, & essa modulatione conducente, il quale i vulgari poeti di necessità rusticamente, dotti fanno dottamente. Ma i greci affermano il rhythmo essere composto di arsis & thesis, & di tempo. Il che alcuni chiamavano vacuo. Aristoxeno disse, questo essere tempo diviso in ciascuno di questi che numerosamente si possono comporre. Ma secondo Nicomaco rhythmo è una ordinata compositione di tempi. Medesimamente rhythmo vulgare è uno certo genere di dettare. Dettare niente altro è, che una congrua & ordinata, o decora loquutione di qualunche cosa. Ma della struttura, o dissimile contesto non appartiene a noi definire regole o canoni a tutte le cose perché lasciamo ad essi poeti le lor cose proprie.
Finiscono le Regole di Musica molto necessarie a qualunche si diletta di sappere la pratica di canto misurato, stampate