Title: Breve introduttione di musica misurata
Author: Del Lago, Giovanni
Publication: (Venice, 1540)
Principal editor: Paloma Otaola
Edition: 2002
Department of Information and Computing Sciences Utrecht University P.O. Box 80.089 3508 TB Utrecht NetherlandsAL MAGNIFICO LORENZO MORESINO PATRICIO VENEenetiano del Magnifico Bartholomeo figliolo.
¶Ad Lectorem Gregorii Oldouvini Carmen.
Si placet Harmonici discors concordia cantus:
Hoc breuve Ioannis perlege lector opus
Δὼριον Hhic, phriygiumque docet, lydiumque libellus:
Nec non multiplici ἰωνικὸν arte melos,
ΈἜνθεον ἦ γλαφυρὸν, σεμνὸν, καὶ βακχικὸν ἐείἴδοσς
Δειίκνυσι, καὶ γλυκερὴσς πᾶν γένοσς ἁρμονίησς,
Non hic ambages, non hic enigmata cernes:
Sed patulos, faciles artis amice modos,
Consona dissimili currit symphonia ductu:
Obice, nec scrupulo sit mora tarda tibi,
En breuviter, nitideque monet, cognosce camaenam
Multiplicem, uvariam pectine, & arte grauvem,
Orpheus hac syluvas traxit, delphinas Arion:
Dauvid & hac sSaulem daemone atroce ferum,
Hac iIouvis exhilarant Musae conuviuvia magni.
Quum binae cantant, pulsat Apollo chelyn,
Diuvinum certe mortali Musica donum:
Qua nihil est homini gratius orbe datum,
Disce igitur studio coelestia munera disce:
Oblectaque animum nocte, dieque tuum, [sic: .]
DELLA INTRODVUTTIONE DE LA Mano secondo Guido Monacho Aretino.
Introductorium Musices.
C naturam dat f, , molle. G quoque
durum,
cio [sic: cioè] el C dimostra natura F molle, el G duro, & notate che quello che eè detto che ogni ut in C si canta per natura &c. Si intende etiam de li suditi suoi compagni, & percheé ogni ut ha sotto di seé, re mi fa sol la, uverbi gratia lo ut di C fa ut si canta per natura percheé ogni ut in C si canta per natura,
seguita adonque che re in D sol re. mi in E la mi. fa in F fa ut. sol in G sol re
ut. & la in A la mi re. tutti si cantino per natura, & cosiì eè di tutti gli altri. E
sono dui segni, uno di molle el quale eè questo , e douve eè posto tal segno
o sia in riga, ouver in spacio se dice sempre fa. quia ubi ibi fa, ma non se deuve cantare per molle se nol se uvedi segnado o per necessitaà. L'altro se-gno si eè de duro, & eè questo ouver questo & douve eè posto tal segno
si dice sempre mi. Le chiauvi del canto sono due principalmente, cioeè una page 7di natura grauve & l'altra di duro acuto. La chiauve di natura
grauve eè figurata di tre note, & eè posta in F fa ut, pri-mo, a questo modo & la chiauve di duro acuto eè figurata di due note, & eè posta in C sol fa ut, come eè qui & l'una da
l'altra eè distante per quinta, & sempre la chiauve si pone in riga. ma antiqua-mente nel canto ecclesiastico se usauva alla chiauve de natura la riga rossa, & a
quella de duro la riga gialla. Dapoi eè stato aggiunto la terza chiauve, la quale eè figurata de le preditte due note posta in C sol fa ut, con ad-ditione del rotundo nel inferior spacio di sotto la linea de la
chiauve cosiì segnata. & nota che sempre douve eè la chiauve liì eè sempre fa, saluvo se per il rotundo ouver molle non uvien impedito, percheé allhora si dice sol. mMa alcuna uvolta, e questo accade nel canto figurato per l'ascender
suo in luogo di chiauve usiamo, questa lettera G la qual dinota G sol re ut sopr'acuto. Anchora notate questo uverso per le mutationi el quale dice cosiì,
(VUt re mi scandunt, fa sol la quoque descendunt.)
cioeè che ogni uvolta che l'eè necessitaà far mutatione da proprietaà in proprietaà uvedi douve uvi trouviate cioeè in
qual luogo de la mano, & se'l canto ascende bisogna dir o ut, o re, ouver mi,
& se'l descende bisogna dir o fa, o sol' [sic: sol], ouver la, secondo el luogo douve uvi trouveuvate. Douve eè una sola nota ouver uvoce, non si fa mutatione, come
eè in Γ ut. in A re. in B mi. in tutti duoi fa mi, & in E la, percheé mu-tatione altro non eè che mutare una proprietaà in un'altra, & per consequen-te una uvoce in l'altra in uno medesimo suono. Anchora che le siano diuverse
di nome per esser di diuverse proprietaà. Douve sono due uvoci sono due mu-tationi come eè, in C fa ut. D sol re. E la mi. F fa ut. C sol fa, & D la sol. Lo
essemplo in C fa ut, fa in ut, ascendendo di quadro in natura ut in fa
descendendo de natura in quadro, ma questa regola falisce in fa
mi. Anchora che in fa mi gli siano due proprietati, & per consequente
due uvoci non si puoò peroò far mutatione, percheé quelle due uvoci non si puoò
proferire in uno medesimo suono per esser el mi distante dal fa, uno semituono maggiore, & percheé mutatione altro non eè che mutare il nome de la
uvoce, ouver de la nota in un'altro nome di nota che sia in un medesimo luo-go, & suono, intrando de una in l'altra proprietaà, ouver qualitaà, come diso-pra ho detto. Douve douvete sapere che quello semituono maggiore si cau-sa per uvirtuù del molle, il quale eè accidentale, percheé el puoò esser messo e non
messo, & fu trouvato per tre cause. Prima, per tor la durezza del tritono per
poter procedere per il modo diatonico cioeè per tuono, & tuono & semituopage 8no ouver per semituono tuono & tuono. Secondo per meglior sonoritaà. Tertio per necessitaà, ouver colorata musica. & cosiì per esser accidentale, e non
deè esser connumerato nelle sette lettere musicali, la ragione eè percheé el non
puoò corrispondere per diapason, ouver ottauva, neé con le grauvi, neé con le acute. Con le grauvi il diapason eè diminuto con le sopra acute l'eè superfluo. Douve concludo non esser in computo, ma esser accidentale. Douve sono tre note, ouver uvoci si fa sei mutationi, come in G sol re ut. A la mi re. C sol fa ut, &
D la sol re. lLo essemplo in G sol re ut, sol in ut, ascendendo de natura grauve in
acuto, & tal mutatione si domanda mutatione ascendente, ut in sol descen-dendo de quadro in natura, la quale si dimanda descendente. sol in re, ascendendo di natura grauve in molle grauve. re in sol, descendendo di natura in
molle, ut in re ascendendo di quadro in molle, re in ut ascendendo di
molle in quadro & similmente procederite ne li altri luoghi. Egli eè manifesto per tre cagioni bisognar farsi la mutatione. Primo accioò che & sopra, &
sotto ciascuno esacordo esse uvoci commodulato transito, & concinna prolatione si possino in acuto intendere, & in grauve rimettere, & sbassare. Secondo per cagion di concipere el transito di piuù soauve & dolce canto. Tertio per
cagione di piuù facile transito di consonanti figure, cioeè diatessaron & diapente. Disopra uvi ho detto che in G sol re ut si fanno sei mutationi. La prima
mutatione si fa quando mutamo la prima sillaba, ouver nota. In la seconda
cioeè da sol in re ascendendo da natura in molle. La seconda si fa al contrario mutando la seconda sillaba in la prima cioeè re in sol descendendo da
molle in natura. La terza mutatione si fa quando mutamo la prima sillaba
in la terza, cioeè, sol in ut ascendendo da natura in quadro. La quarta si fa
al contrario, ut in sol descendendo da quadro in natura. La quinta mutatione si fa quando si muta la seconda sillaba in la terza, cioeè, re in ut, per
causa di ascendere da molle in quadro. La sesta mutatione si fa mutan-do la terza sillaba in la seconda cioeè ut in re per causa di ascendere da duro
in molle, & queste tali mutationi le chiamo dirette & regolare, eè certamente
la diretta & regolare mutatione quella la quale si oppone alla precedente &
sequente unisona mutatione, cioeè quando la prima si fa per causa di ascen-dere. La seconda di descendere. La terza di ascendere. La quarta di descendere. La quinta de [sic: di] ascendere. La sesta di descendere La mutatione ascen-dente, eè, quando mutato il nome de la uvoce unisona, el primo moto de la
uvoce tende in acumine: ma la descendente eè, quando el primo moto della
uvoce remette & abassa in grauvitaà. Dico douversi fuggire la pluralitaà & mol-page 9titudine delle mutationi. quando apertamente si uvederaà el progresso, & or-dine del canto cioeè con una sola mutatione esser bene & congruamente disposto. Dico anchora oltra di questo la mutatione douversi prosequire & piuù
tarda; & piuù longamente in quanto el sia possibile, ne far si deuve (nisi neces-sitate cogente) cioeè quando cantando si fa el transito oltra l'ordine de l'esacordo come eè quando se ascende, ouver descende per sette; ouver otto uvoci, o anchora per piuù &c.
El luogo delle mutationi per molle.
La definitione del molle.
Le chiauvi
La Ddefinitione di natura.
Quia omne medium de utroque
participat extremo.
El luogo de le mutationi per quadro.
La definitione di duro.
Le chiauvi
Delli Segni.
De la imperfettione delle figure.
Nam
similis a simili imperfici non potest, quia par in parem non habet imperium
neé da una sua maggiore, neé anchora dinanzi ad una sua simile: percheé la
regola dice. Similis ante similem non potest imperfici
: siì che si uvorrete imperficere una figura perfetta posta dinanzi ad una sua simile la farete negra, & page 13allhora saraà imperfetta, percheé ogni figura perfetta per la negrezza perde
la terza parte del suo uvalore. La figura perfetta si puoò imperficere da la sua
minore propinqua, ouver dal suo uvalore da la parte dinanzi non essendo posta peroò dinanzi a una sua simile & etiam da la parte di dietro, & questo che
uvi ho detto disopra uvi sia essemplo di ciascuna figura perfetta, & sapiate che
la similitudine de le figure se intende respetto de la forma, & non del colore,
& che se una breuve perfetta, poniamo fosse inanzi une breuve negra la si in-tenderia inanzi una sua simile per respetto de la forma. Nam forma, est que
dat esse rei.
Siì che regolarmente ogni figura perfetta quando li seguita im-mediate la sua minore propinqua la perde la terza parte del suo uvalore. Et
se la breuve perfetta uvien posta dinanzi a due semibreuvi ligate, ouver dinanzi
a due pause de semibreuvi poste in una medesima riga sempre la resta perfetta per la uvirtuù unita, ma se la ligatura e cosiì le pause fussino disgiunte, cioeè poste in due rige diuventeria imperfetta, e'l simil farete de la massima inanzi la
ligatura de le lunghe, ouver de le sue pause, & similmente de la lunga auvanti la ligatura de' breuvi &c Et queste tali figure si possono imperficere siì dalla
parte dinanzi come di drieto, & aduvertite che mai si deuve imperficere alcuna
figura perfetta, & cosiì le sue parti perfette incluse in essa oltra la terza parte,
& allhora questa tal figura saria imperfetta: quo ad omnes partes eius, la ragione eè accioò almeno la possi remanere in l'ultimo esser della imperfettione
cioeè, se la eè masssima, la resti in otto semibreuvi imperfette, se lunga in quat-tro, & se breuve in due.
De l'alteratione delle figure.
Del punto in canto misurato.
Delle pause.
Lo essemplo de le pause.
De li accidenti i quali si segnano fra le notule in processu cantus dinotante la perfettione.
Modus maior & minor perfectus.
Accidentia quae denotant tam modum maiorem quam minorem perfectum.
Accidentia quae denotant modum minorem [sic: tempus] perfectum.
Accidentia quae denotant prolationem perfectam.
Del uvalore de le notule cosiì perfette, come imperfette dimostrate per li segni, & per le pause.
Exemplum utriusque modi, ac temporis perfecti, prolationisque perfectae.
Exemplum utriusque modi, ac temporis perfecti prolationisque imperfectae.
Exemplum utriusque modi perfecti, temporis imperfecti, prolationisque perfectae.
Exemplum utriusque modi perfecti, temporis imperfecti prolationisque imperfectae.
Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti temporis perfecti prolationisque perfectae
Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti, temporis per-fecti, prolationisque imperfectae.
Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti, temporis im-perfecti prolationis uvero imperfectae.
Exemplum modi maioris perfecti, minoris imperfecti, temporis ac prolationis imperctae [sic: imperfectae].
Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporis ac prolationis perfectae.
Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporisque prolationis uvero imperfectae.
Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporis im-perfecti, prolationisque perfectae.
Exemplum modi maioris imperfecti, minoris perfecti, temporis ac prolationis imperfectae.
Exemplum utriusque modi imperfecti, temporis ac prolationis perfectae.
Exemplum utriuiq [sic: utriusque] modi imperfecti temporis imperfecti prolatio-nis uvero imperfectae.
Exemplum utriusque modi imperfecti, temporis imperfecti, prolatio-nis perfectae.
Exemplum utriusque modi imperfecti, ac temporis imperfecti, pro-lationis imperfectae.
Delli segni del tempo con prolatione.
Exemplum temporis perfecti, prolationisque perfectae.
Exemplum temporis perfecti, prolationisque imperfectae.
Exemplum temporis imperfecti, prolationisque perfectae.
Exemplum temporis imperfecti, prolationisque imperfectae.
De li segni del modo con tempo secondo li antichi.
Exemplum modi minoris perfecti, ac temporis perfecti.
Exemplum modi minoris imperfecti, temporisque perfecti.
Exemplum modi minoris perfecti, ac temporis imperfecti.
Exemplum modi minoris imperfecti, temporisque imperfecti.
Delle ligature delle notule del canto figurato.
oēs mediae sunt breuves
, & questo se intende quando sono piuù de due note
insiemi ligate. Ma se la ligatura ascende senza uvirgola, tutte sono breuvi, eccetto l'ultima, se la eè quadra & discenda, la eè lungha
se la discenderaà senza coda, o sia la prima quadra, ouver obli-qua semper la prima eè lungha, tutte le altre sono breuvi, saluvo l'ultima se la
eè quadra, & discenda, percheé allhora la eè lungha. La massima in ligatu-ra se cognosce per la grandez-za della sua forma, ut hic.
Et questo basti quanto alle ligature.
Delle proportioni.
- dui a dui 2/2
- tre a tre 3/3
- duo ad uno 2/1
- tre a due 3/2
- cinque a duo 5/2 &
- otto a tre 8/3
- du-pla. 2/1 4/2
- se tre uvol-te tripla 3/1 6/2
- se quattro uvolte quadrupla 4/1
- se cinque uvolte quintupla 5/1
- si sei uvolte sestupla 6/1 12/2
- si sette uvolte settupla 7/1
- si otto ottupla 8/1
- si nouve uvolte nonupla. 9/1
- si dieci uvolte decupla, 10/1 20/2
- due uvolte subdupla 1/2
- si tre uvolte subtripla. 1/3
- sesqualtera, ouver emiolia, quod idem est 3/2 6/4
- se una uvolta ella ter-za parte sesquitertia. 4/3 8/6
- se una uvolta ella quarta parte sesquiquarta. 5/4
- se una uvolta e, una quinta par-te sesquiquinta. 6/5
- se una uvolta e una sesta parte sequisesta [sic: sesquisesta]. 7/6
- se una parte e una settima sesquisettima. 8/7
- se una parte e una ottauva sesquiottauva. 9/8
- una uvolta e la mitaà saraà subsequaltera [sic: subsesqualtera] 2/3
- se una uvolta e la terza parte subsesquitertia 3/4
- superbipartiens tertias 5/3 10/6
- ma se una uvolta e tre parti saraà supertripartiens quartas come 7/4
- se una uvolta e quattro parti superquadripartiens quintas 9/5
- du-pla ses-qualtera 5/2 10/4
- se due uvolte e la terza parte dupla sesquitertia 7/3
- se due uvolte e la quar-ta dupla sesquiquarta 9/4
- tripla sesquialtera 7/2 14/4
- se tre uvolte e la terza parte tripla sesquitertia 10/3
- ma se quattro uvolte e la mitaà quadrupla sesqualtera co-me qui 9/2
- se quattro uvolte e la terza parte quadrupla sesquitertia 13/7
- tripla super obiptiens [sic: superbipartiens] tertias 11/3
- se quattro uvolte, & due parti qua dupla [sic: quadrupla] superbipartiens tertias. 14/3
Frustra fit per plura, quod fieri potest per pauciora
.i. che in uvan si fa per piuù
quello, che si puoò far commanco, ma essendo cosiì che la sesqualtera quel
medesimo effetto, & quella medesima possanza sortir possa, come conse-quisce essa emiolia, adunque inane & uvana eè la dispositione de la emiolia, ouvero la plenitudine de le notule equiuvalente alla habitudine della sesqualtera.
rRespondo, che no [sic: non] senza causa li musici hanno instituita & ordinata questa
plenitudine di notule equipollente alla sesqualtera, (anzi diuversi effetti conseguisce) & primo che sempre (como ho prouvato) presuppone perfettione.
sSecondo, accioò che le parole disposte alli moduli alternatamente secondo li loro affetti correspondano, percheé come appresso gli oratori tre generi, cioeè tre
sorti & qualitati di dire se considerano, cioeè dimostratiuva, deliberatiuva, & giudiciale, & questo per la exigentia di diuversi negotii, & di diuverse facende, cose, & operationi, cosiì appresso li musici, otto modi si considerano. per il che
poco conto far si deuve di quelli compositori li quali ignorano li effetti de' mo-page 29di, & de' signi & de le proportioni. Questo che eè detto fin qui basteraà quanto alla cognitione delle proportioni, & alla ragione, & uso di quelle.
Seguita il contrapunto.
in quo-libet loco manus, ubi species propriae reperiri possunt.
Et ciascuno de' pre-detti tuoni puoò esser perfetto, diminuto, superfluo: misto, commisto: re-golare, & irregolare. I tuoni autentici perfetti sono quegli che ascendono in
fino al diapason, cioeè una ottauva sopra il suo regolar fine, & se ascendono
piuù si dimandano superflui, & se manco diminuti. I tuoni plagali perfetti
sono quegli che discendono una quarta sotto il suo regolare fine, & se discendono piuù si dimandano superflui, & se manco si dimandano diminuti. Ma page 30i tuoni misti uveramente sono quegli che participano del ascendere, & discendere del suo socio come eè il primo con il secondo, il terzo con il quarto. I tuoni
commisti sono quegli che participano del ascendere & discendere, & anchor
mediatione con altro tuono che non sia suo compagno com'eè il primo, con
il terzo &c. I tuoni regolari sono quegli che finiscono ne' luoghi suoi proprii
& determinati. I tuoni irregolari sono quegli che finiscono in altro luoco
che nel suo loco proprio. Anchora notate circa la compositione de' predetti
tuoni che il primo & il secondo tuono si compongono della prima specie del
diapente, cioeè, re la, & della prima specie del diatessaron, cioeè, re sol, el diatessaron nel primo tuono eè disopra del diapente, nel secondo eè disotto. Il terzo & quarto tuono si compongono della seconda specie del diapente, cioeè,
mi mi, & della seconda del diatessaron mi la, el diatessaron nel terzo tuono
eè disopra del diapente, nel quarto eè disotto. Il quinto & sesto tuono si com-pongono della terza specie del diapente, cioeè fa fa. & della terza del diatessaron, ut fa, el diatessaron nel quinto tuono eè disopra del diapente, nel sesto
eè disotto. Il settimo & ottauvo tuono si compongono della quarta specie del
diapente, cioeè ut sol, & de la prima specie del diatessaron re sol, el diatessa-ron nel settimo tuono eè disopra del diapente, nel ottauvo eè disotto. Tutti i tuoni plagali hanno medesimi diapente, & diatasseron [sic: diatessaron] come i suoi autentici, ma
sono differenti in questo, che gli autentici hanno il diatessaron sopra il dia-pente, & i plagali disotto, come appar qui in questo essemplo.
De' principii & distintioni de' tuoni.
Della intonatione, & mediatione de' psalmi di ciascun tuono.
Primus cum sexto fa sol la semper habeto
Tertius & octauvus, ut re fa, sicque secundus,
la sol la, quartus, fa la re fa, sit
tibi quintus.
Septimus fa mi fa sol sic omnes esse recordor.
Hora per le me-diationi saranno questi.
Septimus & sextus, dant fa mi re mi quoque primus.
Quintus & octauvus, dant
fa sol fa sicque secundus.
Sol fa mi fa Ternus, ut re mi re dat tibi quartus.
Delle consonantie.
De la prima regola da esser osseruvata in la composition del contrapunto.
Seguita un'altra regola del contrapunto ad uvidendum.
in medio enim percussionum, quae
per sonos fiunt, quaedam euveniunt taciturnitates, quibus soni ab inuvicem discernuntur.
Et notate che quante uvolte uvoi uvorrete sincopare per tertie, & se-conde, & poi uvenire a l'unisono, ouver schiuvarlo, cioeè fingendo uvoler andare,
farete che'l soprano principia per terza con il tenore con figure simili. Ma fate
che'l tenore faccia una pausa di minima in integra misura. Et in la non inte-gra uvoi anchora el potete usare & la penultima sia minima del tenore & al-hora il tenore, cioeè el canto fermo saraà mobile, & figurato per la diuersitaà de
la figuratione delle figure. Et questo modo di sincopare operiamo discendendo tutte due le parti. Et cosiì anchora ascendendo si forma la sincopa per sesta
& settima, ma la pausa, ouver suspiro (come i uvolgari la chiamano) tocca al page 37suprano [sic: soprano] al contrario della sincopa per terza, & seconda causante, & la penultima del soprano saraà minima, che batteraà sesta con il tenore, & l'ultima daraà
ottauva, uvolendo andare a la cadentia propria, Et se qualche uvolta la uvorrete
schiuvare, uvi con qual parte uvi parreraà piuù a proposito uvostro, percheé (come
uvi ho detto) la perfettione si causa per la uvarietaà. & notate, che se il canto fermo
ascendesse, ouver discendesse per quinta, & uvoi fussi in quinta col soprano,
cioeè col tenore su la penultima nota, non ascenderete mai con diminutione,
poniamo di semiminime, neé anchora discenderete per trouvaruvi su la secon-da in quinta, percheé le sariano due quinte, & non uvale a dire la seconda semiminima eè quarta, la terza eè terza, & la quarta eè seconda, & questo eè per la ce-leritaà di moti, siì che l'eè tanto, quanto se uvoi dicessi ut sol, ut sol, a dir ut sol, ut re
mi fa sol, ouver dire sol ut, sol fa mi re ut, & similmente aduvertirete in le altre
specie perfette. Anchora notate che se noi ne ritrouviamo col canto fermo in otta-uva con il soprano, poniamo, che'l canto fermo sia in A la mi re acuto, & descenda
in G sol re ut acuto, dicendo re ut. Il soprano principia per ottauva in A la mi re Et
dice per una minima, & due seminime, & poi una semibreuve la sol fa sol. La minima eè ottauva, la prima semiminima settima, & la scda sesta. Et poi la semibre-uve ottauva, ch'eè in G sol re ut sopracuto. Io uvi dico, che per la celeritaà de' moti
li quali se causano in quelle semiminime, uvoi non douvete usarle, percheé le pareriano due ottauve. Siì che per queste regole sappiate usare le specie, siì perfet-te, come imperfette. Et quando uvoi uvorrete andare a la cadentia perfetta sempre la penultima de' essere dissonantia in sincopa con la penultima la quale
de' essere specie imperfetta, come uvi ho diachiarato in le regole soprascritte. Siì
che uvolendo peruvenire a la cadentia de la ottauva, fate che l'antepenultima sia
settima sincopa, & la penultima sesta. Intendete perhoò col canto fermo, ouver
tenore, & tal sesta bisogna sia maggiore, percheé la sesta minore non eè atta a la
acuitaà, ma ben a la grauvitaà. Et perhoò assumate una regola generale che ogni
uvolta, che uvoi anderete ad una specie imperfetta, & poi uvorrete ascendere ad
una maggiore specie d'essa, cosiì perfetta, come imperfetta, se quella specie eè
minore, fatela maggiore con il segno de la sustentatione, la quale sustentatione si dimostra con questo segno. La ragione eè, percheé ogni specie
imperfetta (come ho dimostrato) est duplex, cioeè maggiore, & minore, la
maggiore ha piuù de la minore uno apotome, cioeè uno semituono maggio-re. Siì che la sesta maggiore piglia piuù del continuo di quello, che fa la minore.
Et per consequente la eè piuù acuta, & adunque piuù atta alla acuitaà. Et la minore
non cosiì per assumere manco del continuo, la eè meno acuta, & per consequenpage 38te piuù atta alla grauvitaà. Et questa rogola [sic: regola] eè generale a tutte le specie imperfet-te. se uvorrete finire, ouvero far cadentia per quinta, farete l'antepenultima quarta in sincopa, & la penultima tertia. Ma se uvorrete finire, ouver far cadentia per
unisono, farete l'antepenultima seconda in sincopa, & la penultima terza. Et
poi anchora potrete con la parte del soprano sincopare per quinta, & sesta
ascendendo, [sic: .]Regola di comporre a tre uvoci.
Regola di comporre a quattro uvoci.
Modo, & osseruvatione di comporre qualunche concento.
distinctio est temporis, & sensus finitio. Subdistinctio est nec temporis, nec sensus finitio. Mora est requiem animi. Inter di-stinctionem, & subdistinctionem, & moram, hoc interest, quod distinctio
perfectum sensum declarat, subdistinctio inferri aliquid significat. Mora reficit lectorem simulque sensibus lumen accommodat.
Oltra questo sforzate-uvi di far il concento uvostro che sia allegro, suauve, pieno d'armonia, dolce,
risonante, grauve, & facile nel cantare, cioeè di consonantie usitate, come so-no tertie, quarte, quinte, seste, & ottauve. Ma schiuvateuvi di porre nelle uvostre
compositioni il tritono, il diapente diminuto, & il diapason superfluo, co-siì ascendenti, come discendenti, per essere interuvali distonati, & difficili
a pronuntiarli, non si debbono porre ne' concenti. Et cosiì la settima, la no-na, & la undecima, ob earum difficultatem raro accedunt in usum musicum.
Similmente non fate che'l contrabasso del uvostro concento sia incommodo,
cioeè che non continuano in profundum. Et auvertite di non far barbarismi
nel comporre le notule sopra le parole, cioeè non ponete lo accento lungo
sopra le sillabe breuvi, ouver l'accento breuve sopra le sillabe lunghe. quia est
contra regulam artis grammatice
. senza la quale niuno puoò esser buono
musico, la quale insegna pronunciare & scriuvere drittamente. Schiuvateuvi
adunque dal barbarismo, il quale secondo Isidoro eè enunciatione di paro-le corrota la lettera, ouver il suono, pertanto: osseruverete li accenti gramma-tici, i quali hanno quantitaà temporale, cioeè tempo lungo & breuve. Bencheé page 41sono pochi compositori, che osseruvano li accenti grammarici [sic: grammatici] nel comporre
le notule sopra le parole (de indoctis loquor). L'accento eè certa legge, & rogola [sic: regola]
a alzare, & abassare la sillaba di ciscuna [sic: ciascuna] particella di oratione, & debbesi fare
causalmente nella lettera, initialmente nella sillaba, & ditionalmente nella ditio-ne, & particolarmente nella oratione. Accento si dice quasi a' canti, cioeè secondo
il canto, percheé si fa conoscere le sillabe nella cantilena della uvoce. I greci lo
dicono prosodia, da' latini anchora si chiama tuono & tenore, percheé quiuvi il
suono cresce & finisce. I tenori delli accenti sono tre, acuto, grauve, & circunfles-so. Acuto accento eè detto percheé acuisce & eleuva la sillaba. Grauve percheé deprime & depone percheé eè contrario allo acuto il circunflesso, percheé eè composto dal-lo acuto & del grauve, percheé cominciando dallo acuto finisce, nel grauve, & cosiì
mentre che saglie & discende si fa circunflesso. Et lo acuto & il circunflesso so-no simili, percheé l'uno & l'altro inalza la sillaba. Il grauve appare contrario ambeduoi, percheé sempre deprime le sillabe eleuvandole quegli. Le figure degli accenti (le quali da' grammatici) [sic: ] si pingino per le distintioni de parole) sono tre, cioeè
acuto, grauve, & circunflesso. Accento acuto eè linea tendente dalla sinistra nella destra allo in suù a questo modo ´ grave eè linea tendente dalla destra nella
sinistra allo ingiuù in questo modo ` Il circunflesso si compone di ambeduoi
in questo modo ^ Lo accento acuto si pone sopra l'ultima, penultima, & antepenultima sillaba. Grauve si pone solamente sopra la ultima, & di raro usa-no questi i latini. Circunflesso si pone sopra la ultima, & sopra la penultima
si trouva appresso Vergilio nel sesto. Li accenti sono stati trouvati o per la di-stintione, o per la pronunciatione, o per causa di discernere la ambiguitaà. Circa gli accenti nel uverso uvulgare sono tre modi. pPrimo, quando cade nella sillaba antepenultima, quale rende il suono sdruccioloso, quando cade poi so-pra l'ultima sillaba, rende il suono grauve, & quando cade sopra la penultima,
rende il suono temperato, se caderaà lo accento sopra l'ultima in fine del uver-so, & che sia d'una sillaba, si puoò numerare per due sillabe, che uverria il uverso
essere di dieci sillabe, il che molto si usa. Alla formation del uverso necessaria-mente richiede, che gli accenti caggino sopra la quarta, o sesta, o decima sillaba,
percheé ogni uvolta che in altro luoco cadesse, non saria piuù uverso, & che sotto
uno accento non stano piuù che tre sillabe, & non si pongono gli accenti se non sopra
le sillabe lunghe. Notate ultimamente questa regola, che tutti i uversi uvulgari di
sette sillabe sempre la penultima si tiene, & in tutti quegli di otto la terza, & la
penultima. Et in tutti quegli de undeci la sesta & la penultima, & qualche
uvolta la quarta, ma rare uvolte accade. Ma quando accadesse tenere la quarta, page 42non torrete la sesta, ma la quarta, & la penultima. E' necessario, che'l compo-sitore habbia cognitione del metro, o uverso, saper che cosa eè piede, & quante
sillabe puoò hauvere, & la qualitaà di quelle, cioeè quali sono lunghe, & quali sono breuvi, & saper scandere il uverso, & douve si fa la cesura, & la collisione. Et similmente sapere, douve cade la comma, & il cola nel periodo, siì nel uverso come
nella prosa. BEDA comma genus distinctionis, quando post duos, uvel tres
pedes superest syllaba, quae partem terminet orationis quando uvero post duos
uvel tres pedes nihil remanet, colum dicitur, quae tamen nomina apud orato-res indifferenter ponuntur, qui integram sententiam periodon appellant.
Partem autem cola, & commata dicuntur, ut puta apud apostolum, sustinetis
enim, si quis uvos in seruvitutem redigit, colum est, si quis deuvorat, colum est,
si quis accipit, colum est, si quis extollitur, & caetera usque ad plenam sententiam,
cola sunt, & commata. Plena autem sententia periodus est. Interpretatur autem
colum membrum, comma incisio, periodus clausula, siuve circuitus.
DONATVUS
tres sunt positurae, uvel distinctiones, quas thesis graeci uvocant distinctio,
subdistinctio, media distinctio. Distinctio est, ubi finitur plena sententia, hu-ius punctum ad summam litteram ponimus. Subdistinctio est, ubi non multum
superest de sententia, quod tamen necessario separatim mox inferendum sit.
hHuius punctum ad imam littera ponimus, [sic: .] Media distinctio est, ubi fere tantum de sententia superest, quantum iam diximus, quum tamen respirandum est.
hHuius punctum ad mediam litteram ponimus. In lectione tota sententia periodus dicitur, cuius partes sunt cola, & commata.
Il piede nel uverso eè eleuvatione, & positione di due, o tre, o piuù sillabe compresa dallo spatio, ouver piede eè
compositione di sillabe con certa osseruvatione di tempi riceuvente la lavatio
ne [sic: levatione], & la positione, le quali si dicano in greco arsis, & thesis, percheé di una sillaba, anchora che fusse lunga, non si puoò fare il piede, percheé si fa di due repercosse, non con dui tempi. pPercheé bisogna ferire due uvolte anchora due bre-uvi. La cesura nel metro eè una decora terminatione di uvoce notata nel mezo
de uversi. La scansione eè legitima distintione, e dimensione del metro in ciascu-no piede. La collisione, che in greco si dice synalephe & ectlipsis [sic: eclipsis], si fa quando
finisce alcuna dittione in uvocale, ouver in m littera, & la sequente comincia an-chora da uvocale, percheé all'hora la prima uvocale, ouver m con la sua uvocale
si esclude. Fassi anchora nel fine del uverso, quando finendo in uvocale, o in m
littera suprabonda la sillaba, & il sequente uverso comincia dalle uvocali. Il me-tro eè una certa connessione, & ordinatione di piedi trouvata alla delettatione
de gli orechi. Medesimamente il metro eè una struttura, & copulatione di uvo-page 43ci finita con numero, & modo, & eè il medesimo, che il uverso. Il quale per questo si dice cosiì, che tanto lungamente si debba uvoltare in fino a che rettamente si constituisca. Metro in greco in latino si dice dimensione, percheé misuriamo il uverso con certi piedi. I piedi con tempi, & eè differente dal rhythmo, il quale Fabio uvuole che sia numero, che il metro ha certo, & finito spacio, il rhythmo neé ha fine certo, neé alcuna uvarietaà nel contesto. ma percheé comincioò per
la leuvatione, & positione scorre in fine al fine. Ma BEDA interpreta il rythmo una modulata compositione, esaminata non per metrica ragione, ma per
numero de sillabe a' giudicio de gli orecchi, come sono uversi di poeti uvulga-ri, & appare il rhythmo essere simile a' metri, & certamente per seé senza metro
non puoò esser, percheé metro eè ragione con modulatione, rhythmo modulatione senza ragione. Nondimeno el piuù delle volte per certo caso trouverrai
anchora la ragioni [sic: ragione] nel rhythmo non seruvata per la moderatione dello artifi-cio, ma per suono, & essa modulatione conducente, il quale i uvulgari poeti
di necessitaà rusticamente, dotti fanno dottamente. Ma i greci affermano il
rhythmo essere composto di arsis & thesis, & di tempo. Il che alcuni chiamauvano uvacuo. Aristexeno [sic: Aristoxeno] disse, questo essere tempo diuviso in ciascuno di que-sti che numerosamente si possono comporre. Ma secondo Nicomaco rhythmo eè una ordinata compositione di tempi. mMedesimamente rhythmo uvulgare eè uno certo genere di dettare. Dettare niente altro eè, che una congrua & ordinata, o decora loquutione di qualunche cosa. mMa della struttura, o dissimile contesto non appartiene a noi definire regole o canoni a tutte le cose per-cheé lasiamo [sic: lasciamo] ad essi poeti le lor cose proprie.
in Vinegia del Mese di Maggio Ne l'anno M. D. XXXX.