page 604NICOLO' BURTIO.
Ancorchè fra' Musici Nicolò Burtio non meriti i primi luoghi, non lascere-mo di mandar a' posteri la memoria di lui. Nacque egli in Parma d'honesta
famiglia; e, data primieramente opera a le leggi Pontificie, diedesi poi tutto
a gli studii de la Musica.
Scrisse un'operetta, detta da lui il
Libretto de' flori:
il quale, come appare ne la sua
dedicatoria, donò egli a' poueri Chierici e
Religiosi. Diuise la detta sua fatica in tre trattati. Nel
primo de' quali mostra
ciò che sia Musica e le lodi sue, di quante sorti ella sia, chi sia il Musico,
de la differenza fra 'l Musico e 'l Cantore, quello che sia suono, la diffinitione
generale del suono, che sia uoce, come si formi, ciò che sia consonanza e
dissonanza, ciò che sia harmonia, quale fra gli huomini habbia cantato prima,
delle generi di Meli, quali siano le constitutioni e congiuntioni musicali, e
quali siano più necessarie, et inoltre de' Tropi e modi, e da chi siano stati
ritrouati. Ne la
seconda parte o trattato insegna ciò che sia canto misto, che,
com'egli dice, uolgarmente si chiama Contrapunto, e come si componga. Nel
terzo trattato mostra ciò che sia canto figurato, il tempo e ualore de le note,
ciò che sia numero e proportione, con la diuisione del Monocordo. E queste
cose tutte raccolse egli da uarii autori de la proffessione, e pose insieme in
forma d'un introduttorio breue, acciochè più uolentieri fossero lette e man
-date à memoria le cose scritte da lui, hauendo, com'egli dice, in mente quel
precetto d'Horatio:
Quicquid praecipies, esto breuis; ut cito dicta,
Percipiant, anim dociles, teneantque fideles:
Omne superuacuum pieno de pectore manat.
Scrisse egli quest'opera in foggia d'inuettiua, contro uno Spagnuolo, suo con-tomporaneo e familiare, dicendo d'hauer lui prestato de' libri in Bologna, il
quale però non nomina. Haueua quello Spagnuolo, come si raccoglie da le
parole del Burtio, scritto e publicato un'opera di Musica, ne la quale diceua
male de le cose di Guidone Aretino, e le laceraua à più potere. Laonde Ni-colò, il quale al detto scrittore sopra tutti gli altri era affettionato, non po-tendo soffrirlo, si pose à scriuere il sopradetto trattato, nel quale con molte
ragioni diffende Guido, et à più potere ua mordendo e ripungendo colui.
Mostra egli in quest'opera, da l'allegationi sue, d'essere stato molto studioso,
citando grandissimo numero di scrittori. Tuttauia fa egli proffessione sopra
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tutti gli altri d'hauer seguito Boetio e Guidone. Scrisse egli Latino, ma con
modo così rozo e barbaro, che bene si uede coperto da la rugine di que' tempi.
Dilettossi nondimeno, così ruuido, di poesia: il che si raccoglie da que' uersi
ch'egli pose
in fine del libro suo, il principio de' quali è tale:
Dulcia qui tentas uocum modulamina scire
Hunc eme: qui facili sub breuitate docet.
Nil homini melius sacro turbaeque potentum
Dulcisonos cantus noscere, crede mihi;
e quelli che seguono, che sono molti; ne' quali, secondo me, haueua molto
meno infelicità di quello che s'hauesse ne la prosa. Aggiunse egli al fine,
in uece di Appendice, alcune cose d'Astrologia, e chiama il
cap.º, oue egli ne
tratta, Micrologo, oue non fa altro che celebrare al meglio che può le lodi
de la detta scienza; ancorchè con poco ordine più tosto egli accumuli cose,
ch'egli ne tessa encomio ragioneuole. Fu l'opera sua, uiuendo egli, stampata
in Bologna, procurando ciò un Hugone de' Rugieri, che si dilettaua di questi
studii, l'anno del signore mille quattrocento ottantasette, l'ultimo d'Aprile.
A dì 16 Dicembre 1595.
page 633GIOSEFFE ZARLINO.
Quella ragione che ci mosse a scriuere la uita di Aristosseno, ci moue anco
à stendere quella di Gioseffo Zarlino; poichè questi fu, non solo Cantore, ma
Musico etiandio, cioè Matematico e Teorico in quella proffessione. Nè credo
di douere scriuere di lui menzogne, poichè de la bocca sua propria ho inteso
gran parte de le cose che appartengono a l'historia sua.
Furono i genitori di
Gioseffe persone di honesta conditione, la patria de' quali fu Alessandria de la
Paglia; onde partiti per cagione di guerra, si trasferirono à Cremona, et indi
si fecero habitatori di Chioggia. Il padre chiamossi Giouanni de' Zarlini, e la
madre Maria. Nacque Gioseffe in Chioggia l'anno del dicianoue, l'ultimo giorno
di Genaio. Hebbe egli da' primi anni molta inclinatione a la uita religiosa, e
ne la patria medesima diede opera a gli studi puerili.
La Grammatica imparò egli
da un Giacobo Eterno Sanese, huomo di buone lettere e greche e latine; la
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pratica de l'Arimmetica e de la Geometria apprese da un Giorgio Atanagi, che
alhora seruiua il publico ne l'insegnar le dette arti. I primi principii Musicali
gli furono mostrati da un Frate Francesco Maria Delfico, Minore Osseruante.
Il primo che gli insegnasse il sonar d'organi fu un Marco Ant.º Cauazzoni, Bo
-lognese, cognominato l'Urbino. Sotto la disciplina dunque di costoro andossi
egli essercitando gli anni de la fanciullezza, con profitto mirabile, ma sopra
tuto ne gli studii Geometricie de la Musica.
Vestissi gli habiti clericali di
uentidue anni, et indi à poco tempo trasferissi à Venetia; perciochè, hauendo
egli alcuni anni prima hauuto l'organo del Domo di Chioggia, fu sforzato da
persecutioni de' maleuoli à lasciarlo, il che gli fu cagione di molto bene; per-ciochè quello che non haurebbe mai potuto imparare ne la patria sua, hebbe
larghissima commodità d'apprendere in quella città nobilissima. Iui dunque
attese à la Logica et a la Filosofia, sotto la disciplina d'un Cristoforo da Li-gname, Filosofo, Medico, e gentilhuomo Padouano. La lingua greca finì d'im-parare da un Guglielmo Fiammingo, e i principii de la lingua hebrea apprese
da un nepote di quel grandissimo Grammatico hebreo, Elia Tesbite; benchè à
quella lingua, com'egli mi dicea, non attendesse molto, essendo tirato da studii
di maggior importanza a la proffessione ch'egli s'haueua proposto di fare.
Haueua egli in pensiero, mosso da una naturale inclinatione, di farsi grande
ne lo studio de la Musica, et arriuar in quello à qualche grado di eccellenza.
Per affinarsi dunque, e dar perfettione à que' principii ch'egli s'hauesse
preparati in Chioggia, accostossi ad Hadriano Villaert, nato nel territorio di
Bruggia, huomo eccellentissimo in quella proffessione, e padre, come tutti con-fessano, de la musica florida: la quale è si lodata à questi tempi, perciochè
de la sua scuola sono usciti Cipriano di Rore, Orlando di Lasso, e tutti gli
altri migliori. Sotto la disciplina di questo grand'huomo si essercitò tre anni
intieri; nel qual tempo, essendo arriuato à gran termine, (fu) conosciuta l'eccellenza
sua, essendo egli d'anni quarantasei. Morto Hadriano, e Cipriano, successore di
lui, partito dal seruitio de la Signoria, hebbe il carico di mastro di Capella
di S. Marco.
Prima ch'egli hauesse il detto uffitio, imbeuutosi de la dottrina di
Hadriano, e parte aiutato da la cognitione [de] le Matematiche e de l'Arimmetica, ue
-dendo che le cose de la Teorica musicale erano molto imperfettamente trattate da'
moderni, studiando i migliori Musici antichi, cioè Tolomeo, Boetio et altri, scrissene
una grande et util opera, intitolata le
Institutioni de la Musica: e questa in
lingua italiana, acciochè da qualsiuoglia Musico potessero essere studiate.
Sono queste
Institutioni ripiene di uaria e florida dottrina, onde può argo
-mentarsi, ch'egli fosse uersatissimo ne libri di qualsiuoglia proffessione; perciochè
ui si ueggono allegati Filosofi, Historici, Oratori, Poeti, e greci e latini, oltra
i Musici e Matematici, et altri scrittori de la sua proffesione. Di maniera che
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da quest'opera non sarebbe difficile il raccorre l'Historia musica.
Ragionauisi,
come è douere, de le proportioni appartenenti al Musico, e si discende a la
prattica et a l'operatione. Parlaui de la Musica antica, e ua filosofando quali
cose habbiano possanza d'indur l'huomo à diuerse passioni, e come l'Harmonia,
la Melodia e' l numero habbiano forza mouer gli animi, e disporli a uarii af-fetti, et informarli à uarii costumi; et aggiunge con qual sorte di Musica
fossero mossi gli affetti che si scriuono. Va poi inuestigando, onde nascano i
tuoni graui e gli acuti; disputa de le uoci, de le consonanze e dissonanze
del canto, de le modulationi, de gli interualli, de' generi del canto appresso gli an-tichi. Insegnaui di multiplicare e diuidere le consonanze; nel che fare seruesi
de le dimostrationi lineari e geometriche, e parte del Mesolabio d'Eratostene,
di cui egli scriue la fabrica e l'uso, applicandolo a le cose musicali. Discor-reui del Monocordo, e ponui le ragioni de le sue diuisioni.
Nel
primo libro,
per uenire a le parti ne le quali egli è diuiso, oltra molte altre cose appar
-tenenti a la cognitione perfetta de la Musica, ragionasi copiosamente de' nu
-meri e de le proportioni, che sono la forma de le consonanze, e questa è la
prima parte de la parte specolatiua. Nel
secondo tratta solamente de le uoci
e de' suoni, che sono la materia de le consonanze, e ragionauisi etiandio d'altre
cose appartenenti a la specolatione, Nel
terzo si tratta copiosamente del modo
del porre insieme le consonanze, che sono la materia de le Cantilene, et è questa
quell'arte che uolgarmente si dice Contrapunto; et è questa la prima parte
de la seconda parte, in cui egli attende a la Pratica. In questa parte tratta
egli a lungo de le consonanze perfette et imperfette, de le dissonanze, de gli
unisoni, de' tuoni e semituoni, insomma non lascia egli cosa alcuna a dietro,
di quelle che appartengono al Contrapunto. Nel
quarto tratta a pieno de' modi,
o tuoni, che sono le forme de le compositioni musicali; e questa è la seconda
parte de la seconda parte, cioè Prattica. Non diuide egli dunque l'opera in
libri, ma in parti; e ne l'ultima, oltra i dodici modi, ragiona dottamente, come
le harmonie debbano accomodarsi a le parole del soggetto. Chiude finalmente
tutta l'opera con due capitoli: ne l'uno, che è il
trentesimo quinto, discorre
de le parti che debba hauere ciascheduno che desideri di peruenire a qualche
perfettione e grado ne la Musica; ne l'
altro, che segue a quello, discorre de
la fallacia de' sensi, e che il giuditio deue farsi, non solamente col mezo loro,
ma con la compagnia insieme de la ragione. Quest'opera, essendo egli già
Maestro di Capella di S. Marco, ristampò, migliorata in molti modi, con l'aggiunta
di molti secreti appartenenti a la patria; e questa dedicò a Vincenzo Diedo, alhora
Patriarca di Venetia.
Nel tempo ch'egli scrisse il libro de le
Institutioni, scrisse
ancora un altro uolume, ch'egli intitolò
Demostrationi harmoniche; nel quale, in
cinque ragionamenti, demostrò tutte le cose che s'aspettano a le ragioni de la Musi
-page 636ca.
Publicati que' due uolumi, considerando che in loro ui si poteuano desiderar
molte cose, e trouar difficoltà bisognose di dichiarationi e di luce, per coloro,
che non sono così pienamente uersati in questa proffessione, pigliò noua impresa
di scriuere un altro assai gran uolume, che egli intitolò
Supplementi Musicali.
La cagione dunque principale che lo mosse, oltra la detta, fu, com'egli nel
proemio afferma, il uedere che le cose scritte da lui ne' due primi uolumi
erano da molti state non bene intese; l'altra, l'hauere alcuni moderni scrittori
tentato i detrahergli, e di gittar a terra, per malignità et inuidia, com'egli
dice, le cose sue. Questo suo detrattore per modestia recusa egli di nominare;
ma bene, da una lettera scrittagli dal medesimo de l'anno del settantotto, appare
ch'egli fosse suo discepolo, nel tempo che Cipriano di Rore seruiua la Signoria.
Questo suo emolo innominato fu Francisco Salines, Spagnuolo; il quale, con
-uersato lungo tempo in Italia, scrisse un
libro di Musica assai pieno, nel quale
si sforzò di gittar à terra tutte quasi quelle cose de le quali Gioseffe faceua
proffessione d'essere stato inuentore. L'opera di costui uenne à le mani al Zar
-lino, prima ch'egli hauesse publicato i
Supplementi; onde, presa l'occasione,
inserì nel detto uolume tutte le cose che conobbe necessarie à diffendersi, et
a scoprire, o la mala intelligenza, o la malignità di quell'altro.
E perchè
egli, in una lettera che mi scrisse de l'ottantanoue, commemora, quasi per capi,
le cose nouamente ritrouate e considerate da lui, non sarà fuori di proposito
inserirle in questo luogo:
Quanto a la cosa del Salines (dice egli), saprà che,
prima ch'io ponessi in luce i miei scritti di Musica, in questa scienza erano
altramente considerate le cose di quello che considerano al presente: de
le quali narrerò solamente alquante de le più importanti, per non andar in
lungo. E prima le forme de le consonanze, che chiamano imperfette, erano
d'altra proportione di quello che hora si siano; perciochè, come io di
-mostro in più luoghi, e spetialmente nel
cap. 3º del p.º de le
Istitutioni,
e nel
15º, e ne la
2ª diffinitione del 2º de le
Demostrationi, et ultimamente
nel
c. 3º de'
Supplimenti, et in molti altri luoghi, sono contenute ne le
parti del numero senario; e gli antichi uoleuano, che solamente quelle fos
-sero consonanze, che haueuano le loro forme tra le parti del quaternario,
come nel principio del p.º de le
Demostrationi ho demostrato. E, se bene da
alcuni altri fu hauuta questa opinione, nondimeno non la dimostrarono, ma
stettero à quello che si teneua de la più parte de' Musici; onde il Salines
tratta cotesta cosa con nouo commento, et in un altro modo, nel
2º libro
de la
Musica per tutto.
Io ho detto, che la Diatessaron, contra l'opinione
de' moderni, è consonante, e l'ho demostrato nel
c. 5 de la 2ª parte de le
Institutioni, et in molti altri luoghi; et il Salines ha pigliato, di parola in
parola, quello ch'io scriuo di cotal cosa, come si uede nel
c. 9 del detto page 637
2º libro.
Lasciarò da parte il parlare de le diuisioni e compositioni de' ge
-neri de' l'harmonie, e dirò ch'io ho demostrato tre partecipationi o tempe
-ramenti de gli instrumenti da corde: l'una nel
c. 42, con li due seguenti: (La pri
-ma) la quale si tratta e demostra nel
c. 20 del 3º libro; la seconda io di
-mostro ne la
prima proposta del quinto de le
Demostrationi, la quale è, da
lui demostrata nel
c. 24 del 3º libro de la
Musica; ma la 3ª ho solamente
accennata nella
p.ª proposta del 4º de le
Demostrationi, e commemorata e
non demostrata, la quale egli commenta e demostra nel
c. 16 del detto
3º libro. Ma, in materia di questi temperamenti, egli insegna di diuidere
qual si uoglia linea data in quante parti si uuole proportionate; e tanto
è al proposito, quanto le noci a la tosse. E da questo si comprende, come
egli possa intendere queste participationi, le quali dice hauer ritrouato in
Roma, quando era giouane.
Ho assegnato il luogo de le spetie de le dette
consonanze, fuori de l'uso moderno, ne le Institutioni e ne le Demostrationi,
perchè così uuole la ragione; et ho dimostrato, che la Diapason C. D. E.
F; G; a
etc [sic: et c]. è la prima consonante che si consideri ne la Musica; e che
da essa, seguendo l'altre per ordine, incommincia il primo modo o tuono
de le dodici; il che fa anco esso Salines nel
c. 2º del suo 4º libro, e ne l'
8º
e nel
19º.
Queste poche cose ho uoluto ricordare, le quali ho poste in uso,
senza l'altre che sono noue, conosciute solamente da gli studiosi: le quali
lascio, perchè sono stanco di scriuere.
Hora, per tornare al libro de'
Sup-plementi, diuise egli quell'opera in otto libri. Nel
p.º de' quali tratta de le cose
communi, che sono come principii e premesse a l'intelligenza de le cose scritte
ne gli altri libri seguenti del detto trattato, come sarebbe del suono, de l'inter
-uallo, del genere, de le constitutioni, del tuono e de la mutatione, et ultima
-mente de la Melopea. Ma quello che tratti à parte per parte ne'
sette libri se-guenti, facilmente può uedersi da chi legge l'opera medesima.
Diremo dunque,
com'egli stesso afferma, che, quando si diede a l'inuestigationi de' secreti de la
Musica, non si propose di seguir particolarmente alcuna setta de' Musici antichi,
nè alcuno de gli scrittori moderni, così ne la speculatione, come ne la pratica;
ma solamente attenersi a la uerità semplice de le cose, col ricercar le loro pas
-sioni; e questo col mezo del senso e de la ragione, congiunti con l'esperienza.
Vidde nondimeno, com'egli afferma e si conosce da chi legge le cose sue, tutti
quelli scrittori, così greci come latini, che poterono capitargli a le mani, come
sono Aristosseno, Euclide, Nicomaco, Tolomeo, Aristide Quintiliano, Emanuele
Briennio, Gaudentio filosofo, Bacchio, Psello et Alipio, con alcuni altri, l'opere
de' quali si trouano imperfette, e senza nome di autore. De' Latini uide Boetio,
Guido Monaco Aretino, il Fabro Stapulese, Franchino Gaffuro da Lodi, Lodouico
Fogliano da Modena, il Glareano, e molti altri, da' migliori de' quali imparò
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molte cose; nè uolle credere a cosa che da costoro fosse scritta, senza espe
-rimentarla; nè uolle uenir a l'esperienza, senz'altri amici suoi, intendenti de l'arte,
sapendo quanto sia, non solo possibile, ma facile ancora l'ingannarsi. Laonde,
non sparagnando à spesa alcuna, fece fare instrumenti, che lo poteuano condurre
a la cognitione del uero.
Trouò dunque con queste diligenze, che le forme de le
consonanze, e d'altri interualli che s'usano a' nostri tempi ne le canzoni uocali
e naturali, non sono cose de l'arte, nè inuentione de l'huomo, ma da la natura
stessa prodotte, e collocate fra molte cose, e spetialmente fra le parti del pri-mo numero perfetto, che è il Senario; e queste, da l'arte poi ordiuate [sic: ordinate], e ritrouate
fra le corde et interualli di quella spetie, ch'egli chiama sempre Naturale, detta
da Tolomeo Sintono Diatonico. Tiene egli dunque per certo, che questa spetie
Naturale o Sintona s'adoperi ne le nostre cantilene uocali, et in alcuno spetie
d'instrumenti artifitiali, et non la Diatona Diatonica di Didimo, antichissima [sic: antichissimo]
Musico, sì come alcuni stimano et hanno per fermo.
Ne lo scriuere poi de
la Prattica, sempre hebbe in pensiero d'insegnar il modo che si tiene hoggi
nel comporre le cantilene, e dimostrar la diuersità de' modi e metri, non già
secondo il modo de gli antichi, che furono auanti a gli inuentori del modo che
usiamo al presente di cantare, ma secondo l'uso de' moderni; se bene, nel di
-scorrere e nel trattar de le cose, sempre s'è seruito de gli antichi, come ap
-pare da molti luoghi de gli scritti suoi, e particolarmente dopo il principio
de la
seconda parte de le
Institutioni. Nè fu mai suo pensiero di scriuere
la pratica de gli antichi Greci o Latini, se bene egli la ua adombrando, ma
solamente di quelli che hanno ritrouata questa nostra maniera, di far cantar
insieme molti parti, con diuerse modulationi e diuerse arie, e spetialmente
secondo la uia e modo tenuto da Hadriano Villaerte, prattico eccellentissimo e,
come s'è detto, mastro di lui.
Molte altre cose fa egli in questi
Supplementi,
che lungo sarebbe a raccontare, hauendosi massimamente a lungo distese ne l'
opera; ma à noi basterà hauer toccato così in ombra e sommariamente queste
cose, appartenenti principalmente a la intentione e scopo de l'autore. Dedicò
egli la detta sua fatica, l'anno de l'ottantotto, ch'egli la diede in luce in Ve
-netia, al Sommo Pontefice Sisto Quinto, il quale haueua conosciuto e do
-mesticamente praticato, prima ch'egli fosse grande ne la città di Venetia.
Il
modo de lo scriuere del Zarlino ha alquanto de l'Asiatico, essendo egli spesse
uolte souerchiamente diffuso; tuttauia dice assai commodamente il suo concetto,
se bene le cose de la sua proffessione, parlando de la Teorica e Prattica
semplice, sono tanto asciutte, che non riceuono se non il naturale ornamento
loro, il quale conseguono, se si trattano con breuità conueniente e co' ter-mini proprii.
Haueua egli molti emuli, et era calunniato da molti per inuidia;
onde soleua aggiungere a' suoi libri perpetuamente questi due senarietti greci:
Θεοῦ διδόντος, ὀυδὲν ἰσχύει φθόνος;
Καὶ μὴ διδόντος, ὀυδὲν ἰσχύει πὸνος.
Quando Dio uuol l'inuidia nulla puote,
E, se non uuole, il faticar non gioua.
page 639Ma, per toccar alcuna cosa del Salines auanti che più si passi auanti, diceua
egli, che le cose di colui tanto uagliono, quanto ch'elle seruono d'un com-mento a le cose scritte da lui.
Fu il Zarlino huomo uniuersalissimo, come
si raccoglie da l'opere sue; onde scrisse ancora altri libri fuori de la proffes-sione, fra quali u'ha un trattato de la Patienza, de l'Oratione che si fa à
Dio, un'historietta de l'origine de' Capuccini, uno de la Correttione, et al-quanti Sermoni: di questi alcuni sono già fuori, et altri rimasi fra gli scritti
suoi. Di musica, non pubblicate ancora, mi diceua hauer composto quest'altre
opere: De re Musica, diuiso in uenticinque libri, in lingua latina, et il Me-lopeo, cioè Musico perfetto; nel quale egli tratta così del Musico in idea,
come da altri si fece del perfetto Oratore, del perfetto Cortigiano, e simili.
Di quarantaquattro anni, cioè due prima che fosse fatto Mastro di Capella di
S. Marco, fu fatto uno de' quattro Capellani di S. Seuero, Parochia di Venetia;
fra' quali egli hebbe il primo luogo in quel tempo. Hauendo il Pontefice Gregorio
Terzodecimo mandato fuori un libro di Aluigi Lilio, intorno al modo de la
corretione de l'anno, à tutti i principi Cristiani, acciochè si potesse matu-ramente deliberare, s'egli douesse accettarsi, o come occorrere a le difficoltà
se ue n'erano; egli, pregato da gli amici, scrissene un assai pieno trattato, il
quale, col mezo d'Alberto Bolognese, Vescouo di Massa e Legato per il Pon-tefice appresso la Signoria, mandò al Pontefice medesimo, ritenendosene appresso
l'originale; onde, ricercatone da gli amici, publicollo l'anno de l'ottanta. Quest'
opera, la quale può bastare assai à far conoscere quanto egli fosse intendente
de' moti de' Cieli, e quanto uersato ne le cose de l'Astrologia, scrisse egli in
lingua latina e dedicò al Pontefice medesimo.
Intanto, essendo egli fatto Canonico
di Chioggia, morto un frate Marco Veronese, Vescouo di quella città, il Capitolo
e la Communità del detto luogo di commune concordia ricercarono la Signoria,
che uolesse chiederlo al Sommo Pontefice successore del Vescouo morto, e gli
sarebbe riuscito il dissegno, se non fosse interposto Gabriel Fiamma, il quale
desideraua anch'egli il detto luogo; onde, uedendo la Signoria il concorso di
questi due, fece risolutione di non uoler scriuere per alcuno di loro; onde
Gioseffe, mancando di persona che lo portasse, et essendo da l'altra parte il
Fiamma per molti suoi meriti fauoritissimo, egli ottenne il detto Vescouato.
Morto il Fiamma, di nuouo fu egli proposto e chiesto a la Signoria, che uo-lesse scriuere a suo fauore; ma, essendo ciò fatto assai negligentemente, anco
la seconda uolta ne rimase escluso; e ueramente, se guardiamo à la scienza,
a la bontà de la uita, et a l'età ne la quale egli si trouaua, non habbiamo
da dubbitare ch'egli non ne fosse dignissimo. Visse egli dunque tutto il re-stante de la sua uita Capellano di S. Seuero, nè mai, come egli mi diceua,
per occasione ch'egli n'hauesse, uolle partirsi di Venetia.
Ne gli ultimi anni
de l'età sua, ne' quali fu da me conosciuto, era egli diuentato infermo, e tra-uagliato stranamente da podagra e da la chiragra, onde gran parte se ne
staua a letto; ma, con tuttociò, non cessaua da lo scriuere. Molti co' loro uersi
il celebrarono, e latini e greci: de quali honne molti ne le dette lingue, da-timi da lui, fra' quali noi sciegliamo gli infrascritti:
page 640Di D. Vincenzo Giliani.Quosqumque arguti docta modulaminis arte
Prisca unquam claros saecla tulere uiros:
Siue Tarentinae fuerint telluris alumni,
Seu Pharii fuerint, Argolicique soli;
Nequicquam, Zarline, tuos conentur honores,
Necquicquam laudes aequiparare tuas;
Nam sunt hi cuncti ad magnam fax paruula Solem,
Paruulus ad uastum riuulus Oceanum.
D'incerto.Dum noua plectra quatit Delfine inuectus Arion,
Obstupuere maris numina Nereides;
At, Zarline, tuae captus dulcedine uocis,
Stat pater attonitis Adria uinctus aquis.
Ergo, quae magnum Zarlinum laeta dedisti,
Ante alias urbes Clodia tolle caput.
D'incerto.Dicere Zarlini uarios et promere cantus,
Quis sumat, si non ille sit ipse Maro?
Sufficiet nullus meritas extollere laudes
Zarlini, Musis et decus et Venetis:
Huic radio facile est sphaeras discurrere Coeli,
Et partes Orbis quaslibet inde capi.
Morì Gioseffe di anni settantasette in Venetia, gli anni de la nostra salute
mille cinquecento ottantanoue, a dì 4 di Feb.º, e fu sepolto nel Monasterio
di S. Lorenzo.
A dì 20 Nouembre 1595.